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Autore: IosonoOmbra    22/08/2012    5 recensioni
Loki è delirante a causa della vicinanza del suo pianeta natale, Jotunheim, Thor è l'unico a poterlo aiutare nella sua follia. Ma il dio del tuono non è forte come sembra, e soccomberà presto ai suoi stessi desideri...
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Loki, Thor
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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muahahahaha!!! mi sento potente.. XD dopo una vera eternità dall'ultima pubblicazione rieccomi in tutto il mio splendore!!! vabè.. basta cazzate.. questa è una piccola one-shot che ho iniziato a scrivere in preda alla mia frustazione sentimentale, con l'intenzione di fare qualcosa di spinto e invece... è venuta questa roba qua.. molto soft, fluff, ma anche dolce.. se sono andata troppo OOC mi dispiace.. non era mia intenzione!!!!!!!!!!!!!!!!! D:
spero che la storiella vi piaccia.. e prima che me lo dica qualcuno.. sì, verso la fine cambio in modo brusco il tempo verbale.. ma non sapevo come rimediare.. e perciò ho fatto amabilmente la gnorri e me ne sono andata via fischiettando.. eheh.. vabè.. buona lettura!!!!!

Jack



Uno Jotun tutto per me

Davvero non mi spiego come possa...
“Thor, non avevi detto che volevi aiutarmi? Hai completamente la testa tra le nuvole!”
La voce della mia cara madre mi riporta alla realtà. Finisco di sistemare il pesante tavolo di legno massello, arrivato proprio oggi da Midgard, in fondo alla stanza.
“Così va bene?”
“Certo, caro, ma potresti... giusto un altro poco... più a sinistra.”
Quando si tratta di sistemare mobili mia madre sembra proprio una terrestre. Ma non è certo una caratteristica che rovina la sua regalità. Io l’aiuto volentieri, non è un lavoro che una donna può fare così facilmente, ma questi giorni ho la testa tra le nuvole.
“Un altro po’...”
Frammenti di sensazioni e ricordi riaffiorano prepotenti nella mia mente. Quella pelle bianca che sa di cioccolato al latte, quel respiro lussurioso contro la mia gola... mi fa diventare matto!
“Thor, ho cambiato idea... potresti...”
Le sue dita che si muovono sul mio corpo come se mi volessero divorare. Graffiandomi la pelle, e supplicando lo stesso trattamento. Vuole che lo maltratti, che gli faccia male, ma come posso? Io lo amo così tanto...
“Perfetto, ora spingilo contro la parete!”
Quei gemiti supplichevoli, e il suo respiro affannoso. I mugolii di piacere, e la sua voce che mi chiama, pietosa. Lui mi morde il collo e mi guarda con quel sorriso diabolico che mi divora sempre anima e corpo. Thor... Thooor... ti prego, Thor!
“Thor!”
Ho afferrato il tavolo con troppa forza e il legno si è sgretolato sotto le mie dita.
Riapro le mani e brandelli di segatura cadono giù a terra.
“Perdonami madre. Sono veramente dispiaciuto.”
Frigga mi si avvicina con fare materno, e mi poggia una mano comprensiva sulla spalla.
“Cosa ti turba, figlio mio?”
Rifuggo il suo sguardo, ma lei mi carezza gentilmente il viso e mi invita a guardarla negli occhi.
“Credo di essere innamorato di una persona.” Dico d’un tratto, come se non aspettassi altro.
“Davvero? Oh, ma è una splendida notizia! Ma allora cosa ti incupisce così tanto il cuore?”
Stringo i pugni, pondero la cosa e alla fine decido che forse parlarne mi aiuterebbe.
“Non è una semplice cotta madre, amo questa persona alla follia, o almeno credo... ma non va bene!”
Mia madre mi passa una mano tra i capelli, gentile.
“Perché non va bene? L’amore è una bella cosa Thor, e non potrà che portarti gioia e serenità.”
“E se innamorarsi di lei... non fosse... la cosa giusta?”
Lei mi guarda e sorride.
“Segui il tuo grande cuore, figlio mio, e vedrai che non avrai più dubbi.”
