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Autore: _Trixie_    20/08/2012    4 recensioni
Callie si fermò di fronte all’entrata dell’ospedale, il viso improvvisamente pallido, la gola secca. E ora, cosa avrebbe fatto? Guardò a destra, poi a sinistra, cercando disperatamente una via di fuga. Doveva andarsene di lì al più presto!
Quei pochi attimi di esitazione di fronte all’ospedale le furono fatali.
In piedi, al centro dell’ingresso, separato da lei solo da qualche metro e una porta a vetri, suo padre la vide. E sorrise. Il chirurgo si fece forza e nascose l’espressione angosciata e contrariata prima di raggiungere l’uomo e salutarlo con simulata allegria.
Genere: Generale, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Altri, Arizona Robbins, Callie Torres
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Sesta stagione
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Personaggi:Arizona Robbins, Callie Torre, Callie/Arizona, Carlos Torres (padre di Callie).
Rating: giallo.
Contesto: sesta stagione (one-shot da collocare dopo il famoso discorso di Arizona al padre di Callie, ma prima del cambio di primario).
Genere: slice of life, sentimentale, generale.
Avvertimenti: femslash, one-shot.
Introduzione: Callie si fermò di fronte all’entrata dell’ospedale, il viso improvvisamente pallido, la gola secca. E ora, cosa avrebbe fatto? Guardò a destra, poi a sinistra, cercando disperatamente una via di fuga. Doveva andarsene di lì al più presto!
Quei pochi attimi di esitazione di fronte all’ospedale le furono fatali.
In piedi, al centro dell’ingresso, separato da lei solo da qualche metro e una porta a vetri, suo padre la vide. E sorrise. Il chirurgo si fece forza e nascose l’espressione angosciata e contrariata prima di raggiungere l’uomo e salutarlo con simulata allegria.
 

You are my home
 

Callie si fermò di fronte all’entrata dell’ospedale, il viso improvvisamente pallido, la gola secca. E ora, cosa avrebbe fatto? Guardò a destra, poi a sinistra, cercando disperatamente una via di fuga. Doveva andarsene di lì al più presto!
Quei pochi attimi di esitazione di fronte all’ospedale le furono fatali.
In piedi, al centro dell’ingresso, separato da lei solo da qualche metro e una porta a vetri, suo padre la vide. E sorrise. Il chirurgo si fece forza e nascose l’espressione angosciata e contrariata prima di raggiungere l’uomo e salutarlo con simulata allegria.
«Ciao, tesoro» rispose Carlos Torres. Sembrava stanco, ma Callie pensò fosse a causa del viaggio.
«Come mai sei qui? In ospedale?»
«Volevo vedere la mia bambina, ecco tutto» si giustificò lui, allargando le braccia e stringendo le spalle. «E ora fatti abbracciare» aggiunse poi, agguantando la figlia prima che questa potesse sottrarsi a quel rituale di tortura.
«Sono felice di vederti, papà» disse Callie, sciogliendosi con qualche difficoltà dall’abbraccio dell’uomo. «Ma perché non sei venuto a casa? Perché in ospedale? Stai bene?» domandò poi, realizzando solo in quel momento che suo padre era un uomo in là con gli anni e che forse la sua stanchezza era dovuta ad altro.
«Stai tranquilla, tesoro, sto bene. Sono passato da casa e Arizona mi ha detto che eri già andata al lavoro, così sono venuto qui» spiegò Carlos velocemente, lanciando un’occhiata attorno.
«Hai visto Arizona?» domandò Callie, perplessa.
«Sì, stava rientrando in casa. Sembrava spossata».
«È rimasta in ospedale tutta notte per un intervento».
Irritata, Callie cercò nella borsa il proprio cellulare, sperando di trovarci un messaggio di Arizona o una sua chiamata persa. Speranza che si rivelò vana.
Perché diavolo non mi ha avvertito?!, pensò, irritata.
«C’è qualche problema?» domandò Carlos, scorgendo l’espressione della figlia.
«No, certo che no, papà!» si affrettò a rispondere Callie. «Per quanto hai intenzione di fermarti? Mamma è rimasta a casa?»
«Ripartirò questa sera e mamma è rimasta a casa, aveva…» l’uomo si schiarì la gola. «Aveva, ecco, cioè, tua madre doveva finire di sbrigare del lavoro, già» risolse Carlos.
«Non vuole vedermi, vero?» domandò senza mezzi termini Callie.
Da quando i suoi genitori avevano saputo che Callie si era fidanzata con una donna, i rapporti con loro, da sempre idilliaci, si erano incrinati. Suo padre era persino arrivato al punto di presentarsi in ospedale con un prete, con l’intento di pregare affinché sua figlia tornasse etero.
Fortunatamente, con lui erano bastate poche parole da parte di Arizona, o forse anche solo il sorriso della donna, per accettare le scelte della figlia.
Ma sua madre, Lucia, avvocato di successo e con una fede incrollabile, si era chiusa nel silenzio e si rifiutava categoricamente di parlare con Callie.
«Cosa ne dici di andare a bere qualcosa?» propose suo padre, con tono affranto.
«Io… papà, aspetta, devo avvisare i colleghi che oggi farò tardi, dammi qualche minuto» si arrese Callie, senza trovare una scusa valida per non accettare. Sperò ardentemente che il suo cercapersone suonasse in quel preciso momento per un’emergenza. Ma quel giorno le sue speranze sembravano non avverarsi mai.
«D’accordo, ti aspetterò qui» annuì Carlos.
«Perché non vai da Joe?» disse Callie. «Il bar è proprio qui di fronte all’ospedale, non puoi sbagliare. E ordina anche per me, mentre aspetti».
Callie non diede tempo a suo padre di ribattere e si allontanò, dirigendosi all’ufficio del capo.
 

