Sesta
classificata al contest: Possa la fortuna essere sempre dalla vostra parte.
Titolo: Prendi la tua fede e
riponila su chi più ami
Nick Autore: Ilovewrite
Distretto: Once Upon a Time
Personaggi e Pairing :
Jefferson, Belle, Grace/Paige (Cenni di Belle/Jefferson)
Genere: Sentimentale
Raiting: Verde
Introduzione: E se l’unico premio che gli
spettava era la vendetta, doveva fare a
modo suo.Lui stesso si sarebbe occupato di Regina, e
lo avrebbe fatto nella maniera più crudele.
Ps: La mia Storia non è lunghissima,
non spaventatevi se il cursore non smette mai di scendere xD
Prendi
la tua fede e riponila su chi più ami.
Jefferson
conosceva molto bene l’ospedale, e non fu per nulla difficile per lui trovare
una via d’uscita che non fosse quella principale o la porta d’emergenza. La
ragazza lo seguiva curiosa, confusa, spaventata, ma non proferiva parola.
Jefferson
si guardò attorno una volta riusciti ad evadere. Erano
ancora le sette del mattino e le strade erano poco trafficate. Nessuno avrebbe
fatto caso a quella ragazza e ai suoi stracci. Nessuno le avrebbe impedito di
raggiungere Gold e quindi di aiutarlo nella sua
vendetta contro Regina e i suoi imbrogli.
«Non ti
sarà difficile» iniziò a spiegare Jefferson «Devi solamente percorrere la via
alla nostra destra per pochi chilometri e troverai il negozio dei pegni».
La
ragazza lo guardava con gli occhi socchiusi. La poverina era stata così tanto
tempo chiusa fra quelle quattro mura da non essere abituata alla luce, nemmeno
a quella più fioca.
«E’ lì
che troverò il signor Gold? »
domandò confusa.
«Esatto».
«E devo
dirgli che Regina mi ha tenuto rinchiusa» ripeté la ragazza.
Jefferson
annuì «Né più, né meno».
«Va be..va be..bene»
balbettò lei tremando per il freddo.
«Affrettati»
la spronò Jefferson dandole una leggera pacca sull’avambraccio, con
l’intenzione di essere gentile «Prima lo troverai, prima sarai al sicuro».
“E prima
potrai aiutarmi” pensò con una punta di egoismo.
La
ragazza iniziò a fare qualche passo, poi si voltò di nuovo verso Jefferson.
«Grazie»
mormorò abbozzando un sorriso.
Jefferson
non ricambiò, perché da troppo tempo aveva disimparato a sorridere. Guardò
allora allontanarsi l’ultima donna su cui aveva riposto fiducia, pregando di
non aver compiuto l’ennesimo errore.
Una
parte di lui si ritrovò a riflettere sulla prontezza con cui la ragazza si era
dichiarata disponibile ad aiutarlo, e ad apprezzare la sua bellezza, i suoi
capelli mogano, gli occhi chiari, un po’ spenti, ma comunque belli.
Qualcuno
dentro di lui ringhiò feroce a quei pensieri e sostituì all’immagine della
ragazza che lo ringraziava il volto di una donna che non c’era più e quello di
sua figlia Grace.
Era
stato così facile disperato com’era credere a Regina, perché si aggrappava ad
ogni falsa speranza di poter riavere indietro la sua unica ragione di vita.
Era stanco di passare le giornate a seguirla quando andava a scuola o a giocare
al parco giochi, e di dover restare con le mani in mano ogni volta che
inciampava o la vedeva triste. Quello che però non poteva sopportare era
spiarla quando a fine cena si alzava per salutare i suoi genitori e prima di
andare a dormire dava un grosso bacio sulla guancia all’uomo che credeva fosse
suo padre. Quel piccolo gesto eliminava ogni barlume di raziocinio dalla sua
mente, il suo cuore si riempiva di odio e lo portava a desiderare quanto di più
orribile per quel povero uomo inconsapevole.
Doveva essere lui ad iniziare le giornate con lei, doveva
accompagnarla a scuola, andarla a prendere, aiutarla a fare i compiti, portarla
a giocare, prepararle la cena, rimboccarle le coperte, guardarla dormire,
abbracciarla se per caso aveva un incubo.
