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Autore: GirlOnFire    22/08/2012    1 recensioni
“Sai Christina?, penso che alla fine mi piaccia questa mia condizione, la mia autocommiserazione. Dereck mi ha lasciata e io sono qui, stesa nel mio bagno a fregarmene del resto, perché il resto, il resto che al momento conta per me, se ne frega di me. Penso che mi piaccia farmi del male da sola, a livello psicologico intendo, con tutte le mie paranoie. Penso che mi piaccia usare le unghia corte sulla pelle per rovinarla piano piano, giorno dopo giorno.”
“Sai cosa penso io? Che il pavimento mi sta ghiacciando, che il tuo resto di nome Dereck può andare a fanculo e che tu pensi troppo. Ora alza le chiappe e vieni a lavoro.”
Genere: Fluff, Generale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Arizona Robbins, Callie Torres, Cristina Yang, Derek Sheperd, Meredith Grey
Note: AU, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più stagioni, Contesto generale/vago
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Tutte le cellule del corpo umano si rigenerano, in media, ogni sette anni.
Ogni sette anni siamo persone diverse esteriormente, eppure ce ne accorgiamo solo quando vediamo le prime rughe, o qualche segno di cedimento del corpo, oppure perché siamo più magri, abbiamo i capelli più lucenti. Ogni sette anni cambiamo interiormente e quella, è una cosa che non riusciremo mai a notare davvero.
A volte però, bastano solo sette giorni per cambiare la propria vita.

“Meredith! Meeer! Sbrigati o faremo tardi!”
Bussò più volte alla porta del bagno chiusa mentre con la mano libera finiva il suo toast imburrato, la sua colazione. Aspettò invano che la porta si aprisse, anche una risposta dall’interno sarebbe bastata a Christina, ma quella non arrivò.
“Dio Mer, vuoi che la Bailey ci ucc-“
Aprì la porta e trovò Meredith distesa sul pavimento del bagno, le mani giunte in grembo e gli occhi chiusi. Se non avesse avuto il petto ad abbassarsi e alzarsi ritmicamente, la Yang avrebbe pensato che la sua migliore amica avesse tirato le cuoia proprio in quell’appartamento che avevo visto il passaggio di tutti i loro amici, aveva visto tutta la storia della loro amicizia senza mai perdersi una parola, uno sguardo, un abbraccio.
La mora non chiese all’altra cos’avesse, non ne aveva bisogno: Meredith passava periodo interi a soffrire di apatia, a soffrire di qualche male che si auto-infliggeva lei stessa con le sue paranoie, i suoi complessi, con quel qualcosa che non avrebbe mai rivelato a nessuno, se non a lei, se non alla sua persona. Si stese così, semplicemente al suo fianco, su un lato e l’abbracciò.
“Sai Christina?, penso che alla fine mi piaccia questa mia condizione, la mia autocommiserazione. Dereck mi ha lasciata e io sono qui, stesa nel mio bagno a fregarmene del resto, perché il resto, il resto che al momento conta per me, se ne frega di me. Penso che mi piaccia farmi del male da sola, a livello psicologico intendo,  con tutte le mie paranoie. Penso che mi piaccia usare le unghia corte sulla pelle per rovinarla piano piano, giorno dopo giorno.”
“Sai cosa penso io? Che il pavimento mi sta ghiacciando, che il tuo resto di nome Dereck può andare a fanculo e che tu pensi troppo. Ora alza le chiappe e vieni a lavoro.”
Meredith sospirò alzandosi con l’amica che, come sempre, aveva ragione, e scese le scale fino a dover chiudere la porta di casa, fino a dover prendere un altro mazzo di chiavi, quello dell’auto, per farla partire ed arrivare al Seattle Grace. Christina aveva fottutamente ragione, ma a lei, non importava.
Lo vedeva ogni giorno con quella infermiera, quella Rose. E lei la odiava. ‘Non è giusto nei suoi confronti’, le ripetevano. Nei confronti di Dereck che aveva voluto rifarsi una vita con quella là, non era giusto nei confronti di lei che non aveva colpe se non quella di portarselo a letto.
“Non lo è mai nei confronti di nessuno dei due. E ad i miei? Chi ci pensa ai miei? Chi ci pensa ai miei confronti quando tutto il male che avevo subito era stato causato proprio da tutti e due?
Però prendermela non servirà a niente, vero? E invece no, dargli la colpa cercherà di espiare le mie nel non essere stata previdente e capire che prima o poi anche lui si sarebbe rivelato come tutti gli altri.”
Callie, Lexie e Christina guardavano una Meredith con lo sguardo puntato al tavolo dei due piccioncini, mentre addentavano i loro pasti, mentre la lasciavano sfogare, ognuna persa nelle proprie storie. Rimasero in silenzio fin quando le sorelle Grey non si alzarono perché chiamate al cercapersone.
Christina si ritrovò allora ad osservare la latina che aveva di fronte che giocava con il cibo. Non era abituata ad impicciarsi dei fatti altrui, era però abituata ad ascoltarli quando le persone sbottavano e glieli spiattellavano. Proprio come fece Callie quando spostò lo sguardo sulla bionda Arizona.
“Non senti mai male di mancanza? Quel peso sul cuore provocato da un  vuoto che cerchi di riempire con qualsiasi cosa che si corrode non appena lo posizioni lì, su quel buco che sembra farsi sempre più pesante? Come se il nulla avesse un peso reale.”
Christina non capiva, non perché non le fosse mai mancato qualcuno, ma perché lei, con le mancanze, ci era cresciuta e vissuta, soprattutto ci era maturata dopo Burke. Eppure non era per quello che non capiva, er  per la persona a cui si riferiva, lei ed Arizona non stavano proprio assieme ma si amavano e si notava, allora perché le sarebbe dovuta mancare così tanto?, poi lo notò, fu un secondo, fu la coda dell’occhio buttata al tavolo di Mark Sloan. Seppe allora che non si trattava della pediatra, no, si trattava del chirurgo. Forse, si trattava anche di qualcun altro a cui lei cercava di pensare il meno possibile.
“So cosa stai pensando: ti mancherà per sempre. E’ vero, George mi mancherà per sempre, ma non è lui la causa del mio dolore, come non è Arizona. No, stavolta c'entra quel lui che mi aveva consumata d'amore e che adesso manca come amico,ma è come se non ci fosse, ormai troppo distante da me.”
“Se ci tieni così tanto puoi sempre alzarti da questo tavolo e andargli a parlare.”
“Sono stufa di parlare, di riparare ai mie errori ed i suoi. Sono stufa di questo diamine di rapporto a senso unico dove io parlo e lui ascolta, mi consola mentre custodisce ogni sua cosa segretamente. Mi ha lasciata andare lui per prima, e non mi importa che la gente mi ripeta quanto io possa essere importante per lui, conta che mi ha lasciata andare. Non si lasciano indietro le persone importanti, le porti con te, sempre, ci entri dentro e non te ne vai più. Lui no, lui è entrato e poi se n’è andato lasciando il suo spazio dentro di vuoto, lasciandolo pieno di ricordi e di cose sue, ecco perché quel vuoto è pesante. Ogni ‘nulla’ ha il suo peso.”
Callie prese il vassoio e si alzò, senza salutare, passando davanti a lei sorridendole, e poi a lui con le spalle dritte, lo sguardo davanti a sé. Posò il vassoio ed uscì dalla mensa, lasciando Christina con uno sguardo confuso, il suo tipico sguardo da ‘ma che diamine hanno tutti qui dentro?’

