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Autore: randomnessUnicorn    20/08/2012    2 recensioni
"«Non uscite di casa dopo il tramonto!» queste erano le raccomandazioni che ogni genitore faceva ai propri figli, quando le tenebre iniziavano a calare, silenziosamente, nel piccolo villaggio, chiamato Kokoro Town.
Quel villaggio si trovava esattamente nel cuore della montagna: scolpito nelle roccia e coperto da una fitta vegetazione, ancora incontaminata e rigogliosa. L’avidità dell’uomo non aveva ancora colpito quelle terre.
Kokoro Town era un villaggio particolare, molto lontano dalla civilizzazione, come se lì il tempo si fosse fermato per sempre. Non c’erano automobili, grattacieli, centri commerciali, e a mala pena le persone possedevano un telefono. Quel villaggio era talmente sperduto che se fosse scomparso nel nulla, nessuno se ne sarebbe mai accorto. Ma solo per un semplice fatto: nessuno era a conoscenza della sua esistenza."
{ Questa storia non so da dove mi sia uscita, ma spero che la leggiate perché mi son impegnata molto. Sono stata ispirata da una canzone di Pokemon creepypasta, intitolata " Hypno Lullaby", basta cercarla su youtube per ascoltarla. Da quando ho sentito quella canzone, guardo Hypno in modo diverso :I
La fict è AU, i pg sono di mia invenzione, così come tutto il resto. Spero vi possa piacere, è la prima volta che scrivo una storia di Genere Misterioso, buona lettura.
LauretteH }
Genere: Drammatico, Mistero, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Anime
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Hypno Lullaby

 
 
«Non uscite di casa dopo il tramonto!» queste erano le raccomandazioni che ogni genitore faceva ai propri figli, quando le tenebre iniziavano a calare, silenziosamente, nel piccolo villaggio, chiamato Kokoro Town.
Quel villaggio si trovava esattamente nel cuore della montagna: scolpito nelle roccia e coperto da una fitta vegetazione, ancora incontaminata e rigogliosa. L’avidità dell’uomo non aveva ancora colpito quelle terre.
Kokoro Town era un villaggio particolare, molto lontano dalla civilizzazione, come se lì il tempo si fosse fermato per sempre. Non c’erano automobili, grattacieli, centri commerciali, e a mala pena le persone possedevano un telefono. Quel villaggio era talmente sperduto che se fosse scomparso nel nulla, nessuno se ne sarebbe mai accorto. Ma solo per un semplice fatto: nessuno era a conoscenza della sua esistenza.
La vita procedeva a rilento in quella piccola comunità, formata da un centinaio di individui che potevano essere contati sulle dita di una mano. Era un micro cosmo, abbandonato da Dio e dagli uomini, dove il passato e il presente convivevano in armonia, e il futuro sembrava non voler mai giungere.
Tutto sembrava procedere bene nel placido e microscopico paesino, o almeno così sembrava, se non fosse stato per il piccolo problema che da fin troppo tempo stava affliggendo  le anime degli abitanti.
Infatti, il villaggio era in procinto di estinguersi, stava scomparendo  nel nulla senza un preciso perché e senza conoscerne la causa. Stranamente, però, i protagonisti di queste sparizioni erano sempre gli stessi: degli ignari bambini.
Le scomparse verificate fino a quel momento aumentavano sempre di più. Alcuni fanciulli sparivano senza lasciare una minima traccia: l’unica cosa che rimaneva di loro, anzi, l’unica cosa che di loro si poteva percepire, era una acuta ed inquietante melodia che riecheggiava nell’aria ogni qual volta il malcapitato si perdeva nella foresta, non tornando mai più a casa.
Nel villaggio quella melodia era soprannominata “La ninna nanna del dolce non risveglio” che donava il sonno eterno a chiunque l’ascoltasse. I cittadini ancora non avevano compreso perché quella melodia colpisse solo i bambini, come se gli adulti ne fossero immuni.
Da quel momento in poi, le regole del villaggio diventarono sempre più rigide, soprattutto nei confronti degli infanti, che non potevano lasciare le proprie abitazioni dopo il tramonto, e non potevano uscire di casa prima del sorgere del sole.
Non potevano nemmeno andare da soli nei meandri della foresta, anche se fosse stato giorno. Il pericolo era troppo grande per farli rimanere soli.
Ma, come si sa, le regole esistono per essere infrante, in qualche modo qualcuno riuscì a trovare uno stratagemma per eludere il coprifuoco e scappare dalla tutela del genitore. E, quelle giovani vittime ignoravano il loro disgraziato destino.
 