Jefferson
si ritrovò di nuovo a piangere e serrare i pugni.
“Maledetta Regina”.
“Maledetti i suoi inganni”.
“Maledetto io che ho ceduto”.
Quello
che lei gli aveva fatto, quello che gli aveva portato via..era
troppo. E se l’unico premio che gli spettava era la vendetta, doveva fare a modo suo.
Non
poteva aspettare che la ragazza arrivasse da Tremotino,
non poteva contare su di lui, non poteva riporre la sua fede in lui. Aveva già
fatto un patto col male, ed era stato fregato.
Oscuri
e malsani pensieri si annidarono nella sua mente
Lui
stesso si sarebbe occupato di Regina, e lo avrebbe fatto nella maniera più
crudele.
Se il
bambino era la cosa che più amava, lui glielo avrebbe portato via. Le avrebbe inflitto un dolore tale da farle
desiderare la morte, una morte che non sarebbe arrivata mai, perché lui
l’avrebbe controllata, rinchiusa nella stessa cella della ragazza poco prima
liberata, dimenticata dal mondo con l’unica compagnia del suo dolore. E, cosa
più importante, Emma sarebbe andata via e niente avrebbe potuto spezzare la
maledizione, e il ricordo del suo bambino avrebbe accompagnato Regina per
l’eternità fino a condurla alla follia.
Una
parte di lui riteneva quelle idee troppo macabre per fino se pensate su Regina,
ma quella priva di ragione stava avendo la meglio mentre camminava per le strade
della cittadina, progettando la peggiore delle vendette.
Cercava
di camminare il più velocemente possibile. Se il ragazzino era già morto,
avrebbe perso il piacere di vedere soffrire Regina a causa sua, ma se era
ancora in una condizione precaria poteva essere lui a dare il colpo di grazia.
Eppure
non riusciva a correre. Le sue gambe si stancavano in fretta, il respiro era
affannato. Perché non poteva correre?
Già
sfinito dopo pochi minuti, si rannicchiò in un angolo su un marciapiede,
prendendosi la testa fra le mani.
“No, no, no! Io non sono un assassino! Io rivoglio
solo mia figlia non mi importa niente di Regina. Voglio solo Grace! Cosa penserebbe lei di me?”.
“Ma lei merita tutto questo!”.
“No! Non puoi!”.
“Sono io che comando. Tu non esisti più. Sei come tutti gli
altri: hai perso qualcuno, hai perso te stesso. Qui ci sono
solo io”.
Si alzò
di scatto, quando entrambe le sue voci tacquero e continuò a camminare verso la
sua meta.
Nessuno
sembrava quella mattina far caso a lui, ai suoi insoliti comportamenti, alle
sue strane espressioni.
Quella
mattina l’attenzione di tutti era rivolta chissà dove. Più Jefferson camminò,
più se ne accorse. Gente che piangeva, altri urlavano, altri abbracciavano
disperati le persone più vicine, altri avevano un espressione
vacua, assente.
Si
respirava un clima diverso quella mattina a Storybrooke.
Nessuno sembrava più un burattino di cera. Ognuno, per la prima volta in quei
maledetti anni, sembrava qualcuno.
«No.. » mormorò Jefferson confuso ed incredulo. Stava davvero
succedendo quel che sospettava?
Altri
passi, ed ebbe la conferma definitiva.
Biancaneve,
la causa dei loro mali, era tra le braccia del suo principe, in una morsa così
stretta da non poter distinguere i corpi dell’uno e dell’altro. Piangevano,
sorridevano, si baciavano, il tutto senza sciogliere il loro abbraccio.
“La maledizione..è
rotta” pensarono entrambe le voci della sua mente.
Jefferson
passò una manciata di minuti ad osservare la coppia.
Non
c’era disagio tra loro, non sembrava si sentissero come degli estranei, non
sembrava che i loro corpi, le loro menti fossero dominate da una lotta interna.
Corse
via da lì.
Perché
loro non erano impazziti come lui?