***

 
«Capo» salutò la donna entrando, dopo aver ricevuto l’avanti di Webber in risposta al suo bussare. «Potrei prendermi la mattina libera?» domandò Callie, rimanendo sulla soglia.
«Come, scusa?» rispose Webber, alzando gli occhi dai fogli che stava firmando e spostando con indifferenza un bicchiere vuoto dietro a un portapenne, quasi a volerlo nascondere a Callie. Lei arricciò il naso quando un vago sentore di whiskey la raggiunse.
«Io volevo chiedere se… Ma va tutto bene?» volle sapere la dottoressa Torres, notando gli occhi rossi di Webber e la mano tremante.
«Certo, tutto bene. Nottataccia» rispose lui, indicando con il mento i fogli di fronte a lui.
Callie era perplessa. C’era qualcosa che non andava nell’aspetto dell’uomo che aveva davanti, ma non aveva tempo di occuparsene e probabilmente si trattava di un’orribile lite con la moglie.
In ogni caso, questo è lavoro da Bailey, o forse Shepherd, di certo non mio.
«Mi dispiace, capo. Volevo chiedere la mattina libera, ho interventi programmati solo per il pomeriggio» spiegò Callie.
«Certo, certo, dottoressa Torres, certo» acconsentì Webber confusamente, leggendo il retro di un foglio che aveva appena sollevato.
«Grazie, allora, capo, arrivederci» si affrettò a salutare Callie, arretrando con le sopracciglia inarcate, appuntandosi mentalmente di chiedere a Miranda che cosa tormentasse Webber.
«Arrivederci» rispose lui distrattamente.
Uscita dall’ufficio, Callie prese nuovamente in mano il cellulare, cercando il numero di Arizona, mentre allentava la sciarpa avvolta intorno al collo. Aveva caldo, ma sarebbe stato inutile spogliare il cappotto dovendo uscire nuovamente. Stranamente quel giorno a Seattle non pioveva, ma il freddo autunnale si era fatto più pungente.
Il cellulare suonò ripetute volte a vuoto, fino a quando scattò la segreteria telefonica.
«Arizona!» esclamò Callie, dopo il famigliare “beep”. «Spero tu abbia una buona scusa per non avermi avvisato di mio padre!»
Chiuse la telefonata senza nemmeno salutare, com’era solita fare quando era irritata la fidanzata. Aumentò il passo e raggiunse il padre nel bar di Joe in pochi minuti.
«Eccoti, qualche problema?» esordì Carlos, seduto a un tavolino vicino all’ingresso, con due cappuccini ancora caldi di fronte.
«No, tutto a posto, papà. Ciao, Joe!» salutò Callie, alzando una mano in direzione del barista, che sorrise e ricambiò.
«Allora vieni spesso qui» osservò suo padre.
«Tutti i medici dell’ospedale vengono da Joe. Fa il miglior cappuccino di Seattle» spiegò Callie sedendosi e liberandosi di sciarpa e cappotto.
«Capisco».
Tra i due scese il silenzio ed entrambi dedicarono tutta la propria attenzione ai cappuccini che avevano di fronte.
Callie sapeva bene che suo padre era venuto fino a Seattle per parlarle e credeva di aver indovinato anche riguardo a cosa, ma non aveva la minima intenzione di affrontare l’argomento.
Fu suo padre a rompere il silenzio.
«Callie, vedi, tesoro, io stavo pensando che forse potresti, ecco, tornare a casa» disse, appoggiando la propria tazza sul tavolo e guardando la figlia di sottecchi.
La donna si lasciò sfuggire una breve risata.
«Tornare a casa?» chiese, incapace di credere a quella ridicola proposta. Suo padre le stava davvero chiedendo di lasciare tutto quanto aveva a Seattle, di lasciare Arizona, per tornare a vivere dai suoi genitori?
«Sì, ecco, per qualche settimana, non una cosa definitiva» specificò Carlos.
«Per qualche settimana? Papà, dove vuoi arrivare?» lo incalzò la donna.
«Solo due o tre settimane, Callie, magari quattro. Il tuo capo potrebbe concedertele, non credi?»
«Perché?»