Mi posa un bacio sulla fronte e silenziosa se ne va, lasciandomi immerso nei miei pensieri. E’ tardi, ed è anche ora che mi diriga alle mie stanze, ma non ne ho molta voglia. Ho paura di ricaderci, come le altre volte. Nel cuore della notte quella voce che mi chiama, è davvero insopportabile per me. Ma stanotte non andrò, ormai ho deciso. Stanotte trascorrerà serena, senza intoppi, o problematiche ed ingestibili emozioni.
O almeno spero.
 
E’ quasi mezzanotte e ancora non mi ha chiamato. Cosa è successo? Starà male? Gli sarà successo qualcosa oppure... no, forse è solo un altro dei suoi trucchi per portarmi da lui. Beh, non sono sciocco quanto credi, fratello!
Provo a convincermi che va tutto bene ma non ci riesco.
Ripenso ai mesi passati, e alla prima volta che Loki mi aveva invocato a gran voce dalla sua stessa camera da letto.
Il palazzo è talmente grande che solo le mie stanze sono sufficientemente vicine per sentire la sua voce.
Corsi da lui, credendo che si sentisse male, e in effetti era proprio quello che stava succedendo.
Loki si trovava nel suo letto, febbricitante.
Aveva lo sguardo fisso alla finestra, verso la grande luna che splendeva sopra il cielo di Asgard, ed era di un pallore mortale.
Corsi al suo capezzale e sentii che era freddo come il ghiaccio, nonostante il sudore che imperlava il suo corpo.
“Thor...” smozzicò, senza fiato.
“Loki, sei freddo come un cadavere, devi riscaldarti.”
Mio fratello mosse appena la testa in senso di diniego e sussurrò:
“Sto andando a fuoco...”
Loki nel suo delirio si era tolto quasi tutte le vesti, e il suo petto nudo si alzava e si abbassava seguendo il ritmo di respiri brevi e dolorosamente veloci.
“Non fare lo stupido, morirai di freddo se continui così...”
Presi delle coperte e provai a coprirlo, ma Loki mi afferrò i polsi con una forza che non avrei mai creduto possedesse.
In quel momento girò lo sguardo verso di me per la prima volta, e nei suoi occhi vidi la luce della follia. Una follia che però, sono restio ad ammetterlo, mi eccitò terribilmente.
“Loki...”
“Thor. Sto... andando... a... fuoco...”
Detto questo mi rigirò sul letto con una facilità sconcertante, tenendomi fermo per i polsi.
Il suo volto fu illuminato dalla luce della luna e quasi non lo riconobbi.
Aveva l’aspetto ferino di un lupo che va a caccia, eccitato dopo aver sentito l’odore del sangue della sua preda.
Passò i suoi occhi famelici su di me e io mi sentii mozzare il respiro.
Loki non era più in sé, questo lo avevo capito benissimo, ma c’era qualcosa di diverso in quello sguardo violento, e in quei gesti.
Non sembrava più il dio degli inganni che conoscevo, così calcolatore e freddo.
Quel Loki che mi sovrastava era selvaggio e privo di qualsiasi inibizione.
Era un essere antico, forte ed arrogante.
Mi bloccò i polsi sopra la testa tenendomi fermo con una sola mano, e io ero sempre più stupito nel constatare che nonostante provassi a liberarmi, Loki riusciva a vincere qualsiasi mia resistenza.
Con la mano libera sciolse anche le mie vesti e cominciò a baciarmi il collo con violenza.
“Loki, cosa... io...” cercai di divincolarmi, ma con poca convinzione, perché il tocco di quelle labbra sulla mia pelle nuda mi faceva andare in estasi, e sapevo che non sarei riuscito a resistere ancora a lungo.
Cercai di riprendere possesso del mio corpo, Loki stava in qualche modo annebbiando i miei sensi, e sebbene fosse una sensazione inebriante, sapevo che non dovevo cedere.
Con una forza sovrumana, più psicologica che fisica, mi allontanai da quei baci roventi, e lo rigirai sul letto, bloccandolo a mia volta.
“Cosa stai facendo, Loki?! Siamo fratelli!”
Era un frase stupida da dire. Stupida perché sapevamo entrambi cosa lui mi avrebbe risposto, e perché no, non eravamo fratelli. Ma era soprattutto molto stupida perché anche se lo fossimo stati, non sarebbe cambiato niente; di certo non avrebbe cambiato il fatto che io lo desiderassi così prepotentemente.