« Non dovremmo stare qui, io ho paura» disse, con voce flebile la piccola Mary, che teneva stretta a sé la torcia, senza smettere di tremare. Era notte fonda, e si trovava insieme ai suoi amici nel luogo dove mai sarebbero dovuti andare: nella foresta delle anime perdute.
« Sei una codarda! Se sei così terrorizzata tornatene dalla mammina, tze! » disse l’altro bambino di nome Lucas, che vantava più coraggio degli altri –od almeno così sembrava-.
« Ha ragione Lucas, tornatene a casa. Non abbiamo bisogno di una frignona come te! » replicò l’altro ragazzino, Thomas, che sembrava essere di un anno più piccolo dell’amico.
«Uhm… non sono una frignona…! » disse Mary, singhiozzando, ed intanto gli altri due cominciarono a ridere, e alla fine lei scoppiò in lacrime.
« Fifona, sei una fifona. Fifona. Paurosa e frignona! » Lucas e Thomas iniziarono a cantare all’unisono, mentre la povera bambina iniziò a piangere come una fontana.
 « Siete degli idioti … » non ebbe nemmeno il tempo di replicare che, improvvisamente, si sentì un misterioso scrocchiare provenire da dietro gli alberi. Era lo stesso rumore che producevano le foglie secche calpestate. Anche se, il loro Growlithe sembrava essere sempre più agitato e girava, nervosamente, in cerchio da un bel po’ di tempo, ma i ragazzini erano troppo occupati a litigare per accorgersene.
« Woof Woof! » il Pokemon iniziò ad abbaiare, caoticamente. E guardava fisso davanti a sé, da dove proveniva quel misterioso fruscio?!
« Hey, sta buono. È solo il fruscio delle foglie, qualche Pokemon ci avrà camminato sopra. » disse Lucas, cercando di trovare una spiegazione: in fondo era il più grande dei tre e non poteva certo dare l’impressione di essere spaventato, che figura avrebbe fatto?
Tutto ad un tratto un silenzio di tomba invase la foresta: si sentiva solo il vento che ululava, e produceva un suono strano. Pareva una melodia che sembrava provenire dal nulla, come se fosse prodotta dalla foresta stessa. Si faceva sempre più nitida ed acuta. I bambini indietreggiarono spaventati e non seppero cosa fare.
 
 « uhm… cosa sta succedendo? Lucas, visto che sei tanto coraggioso, vai a vedere!» disse Mary, borbottando.
« Perché dovrei andarci io? » rispose, con voce smorzata e tremolante.
« Perché sei il più grande ed è responsabilità del capo controllare, già!» disse Thomas, annuendo in modo impercettibile.
 « Eh? – Lucas batté le palpebre più volte ed inghiottì un cumulo di saliva- E va bene, io sono coraggioso! non sono una femminuccia come voi! » disse, anche se non sembrava così sicuro. Iniziò a camminare verso il rumore, ed ancora riecheggiava nell’aria quella canzone, che diventava sempre più angosciante.
Il ragazzo, lentamente, scostò il cespuglio e sgranò gli occhi appena vide la creatura che si celava lì dietro: era un Hypno, un normalissimo Pokemon. Nessuna paura, quindi. Il ragazzo fece un respiro di sollievo.
 
« E’ solo uno stupido Hypno, tze» proclamò agli altri. Poi, posò per un istante lo sguardo sul Pokemon, che rimase immobile come una statua, anche se sul suo volto si era formato uno strano ghigno, quasi sadico. Il Pokemon alzò, lievemente, il suo braccio. Inizialmente, nascosto dalle tenebre, non si capiva cosa stesse facendo, ma poi uno strano oggetto- che il Pokemon sembrava tenere in mano- iniziò a muoversi: era un pendolo, il classico pendolo che Hypno usava portare con sé.
Il pendolo iniziò ad oscillare a destra ed a sinistra, lentamente. I penetranti occhi di Hypno erano fissi ed immobili sul ragazzo, che rimase ad osservare il  movimento ipnotico dell’oggetto. Una sensazione di pesantezza e di vertigine si stava impadronendo del suo esile corpo, come se qualcuno lo avesse mal menato, e lui sarebbe caduto a terra da un momento all’altro.
Gli occhi di Hypno si erano colorati di un rosso scarlatto. Intanto la melodia cominciava ad avere un tono più sordo, quasi metallico. Era un suono fastidioso, come il rumore delle unghie sulla lavagna.
Il corpo di Lucas iniziò a mutare: il suo sguardo si svuotò, diventando scuro ed inespressivo; i suoi occhi avevano perso lucidità; la sua pelle iniziava a divenire pallida; le forze cominciavano a mancare, come se i suoi muscoli stessero per pietrificarsi; le sue labbra da rosse, erano diventate verdognole; i sensi si stavano affievolendo.
Nel frattempo, il Pokemon si mise, stranamente, a cantare seguendo quella angosciante melodia, anche se le sue labbra non si muovevano. Evidentemente stava usando un qualche potere psichico che gli permetteva di comunicare senza l’ausilio della parola. Infatti, stava utilizzando la telepatia. La sua voce accompagnava quel motivo musicale, che diventava sempre più raccapricciante.
 
