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Autore: Drop Of Blood    18/08/2012    5 recensioni
Spaventata, Caroline si voltò in sua direzione, incontrando un paio di familiari occhi color grigio perla, della stessa tonalità delle nubi in tempesta. Come la prima volta, Caroline ne rimase incredibilmente affascinata, e si perse nella profondità di quelle iridi di argento liquido. Derek era cresciuto. Il tenero ragazzino di tredici anni dall’aspetto gentile e allampanato aveva lasciato il posto a quello di un uomo adulto, il cui viso dai tratti decisi e spigolosi era ricoperto da un leggero strato di barba corvina. I capelli, dello stesso identico colore, erano raccolti in una serie di ordinate, lucide punte. Le piene, olivastre labbra, dapprima contratte in una smorfia severa, si sollevarono in una piega di puro stupore.
- Caroline … - sussurrò, muovendosi cautamente verso di lei.
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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Caroline aprì la portiera color grigio metallizzato ed uscì dalla vettura con pochi e fluidi movimenti, poggiando un piede sull’arido e asciutto terreno della foresta. Sorrise, osservando il bianco cartello rettangolare che recitava “ Benvenuti a Beacon Hills “ . Non aveva più messo piede in quella minuscola cittadina dall’età di otto anni, quando si era recata a casa di sua zia Eveline per trascorrere l’estate con la cugina Lydia, di un anno più giovane. Aveva bei ricordi di quel periodo : l’aria di Beacon Hills era dolce e impregnata del caratteristico odore sprigionato dai roseti delle abitazioni dei vicini. Riponendo il portachiavi in una delle ampie tasche della giacca color antracite, Caroline decise di percorrere a piedi un tratto di strada. Passeggiava tranquillamente e, ogni volta che le sue iridi cristalline si soffermavano su un particolare dell’ambiente circostante, frammenti di dialoghi e nitidi fotogrammi tornavano a popolarle la mente. Mentre si lasciava trasportare dall’onda dei ricordi, il piede sinistro inciampò in modo maldestro nello smeraldino e lungo stelo di un fiore. Lo prese delicatamente fra le candide e affusolate dita, esaminandone i petali con occhio attento. Alcuni di essi avevano la graziosa, leggiadra forma di ali di farfalla, altri si piegavano nella rotondeggiante e piena curva di una goccia d’acqua. Come ipnotizzata, Caroline ne strappò uno e lo strinse nel proprio palmo, facendo scorrere la mano attraverso un caldo, dorato fascio di luce. A contatto con uno sfuggente raggio di sole il petalo, dapprima di un cupo blu notte, si accese di una miriade di diverse tonalità di azzurro e viola. Care aprì di scatto il pugno, lasciando che una frizzante folata di vento primaverile le sferzasse il viso e i liquidi riccioli di miele, portando via con sé quel piccolo dono di Madre Natura. Una fredda, brillante scia di lacrime solcò la guancia della ragazza, senza che ella potesse in alcun modo fermarla. Caroline conosceva bene quella pianta. Era parte importante di un doloroso passato che avrebbe voluto seppellire con tutta sé stessa, nascondere fra i gelidi, anneriti resti di una vita precedente.
-         Per Tyler. – mormorò in un flebile sussurro, decisa a proseguire nel tragitto verso casa di Lydia.
Però, non appena ebbe alzato lo sguardo, venne pervasa da una piacevole sensazione di déjà vu, e una serie di fotogrammi risalenti a quell’estate passarono dinanzi ai suoi occhi turchini. Molto velocemente, la mente di Caroline li collegò l’uno all’altro in modo da formare una sequenza di scene dai contorni leggermente sfumati.
