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Autore: Kyaelys    22/08/2012    1 recensioni
"Lui non si accorge dello sguardo di lei, continua a disegnare, appoggiato ad un albero poco distante dalla ragazza.
Lei pensa che sia la persona più eccentrica che abbia mai incontrato.
Ha occhi color del ghiaccio, vagamente striati di verde, i capelli folti come cioccolato fondente, non che sia effettivamente bello, non è il tipo di ragazzo che ti gireresti ad osservare per strada, ma sono i dettagli, in lui, ad esserlo.
Affascinante. Questa è la parola giusta per descriverlo."
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Sembra una giornata come un altra, il sole brilla nel cielo terso, mandando ondate di calore intenso sugli sventurati passanti.

Quest'anno l'estate è particolarmente calda e afosa, e questo, lei, non lo sopporta.

Non le piace il caldo, lei è una bambina dell'inverno, e come tale ama la neve, il ghiaccio, il freddo sulla pelle.

Eppure oggi lei è felice; il sole, il caldo sono sempre gli stessi, le persone pure, ma lei non è sola.

Aveva bisogno da tempo, di una giornata con gli amici; anche se non erano amici suoi.

Anzi, veramente spesso faceva persino fatica a sopportarli, sono persone infantili, spesso superficiali, sono adolescenti come milioni di altri, atti a far baldoria giorno e notte, preoccupati solo dal concludersi dell'ultima birra.

Lei invece non è così, niente affatto, lei ama la buona compagnia, i discorsi filosofici e poetici, il riuscire a godersi persino il silenzio, condiviso con le persone giuste. Lei ama osservare il cielo stellato, ama il vento, ama le lunghe passeggiate notturne. A lei non piace la superficialità, non le piacciono le persone che tendono all'idiozia, non le piace l'idea di distruggersi solo per creare una parvenza di divertimento nell' ottenebrazione dei sensi.
Bè, a lei non piace la gente.

Eppure oggi è felice.

 

Troppe persone si soffermano ad osservare quel gruppo di ragazzi caotico in mezzo al parco, a lei non piace attirare l'attenzione della gente, quindi resta in disparte, suo malgrado.

Seth le fa un cenno da distante, lei lo ignora.

Il suo sguardo si sposta sui vari componenti di quella caotica compagnia, distratto, assente.

Si sofferma su Evan che, casualmente, quel giorno, li aveva sorpresi con la sua rara presenza.

Lui non si accorge dello sguardo di lei, continua a disegnare chissà cosa, appoggiato ad un albero poco distante dalla ragazza.

Lei pensa che sia la persona più eccentrica che abbia mai incontrato.

Ha occhi color del ghiaccio, vagamente striati di verde, i capelli folti come cioccolato fondente, non che sia effettivamente bello, non è il tipo di ragazzo che ti gireresti ad osservare per strada, ma sono i dettagli, in lui, ad esserlo.

Affascinante. Questa è la parola giusta per descriverlo.

Seth si avvicina a lei, la ragazza distoglie lo sguardo da Evan, quasi colpevole.

“Mi offri una sigaretta?” le chiede.

Lei rovista un attimo nella borsa e gliene porge una.

“Che stavi facendo?”

Lei sobbalza, al tono di voce di lui.

“Niente. Pensavo, mi guardavo attorno. Spesso entrambe le cose.”

“A cosa pensavi?”

“Al significato delle parole decontestualizzate.”

Lui annuisce incerto, non sa che dire, con un altro cenno la saluta e torna a giocare con gli amici.

Il suo sguardo torna ad accarezzare il profilo di Evan, e, questa volta, lui la nota.

Per qualche istante gli sguardi si scontrano, caramello fuso nel ghiaccio di lui.

Ma lei distoglie gli occhi per prima, imbarazzata, e li posa sul foglio su cui lui stava scarabocchiando fino a poco prima.

“Che disegni?” chiede con voce tremula.

“Emozioni.” risponde lui “o almeno è quello che vorrei riuscire a fare” ride, accendendosi l'ennesima sigaretta “eppure lo sguardo di questi volti, sembra sempre troppo vacuo e distante.”

Lei osserva le linee segmentate che compongono un volto, tracciato con una penna nera su di un foglio pieno di parole. “Estraneazione, solitudine. Nessun volto dovrebbe mostrare tali sentimenti.”

Lui sorride e riprende a disegnare “Spesso le opere hanno vita propria, questa donna è nata di carta e inchiostro pregna di sofferenza, io sono soltanto il mezzo attraverso cui questi volti incorporei si manifestano.”

