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Autore: Light Lynx    22/08/2012    1 recensioni
fan fiction scritta di malavoglia e dopo anni (letteralmente) che non scrivevo niente del genere.
una creepy per la quale ho avuto poca ispirazioni.
però. scirvevo e andavo avanti come un treno quindi l'ho scritta e basta.
ho provato un nuovo stile di scrittura per me: la prima persona. mai sperimentata prima.
mi aspetto almeno una recensione. e credo sarà negativa. non sò perché am me lo sento.
PROTAGONISTI:
gijinka marowak M
gijinka marowak F
gijinka skarmory M
gijinka skarmory F
Genere: Horror, Romantico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri
Note: Otherverse | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Videogioco
- Questa storia fa parte della serie 'Creepy pasta Pokèmon'
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Il coltello passava lento sopra l'osso che usavo come arma. Era buio, ma sapevo dove era il mio compagno e lui sapeva dove ero io, questo mi bastava.

-Dove stai andando?- Gli chiesi.

-Dal mio allenatore, mi chiama.-

-Vedi di tornare presto, ho fame.-

-Sarà fatto capo.-

Il mio compagno uscì dalla porta donando alla stanzina un filo di luce. Vidi la mia arma bianca, come i miei capelli brillare alla luce del sole.

Non mi chiamavano da un po', ma non mi lamentavo. Prendo la mia arma e esco.

La luce del sole bruciò per un attimo le mi pupille. Mi girai intorno. Sguardi.

Occhi di tutti i tipi: rossi, blu, gialli, coperti, scoperti, allungati, marchiati. Di tutti i tipi.

Cammino senza timori, la mia arma stretta in pugno è appoggiata alla mia schiena.

Sono nella zona più diroccata della cittadella. Alcuni di noi si spostano seguendo le mosse degli allenatori, così, per cambiare luogo, scenario, odori, amici.

Io ho perso questa speranza, ovunque vado trovo sempre lo stesso spettacolo: miseria.

A loro non interessa. Ci mettono in quello stupido portale e smettono di interessarsi a noi. Ci fanno compiere stragi sul loro cammino per diventare più potenti.

~Voglio diventare campione, e tu mi aiuterai vero?~

Il ricordo è ancora vivido nella mia mente. Quello stupido bambino che mi porge la mano con quelle parole di conforto.

Non ero così forte allora, avevo ancora il trauma di cui spesso si parla in quel coso che chiamate pokedex.

Alcuni non mi vogliono, “statistiche basse” dicono, “è brutto” dicono, “Non voglio quel coso con me, il pokèdex me ne parla male.” dicono.

Ripenso a quelle frasi. Al quel piccolo insolente che si ostina a non chiamarmi mai, che si para tra i miei assalitori e me. Gli sono grato dopotutto, ma mi ha abbandonato. Sono forte “un livello 100” come lo chiamate voi, buone mosse, ben evsato. Però sono in questo stupido box. Potrei muovermi se lo volessi, ma non abbandono il piccolo, starei male dopo.

Continuo a camminare a passo lento sulla strada sterrata della “Zona B” come la chiamano dall'alto della città.

Volendo potrei andarci, sono comunque un guerriero addestrato da un allenatore. E così i miei compari, ma nessuno ha un bel passato, neanche quelli su in città. A me e alla mio compagnia non piace, però, vedere i nostri simili morti nella polvere, abbandonati a un crudele destino.

Questo fiato sul collo che mi rincorre da che sono uscito inizia a darmi fastidio. Mi fermo in mezzo alla stradina che stavo percorrendo e con un gesto teatrale tiro giù la mia arma. Lascio un solco per terra. Un sorrisino mi compare sul volto. Da quanto tempo non faccio questi gesti. Si alza un filo dia aria fresca. Lascio che i miei capelli vengano mossi da questa graziosa arietta.

-Skarmory, da quanto tempo non ci vediamo.-

Mi giro lentamente e lo vedo, lui e la sorella, armatura lucidata, pelle dura, capelli puliti e raccolti, stupende ali metalliche partono della schiena, sotto braccio i due tengono gli elmi. Argento vivo, il sole li illumina intensamente.

Quante altre volte mi sono ritrovato in una situazione del genere?

Due contro uno, e sempre contro di loro.

