Libri > Hunger Games
Ricorda la storia  |      
Autore: Roxanne Potter    17/08/2012    5 recensioni
[Titolo bizzarro, lo so, ma leggendo la storia si capisce cosa intende.]
I pensieri di Finnick Odair rivolti ad Annie, mentre sta per morire. La vita che gli scorre davanti. Gli Hunger Games, i funghi che gli hanno avvelenato quella vita.
Capitol City è il fungo da cui pompa tutto il veleno.
Genere: Introspettivo, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Finnick Odair
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Sono passati dieci anni. Dieci anni da quando colsi involontariamente il fungo che iniziò ad avvelenare e corrodere lentamente la mia vita.
Quel primo fungo fu il mio nome estratto per pura casualità alla Mietitura. Il falso sorriso che ostentai da allora. Le punte del mio tridente macchiate dal sangue che non avrei mai voluto versare.
Gli Hunger Games avvelenarono la mia mente. Perché, nonostante l'addestramento ricevuto nel Distretto 4, io non ero un assassino. Avevo solo quattordici anni. Le mie notti erano sempre intervallate da incubi sugli occhi che avevo spento, sui colli che avevo spezzato, le famiglie addolorate che io avevo distrutto, dal rimorso che cresceva.
Eppure rubavo senza scrupolo una vita per la mia. Uccidevo perché dovevo, e perché volevo vivere. Ma nonostante fossi così giovane riuscivo a vedere la crudeltà del meccanismo che mi circondava, e lo odiavo con tutto me stesso.
Fin dal primo istante in cui misi piede nell'Arena, compresi che quel meccanismo non poteva andare avanti. C'era bisogno di una ribellione. A volte osservavo le estremità appuntite del mio tridente, e lo immaginavo affondare nella mia carne morbida, mentre i fiotti di sangue mi imbrattavano i vestiti. Se fossi riuscito a compiere quel gesto subito dopo aver ucciso l'ultimo Tributo e vinto i Giochi, in faccia all'esultanza di Capitol City...
Poi ricordavo i miei genitori. La mia piccola casa con le pareti di legno profumato, la finestra affacciata sulla distesa del mare, la barca appartenuta a mio padre che scivolava leggera su acque scintillanti, verso la palla di fuoco che si tuffava oltre la linea tra cielo e terra.
Era per quello che continuavo a combattere, che impugnavo il tridente e in un attimo raccoglievo tutto il coraggio necessario ad affondare un colpo. Era per quello che rinunciavo a far filtrare via da me il veleno che gli Hunger Games mi avevano iniettato. Era per quello che vinsi e che non ebbi il coraggio di compiere quel gesto di ribellione necessaria.
Il secondo fungo fu il tuo nome. Il tuo nome, urlato all'intera piazza dove il Distretto si era riunito per l'annuale Mietitura.
Il tuo nome, Annie Cresta.
La ragazza dagli occhi dolci che conoscevo da anni. Una delle poche persone che mi rimanevano davvero e l'unica che amavo, di quell'amore che le mie sciocche donne a Capitol City credevano solo loro. Dopo aver vinto gli Hunger Games, avevo accettato di prostituirmi per evitare che Snow potesse far del male a te. Donavo falso amore agli altri per salvare il mio. Passavo ogni Mietitura con il cuore a mille e la muta preghiera che non scegliessero te, che non scegliessero te... e mi sono trovato a far da mentore alla ragazza che amavo per spedirla in un circolo di sangue e morte.
Non avevo mai incontrato un'anima come la tua, sai?
Non mancavi mai di elargire i tuoi sorrisi, di rivolgerti in tono gentile ai Senza Voce che ci servivano, di dirti dispiaciuta per la strage che saresti stata costretta a compiere. Sembravi una piccola bambola fragile, con i tuoi sedici anni e il viso delicato di chi non avrebbe mai il cuore di uccidere qualcuno.
Eppure dicevi di voler vincere. Nascondevi la tua fragilità con una forza vacillante e sul continuo punto di cedere. Avevi paura, ma la nascondevi orgogliosamente, così come le lacrime di cui fui l'unico ad accorgermi: perché una ragazza del Distretto 4 non può piangere, secondo le convinzioni dell'intera Panem.
Ma tu non eri una ragazza come le altre. Eri come me: capace di vedere la crudele follia nel meccanismo che da settant'anni ingabbiava ragazzi innocenti, e decisa a farne parte solo per continuare a vivere.
Avevi talmente tanta paura. La occultavi dietro sorrisi e osservazioni cordiali, e con le lame che maneggiavi durante le esercitazioni. Ma io l'avevo già intravista, quella paura. L'avevo intravista nel tremito incontrollabile delle tue mani e nelle tue labbra pallide, subito dopo essere tornata dall'intervista con Ceasar, bellissima e sperduta con i capelli ondulati come onde e il semplice abito azzurro. L'avevo intravista nell'espressione che a volte ti offuscava gli occhi, quando credevi che nessuno badasse a te. Quell'ultimo giorno ti baciai con una disperazione che nessuno avrebbe creduto possibile in Finnick Odair.
Mi resi conto di quanto davvero odiassi gli Hunger Games nel momento in cui tu e gli altri Tributi scendeste nell'Arena. Quando ti vidi sgranare gli occhi e lanciare un grido straziante alla vista del corpo decapitato del tuo compagno di Distretto. Quando quella diga cedette e, per i minuti più lunghi e tormentati della mia vita, temetti di impazzire come te. Che forse la tua abilità nel nuoto avrebbe potuto non essere abbastanza.
Annie Cresta, la vincitrice degli Hunger Games di quell'anno.
Tornasti da me con i tuoi occhi verde mare e il viso sconvolto. I Giochi ti avevano portata alla follia. E fu nel momento in cui sentii le tue braccia intorno al mio corpo, nel momento in cui potei udire la tua voce ormai flebile e assaporare le tue labbra che sapevano di lacrime amare, che giurai di non voler morire prima di vedere il presidente Snow annientato.
La tua partecipazione agli Hunger Games fu un fungo che avvelenò il mio cuore dolorante e pazzamente innamorato. Il veleno era la paura che filtrò in me nel vederti sperduta e tremante in quell'Arena. Il dolore nel vederti tornare così, il fantasma della vecchia Annie, le urla e le risate prive di allegria che ti coglievano d'improvviso, le parole che a volte a stento ti uscivano dalla bocca, lo sguardo perso di chi è stato spogliato della sua anima.
E ora sta finendo anche per me. Panem mi sta restituendo la morte che evitai quando avevo quattordici anni.
Non è stata la prostituzione obbligata il veleno che ha invaso il mio corpo. Sono le zanne degli ibridi che mi affondano nella carne, il sangue caldo che ne sgorga, la debolezza sempre più pressante che si impossessa di me.
È come essere tornati nell'Arena. Tu puoi saperlo, Annie. Tu l'hai vissuto. Ma stavolta non sto combattendo per tornare dai miei genitori, per la mia casa e per il mio mare. Stavolta sto cercando di salvarmi per te. Perché ti amo. Perché voglio poter guardare negli occhi il figlio che non avrei mai creduto di poter avere, e sapere che insieme potremo crescerlo in un mondo migliore.
Ma so che non sarà così. Gli altri sono lontani. Il dolore è troppo forte. Sono in trappola. Sto per morire.
La mia mente sconvolta dagli Hunger Games. Il mio cuore avvelenato dai tuoi Giochi. Il mio corpo che cede all'assalto degli ibridi. Sono questi i funghi velenosi che hanno corroso la mia vita, che ci hanno impedito di essere felici e basta, che hanno infranto le nostre speranze illusorie, che lasceranno te sola e nostro figlio senza un padre. Funghi che crescono ovunque, in ogni Distretto della nazione, e che in questi settantacinque anni hanno distrutto famiglie, innocenti, bambini.
E Capitol City è il fungo da cui pompa tutto il veleno.
Questa è l'ultima volta che tento un colpo con il mio tridente. L'ultima volta che ricordo lo sguardo gentile di Mags, il profumo del mare e il dolce brusio delle onde dove amavo tuffarmi. L'ultima volta che penso a te e alla tua risata; mi aggrappo al tuo nome per resistere in questi ultimi secondi della vita che mi scivola via.
Annie. Annie Cresta.
Ho fiducia in Katniss. Lei può mettere fine a tutto. Lei ce la farà.
Tu mi ami. Io ti amo, Annie. Vero o falso?
Una zanna mi trafigge il collo. Fine.
Vero.

