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Autore: Dregya    24/08/2012    3 recensioni
Una festa in preparazione, una relazione in crisi.
Un sorriso, accompagnato da un lieve sussurro che lascia le labbra di una ragazza dai corti capelli.
"Tanti auguri, Rupert."
|| Emma x Rupert. Tanti auguri, RosshoH!
Genere: Romantico, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Emma Watson, Rupert Grint
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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"E... Tanti auguri, Rupert."

***

Il BlackBarry posto sul tavolo di mogano vibrò, illuminandosi come un fare a mezzanotte. Con un imprecazione, una mano elegante e dalla pelle morbida lo afferrarono, così da portarlo al piccolo orecchio spesso nascosto da alcune ciocche di capelli. Il pollice si scontrò contro il tasto verde, e la chiamata partì. “Pronto?”, mormorò una voce femminile, subito risposta da una maschile, squillante e carica di felicità. “Emma! Sono Daniel, è la terza volta, che ti chiamo...”, Emma inarcò un sopracciglio, gli occhi ancora semichiusi a causa del sonno, la bocca impastata e il corpo fasciato da una maglia larga. Strinse di più il telefono, cercando le parole giuste – e di vedere se il display riportava le chiamate dell'amico.
“Davvero? Oh, Dio... E' che dormivo, e ho la vibrazione. Scusami.”
Nel sentire la risata di Daniel, forte e gioiosa, Emma si rese conto da quanto tempo non lo sentisse. Non si vedevano da molto, troppo tempo, e oramai la giovane donna aveva preso a sentire la mancanza dell'interprete del Maghetto più famoso del pianeta. Per fortuna si erano tenuti in contatto tramite Skype. “Non fa niente. Comunque... come stai?”, chiese lui, premuroso quanto impaziente. Emma scosse la testa, avvicinandosi al divano su cui era seduto il suo ragazzo e si accomodò su uno dei tanti braccioli, accavallando le gambe. Di fronte a lei, la televisione illuminava la sua figura, proprio come il lampadario sulla sua testa. “Davvero bene ma... direi che non è questo che vuoi sapere, no?”, dall'altro capo del telefono, Daniel si passò una mano fra i capelli, colpevole. Anch'egli era seduto, ma a differenza di lei, si trovava di fronte a quattro ragazzi differenti; uno, dai capelli color dell'oro e il sorriso mesto. L'altra, capelli rossi come il sangue e sguardo astuto, ed infine c'erano loro, i gemelli, che però potevano essere definiti come unica entità.
“Giusto, giusto. Vai troppo di fretta, tu!”, Emma borbottò qualcosa in risposta, ma Daniel non vi fece caso e continuò a parlare. “Comunque, come sai fra due giorni è il compleanno di Rupert e noi...”, il ragazzo non riuscì a continuare, perché i fratelli Phelps si erano appropriati dell'apparechio acustico, mettendo il vivavoce ed urlando: “E noi vogliamo fare una bella festa, così avremo anche l'occasione giusta sbizzarrirci!”