-Le battaglie qui sono divertenti Marowak. Niente dolore, niente ordini, niente rigenerazioni. Solo al battaglia che va avanti. Capisci di aver perso quando ti senti la terra cadere sotto i piedi, a quel punto semplicemente ti metti in disparte. No Marowak? Non è stupendo? Combattere costantemente con l'adrenalina nelle vene senza sapere quando cadrai.-

-Zitto!- gli urlo fiondandomi sui due uccellacci.

Ho sentito troppe volte queste manfrine.

La mia arma si illumina. L'osso di mia madre.

Utilizzo mosse che ho scordato in un altra vita. Con gli allenatori puoi usare solo 4 mosse. Lì, tutte quelle che hai imparato.

Mi fiondo su di loro con “ossoraffica”.

Non li ho minimamente feriti. “stupido! Terra è inefficace a volante.” mi fermo un attimo e ragiono, stanno per scagliare l'attacco.

Si fiondano su di me con un “perforbecco”. Non sono i loro becchi a colpirmi, ma le loro spade.

Paro i colpi avversari usando la mia arma. Sono veloce, molto veloce. Stringo forte la mia arma. Non ho paura di morire, sono già morto.

Sto stringendo l'osso fino a farmi sanguinare le mani.

Con tutta la forza che ho salto verso il cielo e ricado a terra di peso, i sassi volano verso i miei avversari.

Sento le loro belle armature ammaccarsi e la loro carne lacerarsi. Li sento scappare via correndo.

-”Pietrataglio”- mormoro.

Mi guardo la mano insanguinata.

“Merda, ho sporcato il guanto.”

A malincuore mi dirigo verso la città alta.

Lì c'è un centro pokèmon, possono ricucirmi il guanto.

Sula strada per la città incontro la mia compagnia, completa, come al solito. Anche loro sono feriti.

Senza dire una parola ci dirigiamo verso la città.

Le porte si aprono al nostro passaggio. E a memoria ci dirigiamo verso il centro Pokèmon.

Odio andare nella città. Veniamo guardati male per come ci vestiamo, per le nostre armi, per le macchie di sangue che coprono i nostri corpi. Non ho ami capito che avessero contro di noi, siamo anche noi pokèmon umanoidi.

Arriviamo ed entriamo senza alcun problema.

“Il centro è cambiato.” mormoro nella mia testa appena entrato.

Specchi ricoprono le pareti del centro, diversi feriti sono seduti sulle scomode seggioline dei centri.

Faccio andare avanti i miei compagni e mentre loro chiedono cure io faccio una cosa che da anni on facevo. Mi volto alla mia sinistra e vedo il mio riflesso.

Spalle larghe, carnagione medio-chiara color polvere del deserto, gilè aperto davanti più scuro della pelle e strappato in diversi punti, pantaloni lunghi poco sotto le ginocchia, semplici sandali bianchi, guanti marroni con il pollice bianco, profondi occhi neri e i soliti capelli. Bianchi e lucenti, medio-lunghi, e dello stesso colore dell'arma.

“non mi guardavo allo specchio da tre anni” penso spostando lo sguardo e avvicinandomi al balcone porgendo il guanto insanguinato e tagliato.

Chansey mi guarda: -Non vuoi farti un bagno? O almeno disinfettare la ferita.-

Faccio un cenno con la testa per rifiutare.

L'infermiera poco dopo mi riporta il guanto.

Esco da solo dal centro.

Gli sguardi iniziano a darmi fastidio.

Un tipo mi prende per una spalla e mi sbatte contro il bianco muro di marmo.

“che vuole questo da me?”

-Hei tu Feccia!-

I suoi sputi si mischiano con la polvere sabbiosa intrisa sul mio volto.

-Che ci fa uno di quelli della Zona B qui?-

Do una rapida occhiata al centro pokèmon. “20 passi. Non è tanto.”

Impugno l'arma e allontano il nemico da me.

Con la punta dell'osso gli taglio la gola. -Taci- gli mormoro vicino all'orecchio prima di vederlo cadere al suolo.

-Sono solo 20 passi, strisciando ce la puoi fare.- dico ironico in modo che tutti mi sentano.

