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Autore: DeusexInsania    22/08/2012    1 recensioni
"Un qualcosa di astratto, casuale, assurdo, refrattario se non avverso ad ogni tentativo di comprensione era, o non era."
Una misteriosa visione che avvolge un giovane viandante, ignaro di ciò con cui ha a che fare.
Genere: Fantasy, Horror, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Stanco e affaticato, il giovane vagabondo decise di fare una breve sosta sotto una cresta di nera roccia che sovrastava un piccolo incavo nella Montagna.
Si sedette su una pietra larga e piatta, scura come la volta del Cielo sotto il quale finalmente riposava.
La notte invecchiava mentre estraeva qualcosa dalla sua sacca delle provviste; non avrebbe avuto problemi per almeno un'altra settimana, ma poi sarebbe stato difficile avanzare. Si pentì non poco di non aver fatto ampia scorta di cibo quando poteva.
Il pasto frugale lo rincuorò un poco; ma tosto tornò ad esser depresso dallo strano gravare della pesante aria che aleggiava su quelle terre mute.
Da dove veniva lui, la pietra sussurrava all'erba mentre dagli alti alberi si levavano inni alla vita.
La sua gente usava meditare ascoltando ciò che l'antica e saggia roccia aveva da dire; saggiando la conoscenza di chi era su quella Terra da molte ere prima di loro, quei singolari uomini acquisivano saggezza ed erudizione. Apprendevano così, interrogando ciò che per chiunque altro sarebbe stato soltanto una futile e muta presenza nella propria non meno futile vita.

 

Mentre ripensava alla sua casa, la sua attenzione fu riportata a dov'era adesso da un singolare oggetto: una piccola pietra scheggiata, vagamente simile a una scaglia irsuta o ad un artiglio acuminato.
Era piccola e nera come tutto il resto, ma ad attirare il suo sguardo era stato un breve bagliore scaturito da quel piccolo oggetto che, a differenza di tutto ciò che lo circondava, rifletteva la luce della bianca Luna, anziché occultarla assorbendola e tenendola tutta per sé, senza cederne nemmeno un assaggio.
Incuriosito da quella strana piccola pietra lasciò il cibo per prenderla e guardarla meglio.
Come è possibile, si chiederà chi legge, che un giovane affamato lasci il suo pasto per una misera pietra? Ebbene, dopo tanti giorni e tante notti durante le quali non aveva fatto altro che solcare roccia sterminata ma muta e spoglia di ogni vita, un oggetto in grado di riflettere luce pareva un qualcosa di estremamente inusuale ed interessante.
Una misteriosa impressione sovvenne nel momento in cui toccò l'oggetto: la sua temperatura era differente dal resto dell'ambiente, ma non avrebbe saputo dire se fosse più freddo o più caldo.
L'artiglio di pietra era scheggiato, eppure liscio e levigato sulla sua superficie porosa.
Era indubbiamente qualcosa di assai antico, che si trovava lì da molto tempo: il giovane fece questa considerazione tutto eccitato, perché da dove veniva lui toccare qualcosa di veramente antico era un privilegio.
Sembrava antico davvero, più di qualunque altra cosa che avesse visto o di cui avesse udito. Eppure pareva al tempo stesso veramente giovane, forse perfino più di lui.
D'un tratto, mentre mirava stupefatto quel singolare oggetto, un'idea gli balenò in mente: forse quel piccolo frammento di roccia così inusuale poteva parlare!
Ancora più contento, socchiuse lentamente gli occhi, per tentare di ascoltare ciò che quel frammento ancestrale aveva da narrargli.
Una strana sensazione lo pervase, ma egli non ci fece o non volle farci caso. Lentamente il suo pensiero si allontanò da dove si trovava: ora ascoltava.
E mentre tendeva le orecchie per ascoltare il sussurro della pietra, si abbandonò a un'immensa visione della quale dapprincipio non conservò alcun ricordo: la già tremula fiamma della coscienza umana vacillava, si affievoliva, si assopiva mentre assisteva a quell'illogico spettacolo di annullamento di ogni vociferare della Terra.
L'antico frammento della roccia occultava un abisso che ora si apprestava a rivelare all'ignaro vagabondo, che lentamente veniva impregnato da un senso di distacco e di alienazione mentre davanti ai suo occhi si formava una strana visione.

