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Autore: Anaklusmos    22/08/2012    4 recensioni
FF nata in una notte insonne, dopo aver riletto l'ultimo volume nel manga
-...come se così potessi abbattere anche quell’immenso muro che mi porto dietro da anni, da quando Kikyo mi incatenò a quell’albero sacro con una delle sue frecce. Un muro eretto dalla rabbia e dal rancore, dall’avidità e dal desiderio oscuro, quegli elementi che ogni essere, umano o meno, si porta dietro come macigni attaccati alle caviglie.
E i macigni legati alla mia natura demoniaca Kagome era riuscita a scioglierli, con il suo sorriso sincero e la sua gentilezza, facendomi riscoprire un animo dannatamente umano e fragile.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Inuyasha
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Fiori di ciliegio


Il sole batte sull'acqua di questo corso creando uno strano luccichio che mi ipnotizza e mi costringe a fissarlo, mentre ogni pensiero torna immancabilmente a lei, al luccichio dei suoi occhi nocciola, tanto simile a quello riflesso sulla superficie di questo fiume.

Il leggero vento mi scompiglia i capelli portando con sé la scia di innumerevoli odori: cibo, erbe medicinali, ma non più sangue: quello non si sente nell'aria da tre anni -per lo meno non più come prima. E l'odore del sangue è scomparso insieme a lei, ai suoi capelli neri e il suo animo forte.

Ogni tre giorni torno al pozzo mangia ossa, il mezzo con cui lei passava dal futuro fino all'era Sengoku, e la cerco, aspetto di sentire un minimo rumore, di percepire il suo odore… da tre anni ormai non c’è più traccia di quel profumo nell’aria, se l’è portato via.

Lo serbo nella memoria, però, quell’odore; qualche volta mi sembra quasi di poterlo sentire, come se lei fosse finalmente tornata e mi stesse aspettando, seduta sulle vecchie assi di quel pozzo.

Aspetto che cali il sole, medito, ricordo, spero...

Ogni tanto Sango e Shippo mi seguono, lo so, mi osservano per minuti, ore a volte, poi tornano dagli altri. “Illuso”, penseranno, e forse hanno ragione: sono un illuso a sperare che lei possa tornare, un giorno; il pozzo mangia ossa non funziona più, ha perso ogni suo potere subito dopo avermi risputato in quest’epoca, lontano dal futuro.

Lontano da lei.

Un amaro ricordo, tanto amaro che sento un sapore acre salirmi in bocca e la rabbia è così difficile da controllare che, senza accorgermene, abbatto un albero davanti a me con un pugno, come se così potessi abbattere anche quell’immenso muro che mi porto dietro da anni, da quando Kikyo mi incatenò a quell’albero sacro con una delle sue frecce. Un muro eretto dalla rabbia e dal rancore, dall’avidità e dal desiderio oscuro, quegli elementi che ogni essere, umano o meno, si porta dietro come macigni attaccati alle caviglie.

E i macigni legati alla mia natura demoniaca Kagome era riuscita a scioglierli, con il suo sorriso sincero e la sua gentilezza, facendomi riscoprire un animo dannatamente umano e fragile.

Alzo lo sguardo e due fiori di ciliegio mi volteggiano davanti il viso, danzano leggiadri, giocano a sfiorarsi e ad allontanarsi a seconda della brezza.

Si poggiano sul fiume, poi, e via ancora un’altra danza: si toccano dolcemente e si allontanano di nuovo, trasportati dalla corrente.

In balia del destino.

Sospiro. Ormai sta per arrivare il tramonto, anche il sole oggi è stanco di aspettarla.

All’improvviso una scheggia, un frammento, più una mera sensazione che una vera e propria percezione. La nota dolce, e pungente allo stesso tempo, del suo profumo mi stuzzica le narici e i miei piedi si muovono quasi da soli, impazienti di raggiungere quel luogo che ormai troppe volte ho visitato invano.

Corro. Corro così veloce che gli alberi e i cespugli intorno a me non sono che macchie verdi indistinte, riacceso da una nuova fiamma, rianimato dal calore che solo la speranza sa donare, vivo come non mi sentivo da tempo ormai, sì, vivo.

Man mano che mi avvicino l’odore si fa più intenso, il cuore batte più veloce, i piedi corrono più veloci.

Kagome.

Una parte di me è già pronta a rivivere la solita scena. Ormai troppe volte ho creduto di percepire la sua presenza, quando invece il pozzo rimaneva freddo e senza traccia di lei.
Gli alberi si fanno via via più radi, una distesa piatta d’erba si intravede alla fine di questo tunnel intricato di rami e rovi, il pozzo è vicino.

Kagome.

Il fiato si fa corto, gli occhi pizzicano, le mani fremono, i piedi rallentano. Il pozzo è lì, davanti a me, pochi passi mi separano dalle sue assi.

La sento, è lì, ne sono certo, il suo profumo è più intenso che mai, la mia fantasia non potrebbe mai essere così fervida e fuorviante.

Mi avvicino, un passo alla volta, il tum tum del mio cuore che rallenta i battiti in maniera drastica.

Tum tum.

Tum tum.

Allungo una mano all’interno del pozzo.

Tum tum.

Tum tum.

Cinque dita fragili, dalla pelle morbida, sfiorano la mia mano.

Kagome.”

   
 
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