Emma allontanò il BlackBarry dall'orecchio, protestando con un “Ehy, non urlate”, e l'uomo accoccolato accanto a lei grugnì, in una muta richiesta di silenzio. Un po' dispiaciuta, la Watson abbassò il tono di voce; non voleva che il suo ragazzo si svegliasse. “Beh, credo si possa fare... Tanto, siamo tutti a Londra in questo periodo, no?”, proprio mentre lo chiedeva, Oliver e Daniel combatterono per la supremazia del cellulare, che volò fra le mani di Bonnie che, sbuffando. fece le veci dell'unico corvino del gruppo. “Ems, sono Bonnie.” Emma la salutò con calore, chiedendole anche come andasse col suo ragazzo (non troppo bene, a quanto pareva), ma ella la intimò al silenzio e riprese. “Comunque, stavamo pensando di affittare un intero Hotel, e fingere una specie di rimpatriata del cast. Che ne pensi?” La Watson annuì come se l'amica potesse vederla e guardò l'orologio antico posto sul camino, seguendo attentamente lo spostarsi delle lancette, come se avessero qualcosa da narrarle. L'idea era buona, rifletté, ma adatta a fregare un ragazzino di dieci anni particolarmente sentimentale, non un uomo di quasi ventiquattro anni. “Bonnie... Credo che le vostre idee siano davvero, davvero buone, ma... Rup” nel sentire quel nome, il ragazzo accoccolato contro il divano si mosse, come se avesse ricevuto una scossa, “... non sarà così scemo da cascarci, no?”
La rossa, che aveva appena colpito con un giornale accartocciato i due litiganti, sollevò le sopracciglia e schiuse le labbra per dire qualcosa, ma non riuscì a replicare. Perplesso, venne in suo aiuto Tom, che afferrò L'iPhone e parlò calda e sensuale, che utilizzava solo per Emma, che aveva ammesso di aver avuto una cotta per lui.
“Watson, allora cosa proponi? Gli diremo che la serata terminerà alle ventidue del giorno ventitre, ma io sarò così sbadato da versare addosso a te e a lui qualcosa, così sarai costr-”
“Tom, no.”
Felton si zittì, attendendo spiegazioni che, ovviamente, non arrivarono. Il silenzio galleggiò nell'aria, e il tempo parve fermarsi per i minuti che seguirono. Fu la stessa Watson, ad interromperlo. “Non farei mai una cosa del genere”, spiegò, con calma. “Però...”
Nel sentire quella parola, il coro che seguì fu un alternarsi di “Però?Spara, piccola strega!”
Ma Emma scosse la testa in senso di negazione, allontanò il BlackBerry dall'orecchio, mettendosi in piedi. Solo allora, avvicinò le labbra rosee alla cornetta e sussurrò: “Voi fatevi trovare nel ristorante dell'hotel – e fatemi sapere qual'è, e non preoccupatevi!”, detto questo, mise fine alla telefonata.
Con un'espressione funerea, Will alzò il capo in direzione della sua fidanzata, rivolgendole uno sguardo interrogativo. Nel notarlo, Emma gli rivolse un piccolo sorriso e scappò via, come a voler scappare da quegli occhi che l'accusavano. Quando fu sola in camera, la bionda si lasciò scivolare sulla sedia posta di fronte alla scrivania, un ricordo incancellabile che prendeva vita contro le pareti delle sue palpebre.