La ragazza osserva le mani di lui, lunghe dita affusolate; le è sempre piaciuto, guardare le mani della gente, spesso ad un buon osservatore, raccontano molte cose.

Quelle di Evan, ad esempio, dicono che lui è un artista, ha le dita macchiate di colore.

“Chissà...” riprende lei “magari da qualche parte, forse dall'altro lato del mondo, c'è davvero una donna con quel volto. E la stessa tristezza nello sguardo. Magari, tramite i tuoi ritratti concettuali, le privi, finalmente di quella tristezza recondita che da sempre si portavano nel cuore.”

A lei piace creare spiegazioni fantasiose ad ogni cosa, le piace pensare che, dopotutto, c'è un po' di magia in ognuno, basta solamente saperla vedere.

Lui appoggia a terra il blocco da disegno, accende un'altra sigaretta, un po' di tabacco cade a terra, poi si avvicina “Se così fosse vorrei poterti fare un ritratto. Persino quando ti vedo ridere, nei tuoi occhi vi è tristezza. Hai lo sguardo perennemente distante, come se la realtà fosse una sofferenza per te. Se davvero avessi questo potere, vorrei poterti salvare.”

Lei arrossisce, non se l'aspettava.

Nessuno, di solito, si accorge dello stato d'animo che si porta dentro ben celato dai sorrisi, e nessuno le aveva mai detto simili parole; tanto meno Seth.

Quasi ad aver letto i suoi pensieri, Seth torna verso di lei, la cinge con un braccio.

“Andiamo” le dice “tra qualche ora la festa ha inizio, e in auto non ci stiamo tutti. Abbiamo deciso di andare la in quattro, intanto, poi torno a prendere gli altri due.”

“Io aspetto” replica lei “porta gli altri intanto, io preferisco restare a godermi il sole, la brezza e la tranquillità ancora un po'.”

Lui inizialmente è dubbioso, la guarda “Va bene.” esclama poi “Evan?”

“Resto anche io” risponde lui “così le faccio compagnia, e poi voglio finire questo disegno.”

Seth annuisce “a dopo, allora” li saluta.

 

Lei è agitata.

Evan continua a disegnare, assorto.

Lei si accende una sigaretta e si sdraia, osservando la luce del sole filtrare tra le foglie verdeggianti del faggio a cui lui è appoggiato, ed immagina mondi paralleli, e situazioni irreali.

Non è brava, lei, ad iniziare discorsi e, dopotutto non sempre le piace; a volte preferisce il silenzio, immergersi nei suoni del mondo circostante ha un che d' affascinante, ogni tanto.

In lontananza un cane abbaia, giocoso, voci di bambini che si rincorrono le giungono, parzialmente sovrastate dal melodico soffiare del vento tra le fronde; uccelli in aria emettono i loro stridii di richiamo; quanto vorrebbe, lei avere le ali.

“Fine!” esclama lui all'improvviso, e le porge il blocco da disegno “che ne pensi?”

Lei lo prende, osserva le linee che compongono quel volto, dall'espressione così struggente, fragile, incantevole; e si commuove.

“Sono riuscito a dissipare un po' della tua tristezza?” le sorride.

Lei lo guarda, vorrebbe abbracciarlo, vorrebbe baciarlo; il suo cuore sembra voler esplodere, mentre tra le mani trattiene l'immagine del suo volto come lui la vede.

“Bellissimo...” sussurra “Si, devo ammettere che ora sono molto più felice. Vedi, te l'avevo detto” ride “hai un dono, cancelli la tristezza coi tuoi ritratti.”

Ride anche lui, e a lei sembra bellissimo.

“Che dici, ti va di fare due passi?”

“Si!” esclama lei “avevo giusto bisogno di sgranchirmi un po' le gambe!”

E non pensa che ci sia qualcosa di sbagliato, non ora.

Il ritratto le ha portato via la tristezza e le colpe, ora vuole solamente una pausa dalla quotidianità, dalla noia; anela ad una stasi di parole sussurrate e di sogni dipinti nella penombra.

Sembra essersi risvegliata dal torpore, lei che si era stancata di cercare, finalmente, forse, qualcuno l'aveva trovata.

La vera se stessa.

La bambina d'inverno.

Esplorano il bosco, lei ed Evan, lo esplorano come due bambini affamati d'avventura, ridono scherzano, parlano di sciocchezze e dei loro sogni più astratti.

Inventano luoghi, che poi misteriosamente sembrano apparire d'innanzi ai loro occhi.

