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Autore: overthinkgeo    22/08/2012    2 recensioni
Ispirata al film "Eternal Sunshine of the Spotless Mind".
La storia di due persone accecate dal dolore, assordate dai ricordi e atterrite dal rimorso.
Beati gli smemorati, perché avranno la meglio anche sui loro errori. - Friedrich Nietzsche
Genere: Introspettivo, Mistero, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson , Sherlock Holmes
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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Okay c'è ben poco da dire.
La Fanfiction è ispirata al film "Eternal Sunshine of the Spotless Mind" o tradotto brutalmente in italiano "Se mi lasci ti cancello".
Se l'avete visto, beh.. allora sapete già cosa aspettarvi. Se non l'avete visto,
Enjoy



Capitolo I




Tremolano le grigie nuvole sul mattino di Londra e una lieve pioggerella ha velato il cielo col suo silenzioso precipitare. Le persone odiano quella pioggerella, non puoi schivarla.. anche se hai l'ombrello. Lei arriva ovunque, come l'aria. Non ha una corrente precisa o un verso mentre cade; riempie e abbraccia tutto ciò che trova. Una pallida luce viene filtrata dalla foschia e si riflette dolcemente sul Tamigi che pare pitturato da un giallo smunto.
Le vite delle persone scorrono silenziosamente, gli occhi stanchi e pesanti dei lavoratori vengono stropicciati e il café si rovescia sulle camice appena lavate. E' molto presto ma la città sembra non smettere mai di pulsare e pullulare di respiri e affanni. Un soffio di felicità si attorciglia ai corpi delle giovani ragazze che, ben vestite, si preparano per una giornata di shopping e divertimento, mentre un tulle nero si aggancia con eleganza e serietà ai visi dei lavoratori.
Sembra la semplice mattina di un semplice giorno il quale appartiene a una settimana ordinaria. Tuttavia qualcosa di notevolmente importante sta per succedere in mezzo ai fiumi di gente che si insinuano nelle strade. Qualcosa di strano è già vivo nel paesaggio.. Sarà il vento? o forse il rosso sempre più pulsante delle cabine e degli autobus.. magari quel braccio di sole che ha deciso di protendersi sul Big Ben e illuminare il Tamigi, ma probabilmente ciò che la nostra attenzione sta cercando è il viso traboccante di ansietà e trepidazione che sta attraversando Baker Street. Quest'ultimo sorpassa le persone senza guardarle in faccia, ma solamente fissando un punto dritto innanzi a lui. Il mondo che lo circonda è muto in confronto al fragore che stanno producendo i suoi pensieri reattivi, lo dice la sua espressione tesa e turbata. Raggiunge la sua meta in pochi minuti, facendo lo slalom intorno ai turisti e imprecando silenziosamente quando qualcuno gli blocca la strada. E' ora fermo davanti a un portone nero, al cui fianco sinistro si può notare un bar affollato dalle tende rosse.
La cosa curiosa di questa vicenda è la rapidità con cui ha raggiunto la sua meta e la lentezza e indecisione che accompagna il suo passo finale. Fissa il portone e mostra segnali di imbarazzo, ma finalmente raccoglie un po' di coraggio e bussa rumorosamente.
Poco dopo un'anziana dall'aria cordiale e delicata appare dall'alta parte della porta, ma la sua espressione muta molto velocemente. Le lacrime cominciano a precipitare lungo le sue guance e si nascondono infine in mezzo alle rughe accentuate dall'età. Quest'ultime si contraggono e si rilassano confuse dalla felicità e dai singhiozzi che non vogliono finire. La donna sussurra con una piccola voce stridula mettendosi una mano davanti alla bocca. -Sherlock-
Stende le braccia in avanti per abbracciarlo e il ragazzo si lascia coccolare da questo antico amore.
-Sherlock, sei tornato. Non ho vissuto un giorno di questi 3 anni tranquillamente pensandoti dall'altra parte del mondo solo. Come sei stato? sei riuscito a risolvere tutto? Sei ancora in pericolo?- La signora Hudson continua a singhiozzare col più bel sorriso disegnato sul viso bombardando Sherlock di domande a causa dei 3 anni di assoluto silenzio.
-Ho risolto tutto. Sono tornato una settimana fa a Londra e mi sono assicurato di non aver più nessuno alle calcagna. E' finalmente finito l'incubo. Sono felice che sia tutto rimasto come sempre qui- Sherlock guarda a terra con uno sguardo stanco e pesante ma riprende vita pochi secondi dopo. -E John? come sta? è in casa?-
La signora Hudson perde lentamente la gratificazione che l'aveva accompagnata per gli ultimi minuti e magicamente il sorriso si cancella dal suo viso. -John, ehm.. John è al lavoro. Dal momento in cui te ne sei andato è rimasto qualche mese a casa, ma poi..- un breve ma spesso silenzio si infiltra tra le parole della signora Hudson -Ecco, lui ha deciso di ricominciare e ha cercato lavoro. Voleva rimanere qui, ma non poteva pagare l'intero affitto da solo.-
-Speravo John si comportasse in questo modo, ho detto a Molly di controllarlo mentre ero via. Fortunatamente è riuscito a rimanere con la testa sulle spalle. Dove lavora? dove lo posso trovare?-
-Emh, lavora per un Dottore, lo aiuta con i pazienti. Ha lo studio in casa sua, l'indirizzo è *******- Aggiunge la signora Hudson con uno sguardo più spaventato che sicuro di sé.
-La ringrazio, vado a cercarlo. Probabilmente stasera tornerò, è stato un piacere rivederla-
Si salutano con un altro caldo abbraccio e Sherlock esce dalla porta d'ingresso rapido e silenziosamente. La signora Hudson lo osserva, ora sembra passato solo qualche minuto da quando l'ha visto l'ultima volta. Non è cambiato minimamente, il suo modo di parlare frettoloso, il suo essere sintetico e schematico, il suo sorriso e l'agilità con cui si muove sinuosamente per la casa e quasi senza farsi sentire esce dalla porta senza dire una parola.