“Le tue labbra...”, mormora Will, percorrendo con la lingua il percorso delle bocca di lei, che gli sfiora il petto con i palmi aperti, ma si ferma nel sentire quell'affermazione. Ha un sopracciglio inarcato e l'espressione sorpresa; deliziosa, avrebbe detto lui, se non fosse stato per quel piccolo particolare che in quel momento gli tormentava l'anima. “Sì?”, domandò semplicemente Emma, abbandonando il capo lungo il cuscino. E “sanno di diverso”, ammette il corvino, allontanandosi come se avesse ricevuto un pugno, lasciando nudo il seno della Watson che prima copriva col proprio petto. “Sanno di diverso? Che diavolo dici, Will?”, Emma si mette a sedere, tirando su di sé le coperte. William la guarda duramente, i capelli gli ricadono sul viso come gocce d'inchiostro su una pergamena. Bello, avrebbe detto Emma, se non si fossero trovati in quella situazione spinosa ed incomprensibile. “Non sanno di me, Emma. Sanno di...” ma prima di terminare la frase, William capisce. Capisce che la sua donna è stata con un altro, che la sua carne è stata violata da un'altra persone, che il suo cuore non gli è mai appartenuto. Ed Emma non può fare altro che farsi piccola piccola e portarsi le gambe al petto, cingendole con le braccia.
“E' successo...”, riesce solo a dire, senza neanche guardarlo. Will si alza, avvicinandosi allo specchio posto sopra al comodino posto accanto la parete e osserva la sua immagine riflessa allo specchio. “Come?” un'unica domanda, carica di dolore celato da un sorriso amaro.
La Watson rimane in silenzio, cercando di mettere assieme i pensieri e ricostruire l'avvenimento per poterne parlare chiaramente, senza intoppi. “Ci siamo incontrati per caso... E' stato strano, perché era da mesi che non ci vedevamo.”, una bugia, perché entrambi sanno che non è così. Che Emma e Rupert hanno continuato a vedersi di nascosto a lungo, con la sola differenza che lei era ancora single. Quando la Watson e William avevano iniziato ad uscire, i due si erano dati un freno, decisi a parlare solo tramite internet. “Mi ha offerto un caffè, io ho accettato. Abbiamo parlato molto, del nostro passato, delle storie che avevamo avuto. Lui mi ha detto che era ancora single, perché le ragazze gli si avvicinavano solo per la sua fama, o perché rivedevano in lui Ronald Weasley. Nel mentre, mangiavamo pasticcini al cioccolato; mentre mordevo il mio, mi sono sporcata il viso e lui me l'ha pulito. Poi mi ha detto che gli mancavo, che l'idea di me e te lo uccideva, proprio come il pensiero che fossero stati i nostri manager a consigliarci di non....”
Una pausa, le dita che tremano, i pugni che si serrano. C'è un odore nuovo nell'aria ed è quello del tradimento, che sa di limone appena posto sulle ferite aperte.
“Ho sempre pensato fosse per me un fratello, Daniel, almeno, ci ha sempre considerato così. Ce lo disse chiaramente, dopo il terzo film, e noi dicemmo che era vero, ma gli sguardi che ci lanciavamo non erano solo recitazione. C'era … c'era altro, ma i nostri manager ci dissero che non dovevamo. Per questo ci allontanammo e cercammo di essere solo amici. Non ci riuscivamo, perché c'era qualcosa... noi eravamo legati. E lo stesso legame è rimasto e ci ha uniti, di nuovo, quando ci siamo incontrati. E' stato un attimo, e ci siamo baciati.”, il racconto termina così, ma William sa che non è tutto. Per questo, assottigliando lo sguardo, inclina il capo all'indietro e la guarda. Emma sembra una bambina che è stata appena picchiata, ma non piange, sembra quasi persa in un limbo fatto di desideri infranti. “E c'è solo questo?”
Lei scuote il capo, sospirando. “No... In realtà, quest'incontro è avvenuto un po' di tempo fa.
Ma abbiamo continuato a vederci. Volevo dirtelo, Will. Volevo, ma... non abbiamo fatto niente di male. Solo parlato, lo giuro.”
Colto dalla rabbia, Will si gira completamente verso di lei, afferrando le coperte del letto su cui prima amoreggiavano. Li tira verso di sé, buttandoli sul pavimento come carta straccia. Impaurita, l'attrice distende le gambe e fa per alzarsi, ma viene bloccata dalla parole di lui.
“Solo parole? Vi siete baciati. Prima fra voi c'era una storia... o sbaglio? La cosa sui menager, è stata davvero chiara. Forse sono io a non essere abbastanza per te?, altrimenti, non ne ho idea.”
Emma allunga un braccio verso di lui, il palmo rivolto verso l'alto. Adesso, i suoi occhi luccicano e ombre rancoroso lo cerchiano.
“Tu sei abbastanza, per me... Sono io, quella stupida. Ti prego, perdonami...”
“Lo farò solo ad una condizione.”
“Ovvero?”
“Evita di vedere quel Grint, eh? E di parlargli, o cose del genere.”