«Ieri sera io e tua madre abbiamo discusso, per questo sono qui. Lei ha detto cose orribili, ha detto di avere una sola figlia: tua sorella Aria. Questa notte ho dormito a casa di Aria e quando mi sono svegliato ho preso il primo volo per Seattle» spiegò concitatamente Carlos, mentre un velo di tristezza gli offuscava gli occhi. «Passare del tempo con tua madre ti farà bene, Callie, farà bene anche a lei. Prenditi una pausa dal lavoro, da Arizona… Torna a casa per un po’» aggiunse, dopo aver preso una boccata d’aria.
Callie immaginoche per al padre rivivere le ultime ore e raccontarle, seppur in modo sommario, dovesse essere costato parecchio.
«La mia casa è Arizona. Se mamma non riesce ad accettarlo, io… Tu l’hai capito, tu l’hai accettato. E l’hai fatto perché hai visto quanto sono felice, perché è… giusto che io stia con Arizona. Non sono io che devo andare da mamma. Lei deve venire da me, come hai fatto tu, e vedere che io sono sempre Callie, solo che sono felice come mai lo sono stata nella mia vita» concluse la donna, sorridendo amaramente.
Pregò che suo padre fosse d’accordo con lei, perché se Carlos avesse insistito nel suo intento probabilmente lei si sarebbe messa a piangere. Lui stava mettendo la figlia di fronte a una scelta che Callie non aveva la minima intenzione di fare: sua madre o Arizona? La donna che l’aveva messa al mondo o la donna che, le era chiaro, era il suo mondo?
Ma nel suo cuore, Callie aveva già scelto.
«Calliope…»
«No, papà, no. Io ti voglio bene e ne voglio anche alla mamma. E sono sicura che mi considera ancora sua figlia e che quelle parole siano state avventate e pronunciate dalla rabbia, non da mia madre. Ma io voglio rimanere qui. Mamma può venire quando vuole. Può telefonarmi, scrivermi una mail… oiniziare a rispondere alle mie telefonate e alle mie mail. Ma non sono io che devo tornare da lei, perché non sono stata io ad andarmene, è stata lei a cacciarmi dalla sua vita. La mia porta, anzi la nostra porta, mia e di Arizona, è sempre aperta» lo interruppe Callie. Parlò velocemente, senza nemmeno pensare, dando voce a quello che sentiva, che provava.
Carlos rimase in silenzio, studiò il volto della figlia.
Callie ricordò di aver visto quell’espressione solo una volta prima di allora. Quando, all’ultimo momento, aveva deciso di iscriversi a Chirurgia e non Giurisprudenza. In quell’occasione, suo padre le aveva dato tutto il suo appoggio, ma ora..
«Hai ragione» disse infine l’uomo, stupendo Callie. «Hai perfettamente ragione, tua madre…» iniziò Carlos, andando alla ricerca delle parole giuste da dire, cercando il modo migliore di scusarsi con la figlia.
Callie sospirò e guardò distrattamente l’orologio, rendendosi conto che erano solo le dieci di mattina e che fino a mezzogiorno non aveva scuse per lasciare solo il padre. Probabilmente nelle prossime due ore avrebbero girato a vuoto per Seattle, con Carlos che blaterava giustificazione per il comportamento della moglie o consigli su come Callie dovesse vestire, mangiare, camminare, andare al lavoro.
Con tutto l’affetto e la gratitudine che Callie nutriva per suo padre, quelle due ore l’avrebbero probabilmente portata a un lento esaurimento nervoso.
Inaspettatamente, il suo cercapersone si mise a suonare. Callie sobbalzò, poi si affrettò a guardare il piccolo display.
Nove uno uno. Pronto soccorso.
«Papà, scusami. Devo andare. È un’emergenza».
La donna si alzò di scatto, indossando velocemente il cappotto.
Frugò nella borsa ed estrasse qualche banconota che lasciò sul tavolo.
«Il cappuccino te lo offro io, ci sentiamo più tardi» si congedò, correndo verso l’uscita del locale e sbattendolo la porta.
Mai era stata così felice di un’emergenza prima d’ora, anche se, in effetti, di questo di sentiva in colpa.
 