“Stupidi Gyaridos”

cammino per un 10 minuti buoni fino al parco centrale. 5000 ettari. Un parco enorme. 32Km di muro. 12 entrate. E tenta oscurità.

Mi ci fiondo dentro e mi metto a correre per il folto degli alberi. L'oscurità mi avvolge. È una bella sensazione, non la migliore mai provata ma sicuramente tra le più belle.

Investo letteralmente una coppietta di giovani Zubat.

Non mi interessa le lascio desolazione o morte sulla mia strada. Sono un guerriero, e dovo raggiungere il mio scopo.

Vedo uno spiraglio di luce tra le tenebre. Mi ci tuffo senza paura e mi ritrovo in una radura.

Il mio sorriso si allarga, i miei denti aguzzi prendono aria. Pianto l'osso a terra. E con occhi satanici guardo cosa è rimasto in quel luogo.

Sento ancora il sangue intriso nella terra. Urla strazianti invadono il mio cervello. Non provo a scacciarle, sono piacevoli.

La mia natura albina affiora lentamente nel mio animo. Gli occhi mi si tingono di rosso scarlatto.

I ricordi mi tornano alla mente.

-Tre anni fa esatti. Vivevo ancora nella città. Spesso, però, scendevo nella Zona B e incontrare qualche amico.

Fu lì che la incontrai. La lunga treccia bianca le arrivava poco sopra il sedere. La magliettina senza maniche svolazzava leggera sopra il sinuoso corpo della ragazza. I pantaloncini le erano più corti dei miei. L'osso finemente intagliato fino a formare un stupenda spada. Gli occhi perennemente rossi come il sangue.

La vedevo spesso girare con qualche ragazzo, solitamente due o tre contemporaneamente.

La prima volta che le parlai c'erano tutti e cinque. Charizard. Krokrock. Kingdra. Gengar. Flygon.

Mi avvicinai lentamente al suo gruppo. Ero deciso a parlarle. Ma come al solito quello stupido di skarmory si mise in mezzo.

La sua spada conficcata nel mio braccio. Il mio osso a pochi centimetri dalla sua gola.

Lo uccisi senza pietà tranciandogli la gola e saggiando il suo sangue.

Pulì la lama e mi avvicinai alla ragazza che tanto mi assomiglava.

-Chi sei?- le chiesi con fredezza.

-Stavo per farti al stessa domanda.-

Iniziò così la nostra relazione, due semplici frasi tra simili.

Iniziammo a vederci sempre più spesso. Fino ad innamorarci.

-Un pokèmon di allenatore che sta con uno libero. Che assurdità.- pensava la gente

Ma a me non interessava, avevo lei, e lei mi bastava.

Vivevo nella città da poco in realtà quindi non ne conoscevo le regole. La portai qui. La amavo e volevo che stesse con me.

Ma le regole erano precise.

Lei non poteva salire, solo io potevo scendere.

Volevo raccontarle delle conoscenze che vengono donate a un pokemon allenato.

Ma fu il bagliore di un momento.

Un luccichio veloce.

Dei riflessi troppo lenti.

Lei era un selvatico. Poteva morire.

La vidi afflosciarsi tra le mie braccia.

I lunghi capelli bianchi tingersi del rosso dei suoi occhi.

Le grandi iridi scarlatte spegnersi accompagnando un ultimo «Ti amo.».-

le mie parole venivano portate via dal vento. Era sdraiato sull'erba che si nutriva della sua amata e del cadavere della guardia che la uccise.

-Da quel giorno, passai sempre più tempo con gli altri giù nella Zona B. Salivo di rado. E anche gli altri lo facevano. Eravamo tutti pokèmon di allenatori, tutti tranne lei.-

Un fruscio tra gli alberi mi fece distogliere lo sguardo dalla falce di luna crescente che illuminava quella notte.

Presi il mio osso e aspettò.

Il colpo arrivò veloce come era partito.

Mi trovai con una lama a metà tra il rosso e l'argento conficcata nel braccio.

-Skermori...- bisbiglio alla notte.

Il mio sangue mi scorre lento dalla spalla fino al fianco.

Quella era la sensazione migliore che potessi provare. Il sangue che scorre lento sul mio corpo.

Che mi dona quel tipico calore, quell'odore acre, quel sapore metallico, quel colore ai vestiti, quella sensazione di appiccicoso stampata sul fianco.