Bum, bum, bum.
Un paio di nocche colpirono impazienti la porta, facendo aprire di scatto gli occhi di Emma, ancora ferma di fronte il computer appena acceso. La voce di Will risuonò nella camera, ma ella fece finta di niente, accedendo su Twitter e successivamente Skype, nella speranza di trovare Rupert in linea.
La fortuna non era dalla sua parte, perché l'account appariva disconnesso.
“Emma?!Posso sapere che diamine stai facendo?”, chiese in tono grave, per l'ennesima volta il suo fidanzato, ma lei lo ignorò, contattando comunque il rosso.

Emma Watson scrive:
Lo so che sei online, piccolo nerdda quattro soldi. Cerca di essere online almeno per me, ti devo parlare.

Le dita si mossero veloci sulla tastiera e si soffermarono sul tasto invio, che pigiò quasi con rabbia. Dall'altra parte della porta, si sentì un ringhio irritato e nuovamente il silenzio, interrotto da un plop.

Rupert Grint scrive:
Lo sapevo! Avevo appena iniziato a guardare MisFits, è proprio una maledizione! Siete contro di me, vero?! Prima Daniel e adesso tu. Anche se non mi aspettavo tu mi contattassi dopo... vabbè, che c'è?

Emma Watson scrive:
… Già, è che... Il mio vicino di casa farà un concerto, il 23. Ti andrebbe di vederlo assieme a me?
Will non ci sarà, so quanto lo odi. Perciò dovresti solo venire qui, che ne pensi?


Passarono ore, forse mesi, o addirittura anni. In quel frangente, Emma si torturò le labbra come una scolaretta in ansia per il compito imminente. Quando finalmente ricevette risposta, scoprì che non erano scorsi neanche cinque minuti. Osservò lo schermo con attenzione, e ciò che lesse le strappò un gridolino di gioia: “Dimmi l'ora, il posto e verrò.”

 

***

“Credi che funzionerà?”, gracchiò una voce isterica, resa ancor più irritante dal telefono. Emma, per l'ennesima volta, spiegò all'amico il suo piano. Ovvero, trascinare Rupert al finto concerto del suo amico, la cui sede si sarebbe rivelata l'hotel in cui Tom, Daniel, Bonnie e i gemelli li attendevano.
Peccato che fossero le undici passate e di Grint non ci fosse alcuna traccia, se non una chiamata ben presto terminata a causa della mancanza di carica nel samsung del rosso. “Ma ancora non è arrivato!”, all'ennesima protesta del corvino, Emma chiuse la chiamata e aggiustò l'abito blu che indossava. Era corto, senza spalline; le fasciava il petto delicatamente e scendeva delicato lungo i fianchi magri, sino alle cosce lasciate quasi del tutto scoperte. Eppure, non c'era nessuno a complimentarsi con lei; la casa era silenziosa e buia, quasi come se fosse in disuso. Aveva sempre dato quell'area, poiché le persone che l'albergavano erano solo due, ma quella sera non c'era neanche Will, che dopo aver saputo gli intenti della ragazza, le aveva detto che “non voglio essere la tua seconda scelta, Emma. Fa quello che devi fare... io rimarrò ad aspettarti, per l'ultima volta. Se non verrai dopo questa messa in scena, allora vorrà dire che hai scelto lui.”
Una sorpresa che l'aveva resa nervosa, tanto da farle dimenticare, nei giorni precedenti, le faccende di casa o il regalo per l'ex collega. Fortunatamente, era stata Bonnie a rammendarglielo, altrimenti si sarebbe presentata a mani vuote. Con titubanza, si avvicinò alla busta posta sul mobiletto del bagno, che conteneva un'ulteriore cofanetto, celeste come l'abito ch'ella indossava.
Conteneva un fine bracciale d'oro bianco, elegante quanto semplice, e una dedica stampata su un piccolo medaglione allegato ad una catenina che una volta, lo stesso Grint aveva portato.
“Chissà se gli piacerà...”, si chiese ad alta voce, riponendo l'oggetto per cui quella mattina aveva fatto i salti mortali e riprendendo a truccarsi. Le gote erano state illuminate dal mascara, il collo bagnato dal profumo al cioccolato, gli occhi colorati da un ombretto scuro e la matita nera.
Ancora una volta, uno dei più dolci ricordi che custodisse tornò a galla.