Ti voglio, ti voglio da un’eternità, ma...
Come se Loki mi avesse letto nel pensiero sorrise, nel suo sguardo balenava ancora la follia provocata dal delirio.
“Thor. Lo vedo nei tuoi occhi come se me lo stessi chiedendo in ginocchio ciò che desideri. Perché non approfitti del mio stato per farmi tuo? Ti prometto che non ricorderò nulla di ciò che mi farai questa notte... quindi prego, serviti pure.”
Sembrava che stesse invitando un amico ad un ricco banchetto pieno di vino, delizie, e della compagnia delle più belle donne di tutto il Valhalla, o almeno fu questa la sensazione che mi trasmise.
“Loki... stai delirando... devo chiamare un dottore.”
Lui mi prese il viso tra le mani ghiacciate e mi costrinse guardarlo negli occhi.
“Guardami. Non mi stai ascoltando, Thor. Io non sto male. E tutto ciò di cui ho bisogno è qui...”
“Di cosa hai bisogno allora?” non so perché lo chiesi, ma me ne pentii subito e amaramente.
“Delle abilità del potente dio del tuono, naturalmente...” accompagnò quella frase con un ghigno che mi fece torcere lo stomaco.
Mi concessi un momento per riprendermi, ma non era facile. Specialmente se hai sotto di te un dio degli inganni fuori di sé, mezzo nudo, e tremante di lussuria.
“Spiegami cosa ti sta succedendo.” Riuscii infine ad articolare.
Lo sguardo selvaggio e delirante di mio fratello si conficcò nel mio e disse:
“Vedi quella stella azzurra in cielo? È Jötunheim, e in questo momento si trova molto, ma molto vicina ad Asgard. In seguito ad alcuni cambiamenti della sua orbita quel pianeta passerà a questa distanza almeno una volta alla settimana per i prossimi 3 mesi...”
“E cosa centra questo con te?”
Loki mi rivolse un’espressione divertita.
“Sei il solito ottuso, Thor, non ti smentisci mai. Dentro le mie vene scorre sangue Jötun, e in questo momento sta ribollendo... è stimolato dalla vicinanza con la mia terra, e lo sarà almeno fino all’alba. Thor... sai questo che significa?”
Le sue mani passarono sul mio petto fino al ventre.
“Cosa..?”
“Che avrò tutte le caratteristiche effettive di un gigante fino al sorgere del sole, e tra queste c’è anche qualcosa di davvero molto interessante che sto provando sulla mia stessa pelle, e che non avrei mai potuto immaginare essere così forte, e cioè...”
Mi strattonò verso di lui e arrivò con la bocca ad un soffio dal mio orecchio per poi sussurrami languido:
“... una molto più sensibile libido.”
Non feci neppure in tempo ad elaborare l’informazione che Loki premette le sue labbra sulle mie, mandandomi in out of order il cervello.
La mattina dopo mio fratello si svegliò mezzo nudo nel mio letto e, tra gli insulti e le ingiurie, compresi che non ricordava assolutamente nulla di tutto ciò che aveva fatto quella notte. Da quella sera, almeno una volta alla settimana si ripete sempre la stessa storia. Loki mi chiama dalle sue camere, io puntualmente cedo al suo canto di sirena, e anche quando riesco a resistere al suo stramaledetto e sensuale richiamo, di solito è proprio lui a recarsi presso le mie camere, e a divorarmi con quello sguardo delirante.
E così, senza che neppure me ne accorgessi, sono finito per innamorarmi follemente di lui.
Naturalmente già provavo un profondo affetto nei suoi confronti, fin da piccolo l’ho protetto e l’ho considerato come un tesoro. Ma con il passare degli anni questo sentimento era maturato, ed era rimasto nascosto e celato fino a qualche mese fa.
Ora non posso continuare a fingere oltre, anche Loki se ne è accorto. Dice che sono strano, e che sono più stupido del solito.
Mi rigiro nel letto varie volte pensando a questo, e mi rendo conto di una cosa; ossia che voglio, ora più che mai, potermi illudere che questo amore sia possibile. Perché sono così disperato che voglio poter credere all’impossibile, ossia che sotto metri e metri di astio nei miei confronti, mio fratello mi voglia ancora un po’ di bene.