Sorrido alla notte.

“Questo è il tuo tributo.” mi ritrovo ad urlare mentre decapito quello stupido uccellino metallico.

Il sangue negli occhi come condensato.

Le mie iridi bruciano.

Sono diventato albino da allora. Da quella notte tre anni fa. Quando presi i suoi occhi e me li misi.

Lei vive dentro di me.

Sento la sua stretta fredda che mi abbraccia ogni notte mentre dorme.

Uno dei miei tanti fantasmi del passato.

Mia madre. Il piccolino. La mia amata.

Guardo la luna con occhi rossi e sognanti.

Metto un piede sul cadavere del mio nemico.

Ora mi tormenterà anche lui.

Mi lecco il sangue sulle labbra.

La mia sete non si è fermata.

La mia sete non si può fermare.

Presto arriverà anche l'altra, il tempo che senta il sangue di suo fratello invaderle le narici.

Il mio gilè è imbrattato di sangue, ma non me ne preoccupo.

Mi siedo a gambe incrociate e ricomincio a parlare.

-Non te le ho mai spiegate alla fine.

Quelle conoscenze che si assumono se diventi un pokèmon allenato.

Sai qual'è la fregatura?

Non esistono.

Solo quando sei selvatico puoi essere ucciso. Per sempre.

Ora io no. Devo essere liberato per raggiungerti.

Ti amavo, e ti amo.

Fors eera perché guardavo da troppo la luna, forse erano solo allucinazioni. Ma per me era reale.

Il sangue si alzò da terra, venne filtrato dal terreno, si scrostò dalle mie vesti.

Prese la sua forma. Quella meravigliosa forma di pokèmon umanoide che prendiamo quando entriamo nel portale rosso e bianco.

Lei si avvicinò a me. La sua carne era calda come il sangue. Ma l'abbracciai e baciai con foga.

Era lì davanti. No... lei È davanti a me.

Non è u sogno. Non è passato. Non è il ricordo uno stupido fantasma. Lei è qui.

Lei calmerà la mia sete. Lei è l'unica che vorrei ma che per tanto non ho potuto avere e che per causa mia morì la prima volta.

Eccolo il riflesso argenteo della sua armatura. Era arrivata in cerca di vendetta. In cerca fdi una sete da colmare.

In un certo senso la capisco.

La compatisco. Ma a me non interessa. Io ora ho lei.

Un fendente della mia amata ferisce alla tempia l'avversaria, che, tra gli spasmi di dolore, evoca la pietà guardando la luna.

La luna. Quella misera falce di luna. Quella falce mi ha sempre accompagnato e sempre lo farà.

Sono un pokèmon da box. Potrò vivere in eterno con lei.

Eravamo abbracciati alla luna. Come per ringraziarla di quel dono.

Il suo colore mi avvolgeva.

Diventava sempre più intenso.

Alla fine, me ne accorsi all'ultimo.

Il mio corpo riluceva.

-No....- Bisbiglio alla mia amata. La luna ci guarda con quel vacuo sorriso di sangue stampato adosso.

-NO!!!!- urlo in mezzo alla radura in predo alla disperazione.

L'odore di sangue mi ostruisce il naso.

Mi tremano le mani. Le vedo piene di sangue.

La luce che mi copre diventa più intensa.

La mia amata mi guarda con occhi d'odio.

-Non puoi lasciarmi morire un altra volta.-

La sua spada è distante. Lei affonda le sue zanne nel mio collo. Ma non provo dolore. Sono già troppo distante.

Eccole. Le sue immagini mi torturano al testa.

Lei che mi azzanna, lei che uccide il mio nemico.

Quella luna ogni volta mi dona questo giorno.

Ogni volta rivedo la mia amata vendicarsi.

Il sangue mi fa esplodere le vene. I miei occhi tornano ad essere i profondi neri di quella mattina.

Quella mattina che salutai Krokorock. Gli dissi che avevo fame. Non ho mangiato tutto oggi se non che sangue.

Arriva. L'uscita nella fioca luce data dalla falce di luna mi accoglie nelle mie altre spoglie.

Sento l'urlo dietro di me.

-Vai usa ossoraffica.-

davanti a me due skermory, al mio fianco un Marowak selvatico K.O.

   
 
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