***

 
Entrando in pronto soccorso la prima persona che vide fu Arizona che confabulava con un bambino dai capelli neri e gli occhi furbi, sdraiato su un lettino, che Callie aveva già visto ricoverato in pediatria.
Che sia stato dimesso e abbia avuto una ricaduta?, si chiese Callie, cercando di capire per quale emergenza fosse stata chiamata.
«Callie, eccoti!» esclamò la sua fidanzata, quando il bambino, Roger, da quel che ricordava Callie, la indicò.
«Sono stata chiamata per un’emergenza, non ho intenzione di parlare con te ed è inutile che tu mi sorrida in quel modo» rispose Callie, ricordandosi l’irritazione di quella mattina.
«Ma non c’è nessuna emergenza» la informò Arizona, con tono allegro. Era abituata ai bronci passeggeri di Callie.
«Mi dai anche della bugiarda, ora?» chiese l’altra scettica.
«No, certo che no! Sono stata io a chiamarti per “un’emergenza” quando non ti ho trovata in ospedale. Ti ho cercata in lungo e in largo e alla fine sono andata da Webber, che mi ha detto della tua mattinata libera. Non sapevo dove tuo padre ti avesse portata, segregandoti e torturandoti, e così per liberarti ti ho mandato un finto nove uno uno» concluse Arizona e solo allora, smettendo di guardarsi ansiosamente in giro, Callie notò le profonde occhiaie dell’altra.
«Ma non dovevi essere a casa? Mio padre ha detto di averti incontrato mentre rientravi, hai operato tutta notte…» disse Callie.
«Ho fatto una doccia e sono tornata in ospedale. Insomma, non potevo lasciarti sola con tuo padre… Ho sbagliato? Volevi rimanere con lui?» si affrettò a domandare Arizona e per la prima volta il suo sorriso s’incrinò.
Callie si rilassò, sorridendo delle premure dell’altra e dispiacendosi di aver rovinato quel sorriso che lei amava tanto.
«No, grazie al cielo mi hai salvata. Cosa farei senza di te? Allora hai sentito il mio messaggio in segreteria telefonica? Non volevo essere così brusca!» si affrettò a scusarsi Callie.
«No, non trovo più il cellulare, devo averlo lasciato a casa. Tuo padre dov’è? Cosa voleva?» domandò Arizona.
«Ti racconto questa sera. Dopo una cena a lume di candela e…»
Callie fu interrotta un infantile colpo di tosse e i due chirurghi si voltarono verso Roger. Il bambino, che al massimo aveva dieci anni, era appoggiato al letto dove prima era sdraiato, con le braccia incrociate.
«Dottovessa Vobbins, sono stanco, vogliotovnave nella mia cameva a guardave la TV. E Quando avvò il budino che mi ha pvomesso?» esordì irritato. La sua tenera età e l’incapacità di pronunciare correttamente la lettera “r” in contrasto con l’aria scocciata e il comportamento da adulto, strapparono un sorriso a Callie.
«Perché gli hai promesso un budino?» volle poi sapere.
«Credevo che tuo padre ti avrebbe accompagnato. Così gli ho promesso un budino-»
«Al cioccolato!» s’intromise Roger, interrompendo le spiegazioni di Arizona, che riprese subito dopo a parlare.
«Così gli ho promesso un budino al cioccolato se avesse finto di essersi rotto il braccio e che avrebbe permesso solo alla dottoressa Torres di sistemarglielo» concluse Arizona, prima di rivolgersi di nuovo al piccolo Roger.
«Senti, ora sono impegnata, Roger, ma te lo porterò per l’ora di cena, d’accordo?»
«Va bene, dottovessa Vobbins» acconsentì Roger.
«Ora ti riporto in camera, forza» disse Arizona, ma prima che potesse allontanarsi, Callie le afferrò un braccio.
«Si ricordi che anche a me ha promesso un budino, questa sera, dottovessa Vobbins»le sussurrò Callie, sfiorando con la punta delle dita la curva del seno di Arizona.
 