La casa del Dottore per cui John lavora è molto grande. Sherlock bussa diverse volte prima che un uomo anziano lo senta dalla sala d'attesa e gli apra la porta. C'è un odore gradevole, anche se la presenza di molte persone in una stanza ha fatto sì che l'aria si appesantisse. Regna un silenzio pacifico, nessuno osserva Sherlock mentre si stringe nell'angolo della stanza più lontano dalla porta. Era quello che desiderava, zero attenzioni. Tutti guardano giornali o leggono libri, stanno chiaramente aspettando da molto tempo ma il loro comportamento li disegna come persone abituate a una situazione del genere. Saranno quasi tutti pazienti abituali. Solo una donna ha allacciato lo sguardo al cappotto nero di Sherlock, lo sta cercando di osservare attentamente da quando è entrato, ma è riuscita a camuffare il suo interesse abbassando la testa rapidamente. I suoi occhi sono sbarrati e comincia a grattarsi nervosamente il palmo della mano sinistra. Con un movimento brusco chiama il suo vicino, probabilmente suo marito, e sussurra ponendosi la mano davanti alla bocca "Quello è Sherlock Holmes, non è Sherlock Holmes? Il detective che si è suicidato. Com'è possibile?", l'uomo alza lo sguardo dal giornale e con occhi disinteressati e cadenti sbircia il soggetto del loro bisbigliare. "Hai ancora in mente quella storia Kelly? dopo 3 anni? Credo che tu sia l'unica che si ricorda il viso di quel ragazzo. No Kelly, no. Gli assomiglia soltanto probabilmente, è impossibile. Ti sbagli. " E china nuovamente la grossa testa sulle pagine impregnate d'inchiostro, immergendosi nella lettura e staccando i legami col mondo esterno. La porta dell'ambulatorio è spalancata, un paziente è uscito zoppicando e Sherlock ha avuto il tempo di vedere una sagoma famigliare passare velocemente lungo la stanza. Lo segue con lo sguardo rapidamente come un mastino scorterebbe la sua preda. Una luce ha preso fuoco sul suo viso, ogni suo lineamento sembra ora più rilassato e tranquillo. Vederlo lavorare e impegnato con la sua vita, senza pensieri e preoccupazioni riguardo la sua morte, con in mano una cartellina e in mente solo alcuni risultati lo rende l'uomo più confortato e rincuorato in tutta Londra. Tuttavia, nessun sorriso compare sul suo viso. Preso dall'esaltazione attraversa velocemente la stanzetta e si pianta davanti all'ambulatorio, nonostante delle persone fossero prima di lui di fila.
Timidamente e con dubbio apre la porta con il più silenzioso movimento. John sta controllando dei fogli e si sta appuntando delle cose su un quaderno. Il cuore di Sherlock pulsa impetuosamente, si potrebbe quasi udire il suo sussultare ininterrotto se il silenzio fosse assordante. Fa capolino con la testa e con voce grave e potente distrugge la quiete.
-John-
John alza lo sguardo velocemente e rimane inerte fissando il viso nervoso di colui che 3 anni fa si poteva definire il suo migliore amico.
Nonostante Sherlock non si possa descrivere come una persona sentimentale quello sguardo proietta nella sua mente tutto ciò che può ricordare la serenità. Ha passato 3 anni circondato da sguardi stranieri e spesso furiosi nei suoi riguardi. Ritrovare gli occhi che l'hanno accompagnato nei suoi casi più importanti e avvincenti è come ritrovare la sua vera vita. Aspetta ansiosamente una risposta o una reazione di John. Questo istante pare durare un'ora o più, lo aspettano entrambi da molto tempo questo momento e uno dei due non pensa nemmeno che sarebbe stato possibile avverare un desiderio così vivido.
Sherlock deglutisce e continua a fissare gli occhi grigi e tranquilli davanti a sé.
-Mi dica- accenna John con voce calma e professionale, accompagnata da uno sguardo incerto e quasi spazientito.
-E' per caso lei il signor Turner?- Aggiunge controllando l'agenda delle visite e facendosi scendere gli occhiali sul naso.
  
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