“Una piccola radura” racconta lei, “in mezzo ad un bosco rigoglioso. La luce del tramonto filtra aranciata; c'è un piccolo ruscello che scorre, nel sottobosco, la luce riflette la sua superficie ondeggiante su di una roccia sporgente, a qualche metro dal suolo. Sarebbe un rifugio perfetto!”

Lui la guarda, pensieroso “Sarebbe meraviglioso” dice “continua” ora è seduto al suo fianco a pochi centimetri, le loro mani si sfiorano e lei arrossisce. Si chiede se anche lui prova un qualche tipo d'attrazione per lei, ma scaccia subito il pensiero. È sbagliato, si dice. Sbagliato. “Fiori!” esclama in un tono un po' troppo alto e stridulo, è agitata, troppo; ma se continua a parlare riesce a tenere a bada i pensieri. “Mi piacerebbe ricoprire il mondo, di fiori. Mi piacciono i colori, mi piace quando crescono spontanei, nel loro apparente caos c'è armonia; ci si può sdraiare, sotto al rifugio, ed osservare la vegetazione variopinta, ed i profumi. Eh, bè...io il contesto l'ho creato.” sorride “Peggio di una ragazzina, vero?”

Lui la sta guardando, intensamente “Il destino si prende gioco di me” dice “sempre che il destino esista” sorride “le cose belle non sono mai a portata di mano. Spesso la nostra perfezione personale ci viene presentata sotto agli occhi con un enorme simbolo di divieto stampato dinnanzi a caratteri cubitali. E mi chiedo, se io lo ignorassi, quel divieto? Se io semplicemente allungassi la mano e prendessi ciò che desidero?”

Lei non capisce, ha paura di capire le sue parole, perché nella realizzazione dei desideri vi è sempre una qualche forma di dolore, pensa. Perché nulla è gratuito, e ad ogni cosa bramata corrisponde un prezzo da pagare.

“Che intendi dire?” chiede lei incerta.

Ma lei già sa, nel momento stesso in cui pone la domanda, quello che il ragazzo sta cercando di dire, e lei sa cosa vuole.

Così si avvicina, il volto a pochi centimetri da quello di Evan, lo osserva, ora seria, quasi con sfida; occhi color caramello fuso nel caldo ghiaccio dei suoi.

E lui la bacia.

Così, semplicemente, come se fosse la cosa più naturale del mondo; nonostante le reciproche auto imposizioni, le consapevolezze di dover stare lontani, di non dover complicare tutto.

Quanto può essere sbagliato?

Tanto, perché c'è sempre un prezzo da pagare e, forse, questo è troppo alto.

Ma ora non importa più.

Si baciano come se non esistesse altro, le braccia di lui la cingono rassicuranti, lei accarezza i suoi capelli ed è convinta che non vorrebbe essere mai in nessun altro luogo.

Intorno il bosco assume le sembianze dei di lei racconti, con il ruscello i fiori e tutto il resto; e loro abbracciati sotto quel rifugio che tanto aveva immaginato.

Meravigliati si alzano, ancora abbracciati, e lei quasi crolla tra le sue braccia; le tremano le gambe dall'emozione.

Un'illusione? Non ha importanza. “Siamo noi” mormora lui “ti ho cercata a lungo, sapevo che esistevi, da qualche parte e la prima volta che t'ho visto ho avuto paura. Pensavo non sarei mai riuscito a raggiungerti, non volevo la verità, ne ero terrorizzato. Eppure...”

La bacia di nuovo, lentamente, scie incandescenti sul corpo dove lui la sfiora, farfalle indemoniate nello stomaco; l'oceano nella mente. E all'improvviso lei capisce cosa lui volesse dire.

“Ti ho trovato.” pensa lei.
“Ti ho trovato.” sembra pensare in risposta lui.

E già sanno che il prezzo da pagare sarà elevato, ma sanno d'essere disposti a pagare anche il doppio.

E sanno che probabilmente non faranno più ritorno, a che serve un mondo che non hanno mai vissuto per davvero, a loro che i mondi li possono creare?

 

“C'è un sentiero nel bosco...” inizia lei, mentre s'incamminano mano nella mano “che conduce ad una splendida vallata incontaminata. Le farfalle volano di fiore in fiore, il vento soffia, è un vento di cambiamento, porta via le sofferenze, mi dissero una volta. E là, in quell'angolo soleggiato, una piccola baita in legno grezzo dal tetto spiovente, profuma di casa e di sogni realizzati. Non sarebbe un rifugio perfetto?”

   
 
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