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Autore: Maya98    16/08/2012    2 recensioni
Sherlock chiede a John di sposarlo. A suo tempo, a suo modo e alle sue condizioni.
Spin-off Prequel di Speak now or forever hold your peace di Yoko Hogawa
Genere: Azione, Comico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altro personaggio, John Watson , Lestrade , Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Spin-off di questa fantastica storia

Ispirata a questo fantastico video

questo

e questo

 

 

Di come quel pazzo del mio coinquilino mi chiese di sposarlo

 

 

Per quello aveva risposto di sì, quando Sherlock gli aveva chiesto di sposarlo nel bel mezzo di una sparatoria fra loro ed un trafficante di droga non molto contento di essere stato beccato con le mani in pasta.
Aveva detto “sì” come se fosse la cosa più naturale del mondo.

 


L'amore è una cosa totalmente incomprensibile. Totalmente. E davvero, invidio un sacco quegli scrittori e quei poeti che esprimono tutto questo gran sentimento a stilettate di parole che sono benissimo in grado di far scorrere sangue almeno quanto lo sono di farci piangere come donzelle innamorate del milleottocento o giù di lì.
L'amore è una cosa incomprensibile. O almeno io, John Hamish Watson, non l'ho capito. E vorrei davvero sfidare qualcuno a spiegarmi come diamine ho fatto ad innamorarmi di Sherlock Holmes. Quello stesso Sherlock Holmes che vive con me in canoni assolutamente inaccettabili. Quello stesso Sherlock Holmes che mi fa trovare delle dita umane nel frigorifero. Quello stesso Sherlock Holmes che è completamente felice solo quando qualcuno gli comunica che un nuovo serial-killer è in circolazione. Quello stesso Sherlock Holmes che non dorme, non mangia e si nutre solo di thè perché si annoia. Quello stesso Sherlock Holmes che la seconda volta che mi ha visto mi ha detto "Sappi che mi ritengo sposato con il mio lavoro, John". Quello stesso Sherlock Holmes che si è buttato da un tetto sotto il mio naso, quasi un anno fa, dopo una telefonata da film strappalacrime e un piccolo inconveniente col Napoleone del crimine. Quello stesso Sherlock Holmes che, nonostante tutto, è tornato da me vivo e vegeto, e (dopo avermi fatto scappare a Dublino e ritornare indietro) mi ha spiegato, mi ha raccontato, mi ha baciato. E quello stesso Sherlock Holmes che io ho perdonato, per intenderci.
Ecco. Ora ditemi se non sono un totale imbecille dagli impulsi masochistici.
Sì, lo ammetto. Lo sono. Ma se davvero esiste un Dio, ora può per favore dirmi -mandandomi un messaggio al cellulare, chiamandomi, mandandomi una bella limousine nera con una segretaria cellulare-maniaca a dirmelo - come ho fatto ad innamorarmi di quest'uomo.
Quest'uomo che mi ha appena abbandonato su un divano dopo un bacio di "bentornato" non proprio casto e molto promettente solo per andare a fare un esperimento.
Ok. John, respira, respira. Tu sei la Pazienza in persona, se davverso esistesse una persona chiamata Pazienza scenderebbe su di te e ti benedirebbe come sua re-incarnazione. Ti faranno santo, prima o poi, perché hai scelto di convivere, fidarti e avere una relazione stabile con una sottospecie di psicopatico che si definisce in modo carino "sociopatico iperattivo".
- Hai dimenticato "ad alta funzionalità", John. - mi rimbecca la voce del sopracitato Sherlock Holmes, proveniente dalla cucina. 
Oh, dimenticavo. Quello stesso Sherlock Holmes che è in grado di leggere nel pensiero.
- Non leggo nel pensiero, John. Deduco solo ciò che stai pensando, dovresti saperlo! -
Ecco, appunto.
Mi avvicino alla porta della cucina e sbircio dentro, preoccupato da ciò che potrei trovarci. Sta ancora lavorando sul nostro tavolo come se fosse un laboratorio. Un giorno glielo spaccherò in testa, quel mobile.
- Non penso che tu possa riuscirci, anche se sei stato un soldato. Potresti, piuttosto, smettere di pensare e farmi un thè? Grazie. -
E nonostante tutto sbuffo, ma mi metto al lavoro con la teiera, trafficando con le tazze. Mi ha lasciato accaldato e sdraiato su una superfice orizzontale solo per un esperimento, ma non riesco ad arrabbiarmi con lui neanche per questo. O meglio, ci riesco, ma non vinco mai.
- Ci penseremo dopo, John. Abbiamo tutta la serata libera. -
Ecco. Difatti non ho chance di vincere contro di lui. Deglutisco, aprendomi il colletto con due dita, cercando di non farmi spuntare un sorriso troppo idiota di fronte a lui. Mi ricorda già dodici volte al giorno che ho una mente soltanto nella media, non voglio che le mie espressioni ne aumentino la frequenza.
- Lestrade! - esclama improvvisamente, e circa due secondi e mezzo dopo suona il campanello. Riappoggio la teiera con sguardo deluso, perché so che se è un caso interessante i piani di questa sera salteranno totalmente.