Emma appoggiò la schiena contro la parete, osservando il ragazzo che le stava di fronte. Avevano entrambi un'espressione seria e gli occhi lucidi.
“Io e te ci amiamo, diamine. Non è normale che ci costringano a fidanzarci o cose del genere per nascondere la nostra relazione!”, ringhiò Rupert, stringendo i pugni. Emma si massaggiò le tempie, cercando una soluzione introvabile. “Sono stati chiari... non vogliono essere commerciali.”, a quelle parole, Rupert le accarezzò i capelli, bloccandosi improvvisamente.
“Quindi continuerai a stare con quel tizio? Tu sei
mia ragazza, non la sua!”
Emma si morse le labbra, afferrandogli la maglia con forza, come se lui potesse scappare da un momento all'altro.
“Lo so, Rup. Pensi che mi faccia piacere fingere di amare George? No, cazzo! L'unica cosa che vorrei è poterti baciare in pubblico, senza menzogne o scappatelle. Ma...”
“... Non possiamo.”, concluse per lei il rosso, curando la schiena tanto da sfiorare col capo il suo petto. L'odore dolce di donna gli penetrò le narici, inebriandolo. Emma aveva sempre avuto un buon profumo, ma da quando avevano fatto l'amore, questo era diventato più forte e dolce.
“Sai...”, iniziò col dire, baciandole la clavicola. “Ci sono volte in cui vorrei non amarti. Vederti assieme a lui, mi uccide. Credo di non poterla sopportare molto, la gelosia.”
La stretta di Emma si intensificò e i suoi occhi si serrarono.
“Vorresti... non amarmi?”
“Sì. Se la magia esistesse, chiederei a qualche mago di impormi l'incantesimo Oblivion. .”
“Sai che c'è, signor Grint? Fottiti.”
Rupert scoppiò a ridere, rimettendosi dritto col busto.
“Insieme, però, giusto? E poi, se mi avessi lasciato terminare, avrei ammesso che avrei ripreso ad amarti, che nulla sarebbe scomparso. Sei la cosa migliore che mi sia capitata, Watson.”