Un’esile bambina di appena otto anni scivolò agilmente fra i due verdeggianti cespugli di rose della zia, fino a trovarsi dalla parte opposta del cortile, confinante con l’imponente tenuta della famiglia Hale. Una paffuta figura le corse incontro, abbracciandola. – Ciao, Care! – esclamò Laura Hale, mostrando la luminosa schiera di denti da latte perfettamente disegnati. Caroline ricambiò con insicurezza, increspando gli angoli delle rosee e carnose labbra in un timido sorriso. Era a Beacon Hills da sole due settimane, e aveva conosciuto Laura il giorno successivo a quello del suo arrivo in città. La bambina aveva dato un flebile colpetto alla sua porta, con un’espressione di puro imbarazzo dipinta in viso e, fra le soffici e profumate manine, un piatto in ceramica colmo di biscotti al cioccolato. Da quel momento, le due erano diventate buone amiche, stringendo un tenero legame d’amicizia. Si erano più volte incontrate nel lussureggiante giardino di proprietà dei genitori di Laura, e vi avevano trascorso interi pomeriggi, chiacchierando e intrattenendosi coi più svariati passatempi. Caroline aveva anche avuto l’occasione di conoscere alcuni dei famigliari dell’amica, incluso suo fratello maggiore, Derek. Derek era circa quattro anni più vecchio di Caroline. Aveva folti capelli del colore della mezzanotte che, se esposti alla luce ambrata del tardo pomeriggio, assumevano leggere sfumature di blu. Gli occhi erano stati, però, il particolare che più aveva colpito la ragazzina. Grandi e imperscrutabili, erano dello stesso colore delle nuvole prima di una tempesta, di un penetrante e freddo grigio che, alle volte, poteva mutare nel delicato celeste delle onde che si infrangevano contro i rocciosi scogli della spiaggia. Poche volte le era capitato di scambiare qualche parola con il ragazzo, che Caroline aveva percepito essere molto dolce e premuroso. Un pomeriggio, mentre Laura era intenta ad intrecciare i suoi setosi capelli di platino, Derek era spuntato in giardino con in mano una generosa manciata di petali bluastri. Con uno sguardo severo dipinto sul bel viso, ne aveva lasciato una parte ai piedi della sorella e, subito dopo, le aveva mormorato una frase all’orecchio, di cui Caroline aveva compreso solamente una parola : strozza lupo. Aveva sbuffato, annoiata da tutte quelle superstizioni e leggende. In città, infatti, era molto diffusa una credenza popolare riguardante esseri comunemente chiamati licantropi. Gli abitanti dunque, nel vano tentativo di proteggersi, adornavano spesso capelli e abiti coi petali di quella pianta, che si diceva potesse in qualche modo tenere lontane quelle malvagie creature. Prima di andarsene, Derek si era allungato verso il fragile corpicino di Caroline, e le aveva baciato dolcemente la guancia sinistra. In quel frangente, ella aveva incrociato il suo sguardo per una misera frazione di secondo : le sue iridi, all’apparenza impenetrabili e dure, nascondevano in realtà una profonda insicurezza, e un sentimento che Caroline riconobbe essere paura. All’epoca, non avrebbe mai potuto capire a cosa fosse dovuta. L’istante successivo, Derek era corso via, sparendo all’interno della maestosa costruzione in stile vittoriano, lasciando una Caroline dal viso in fiamme.
 
Caroline contrasse il viso in un’espressione di disapprovazione, nell’osservare quella struttura, un tempo  maestosa e signorile, ridotta nello scuro e polveroso relitto che si innalzava malamente dinanzi ai suoi occhi.  Sondò velocemente l’ambiente, alla ricerca di un qualche tipo di aura che le confermasse che la struttura era popolata. Non percepì nulla, così decise di muovere un passo in direzione della casa abbandonata. Poi un secondo, e un terzo, fino a quando non si ritrovò all’interno. L’immenso salotto, una volta ingombro di poltroncine in velluto e oggetti d’arredo d’ogni tipo, si presentava ora completamente vuoto e spoglio, ad eccezione di qualche scatolone e una pila di libri dalle pagine ingiallite, sistemata quasi a caso accanto alla rampa di scale che conduceva al piano superiore. Stranamente incuriosita, Caroline poggiò un piede sul primo, cigolante scalino, proseguendo fino a metà, quando una voce bloccò il suo cammino.
-         Questa è proprietà privata. – affermò essa con un tono duro e inflessibile, proveniente da dietro le spalle della bionda.
Spaventata, Caroline si voltò in sua direzione, incontrando un paio di familiari occhi color grigio perla, della stessa tonalità delle nubi in tempesta. Come la prima volta, Caroline ne rimase incredibilmente affascinata, e si perse nella profondità di quelle iridi di argento liquido. Derek era cresciuto. Il tenero ragazzino di tredici anni dall’aspetto gentile e allampanato aveva lasciato il posto a quello di  un uomo adulto, il cui viso dai tratti decisi e spigolosi era ricoperto da un leggero strato di barba corvina. I capelli, dello stesso identico colore, erano raccolti in una serie di ordinate, lucide punte. Le piene, olivastre labbra, dapprima contratte in una smorfia severa, si sollevarono in una piega di puro stupore.
-         Caroline … - sussurrò, muovendosi cautamente verso di lei.
-         Sì, Caroline. Tu … Ti ricordi di me? – chiese confusa e oltremodo incredula.
Possibile che fosse riuscito a riconoscerla, dopo tutto quel tempo?
-         Sì, eri un’amica di mia sorella Laura. – disse; un sorriso amaro sul volto.
-         Scusami, credevo non  ci fosse nessuno, così sono entrata. – spiegò, a disagio.
-         Nessun problema. – rispose Derek, con un’alzata di spalle.
-         Allora … Piacere di averti rivisto, Derek. – concluse Caroline, e strinse la sua grande, calda mano. Nel farlo, Caroline avvertì una scarica elettrica passare dalla mano di lui alla sua, per poi attraversarle l’intera colonna vertebrale. Era come se, fra loro, fosse scattato qualcosa. Un qualcosa di simile alla scintilla che precede un incendio di violente, epiche proporzioni.
Derek fece un educato cenno col capo. – Ci vediamo, Caroline. – salutò.
Mentre lasciava la vecchia abitazione degli Hale, Care scoprì di conservare una certezza dentro di sé : sapeva che, presto, avrebbe rivisto Derek. 
  
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