***

 
«Mmm… Callie, dovremmo…» la frase di Arizona venne troncata da un nuovo bacio di Callie. Avvinghiate, cercavano di percorrere il breve corridoio che dall’ascensore conduceva al loro appartamento.
«Dovremmo cosa?» domandò l’altra, cercando i bottoni del cappotto di Arizona.
«Aspettare… a casa…» tento di spiegarsi quest’ultima, ma non sembrava minimamente interessata a prestare ascolto alle proprie parole.
Callie fece tintinnare le chiavi, che teneva in tasca, ma quando indietreggiò, pestò qualcosa di morbido e si lasciò sfuggire un breve grido di spavento.
«Che c’è?!» domandò Arizona ansimando lievemente. Percorrere l’intero tragitto dall’ospedale a casa senza respirare, fermandosi solo per guidare, forse non era stata una delle loro idee migliori.
«Ho pestato qualcosa! Arizona, cosa ho pestato? Non è un animale, vero?» domandò Callie terrorizzata, guardando verso l’alto.
«No, Callie» la rassicurò Arizona, chinandosi per raccogliere ciò che Callie aveva involontariamente pestato. «È una sciarpa. Solo una sciarpa. Anzi, è la tua sciarpa! Con un biglietto» disse Arizona, rigirandosi tra le mani una busta bianca dalla filigrana sottile con espressione interrogativa.
«L’avevo dimenticata al bar di Joe, ci sono stata con papà» spiegò Callie, e per un momento il suo viso si rilassò, prima di essere assalito dal panico. «Papà che dovevo chiamare e di cui mi sono dimenticata!» esclamò colpendosi la fronte con la mano.
«Leggi, cosa aspetti!» la incitò Arizona.
Callie aprì la busta, da cui cadde un paio di banconote spiegazzate.
«“Ho trovato un volo prima di cena, spero non ti dispiaccia se parto prima. Il cappuccino te lo offro io, qui ci sono i soldi. Un bacio, ti voglio bene, papà» lesse Callie ad alta voce, mentre Arizona le porgeva le banconote che si era chinata a raccogliere.
«Gentile» commentò poi.
«Aspetta, c’è anche un post scriptum: salutami Arizona e dille che qualche impacco di caffè potrebbe aiutare le sue occhiaie» concluse Callie, voltando il bigliettino in modo che anche Arizona potesse leggere.
«Gentile, ma si notano proprio così tanto?» domandò quest’ultima.
«Nah, era il suo modo per darci la sua benedizione. O almeno credo» suppose Callie.
«Ma non ce l’aveva già data?» domandò Arizona con voce languida, attirando la fidanzata a sé con una mano e sfilandole le chiavi con l’altra.
«È davvero così importante?» ribatté Callie. «Mi hai salvato da ore di tortura, non prendi il tuo premio?»
La serratura scattò, la porta si aprì.
«Non aspetto altro da questa mattina, Calliope» rispose Arizona, prima di entrare in casa.
La sciarpa fu dimenticata sullo zerbino fino alla mattina seguente.
 
 
 
 
NdA
 
Dunque, io ho ricontrollato la storia, ma sono abbastanza sicura che qualche errori mi sia sfuggito, quindi se ne trovate, fatemelo notare tranquillamente, non vi mangio, anzi, 
Trixie.
 

   
 
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