- Cosa è successo? - chiede, alzando la testa riccioluta dal suo dannatissimo esperimento, correndo verso l'Ispettore che non ha avuto nemmeno il tempo di spiaccicare parola.
- Siamo riusciti a identificare uno dei più grandi spacciatori di droga londinesi. - snocciola Lestrade, un po' ansimante, appena arrivato di corsa su per le scale: - Ma una volta trovato nome e descrizione...è semplicemente sparito. Da due giorni. Non possiamo non prenderlo, Sherlock, hanno già informato anche la stampa! -
Sherlock si aggiusta la camicia viola, evitando di guardare Lestrade: - Oh, certo, e volete che io lo rintracci e vi dica dov'è, vero?
Lestrade annuisce, in fretta: - Accetti? -
- Certo. - dice Sherlock quasi istantaneamente. Do un piccolo ma breve sospiro: e addio dolci piani per questa sera.
- Oh, ciao John, non ti avevo visto. - esclama Lestrade, accorgendosi solo in quel momento della mia presenza. Una volta Sherlock mi ha detto che va bene, se rimango anonimo, e che se nessuno fa più caso ad un uomo biondo sulla quarantina che segue come un cane la figura alta e longilinea di Sherlock io posso muovermi meglio, senza destare sospetti. Lì ho cominciato a pensare che fosse paranoico.
- Ciao, Greg. - dico stancamente, tornando in cucina: - Vuoi una tazza di thè?
- Sì, grazie, ho cinque minuti. Posso sedermi?
- Certo. - dico, facendo un piccolo cenno a Sherlock:- Sbrigati, ok?
- Farò il possibile. - dice, intuendo a cosa penso:- Forse riuscirò anche a chiudere prima di sera. -
Lestrade lo guarda un po' strano, ma non chiede niente. Penso che lui sappia di noi, anche se non dice mai nulla. Forse per rispetto, non lo so, forse perché è contento che Sherlock abbia trovato qualcuno. Che ne so, non sono mica io quello che legge nel pensiero. Comunque, gli porto la tazza di thè.
- Allora, dimmi tutto. - dice Sherlock, congiungendo le mani come fa sempre quando pensa.
- Si chiama Antony Hopclark. Ha quarantadu... - Lestrade si interrompe, fissando prima Sherlock, poi me, poi di nuovo Sherlock.
- Sherlock, che hai? - chiedo, avvicinandomi immediatamente al mio compagno, che è pallido (più del solito, intendo), le labbra strette in una smorfia che non riesco a definire.
Sbatte le palpebre un paio di volte, gettandomi un breve sguardo, per riportare gli occhi su Greg. Si alza in piedi, e io sono costretto ad indietreggiare per non essere travolto.
- Puoi andare, Lestrade, ti chiamo tra un paio d'ore. A quel tempo dovrebbe essere tutto risolto. - dice.
Greg lo guarda strano: - Ma non ti ho detto...
- Ho detto che puoi andare, non mi piace ripetere le cose due volte. - dice freddamente Sherlock, scompigliandosi i capelli con fare nervoso, mentre parte spedito ad attraversare la stanza, alla ricerca del suo cappotto.
Greg mi lancia una lunga ed intensa occhiata penetrante, prima di restituirmi la tazza borbottando un debole "grazie" e sparire oltre la porta. C'è un punto di domanda, dietro a quell'occhiata, e anche una raccomandazione.
- Sherlock. - dico fermamente, cercando di farlo ragionare: - Sherlock, adesso mi dici che cristo hai. -
- Ho risolto il caso, John. - mi dice piattamente, infilandosi il cappotto scuro: - Non ho altro da aggiungere. -
- Ma Greg non ti ha detto niente. - ribatto, deciso, andandomi a piazzare davanti a lui e prendendolo per le spalle: - Parla con me, Sherlock, cristo! Sono il tuo - la voce mi trema un secondo prima di pronunciare la parola - compagno, dovresti dirmelo. Dovrebbero non esserci segreti tra noi!
Sherlock strizza gli occhi, ma rimane impassibile: - Hai già capito, John. - dice: - Non hai mai avuto bisogno che te lo spiegassi. L'hai capito dal primo momento. -
- Vorrei sentirtelo dire. - ribatto, duro, tenendolo bloccato ancora per le spalle. Sarà più alto di me, ma io ero un maledetto capitano dei Fucilieri! Sarà servito a qualcosa!
Il tono di Sherlock si fa duro, mentre prende un breve respiro: - Antony Hopclark è lo stesso spacciatore da cui facevo riferimento io, anni fa. - si divincola dalla mia stretta: - Per questo non ho avuto bisogno d'altro, da Lestrade. So dove trovarlo e so anche come stanarlo. E so come è fatto, è un tipo violento. Contento, ora? - per tutto il tempo non mi ha neanche guardato negli occhi.
- Grazie. - mormoro immediatamente. Il suo cappotto sta quasi per scomparire dietro la porta quando esclamo, facendo un paio di passi: - Ehi, posso venire con te?
Si volta e mi fissa con quel suo sguardo penetrante. Quei maledetti occhi verdi, azzurri e grigi tutti insieme che ti guardano e ti trapassano come scheggie di vetro. Accenna un sorriso: - Certo. - dice: - Che farei senza il mio... - fa una pausa proprio per imitare il mio tono insicuro di prima: -...compagno?
E ovviamente io gli corro dietro.
 