“Come little children, come with me.
Safe and happy, you will be.
Away from home, now let us run,
With Hypno, you'll have so much fun.”
 
Continuava a cantare. La sua voce si faceva sempre più flebile. Quello sarebbe stato l’ultimo canto che quel bambino avrebbe ascoltato in tutta la sua vita. Alla fine, Lucas cadde morente a terra. Il suo corpo senza vita iniziò a decomporsi, nutrendo le radici e i parassiti nascosti nel terreno. Lo stesso destino sarebbe toccato anche agli altri sventurati bambini, che si stavano pentendo di aver trasgredito le regole.
 
 
“Oh, little children, please don't cry,
Hypno wouldn't hurt a fly.
Be free to frolic, be free to play.
Come with me to my cave to stay.”
 
 
L’altro bambino cercò di scappare, ma venne bloccato da una forza misteriosa. Il suo corpo non ubbidiva più ai suoi comandi. Hypno aveva utilizzato psichico per poterlo controllare e non farlo fuggire. Alla fine il ragazzino cadde a terra. Era così spaventato che non riuscì nemmeno ad urlare. Rimase con gli occhi sgranati a fissare il Pokemon che si muoveva, minacciosamente, verso di lui. All’improvviso, Growlithe si scagliò contro Hypno, cercando di difendere il proprio padroncino. Ma fu inutile, perché con un altro psichico lanciò il povero cagnetto contro un albero, facendolo svenire.
Lacrime di dolore iniziarono a sgorgare dagli occhi del giovane, ma piangere era inutile ormai. Il Pokemon riprese ad osservarlo col suo angustiante sguardo. Come era prevedibile, il suo destino era segnato.
Thomas perse coscienza, e si afflosciò a terra privo di vita, come un palloncino sgonfio senza più aria.
 
Ma dove si trovava Mary?
Lei era scappata, cercando dentro di sé il coraggio che sembrava averla abbandonata. Correva e correva alla cieca nella foresta, che pareva non avere fine. Era come se girasse in cerchio a caso, perché, effettivamente, in quel bosco tutto era uguale. Era come se percorresse sempre lo stesso tragitto.
Tutto ad un tratto si fermò di scatto, e le sue iridi si ingigantirono. Dalla sua bocca uscirono solo dei piccoli gridolini. Il sudore scese a fiotti dalla sua fronte. I suoi occhi iniziarono ad inumidirsi. La paura sembrava averla immobilizzata, perché si ritrovò quel Pokemon davanti agli occhi. Come se si fosse teletrasportato in un secondo di fronte a lei. Quello non era un Pokemon, era un mostro.
Mary aveva sempre vissuto a fianco dei Pokemon, li considerava amici, come ogni altra persona del villaggio. Loro vivevano in simbiosi con i Pokemon, ed i Pokemon vivevano in simbiosi con gli esseri umani.
Perché quell’Hypno si comportava in quel modo? Sembrava come posseduto da una forza demoniaca.
L’ultima cosa che Mary vide furono gli occhi rosso sangue di Hypno, e poi… il nulla eterno.