Note.

*Saltella per la stanza come un'indemoniata.*
Ho scritto una Fannie! Ho scritto una Fannie! *Si ricompone.*
Ok. Finnick/Annie è il mio nuovo OTP della mia nuova, attuale passione, Hunger Games. (Non poi tanto nuova, ma vabbè. Sono appena entrata nel mio periodo di Hunger Games, vediamo per quanto ci rimarrò.)
Allors, il titolo è molto strano, lo so. Stavo riflettendo su una fanfiction da scrivere e mi son detta "Voglio darmi un prompt assurdo, strambo e difficile." La prima cosa che mi è saltata in mente è stata "Funghi velenosi." Mi sono chiesta "Esisteranno funghi nel Distretto 4?" Autorisposta: No. Quindi... perché non usarli come metafora?
Naturalmente con i funghi velenosi intendo quelle cose che hanno "avvelenato" la vita di Finnick. Gli Hunger Games a cui ha partecipato, che hanno sicuramente lasciato una traccia su di lui. La paura e il dolore nel vedere Annie, la ragazza da lui amata, partecipare agli Hunger Games e tornarne mentalmente instabile. E infine gli ibridi che lo uccidono, mentre lui cerca di resistere per tornare da lei e dal figlio ancora non nato. Spero che abbiate apprezzato l'idea.:3
Nella mia visione delle cose, Finnick conosceva Annie già un po' prima di partecipare agli Hunger Games. Magari erano amici, la tipica amicizia tra ragazzini, e in seguito hanno inziato a conoscersi meglio. E si sono innamorati. Mi immagino una sorta di dichiarazione di Finnick proprio il giorno prima che Annie scenda nell'Arena, spinto dal timore di non rivederla mai più: nella mia visione delle cose, è in quell'occasione che si sono entrambi dichiarati. Ma non sono il pairing più adorabilmente shipposo del fandom?<3 *Sparge amore.* (Sì, ho intenzione di scrivere altro su di loro.)
Ok, la smetto di tediarvi con queste pallose note. A presto!

   
 
Leggi le 5 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Hunger Games / Vai alla pagina dell'autore: Roxanne Potter