So che Sherlock si drogava, qualche anno fa. Anche durante le prime collaborazioni con la polizia, faceva uso di cocaina endovena soluzione sette percento come scudo alla noia. Me lo ha confessato lui stesso. Poi Lestrade se n'è accorto, almeno ha avuto un buon occhio per questo, e gli ha imposto una scelta: O i casi o la droga. E Sherlock ha scelto.
Davvero, non lo giudico per questo. So come Sherlock diventa intrattabile senza avere niente da fare, e non sono sorpreso che abbia fatto uso di sostanza stupefacenti, pur di non sentire il suo peso. Non aveva nessuno, a quel tempo, che lo tenesse lontano. Certe volte mi rimprovero di non essere arrivato prima. Certe volte mi chiedo anche perché ho aspettato così tanto a dirgli che lo amo.
Ora siamo appostanti in un immenso magazzino, dove tengono pezzi di ricambio per automezzi o distributori automatici. Sherlock ha detto che qui è il suo quartier generale, e che qui lo staneremo. Ha inviato anche un messaggio a Greg, confermando la sua presenza nel luogo e impartendo ordini e istruzioni sul quando e come agire. Poi l'ha incontrato. Da solo, non voleva che lui mi vedesse. Ho l'aria di un "tipo per bene", secondo lui, e questo non va assolutamente bene, secondo i canoni.
Evidentemente Hopclark ha fiutato l'odore di una trappola, perché ha tirato fuori una pistola e ha sparato. Dio, c'è scampata la disgrazia che Sherlock si è gettato di lato abbastanza velocemente, e si è messo a correre, rifugiandosi dietro delle carcasse automobilistiche come scudo, e mettendosi a rispondere al fuoco. Io, ovviamente, da bravo imbecile, gli sono corso dietro per aiutarlo. 
- John, per l'amor di Dio, ti avevo detto di non immischiarti! - urla, mentre si rialza velocemente per sparare un paio di colpi e ritornare a seppellirsi nel cumulo di ferro per non essere colpito.
- Sai com'è, mi piace il pericolo. - ribatto, facendo lo stesso a lato, e ritirandomi senza incontrare il suo sguardo: - Poi se ci sei di mezzo tu, divento un pochino irascibile. -
Lancio una breve occhiata, e con la coda dell'occhio lo vedo sorridere: - Di qua! - mi urla, trascinandomi dietro un altro scudo indefinibile. Si mette a gattoni e striscia via fino ad arrivare ad un muro. Cristo, è velocissimo!
- Non riesco a starti dietro, Sherlock! - esclamo, alzandomi in piedi e tuffandomi velocemente dove è rannicchiato, schivando per miracolo una pallottola vagante - Sai, ti ricordo che mi hanno ferito, in Afghanistan, ci sarà un motivo se usavo un bastone all'inizio!
- Eri psicosomatico, John! - mi rimbecca, esasperato, mentre risporge la sua testa riccioluta per sparare ancora un paio di colpi : - Accidenti, non lo riesco a vedere da qui! Potresti alzarti, prendere la mira...? -
- E farmi sparare in testa, sì. - commento, acido, mentre gli striscio di fianco: - Grazie per l'alta considerazione che hai di me.
- Dicevo solo per dire! - esclama, tuffandosi di lato e mettendosi a correre per la sala.
Che. Grande. Stupido. Poteva almeno avvisarmi che aveva intenzione di essere il diversivo.
Mi alzo in piedi, individuando una figura accucciata dietro uno scaffale contenente pezzi piccoli non meglio identificabili. Sparo e mi ritraggo, sperando in cuore e appellando tutti i santi perché si salvi anche Sherlock, e quando lo sento imprecare un po' solo felice ed un po' seccato: è evidente che la pallottola non ha centrato il bersaglio. Si sentono altri spari.