 

 
 
IL GIORNO DOPO-
 
Tutti nel villaggio erano sconvolti. Lo stesso giorno si tennero i funerali delle tre povere creature decedute prematuramente la notte precedente: Lucas, Thomas e Mary.
I loro genitori furono talmente scossi che decisero di abbandonare la cittadina. Non volevano che qualcosa di simile sarebbe accaduto agli altri loro figli.
Tutti parteciparono al funerale di quei poveri bambini. Mentre il parroco predicava la salvezza delle loro piccole anime, improvvisamente, si sentì un rumore sospetto provenire dalla foresta. C’era così tanto silenziò che tutti gli invitati si misero a guardare in quella direzione. Era Growlith che, incredibilmente, era sopravvissuto all’attacco di Hypno. Il povero Pokemon zoppicava, e si muoveva a stento. Alla fine cadde a terra sfinito, e respirava appena. Il padre di Thomas subito lo riconobbe, perché appunto era il Growlithe di suo figlio. Si precipitò da lui. Il Pokemon emetteva dei respiri impercettibili. Lo portarono al centro Pokemon, l’unico centro che esisteva a Kokoro Town.
Purtroppo, i danni che aveva riscosso erano troppo gravi, e non ce la fece: Growlithmorì poco dopo.
Dopo questo fatto, la gente del villaggio intuì che c’era veramente qualcosa di malefico dentro quella foresta. Anzi, qualcuno di malefico.
Iniziarono le ricerche. Giorno e notte, sia i genitori dei tanti bambini scomparsi che altri volontari setacciarono la montagna da cima a fondo, per scovare l’assassino infame che aveva ucciso i loro pargoli.
I giorni passarono, così come le settimane, e i mesi, ma niente. E nessuno poteva  sospettare che ci fosse un Pokemon psichico dietro tutto questo.
 
Le regole del villaggio erano diventate ancora più ferree, tanto che ormai la libertà dei ragazzi era praticamente nulla. I genitori erano talmente protettivi con i propri figli che mancava solo che li accompagnassero in bagno. Era una situazione insostenibile per tutti.
Ma, come era prevedibile, le morti non si sarebbero placate.

 

 
DOPO DIVERSI MESI-
 
Durante un normale giorno estivo giunse, stranamente, nuova gente a Kokoro Town, esattamente erano arrivati i parenti di una famiglia che abitava nel villaggio ormai da anni. Era raro che qualcuno venisse nel villaggio, i turisti erano sempre pochi, perché non c’era mai niente da vedere lì.
 
«Hai scelto davvero un bel periodo per venirci a trovare, eh? » disse la signora Sato alla sorella che era venuta dalla città a farle visita, insieme a tutta la famigliola.
« Come mai? » chiese sua sorella, Satomi, confusa, mentre sorseggiava una tazza di tea verde.
« Beh, questo non è un posto adatto per le vacanze, e forse anche per viverci… » rispose, con un tono rammaricato.
« Uhm… eppure mi hai sempre parlato bene di questo posto. Mi hai sempre detto che è una sorta di paradiso terrestre dove umani, natura e Pokemon vivono in pace e serenità. Per questo ho deciso di portare i miei bambini qui. Ora mi dici questo? mi stai facendo preoccupare…» disse, sospettosa.
« Bambini? Hai portato anche i tuoi figli? » chiese la signora Sato, quasi urlando.
« Beh, sì. Ho fatto male? Non capisco la tua agitazione! » disse, incredula e confusa. L’altra aveva assunto un tono nervoso e tremava come una foglia.
« Dove sono adesso? » chiese, alzandosi in piedi, fissando Satomi diritta negli occhi.
«Uhm… beh, mia figlia, quella più giovane, è a casa a dormire. È troppo piccola per andare in giro da sola. Invece, mio figlio, quello più grande, è andato col padre a fare una gita nel bosco. Ho sentito che lì ci sono tanti Pokemon, e il sogno di mio figlio è di diventare un allenatore di Pokemon. » spiegò, alzando un sopracciglio e domandandosi cosa avesse fatto di sbagliato.
« Nella foresta?! Oh, no! – si mise le mani tra i capelli- Digli subito di tornare a casa, è pericoloso laggiù! » sbottò, andando a prendere di corsa il telefono.
« Pericoloso? Ma che stai dicendo? C’è mio marito con lui, cosa gli potrebbe capitare? » si chiese, preoccupata, seguendo la sorella.
« Oh, Dio Santissimo! Pronto, Polizia… delle persone sono andate nel bosco, chiediamo rinforzi, prima che sia troppo tardi. Quel bambino non deve assolutamente perdersi! » disse la Signora Sato, completamente presa dal panico.
 Anche se non era ancora successo niente a quel bambino, la preoccupazione che potesse capitare qualcosa di terribile era sempre grande: prevenire era meglio che curare.