Aveva dimenticato i brillantini, parte fondamentale del suo make-up. Fu mentre li agguantava, che il suono del campanello riempì l'aria. Sussultando, mise al proprio posto la boccetta con i brillantini e corse ad aprire, il suono dei tacchi che colpivano il pavimento l'accompagnò sino a destinazione.
“Un secondo!”, urlò, litigando con la maniglia ormai vecchia, che aprì con uno scatto la serratura.
Di fronte a lei, Rupert Grint si mostrò con un sorriso ironico e i capelli scarmigliati, proprio come quelli di Hermione Granger al primo anno e i vestiti allargati. Alzò lentamente la mano, salutandola piano e “Ehilà!”, esclamò, entrando senza chiedere il permesso.
“Cosa diavolo hai... ?”, Emma chiuse la porta, incrociando le braccia sotto al seno, mettendo – senza volerlo – in risalto la scollatura in cui Rupert si perse. “Rupert...”, sibilò.
“C'era traffico, e un coglione mi ha tagliato la strada! Un casino, insomma. Spero di non aver perso il concerto...”, spiegò, gesticolando. La Watson sospirò pesantemente, scuotendo il capo. Non aveva mai incontrato una persona incorreggibile come lui, che iniziò a gironzolare come un cucciolo appena trascinato in un nuovo appartamento. “Uh! Carino, quest'orologio. Non sapevo ti piacessero i pezzi d'antiquariato...”
Emma guardò l'orario, poi si trascinò nuovamente in bagno. “Infatti, non mi piacciono. E' di Will!”
Urlò, parandosi di fronte allo specchio limpido. Per sua fortuna, non poté vedere l'espressione irritata che imbrattò il bel viso del rosso, che subito la seguì.
“Voi donne non fate altro che incipriarvi il naso...”, si lamentò.
“E voi uomini non fate altro che guidare come tartarughe e arrivare in ritardo”, rimbeccò lei, ripescando la boccetta. Nel notare i brillanti, Rupert sorrise. “Sembrano gli stessi che usavamo per creare pozioni, quando non giravamo, da bambini. Te lo ricordi, Ems?”
Sorpresa, Emma si ritrovò ad annuire distrattamente e a cercare di non guardarlo, cosa impossibile. Ma ci fu qualcos'altro, che catturò la sua attenzione. Il suo cellulare, posto sul davanzale, segnava la mezzanotte. Sgranando gli occhi si voltò verso il rosso, facendogli segno di avvicinarsi. Nei suoi occhi, vi era la tristezza di chi non è riuscita a portare a termine la propria missione.
Confuso, Grint obbedì e velocemente le si avvicinò; quando si trovarono a poca distanza l'un dall'altra, lei posò le dita sul suo viso.
“La prima volta che ci dicemmo di amarci, era il mio compleanno. Te lo ricordi?”
“Certo che me lo ricordo! Era il mio regalo, visto che non ero riuscito a comprarti niente, ho ammesso i miei sentimenti come... rimpiazzo, ecco.”
Per un pelo, Emma non lo colpì.
Quella dichiarazione era stata la cosa più bella che le sue orecchie avessero udito, nonostante fosse alquanto abbozzata e minimizzata. Ma le parole che susseguirono, furono semplici e cariche di significato: si appartenevano, così era e sarebbe sempre stato, altrimenti mai avrebbero continuato a vedersi, a tradire i loro compagni, i loro amici, sé stessi e le regole che si erano imposti tempo addietro. Una volta, l'ultimo giorno di riprese, avevano deciso di chiudere quel capitolo della loro vita, suggellandolo con il bacio fra Ron ed Hermione. Era stato inutile; alla fine si erano ritrovati ancora e ancora, grondanti d'amore che ancora non era riuscito ad uscire completamente.
“... Mi guardasti negli occhi e la prima cosa che dicesti, fu che avrei dovuto valorizzarli di più.
Io risi, ma fui zittita dalle tue labbra. Dopodiché, bofonchiasti un semplice: ti amo.”
Rupert inarcò un sopracciglio, cingendole i fianchi in modo possessivo, bramoso di udire il suo discorso procedere. L'aveva sentita per sette anni, quella voce, ma aveva ancora un bisogno fisico di ascoltarla; e lo avrebbe fatto fin quanto le orecchie non avessero preso a sanguinare, se avesse potuto. “E...?”
Con uno scatto della mano, la ragazza riversò i brillantini sui loro visi, che come coriandoli volarono attorno e su di loro.
“E... Tanti auguri, Rupert.”



notes;
OMG, è l'una passata di sera e sto morendo di sonno; non so come mi sia venuta in mente questa storia, onestamente non saprei dirvi neanche se ne sono soddisfatta, perché non sono nelle facoltà mentali per dirlo. Non l'ho neanche riletta, perciò perdonate gli errori e cose varie. Non ho idea se siano OOC o meno, ma desideravo davvero vederli assieme ed essendo oggi il compleanno del nostro Rup... mi è venuta l'ispirazione! Strano, perché in questo periodo non ho idee e non scrivo da mesi, perciò questa è, diciamo, una prova.
Bho.. non so che dire. Scusate per l'oscenità e... Tanti auguri, Rupert. :3 
P.S: I personaggi non mi appartengono (sig!) né conosco la loro situazione in realtà. Questa storia è scritta per puro diletto, senza cattive intenzioni o cavoli vari. Peace and Love.

  
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