È troppo.
Schizzo fuori e mi metto a correre nella direzione di Sherlock, e mi butto a terra giusto per evitare un colpo di Hopclark. Sherlock si alza e spara, ma ancora una volta quello si ripara in tempo.
- Non fare...mai più... - ansimo, spingendomi di fianco a lui: -...una cosa simile.
- E neanche tu. - replice, alzando la pistola e riprendendo a sparare. Mi chiedo agghiacciato cosa succederà quando finiremo i colpi.
- Tra poco dovrebbe arrivare Lestrade. - borbotta, tuffandosi a terra, concentrato: - E corri, per l'amor di Dio!
Schizziamo via un attimo prima che una schiera di pallottole colpisca il punto dove c'eravamo noi.
- Grazie. - mormoro, schiacciandolo dietro un muro: - Per avermi avvertito.
- Ci tengo a te. - dice, ansimando, e sporgendosi per vedere la posizione dello spacciatore.
Ci rimango un po' di sasso a questa affermazione, ma una nuova scarica di colpi mi intima di non pensarci troppo. Fino a questo momento, nonostante la relazione iniziata da un po', non mi ha mai detto espressamente che mi ama. Questo può essere un modo contorto e Sherlockiano di farmi capire che ci tiene sul serio.
- Sta giù! - gli intimo, mentre si sporge, perché proprio in quel momento un'altra scarica colpisce il muro dietro alla quale siamo appostati.
Sherlock si sposta velocemente dietro alla ferragglia accanto al muro, per poterlo attaccare da più punti in contemporanea. Uno dei suoi colpi sembra andare a segno, ma subito la sparatoria riprende, e a quanto apre Hopclark si accanisce sulla superficie dietro alla quale sono nascosto.
Alla prima pausa schizzo fuori e riprendo a sparare, alla cieco. È tutto buio, quaggiù, non si vede molto. Mi ributto a terra, aspettando delle scariche. Scariche che invece colpiscono la postazione di Sherlock.
- Vuoi sposarmi? - esclama il pazzo, dalla sua posizione, portandosi le mani sul volto e rimanendo accucciato ad evitare le pallottole.
- Cosa?!? - esclamo, senza neanche pensarci troppo. Schizzo fuori e sparo, anche se meno volte, per paura che finiscano le scorte.
- John, vuoi sposarmi? - urla nuovamente Sherlock, riprendendo anche lui a sparare.
Rimango un attimo basito, ma solo un attimo: - Sì! - rispondo, correndo verso di lui e trascinandolo dietro una carcassa di una macchina mezza distrutta.
- Cosa? - chiede anche lui, che con il frastuono degli spari non ha sentito bene.
- Sì, voglio sposarti! - ripeto, alzandomi di scatto e cominciando a sparare. Nessuno dei colpi va a segno, perché nell'oscurità non vedo affatto.
- Vieni! - sibila Sherlock, afferrandomi per il polso e trascinandomi sulla destra, in un posto un po' più scoperto, ma con una visuale migliore.
Un solo problema: Hopclark non è affatto dove pensavamo che fosse.
È davanti a noi e brandisce una pistola.
E dietro di noi un'enorme, gigantesca tanica di benzina.
- Corri. - dico a Sherlock, e me ne frego momentaneamente di tutto il resto: - Corri!
Ci tuffiamo in due verso la porta alla nostra sinistra, senza fermarci un attimo. Lo sparo della pallottola risuona comunque nelle nostre orecchie, e siamo lontano appena cinque metri dall'edificio, quando tutto esplode.
 