 

Nero ma lucente come acciaio di lama, Ei si ergeva in tutta la sua ciclopica statura, occultando con la sua ombra la Terra stessa alla vista del Cielo. Scaglie adamantine rilucevano colpite da una luce invisibile, riflettendo colori sconosciuti in ogni anfratto del creato mentre un'aura insondabile avvolgeva la vita stessa come un miasma tanto denso da parer coriaceo.
L'ignota aura lo avvolse pungendolo dolcemente sulla pelle mentre l'intero suo campo visivo veniva occupato da qualcosa che mai sarebbe riuscito a delineare.
E mentre il dubbio trasaliva e l'angoscia pervadeva, quel... non so se sia più corretto definirlo essere o non-essere, giacché nonostante si potrebbe obiettare che ciò che non è non si manifesta, certamente si cambierebbe idea al vedersi avvolti da quella non-presenza. Un qualcosa di astratto, casuale, assurdo, refrattario se non avverso ad ogni tentativo di comprensione era, o non era.
Un vuoto pieno o una pienezza vacua, una tenebra fulgida o una folgore d'ombra, non si poteva esser certi di vederlo o di non vederlo: eppure qualcosa era lì, sì, era: qualcosa accadeva, qualcosa si manifestava. Che fosse sensazione, impressione, emozione o reale manifestazione poco contava: la maniera con cui distorceva il continuo tra terra e cielo, tra spazio e tempo, non si sarebbe potuta definire nemmeno chiamandola aliena.
Una geometria improbabile si agitava sotto la materia, più in basso di ciò che è concreto, dando vita a forme impossibili eppure vive e mutevoli.
Un non-essere che era; o forse soltanto un essere altro che filtrava da dimensioni sconosciute, da abissi di vacuità, piombando inatteso in regni di spazio e di tempo.
La non-presenza pervadeva ogni cosa, lenta ma inesorabile nel suo trasalire dalla Terra e piombare dal Cielo scontrandosi con se stessa per poi riversarsi nell'Essere col quale fondeva.
Eppure non c'era lotta, poiché non c'era volontà con la quale scontrarsi: come un'onda immensa che si leva dagli abissi per infrangersi sulla vita e trascinarla a sé mentre si separa dalle misteriose bestie oceaniche che lascia sulle rocce dalle quali tosto si allontana. Quel qualcosa non distruggeva per sempre, ma cambiava. Un ordine si spezzava per far posto a un altro. Non si poteva definire come positivo o negativo, buono o malvagio il cambiamento sottile eppure radicale nella condizione, nella vibrazione, nel sussurro ora profondo ora vago dell'Esistenza.
La coscienza del ragazzo si affievoliva, si frantumava evaporando lontano dal corpo. Saliva sempre più in alto nel Cielo mentre sondava gli abissi della Terra. E quando toccò il fondo, la visione finì.

 

Con un sussulto il giovane vagabondo si destò: confuso e smarrito si guardò intorno mentre la sensazione di alienazione che fino a un momento prima l'aveva pervaso sublimava, trasportata via dalla fresca brezza che aveva preso a soffiare da Nord.
Fissò la strana pietra che teneva in mano: la alzò al Cielo facendola stagliare contro il chiarore della Luna; alla luce dell'astro fu in grado di discernere misteriose gradazioni e sfumature prima invisibili su quel piccolo artiglio di roccia.
Non aveva idea di cosa avesse visto, e presto lo dimenticò. I pensieri del viaggio tornarono a occupare la sua giovane mente allorché si apprestò a rimettersi in marcia. Mentre si preparava, però, vide sulla piatta pietra sulla quale si era seduto il pasto che ancora doveva finire. Rimase perplesso dall'essersi dimenticato una cosa così importante, e finì rapidamente il cibo rimasto. Mentre masticava rimuginava su cosa aveva visto, ma non fu in grado di richiamare quasi nulla alla mente; e quel poco che la sua memoria ancora tratteneva gli scivolò via quando ebbe finito di mangiare. Prese il suo lungo bastone di quercia e le poche provviste e riprese a scalare i tetri e ripidi pendii mentre la Luna tramontava.

  
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