 

 
INTANTO NEL BOSCO-
 
 
«Max, questo bosco è davvero fitto ed immenso. Mi raccomando, stammi vicino che potresti perderti. » disse il padre al figlio. Stavano facendo una scampagnata nella foresta di Kokoro Town, ma ignoravano che quel posto fosse maledetto.
« Ok, papà. Ci sono tantissimi Pokemon, oh. » il bambino era entusiasta perché non aveva mai visto così tanti Pokemon tutti insieme. Nella città in cui abitava non ce ne erano molti, soprattutto selvatici, poteva vedere solo i Pokemon domestici, e nient’altro.
Tutto sembrava, stranamente, tranquillo. Non era nemmeno troppo tardi, anche se la foresta era talmente fitta che sembrava sera, gli alti rami degli alberi oscuravano completamente il cielo.
Successivamente, l’attenzione di Max venne catturata da un Emolga che saltellava da un ramo all’altro; era agile e scattante, quindi il bambino –che non aveva mai visto un Emolga prima- ne rimase affascinato, tanto che lo seguì di corsa.
Alla fine perse di vista il Pokemon, che si era nascosto tra le piante. Max si guardò intorno per cercare di orientarsi, visto che aveva anche perso il padre in mezzo alla boscaglia. Purtroppo, non riuscì più a trovarlo, ed iniziò a farsi prendere dal panico. Cominciava ad avere paura, perché stare solo in una foresta così grande ed ignota non era una cosa affatto piacevole per lui. Rivoleva il suo papà.
Tutto ad un tratto iniziò a suonare un’enigmatica melodia, che fece solo aumentare l’ansia  del piccolo. Anche perché prima gli unici suoni che poteva udire erano il fruscio delle foglie, i versi dei Pokemon e il vento che soffiava. Aveva l’impressione che tutto si fosse fermato e che quel suono misterioso  provenisse dal nulla.  
Quella musica produceva uno strano effetto a coloro che l’ascoltavano. La sua testa iniziò a girare, e vedeva tutto offuscato, come se fosse sotto l’effetto di una droga.
Malgrado avesse la vista annebbiata, riuscì a scrutare una misteriosa figura che si avvinava a lui. Era una creatura della sua stessa altezza, più o meno, camminava lentamente e teneva un braccio alzato. Max si strofinò gli occhi, e guardò con più attenzione: era un Pokemon, precisamente un Hypno, ma sembrava diverso dagli altri Hypno. Aveva qualcosa di insolito.
Come successe con gli altri bambini, Hypno ipnotizzò Max col suo pendolo, cantando la solita e spaventosa canzoncina.
 
“ Oh, little children, please don't squirm.
These ropes, I know, will hold you firm.
Now look to me, the pendant calls,
Back and forth, your eyelids fall.
 
 
Max iniziò a sentirsi mancare le forze, e barcollava come un ubriaco. Sembrava fosse la fine per lui, quando improvvisamente si sentì un urlo non molto lontano. Forse non era ancora troppo tardi.
« Vai, Honchkrow. Usa nottesferza contro quel farabutto!» dall’oscurità apparve un Honchkrow, che colpì violentemente Hypno, facendogli cadere di mano il suo prezioso pendolo. Aveva ricevuto un brutto colpo, visto che un attacco di tipo buio contro un Pokemon di tipo Psico risultava super efficace.
Max cadde a terrà, sconvolto da quello che era successo, ma almeno sembrava sano e salvo. Il suo salvatore non era niente popo di meno che il padre: che era arrivato nel momento giusto per salvarlo da un degradante destino. Hypno fuggì, teletrasportandosi chissà dove.
Poco dopo, giunse anche la polizia che già da prima si era messa sulle loro tracce. Padre e figlio spiegarono ciò che era successo, e che la causa di tutti i loro problemi era quel Pokemon. Anche se ancora non si conoscevano le ragioni che avevano portato Hypno a comportarsi da criminale.