La porta della saletta di guardia si aprì di scatto proprio quando Meredith ci passò davanti. Si sentì strattonare dentro, per un braccio e protestò appena prima di rendersi conto che lei quelle mani che adesso erano sui suoi fianchi, dopo aver richiuso la porta, le conosceva, le conosceva fin troppo bene.
Lei e Dereck erano nella stessa stanza, al buio, in silenzio, no anzi, quello era spezzato dai loro sospiri e dalle parole di lui.
“L’ho lasciata, ti amo Meredith. Torniamo insieme.”
E lei non se lo fece ripetere due volte mentre le labbra di lui si impossessavano di lei, mentre le sue mani la spogliavano ed entravano in lei, così come ci entrò lui poco dopo. I loro corpi, i loro odori, i loro respiri, ansimi, gemiti soffocati, perfino i loro sudori, si mischiarono lì, in quella stanza senza luce artificiale, come il loro amore che era senza artifici alcuni. Si amarono così, su uno dei lettini dove adesso stavano abbracciati.
L’aveva abbracciata lui – come si abbracciano le persone a cui si tiene di più, da dietro, cogliendole di sorpresa per dimostrargli un bene immenso – eppure lei, quell’abbraccio, lo scansò. Ne avevo avuti così pochi nella mia vita, che uno in più, non richiesto per giunta, quasi dovuto, la faceva andare in overdose e quando ne avesse voluto davvero uno, e un altro e un altro ancora perché era assuefatta da quelle braccia, loro non ci sarebbero più state e allora, cosa avrebbe fatto lei allora?
Però non voleva neanche apparire scostante, lo amava davvero lei, persino le sue mani lo amavano in quel momento mentre si intrecciavano le dita. Addirittura glielo disse.
“Ti amo anche io Dereck, anche le mie mani ti amano, sai? Fanno l'amore con le tue quando le nostre dita si allacciano.”
Lui sorrise, baciandole la punta del naso e le labbra e di nuovo, finché i cercapersone non suonarono e i camici tornarono a posto, finché non era giunta l’ora di uscire da quell’isola felice e tornare alla realtà dei fatti, per l’ennesima volta: cos’erano adesso veramente?