Perché
il loro unico loro interesse era quello di non
sciogliere l’abbraccio?
E
Jefferson capì. Non avevano nient’alto in mente che la gioia di essersi
ritrovati, e questo bastava a dargli la forza di non tener testa a due vite che
volevano impossessarsi di un corpo solo.
Poi, un
rumore sordo.
Jefferson
guardò per terra e vide che pochi metri dietro alla sua ombra ve ne era
un'altra, qualcuno in ginocchio. I capelli erano lunghi, la costituzione esile,
e teneva per mano uno strano peluche.
L’uomo iniziò a tremare, e lentamente si voltò.
Il
peluche era un malconcio coniglietto bianco con la giacca rossa piena di toppe
ed una delle zampe stretta nella mano di sua figlia.
«Papà»
boccheggiò Grace.
L’aveva
vista felice, triste, arrabbiata, divertita, corrucciata e quant’altro, ma mai
aveva avuto quell’espressione così disperata.
Jefferson
trovò la forza di correrle incontro e sollevarla sulle sue spalle come aveva
fatto l’ultima volta che l’aveva vista, quando lei gli aveva fatto promettere
che sarebbe tornato per il loro thé.
La
bambina soffocò i gemiti sulla spalla del padre ed anche lui riprese a piangere
anche più di prima, più di quanto non avesse fatto in ventotto anni di
lontananza.
«Tu.. » disse Grace ansimando «Tu.. » ma non riusciva a
parlare.
«Shh, sono
qui. Siamo insieme piccola mia» mormorò anche lui con
la voce rotta dal pianto «E nessuno potrà separarci».
«Ho
bisogno..ho bisogno di te» mormorò la bambina
guardandolo coi suoi occhi imploranti.
«Non ti
lascerò mai più».
Fu un
attimo, lo stesso in cui strinse sua figlia. In quell’attimo, non più lungo di
un battito di ciglia, tutte le voci dentro di lui tacquero. C’erano solo lui e
sua figlia in quel matto mondo, e nient’altro. E tutto sarebbe andato bene.
NdA
La storia viene scritta per il contest “Possa la fortuna essere sempre dalla vostra parte” indetto da Feel Good Inc e Ray08
Ho partecipato al contest insieme a KikiWhiteFly
Quando ho deciso di partecipare ho iniziato a buttare giù
una mia solita Snow/James. Col passare dei giorni ho
capito che avrei dovuto scrivere qualcosa di diverso, per le mie lettrici, per
quelle persone che sempre recensiscono e hanno tantissima fiducia in me. E se
davvero sono brava come loro mi credono, devo mettermi alla prova. E ho così
deciso di scrivere su un personaggio sul quale non avevo mai fatto nessun
accenno, e per quanto mi piacesse, non l’ho mai studiato come tutti gli altri.
Ho letto moltissime storie che esploravano i sentimenti di Snow/James,
Rumpel/Belle, Regina, Emma, e non ho ancora letto (o forse
mi è solo sfuggito, in tal caso fatemelo sapere) nulla su Jefferson. Non so se
la caratterizzazione si possa definire accettabile, essendomi concentrata
(forse) esageratamente sul contrasto che domina la mente di questo personaggio,
questo suo essere da un lato un bravo uomo, un ottimo padre, dall’altro un uomo
folle, pieno di rabbia e odio. E per quanto riguarda l’accenno al pairing Belle/Jefferson vi assicuro che non era previsto,
ma a volte i miei personaggi si fanno gli affaracci
loro, litigano senza che io glielo chieda, fanno face, si prendono delle cotte..ma che modi sono? è_é
Chiedo scusa alle mie lettrici se le deluderò, ma tenevo
tantissimo e questo contest e proprio per questo ho deciso di mettermi alla
prova.