 

 
POCHI GIORNI DOPO-
 
«oh, Satomi. Mi dispiace tanto per quello che è successo al tuo Max, avrei dovuto dirtelo prima. » disse la signora Sota dispiaciuta. Lei e la sorella si erano incontrate per discutere su quella faccenda e per tranquillizzarsi a vicenda.
«Uhm… non preoccuparti, non è colpa tua. L’abbiamo vista brutta, ma fortunatamente è andato tutto bene. Se non ci fosse stato mio marito, non posso immaginare cosa sarebbe successo…» la donna parlava singhiozzando, cercando di trattenere le lacrime. Ma alla fine si mise a piangere.
« Oh, non piangere. Pensa solo che tutto è andato per il meglio, anche se è stata un’ esperienza traumatica per Max, ma l’importante è che lui stia bene. Non pensarci più. » disse, abbracciandola mentre la consolava.
« Non avrei mai immaginato che un Pokemon potesse uccidere… cioè, è assurdo. I Pokemon dovrebbero essere nostri amici…» disse, continuando a singhiozzare, asciugandosi le lacrime con un fazzoletto.
« Uhm… hai ragione, non lo avrei mai immaginato. » rispose la signora Sota.
« Non avrei mai pensato che un Hypno potesse arrivare a tanto, poi perché? Per quale motivo? » si domandò Satomi, calmandosi pian piano.
« Hypno? – la faccia della signora Sota si illuminò, come se si fosse accesa una lampadina- nella nostra foresta non ci sono mai stati degli Hypno. Sono più unici che rari qui… uhm… anche se non mi è nuovo. » mise una mano sotto al mento, riflettendo intensamente.
« Cosa intendi dire? » chiese la sorella.
« Uhm… ah, ecco. Ora ricordo- sbatte un pugno su un palmo- ricordo che una volta c’era un Hypno in questo villaggio. Ma dubito che sia lo stesso Hypno, perché quello che abitava qui era buono. » disse la signora. Anche se la curiosità di Satomi stava aumentando.
« Eh?! Spiegati meglio. » chiese Satomi.
« Uhm… è una lunga storia. Molto tempo fa il nostro villaggio non era così, era un luogo dove regnava la pace e dove tutti erano felici. Le persone e i Pokemon si volevano bene, e si aiutavano l’uno con l’altro. Quell’ Hypno apparteneva ad un vecchio signore che diceva di essere un sensitivo, era una brava persona, ma pensavamo tutti che fosse pazzo. Quel Pokemon non aveva mai manifestato segni di follia, od almeno fino a quando non giunsero degli stranieri nel nostro paesino. Poi, era raro che capitassero forestieri qui, perciò li accogliemmo con la massima ospitalità.
Erano delle persone strane. E si trasferirono proprio accanto alla casa del vecchio. Quest’ultimo da quel giorno iniziò a comportarsi in una maniera singolare: diceva che quelle persone avrebbero portato disgrazie nel villaggio.
Quella famiglia era composta da tre individui: il padre, la madre e il figlio. I genitori non sembravano cattive persone, erano gentili ed educati, anche se sembravano molto preoccupati ed era come se nascondessero qualcosa di cui avevano paura: loro figlio… Quell’essere non era un bambino normale. Era un bambino cattivo, non avevo mai visto un bimbo tanto crudele, e mai avrei immaginato che una creatura così piccola ed apparentemente innocente potesse avere una mente tanto contorta.
La prima volta che lo vidi fu al parco: stava torturando dei Pokemon, come se fosse lo svago più divertente al mondo. Stava tagliando con delle forbici le foglie di un Oddish, oppure li bruciava. Quei poveri Pokemon gridavano sofferenti in preda al dolore. A volte distruggeva i nidi dei Pidgey, o strappava loro le piume. A ripensarci adesso mi vengono i brividi. Non solo i Pokemon patirono tali sofferenze, da quando venne quella gente successero realmente fatti terribili nel villaggio. Molte persone si ammalarono, e gli incidenti furono sempre più frequenti. Quel bambino era la rincarnazione del male, gli stessi genitori lo temevano.
Il vecchio del villaggio, oltre  ad essere un sensitivo, era abile anche con le pozioni magiche, intrugli, e cose di questo genere, anche se tutti noi eravamo scettici.
Lui stesso, insieme al suo Hypno, cercò di mandare via “il Maligno”, come lo chiamava. Era arrivato alla conclusione che quel bambino fosse posseduto da un qualche demone. Parlò con i genitori, per permettergli di eseguire un esorcismo su loro figlio. Con il cuore in mano i genitori acconsentirono.
Lui ed Hypno si impegnarono con tutte le forze che possedevano per scacciare via la maledizione, ma alla fine fu tutto inutile, perché il bambino uccise il vecchio, davanti agli stessi occhi del suo Pokemon.
Hypno da quel giorno cambiò, e non fu più lo stesso. Il trauma subito fu talmente grande che iniziò ad odiare i bambini. Lui stesso si scagliò contro il demone, assetato di vendetta. Quel vecchio era il suo unico amico, era stato al suo fianco da quando era solo un Drowzee. E vederlo morire così- per mano di quella peste- fu uno shock per lui.
Molti dicono che i demoni entrino nei cuori delle persone che provano odio. I sentimenti negativi fungono da ponte tra il demone e l’anima della persona. Non si pensava che questo potesse accadere anche ai Pokemon. Infatti molti credono che lo stesso demone si sia annidato nel cuore di Hypno. Nel momento in cui il suo allenatore venne ucciso, Hypnp provò un forte senso di odio e rancore: questo lo portò ad essere posseduto a sua volta.
Infatti, in seguito il bambino cadde in coma fino a che non morì: il demone aveva risucchiato tutta la sua energia vitale, perché senza un corpo, egli non può resistere allungo nel mondo dei vivi.
Da quel giorno, però, di Hypno non si seppe più niente, od almeno fino a questo momento. »
« … » Satomi rimase letteralmente senza parole. Non riusciva a crederci, lei non aveva mai creduto a queste cose, ne tanto meno ai demoni. Anche se dopo tutto quello che era successo, forse, doveva ricredersi.
« Noi del villaggio pensavamo fosse tutto finito, invece ci sbagliavamo. Non sappiamo cosa fare. Alla fine quel povero Pokemon non aveva nessuna colpa. Anche se oggi, non possiamo perdonare il male che ha fatto ai nostri figli. » disse la Signora Sota, quasi sussurrando.
« E cosa pensate di fare? Se quel Pokemon è realmente posseduto, come pensate di fermarlo? » chiese, preoccupata, Satomi.
« Siamo consapevoli del fatto che quel Pokemon non abbia nessuna colpa, perché la sua mente e il suo corpo sono posseduti da una forza malefica. Ma non possiamo continuare così. Oggi terremo una riunione con gli altri abitanti del villaggio, per decidere il da farsi… l’alternativa della sua eliminazione non è da escludersi. » il tono della signora era freddo e cupo.
« Vorreste uccidere quel Pokemon? Ma… se è posseduto come pensate di riuscirci? » chiese Satomi, con gli occhi sgranati.
« Beh, chiameremo qualche esperto che se ne occupi… non c’è altra alternativa. »
« Esperto? Intendi un esorcista? E se il demone scappasse e si impossessasse di qualcun altro? »
« E’ l’unico modo, bisogna rischiare. » la Signora Sota parlava con un tono di voce serio ed immutabile. La sorella rimase a fissarla incredula, senza sapere cosa rispondere.
 