La prima cosa che mi sale alle labbra quando mi risveglio è il suo nome. Ci metto qualche secondo a rimettere a fuoco tutto quel bianco che c'è intorno.
Siamo accasciati su delle brandine di un'ambulanza in corsa, seguiti da diverse infermiere piuttosto agitate. Evidentemente Lestrade è arrivato, alla fine.
Mi alzo di scatto, incurante delle ferite, per catapultarmi di fianco al suo letto.
- Signor Watson! - esclama un infermiere, cercando di ritrascinarmi verso la brandina: - Deve stare fermo, è ferito!
- Solo una scottatura non particolarmente grave sulla schiena. - lo liquido, rimanendo fisso accanto a Sherlock, che non si è ancora svegliato: - Che ha? come sta? È grave? -
- Il signor Holmes sta bene, signor Watson, sta anche meglio di lei. - borbotta l'infermiere, sorridendo: - Quindi, se vuole scusarmi potrebbe sdraiarsi...? -
E tiro un momentaneo sospriro di sollievo.
- No, rimango qui. - dico, rimanendo inginocchiato davanti al suo letto. Fuori dalla coperta sporge una delle sue mani pallide e fredde. La afferro.
Dopo dieci minuti l'infermiere desiste, e capitola infine che non è poi tanto grave, la scottatura. Sorrido, stringendo con l'ostinazione del soldato la mano si Sherlock.
Dopo venti minuti, giusto prima di arrivare all'ospedale, apre gli occhi.
- John, stai bene? Tutto a posto? È arrivato Lestrade? - è la prima cosa che esclama. E subito dopo si preoccupa: - Oddio, non era preventivata l'esplosione, non ci avevo pensato! - dice, tutto agitato, facendo dannare l'infermiere ancor più di me.
- Tranquillo, Sherlock. - dico, sorridendo: - Penso sia tutto ok, adesso.
- Non voglio andare all'ospedale, non voglio! - strilla, come un bambino capriccioso: - Voglio che sia tu a curarmi, John! -
- Temo di non potere, in quanto paziente anche io. - gli dico, dolcemente: - Smettila di preoccuparti, Sherlock. È passata. Adesso è tutto finito. -
Rimane assorto per un bel po' di tempo, senza lasciare mai la mia mano. Non è sembrato infastidito, dalla stretta, anzi.
- È ancora valido quello che mi hai detto là al magazzino? - chiede dopo qualche minuto di elecubrazione mentali.
Per prima cosa rimango un po' stupito. Per tutto quel tempo ho pensato che riflettesse sul caso e su quello che era successo durante il suo stato di incoscienza, o sul fatto di non poter raccontare l'accaduto a Lestrade. Rimango lusingato dal fatto che stesse pensando a noi due così intensamente.
- Certo. - dico: - Perché non dovrebbe esserlo? -
- Stavamo per morire, John. - dice col tono di uno che parla del tempo: - Si dicono cose strane, quando si pensa di stare per morire.
Oh, sì. Detta da lui sembrava una cosa normale.
- Per me la risposta rimane invariata. - temporeggio, in cerca di qualcosa da dire: - Sempre che sia valida la domanda, ovviamente.
- Certo che è valida! - esclama, come se fosse ovvio. Ricade un silenzio un po' imbarazzato, da entrambe le sponde.
Bé, che si dice ad uno che ti ha appena chiesto di sposarlo nel bel mezzo di una sparatoria?
- Tu sei tutto matto. - esclamo, alla fine, lasciandomi andare in una lunga risata liberatoria.
Mi guarda stranito per un attimo, prima di unirsi a me: - Ti piaccio anche per questo. - mi risponde, avvicinandosi per lasciarmi un bacio sulla guancia.
E in quell'esatto momento riesco a pensare distintamente che, se quello è l'Amore, posso affrontare altre cento, dieci, mille sparatorie per provarne il sapore.
 
FINE

 

Angolino della Skizzata:

Ringrazio Yoko Hogawa per la fiction e per il permesso di scriverci lo spin-off e l'autrice dei video per avermi ispirata.

Ah, giusto. Grazie Moftiss per l'ambientazione e A.C.Doyle per i personaggi.

Grazie James per essere con me.

Scusatemi per questa cavolata. XD XD XD ero fusa. Perdonatemi se è corta e troppo poco descritta, se i personaggi sono OOC perché faccio fatica a gestirli e perdonatemi gli errori di battitura perché non ho una beta. In sostanza: NON PERDONATEMI! Fa schifo e ne sono consapevole, consideratelo un esperimento

Sì, so che sono pazza. XD
  
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