Ps: Leggete la storia di Kiky Never let me go
Il giudizio di Ray08 e Feel Good Inc
Sesto classificato - DISTRETTO 11: Once upon a time Punti
totali 94.2
Prendi la tua fede e riponila su chi più
ami di Ilovewrite
Sintassi e grammatica: 7,3/10
Jefferson = manca il punto
Annuì = //
Due punti di sospensione anziché tre (x8)
Manca lo spazio dopo i punti di sospensione
(x5)
Gentile = manca il punto
Su cui aveva riposto fiducia → in cui
Disperato com’era = va tra due virgole
Mente = manca il punto
Per fino → perfino
Mia figlia = manca la virgola
Più Jefferson camminò, più se ne accorse → più Jefferson
camminava, più se ne accorgeva
Un espressione → un’espressione
Loro unico loro =
svista
Thé → tè
Ansimando = manca il punto
Pianto= //
Non è un risultato scoraggiante come potrebbe
sembrarti, perché dei ventisette piccoli errori che ho
rilevato, ben otto riguardano i punti di sospensione (che sono sempre tre, mai
due) e altri cinque sono gli spazi omessi dopo i puntini stessi. E anche in molte
altre occasioni si tratta solamente di punti o virgole dimenticati, soprattutto
quando passi da un discorso indiretto a uno diretto.
C’è poi una forma, disperato com’era, che starebbe meglio se posta tra due
virgole. Altre piccole imprecisioni sono:su cui aveva
riposto fiducia → in cui aveva riposto
fiducia; per fino → perfino; un
espressione → un’espressione; loro
unico loro che è ovviamente una svista, thé → tè. Infine ti appunto la frase Più Jefferson camminò, più se ne
accorse: poiché il camminare è
un’azione progressiva, penso che più camminava, più se ne accorgeva sarebbe più
corretto.
Stile e lessico: 9,5/10
Ho trovato un paio di ripetizioni che
risultano abbastanza fastidiose. Ti consiglierei di rileggere la shot e, dove
possibile, eliminare i vari Jefferson dato che spesso
si capisce che il soggetto è lui senza esplicitarlo. Inoltre ti consiglierei di
sostituire un po' di parole: solamente nella prima dieci righe ripeti i termini difficile, confusa, ragazza: usa qualche sinonimo
per descrive al meglio gli stati d'animo di Belle ;)
L’unico vero problema del tuo stile sta nelle
ripetizioni superflue. Ad esempio, già solo nella parte iniziale il termine
ragazza riferito a Belle ricorre davvero molto spesso, il che appesantisce un
po’ la lettura; la forma giocare al parco giochi è analogamente fastidiosa. Più
in generale ciò ricorre anche nel tuo utilizzo dei nomi propri – non è così
necessario scrivere tante volte il nome di Jefferson, poiché il protagonista
quasi assoluto dell’intera scena è lui e noi lettori sappiamo bene che non puoi
star parlando di nessun altro. Al di là di questo, trovo il tuo modo di
presentare la vicenda a dir poco ottimo; attraverso un
buon lessico e una buona narrazione hai saputo trasmettere tanto la solitudine
di Jefferson quanto la sua rabbia, tanto il suo bisogno di vendetta quanto la
sua consapevolezza di non essere un assassino. Ti assicuro che tutto il disagio
della sua ‘spaccatura’ traspare perfettamente.
Caratterizzazione dei personaggi: 9.8/10
Mi è piaciuto moltissimo il modo in cui hai
caratterizzato Jefferson: lui è diviso terribilmente sul
cosa fare e questo rispecchia fedelmente la sua caratterizzazione nel telefilm!
Mi è piaciuta quella punta di egoismo che fai emergere dai suoi pensieri mentre
dialoga con Belle. Sono riuscita a figurarmi davanti gli occhi Stan che si piegava su se stesso, portandosi le mani alla
testa a causa delle due voci contrastanti. Bellissimo anche il fatto che lui è
pronto a tutto – anche ad uccidere Henry nel caso non sia già morto – solo per
ottenere la vendetta verso la donna che ha, a tutti gli effetti, rovinato la
sua vita. Non mi ha convinto pienamente quel “Jefferson si ritrovò di nuovo a
piangere”, ma credo che sia solo una mia stupida opinione personale. Belle fa
una piccolissima apparizione all'inizio e in realtà mi è dispiaciuto molto:
avrei preferito che approfondissi un po' di più il personaggio!