 

 
IL GIORNO DOPO-
 
Come era previsto, il giorno prima si tenne una riunione che avrebbe deciso il destino di Hypno e dello stesso villaggio. Il capo di Kokoro Town aveva chiamato delle persone “esperte” che magari sarebbero riuscite a risolvere il problema.
Queste persone giunsero la mattina dopo: erano degli uomini stranissimi. Indossavano delle lunghe tuniche nere, portavano al collo dei crocifissi, e trasmettevano un’aura inquietante. Erano silenziosi ed avevano un’ espressione molto seria in volto. Ed erano cinque in tutto.
Tutta la gente del villaggio si era riunita per dare loro il benvenuto, anche se quest’ultimi sembravano scocciati da tanta accoglienza.
Comunque sia, queste persone avevano l’aria di essere molto esperte in fatto di esorcismi, quindi la faccenda era più seria di quanto si pensasse.
Inizialmente il popolo credeva che ci fosse una sorta di maniaco/killer in giro, che forse era scappato da una qualche prigione. Ma la cosa era improbabile, visto che non ce ne erano di carceri in giro. La stessa città era lontana kilometri e kilometri dal loro paese.
Il rituale si sarebbe svolto quella sera stessa, anche se ancora non si sapeva come attirare Hypno e come farlo uscire allo scoperto. Visto che nessuno conosceva la sua tana, e nessuno osava addentrarsi nella foresta. L’unica cosa che si sapeva, era che lui compariva solo quando vi erano bambini. Infatti l’idea degli “esorcisti” fu quella di utilizzare un qualche bambino come “esca” o “sacrificio”, dipendeva dai punti di vista. Ma quello era l’unico modo per farlo uscire allo scoperto. Però, questa soluzione sembrava drastica, e i cittadini non erano d’accordo.
Gli uomini in nero spiegarono che non sarebbe successo niente al fanciullo perché loro non lo avrebbero mai permesso, quindi alla fine riuscirono a convincere gli abitanti, ormai stufi di tutta quella morte e desolazione. Desideravano soltanto che la pace tornasse a Kokoro Town.
 