Decido che questa attesa mi ha snervato abbastanza e mi dirigo a grandi passi verso le camere di Loki.
Mi rendo subito conto che c’è qualcosa che non va: le porte delle sue stanze sono spalancate.
Aumento il passo e, arrivato sulla soia, i miei peggiori presentimenti diventano realtà. Loki non è nel suo letto, e nemmeno nelle sue stanze.
Corro attraverso il palazzo silenzioso, alla sua ricerca, mentre nel mio petto si fa strada un’apprensione sempre più crescente.
Il mio cuore innamorato trema per le sorti del giovane Jötun che, delirante, vaga in quello stato nel cuore della notte. I rimorsi che si erano accumulati durante le notti passate mi travolgono, e mi rendo conto di quanto abbia sbagliato nel comportarmi in quel modo. Mi sono approfittato dello stato di mio fratello in modo ignobile. Se gli capitasse qualcosa sarebbe solo colpa mia... non me lo potrei mai perdonare.
Corro attraverso tutto il palazzo, cercando di non svegliare nessuno, ma sono seriamente tentato di chiamare qualcuno che possa aiutarmi nelle ricerche.
Alla fine mi ritrovo fuori del castello, e decido di costeggiarlo.
Corro a perdi fiato nella notte silenziosa di Asgard e alla fine arrivo al lato Nord del castello. Questo posto è costituito da una serie di vasche irregolari scavate in una preziosa distesa di alabastro bianco. Alcune tra le più belle ninfee di Midgard crescono rigogliose, ricoprendo la maggior parte della superficie dei piccoli e preziosi stagni.
All’improvviso una visione pazzesca mi colpisce come un colpo a tradimento dritto al cuore, e io rimango immobile, senza fiato o il coraggio di respirare.
Il cielo sembra il pesante manto di un orso bruno ricoperto da gocce di rugiada, gli specchi d’acqua brillano come lastre di accaglio nero, e i fiori delle ninfee emanano una fioca luminescenza, come se al loro interno brillassero delle candele.
Ma la mia attenzione è stata subito catturata dalla sinuosa figura che si muove tra le acque.
Non riconobbi subito mio fratello, perché quella creatura, dai movimenti leggeri, il corpo esile ma ammantato di divinità ed evanescenza, sembrava piuttosto una silfide; ricordo che una volta Loki mi raccontò di alcune credenze midgardiane che lo facevano piuttosto ridere. Mi raccontò che gli umani credevano nell’esistenza di alcune creature del tutto buone, che chiamavano angeli, e altre del tutto cattive, che chiamano demoni. Gli angeli erano la bontà personificata, erano splendenti e gentili, creature benevole e protettrici dalla bellezza accecante, mentre i demoni erano infidi, meschini, dal carattere crudele e scellerato erano in grado di portare gli uomini a fare le cose più turpi. Dopo un momento che mi parve eterno Loki girò il suo sguardo verso di me e sorrise, fu allora che sentii con certezza di trovarmi di fronte ad un demone intrappolato nel corpo di un angelo.
Mio fratello si trovava ancora piuttosto lontano, nel mezzo della vasca, ma appena mi vide si immerse e scomparve nell’acqua nera. Io lo cercai con lo sguardo e lo vidi riemergere a pochi metri da me, una morsa mi attanagliò lo stomaco, e supplicai le mie gambe di non tradirmi proprio in quel momento, dato che le sentivo fin troppo cedevoli.
Loki era completamente nudo, eccezion fatta per un sottile drappo legato mollemente attorno alla vita. Presto notai la sua pelle azzurra, e le scure venature che l’attraversavano, il viso sottile affilato da quello sguardo selvatico e antico.
Mosse qualche passo leggero verso di me e mi si parò davanti senza proferire parola.
Il suo sguardo era rosso come il sangue, ma dietro quella crudeltà innata intravidi il vero sguardo di Loki, supplicante, sofferente e colmo di rabbia e frustrazione.
Ricordai quanto odiasse essere uno Jötun, e immaginai che almeno inconsciamente si rendesse conto di quello che gli capitava.