Nelle note ti scusi di esserti soffermata
tanto sul contrasto interno di Jefferson, temendo di non avere così rispecchiato
la sua caratterizzazione. Nulla di più sbagliato! Jefferson è contrasto, e non
avresti potuto renderlo più IC di così. Ho amato particolarmente il suo
fermarsi, il suo prendersi la testa tra le mani e il dialogo interiore che ne è
seguito – ci hai giustamente ricordato che il Cappellaio Matto è matto perché
si ricorda chi è, e non sopporta l’eventualità di poter essere una persona
diversa. Anche l’iniziale decisione di fare del male a Henry per far soffrire
Regina è tutt’altro che OOC, perché, ricordiamocelo, è proprio vero che
Jefferson farebbe di tutto per riavere la sua Grace. Non ce l’ha forse
dimostrato alleandosi con la stessa persona che l’ha scaraventato in questo
mondo? Molto fedeli anche Belle, gentile persino nella confusione, e Grace;
infine Biancaneve e il suo Principe – resi nell’incommensurabile gioia di
essersi ritrovati – sono un perfetto tocco da maestro.
Originalità: 10/10
La tua storia merita sicuramente il punteggio
pieno per quanto riguarda l'originalità! Jefferson è uno dei personaggi più
interessanti di Once Upon a time
ed è sempre una bellezza leggere qualcosa su di lui. Mi è piaciuto
quell'accenno a Belle, anche se come detto prima avrei preferito che tu lo
approfondissi, e mi è piaciuta molto l'ambientazione scelta. E' vero: la tua
storia è un missing moment e in realtà non va ad aggiungere nulla al telefilm,
però ho decisamente adorato il fatto che Jefferson sia diviso, e in qualche
modo incompleto, fino all'arrivo di Grace, e che il suo abbraccio riesca a far
tacere tutte le voci nella sua testa.
Magari, leggendo questa storia, qualcuno
potrebbe avere l’impressione che in fondo tu abbia ‘solo’ descritto il finale
di stagione dal punto di vista di un personaggio secondario – senza rendersi
conto di quante cose e di quanto canon tu abbia
trasposto in questo tuo (apparentemente semplice) ripercorrere e arricchire
l’ultimo episodio. Il fatto che Jefferson sia ‘matto’ perché nella sua mente
convivono due diverse entità è una cosa che, al momento in cui la maledizione
si spezza, inizia a riguardare tutti i finora inconsapevoli abitanti di Storybrooke: troppo spesso ci si dimentica di questo
significante particolare. Con questa storia tu ce l’hai riportato alla memoria,
ed è incantevole il modo in cui hai fatto sì che alla fine Jefferson ‘salvasse’ Grace dalla sua personale confusione interna. La
tua shot è tutt’altro che banale, perché va a scavare in posti visibili a
tutti, ma nei quali nessuno si avventura mai. Bravissima.
Gradimento personale (di ciascuna giudice):
4/4 + 5/5
Sicuramente questa è una bella storia. Mi è
piaciuto il modo in cui hai focalizzato l'attenzione del lettore sulla
divisione di Jefferson e come ho detto prima ho adorato il fatto che sia Grace
a farlo rinsavire! Mi è piaciuto il leggero accenno a Mary Margaret e David –
ovviamente tu trovi sempre il modo di metterli insieme. Tuttavia non mi sento
di darti il punteggio pieno perché sono sicura che avresti
potuto fare un po' di più! Nel complesso però, davvero un buon lavoro!!
Mentirei se dicessi qualcosa di diverso. Per
quanto inizialmente mi fossi preparata a una storia introspettiva, e dunque
relativamente semplice e poco originale, alla fine mi sono ricreduta. Per tutte
le ragioni che ho spiegato altrove posso dire anzi che questa storia è una
delle più complete tra tutte quelle che ho finora letto nel fandom.
Hai dato la giusta importanza non solo al difficilissimo personaggio che hai
scelto come protagonista, ma anche a quei tanti minuscoli dettagli di contorno
caratteristici di un episodio che, alla fin fine, riguarda proprio tutti. E
l’accenno Jefferson/Belle non è affatto sgradito!
Bonus storia inedita: 1/1
per un totale di 46.6/51 punti