La notte arrivò, e quegli uomini- portando un bambino con loro- cominciarono a penetrare dentro la foresta oscura e misteriosa.
Fecero andare il bambino davanti perché non volevano che il Pokemon si accorgesse della loro presenza o si rendesse conto della trappola.
Quel bambino procedeva a passo lento ed insicuro, le sue gambe camminavano quasi da sole per quanto era spaventato. Tutto ad un tratto un silenzio tombale prese il sopravvento: e la solita melodia cominciò a riecheggiare nell’aria.
Il bambino cadde in una sorta di Trans, e barcollava. Hypno comparve dall’ombra e incominciò ad intonare la solita e raccapricciante canzone.
 
“ Oh, little children, you cannot leave
For you, your families will grieve
Minds unravelling at the seams
Allowing me to haunt their dreams “
 
Il bambino si sentì mancare le forze, e svenne poco dopo. Improvvisamente da dietro gli alberi iniziò a sentirsi una cantilena diversa: erano gli uomini in nero che stavano recitando una sorta di incantesimo, sembrava come se pregassero.
Si radunarono intorno ad Hypno, tenendo stretto il crocifisso che avevano legato al collo. Erano concentrati e sembrava che niente li avrebbe fermati o distratti.
Hypno iniziò ad imprecare, urlava e si dimenava come se fosse preso da un attacco epilettico. Quegli uomini parlavano in una lingua strana e sconosciuta: un’aura di luce si era formata intorno a loro, il vento soffiava violentemente, la sabbia si alzò da terra, come se si stesse scatenando una tempesta.
Il Pokemon urlava: la sua voce era piena di rabbia, ed era rauca e forte, tanto che non sembrava nemmeno quella di un essere umano.
Questo rituale durò circa un quarto d’ora: il demone non voleva arrendersi, ma alla fine il corpo del Pokemon cedette, e cadde a terra sfinito. Gli esorcisti continuarono a recitare il loro sermone, per scacciare definitivamente la creatura demoniaca, che altrimenti sarebbe scappata, intrufolandosi nel corpo di qualche altro essere vivente.
Alla fine non si sentì più nulla: l’energia scatenata fino a quel momento svanì, il demone se ne era andato… era stato sconfitto.
 
Hypno perse definitivamente le forze, perché il demone aveva risucchiato tutta la sua energia vitale. Ma, almeno adesso poté, finalmente, riunirsi al suo caro allenatore. Lo avrebbe rivisto ora che la sua anima era stata purificata. Non avrebbe più sofferto in quella terra piena di odio, di paura e malvagità.
La vita del villaggio, dopo quel giorno, tornò radiosa e pacifica come un tempo: le persone, i Pokemon e la natura potevano continuare il loro ciclo vitale.
Il degrado era terminato, ma il passato non sarebbe mai stato dimenticato perché nei cuori di ogni persona sarebbe rimasta la cicatrice di quella disgrazia.
L’uomo, però, non avrebbe mai imparato dai propri errori: perché il male si annida dentro ognuno di noi, e non importa che tu sia un uomo, una donna, un vecchio, un Pokemon od un bambino. Lui non guarda in faccia nessuno.
 
 


 
{ Siamo giunti alla fine di questa storia, spero di avervi messo un po’ di ansia o paura, perché quello era il mio scopo principale, anche se è la prima volta che scrivo storie di questo genere.
Pochi giorni fa sono venuta a conoscenza di Pokemon Creepypasta, e avevo voglia di scriverci qualcosa, ma non sapevo cosa. Poi ho sentito questa canzone: http://www.youtube.com/watch?v=FT_ZpHgiIKo&feature=related e decisi di basarmi su essa.
Spero di non aver fatto un epic fail, ma mi ci sono impegnata molto. Mi sono cervellata al massimo per la trama e, non avrei mai pensato di riuscire a scrivere una one shot così lunga e__e
 
La morale della storia /perché sì, ha una morale/ è che il male si può insidiare dentro ognuno di noi, anche nei bambini, che dovrebbero essere creature innocenti e pure. Invece no, anche loro possono esserne colpiti. Sarà che mi piacciono questo genere di cose come il mistero.
Spero che recensiate c:
 
LauretteH

   
 
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