Non sapevo cosa dire o fare, e in una situazione del genere riuscivo soltanto ad osservare quella creatura ammantata di arcana bellezza.
Mi tese la mano, le dita lunghe e affusolate, senza distogliere mai i suoi occhi dal mio sguardo.
La presi senza tentennamenti e mi meravigliai di quanto fosse bollente.
Lentamente Loki mi condusse dentro la vasca che constatai essere ricolma di acqua gelata. Noi guerrieri asgardiani siamo addestrati per sopportare il freddo, e le temperature più inospitali, ma di fronte quell’acqua gelida provai la stessa sensazione che immagino si proverebbe ad essere infilzati da centinaia di stilettate.
Quindi Loki si girò verso di me e cancellò qualsiasi spazio restasse tra i nostri corpi. Appoggiò la sua fronte sulla mia e mi portò le braccia dietro al collo in un abbraccio possessivo ma supplichevole. Chiuse gli occhi e cominciò ad inspirare profondamente e lentamente. Mi accorsi subito di quanto fosse caldo il suo corpo, e mi spaventai nel sentirlo bruciare a quel modo, nonostante si trovasse completamente immerso nell’acqua gelida. Ben presto intuii che quella non era come le altre volte. Forse Jötunheim era più vicina di quanto non dovesse essere quella notte, perché sotto l’aura di oscura potenza che emanava nel suo aspetto di gigante di ghiaccio, sentivo Loki, mio fratello, tremare spaventato come farebbe un bambino perso in una landa piena di mostri.
Non c’era bisogno di parole per spiegare cosa provassi, o cosa provasse Loki in quel momento, e per una volta sentii di comprenderlo davvero, come non avevo mai fatto in tutti quegli anni.
Lentamente infilò le sue mani sotto le mie vesti, liberandomi della pesante armatura, e di qualsiasi intralcio impedisse ai nostri corpi di toccarsi e fondersi.
I baci che seguirono non furono passionali come quelli delle settimane precedenti, ma furono molto più significativi ed importanti. L’eccitazione, l’infatuazione, la mera attrazione fisica divennero desiderio dell’altro, affetto, amore...
Il mio respiro correva veloce, sul collo di mio fratello che gemeva docile come non lo era mai stato, neanche nei miei sogni più fervidi.
Il suo sguardo non si staccò mai da me, neppure per un momento, non quando gli baciavo il collo o il petto, non quando le mie mani avide corsero su di lui e neanche quando spinsi con più forza dentro quel corpo caldo quanto una fornace in fiamme. La sua bocca non proferì parola, e oltre a donarmi baci atrocemente belli, l’unica cosa che gli sentii pronunciare fu il mio nome.
In quella notte nera, rischiarata dalle stelle che danzavano furiose sopra le nostre teste, Loki mi chiamò così tante volte che non credo potrò mai dimenticare il suono di quella voce, perché si è insinuata nel mio cuore, come la spina di una rosa bellissima nel petto di un inesperto giovane innamorato.
Sento il cuore esplodermi in petto, e farsi friabile come se fosse di sabbia, sotto il colpo crudele di quei gemiti e quei sospiri così seducenti e terribili.
 
Questa è stata l’ultima notte che passeremo insieme, Jötunheim ormai si allontana, e forse non tornerà mai più. L’alba è alle porte, e la pelle di Loki ormai è tornata al suo familiare pallore. Sarà meglio che ti riporti nelle tue stanze, prima che tu apra gli occhi, e ti accorga di essere avvolto nel mio mantello, stretto tra le mie braccia, con indosso nient’altro.
Non ricorderai nulla delle mie carezze, dei miei baci, e del mio amore, e forse è meglio così... anche se è una verità fin troppo crudele.
Sarebbe bello stare così per sempre. Tu che dormi placido, con la testa appoggiata contro il mio petto, il respiro tranquillo, e l’espressione beata di qualcuno che sa di essere finalmente a casa.
Non ricorderai nulla.
Ma in fondo lo sai che cosa sento per te, lo sapevi prima ancora che me ne accorgessi io stesso.
“Ti amo, fratellino... non te ne dimenticare mai.”
Ora è meglio andare, ad Asgard è un nuovo giorno.
   
 
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