“Ho fatto l’amore con Dereck.”
“Uhm.”
“Christina..”
Meredith la rimproverò non appena misero piede in casa e gli rivelò ciò che era successo solo poche ore prima. L’amica era distrutta quasi quanto lei, o forse di più ma non lo dava a vedere. La bionda sapeva solo che gli ‘uhm’ detti da sveglia non erano mai un buon segno, anzi, vuol dire che il cervello della mora lavorava ancora freneticamente, estromettendola prima di riuscire a trovare un filo logico a tutti gli avvenimenti che avevano costellato la sua giornata e che si riconducevano, in quel momento, a loro due in quell’appartamento e quella rivelazione.
“Ho detto ti amo ad Owen.”
La bionda si voltò di scattò e sgranò gli occhi, sorridendo quasi.
“E..”
“E boh.”
Non c’era parola peggiore di ‘boh’. Boh era incertezza, era apatia, erano pensieri inespressi e che sarebbero rimasti tali per sempre a meno che una delle due non li avrebbe tirati fuori con la pinza, boh erano tante piccole emozioni inspiegabili che facevano male e bene al cuore allo stesso tempo. Boh era sempre il principio di una serata sul divano con la tequila in mano.
“Se i tuoi boh sono come i miei.. siamo apposto.”
“Se tutto va bene, siamo consumate.”
“È un modo carino per dire che siamo fottute?”
“Magari, con quello passerebbe tutto, fidati.”
Meredith la guardò confusa mentre prendeva il telefono per ordinare cinese da asporto e poi prendere la tequila.
“Mer, rimetti in carreggiata il cervello. Fottute. Sbattute da qualcuno, ti piace di più magari?”
“Io sono stata fottuta oggi, Christina, non è cambiato molto.”

Callie era tornata a casa dove Arizona le aveva preparato un bagno caldo che si godettero in due, come se quello fosse una consuetudine, come se quella fosse la vita che avrebbero voluto per sempre.
“Come va oggi?”
La bionda sciacquava i capelli di quella che chiamava la sua ragazza, di tacito accordo, senza mai averne parlato davvero. Aveva notato che da un paio di giorni fosse strana, quasi perennemente sul piede di guerra.
“Diciamo che sono ancora in combutta con cuore e cervello.”
“È ancora per Mark, vero?”
Arizona sapeva che non doveva essere gelosa di Mark, non più almeno. Callie non era più innamorata da un po’, forse anche grazie a lei, forse proprio grazie a lei che le era entrata piano dentro, in punta di piedi quasi, bussando ogni volta, non chiedendo mai un proprio spazio, ma costruendoselo volta dopo volta, lasciando un mattoncino ora e uno l’indomani.
No, Arizona non era neanche il chiodo scaccia chiodo, era la persona che aveva fatto capire a Callie che poteva ricominciare ad amare, in modo sano. Così, non aspettò la risposta scontata della mora.
“A volte ci sono persone che hanno un'influenza così profonda sulla tua vita che fa quasi paura.
Per me è quando la mancanza mi fa un male cane proprio come se il mio sangue defluisse da una ferita aperta e nessuno, neanche il chirurgo migliore, riuscisse a chiudermela in maniera appropriata, così il sangue defluisce tutto finché non ce n’è più e si ha bisogno di una trasfusione, di sangue nuovo. E come puo’ mancarti qualcosa che hai rimpiazzato con una cosa simile ma migliore?
Magari ci penserai ancora, sì – perché era parte di te –, con nostalgia, forse rimpianto perché avresti potuto cucire meglio tu stessa quella ferita, ma poi ti rendi conto che il nuovo apporto di sangue era l’unica cosa che potesse farti andare avanti, potesse farti tornare a vivere e allora cos’è meglio?”
Callie guardò la bionda con occhi diversi, nuovi e sorrise.
“Sei la trasfusione che amo avere nelle vene, Arizona. Ti amo.”

Dereck e Meredith erano tornati insieme, ad essere una coppia del Seattle Grace a tutti gli effetti e nessuno si chiedeva se era giusto o meno nei confronti di Rose che lo ostentassero; Christina e Owen avevano i l loro rapporto e ci stavano lavorando su; Callie ed Arizona avevano smesso di fare taciti accordi e ora la bionda si trasferiva dalla latina che aveva fatto pace con il suo migliore amico. Tutto sembrava finalmente tornato normale.
Le due amiche di sempre tornarono nel loro appartamento come ogni sera e Meredith salì in quel bagno dove solo sette giorni prima osservava il tetto – avrebbe dovuto ridipingerlo, tra l’altro – e si fece la doccia. Solitamente faceva partire il solito cd, ma quella sera no, quella sera avevo voglia di parole, di parole sconosciute di estranei, stasera avrebbe acceso la radio ascoltando nuovi discorsi, nuove canzoni, buttandosi nell’ignoto che non fosse il suo cd.
Si rese conto solo allora di quello che mandava davvero avanti tutto, e non era la scienza, no.
Si può solo chiudere gli occhi, fare un passo e buttarsi nel vuoto sperando per il meglio.

 

 

 

 

✰✰✰✰✰

GirlOnFire’s Notes.

 

Questa one shot non riprende la storia del telefilm, a parte lievi accenni, cambiati a seconda dei casi. È un semplice sclero dell’autrice che si sfoga riempiendo i fogli bianchi con inchiostro nero.
È un ringraziamento alle mie due persone: Nella e Vevve, le mie Christina Yang e Calliope Torres. Grazie per non abbandonare mai la vostra Meredith, neanche quando è stesa sul pavimento del bagno e non riesce a muovere il culo.

GirlOnFire.

 

   
 
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