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Autore: EleUndFra_    24/08/2012    10 recensioni
«No matter what happen, no matter who's president. As our Lady of Disco, the divine Gloria Gaynor, has always sung to us.. We will survive
Cosa potrà mai accadere, a distanza di un anno, nella monotona città di Pittsburgh? Quali sorprese ha in serbo il futuro ai nostri ragazzi? Basta torturarvi in cerca delle risposte. Aprite questa fottuta storia.
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Un po' tutti
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Salveeee! Ed eccoci qui a pubblicare la nostra prima fan fiction, una long. Abbiamo scelto Queer as Folk perchè quella serie è una fonte d'ispirazione, e si meritava una storia. Così abbiamo deciso di proseguire da dove questa splendida serie ci ha lasciati, secondo la nostra versione dei fatti. Ogni vicenda è dettata dalla nostra immensa fantasia, o meglio, dai nostri desideri sul proseguimento della storia.
Niente spoiler, ma quello che possiamo assicurarvi è che riserviamo un saaacco di sorprese. Se volete scoprirle, beh, seguiteci immergendovi nella lettura capitolo dopo capitolo! Speriamo davvero che vi piaccia, vi coinvolga e vi trasmetta esattamente quello che noi vogliamo trasmettere :) 
Lasciamo ora che la storia parli per noi e.. buona lettura. ♥ 
- Ele&Fra;


1. 

 


UN ANNO DOPO...

P.O.V.  Michael
-Nella vecchia Pittsburgh, tra le vie della nostra cara Liberty Avenue, il Babylon era affollato, pieno come sempre.  Gli stessi corpi, gli stessi toraci depilati, erano tornati a muoversi a ritmo di musica quando la discoteca aveva riaperto 5 mesi dopo l’esplosione. Noi non avremmo smesso di lottare per i nostri diritti, contro la Proposizione 14. Non volevamo diventasse una guerra, né volevamo altre vittime, ma finché ci fosse rimasta una sola goccia di sudore, noi non avremmo perso.
La mia vita proseguiva come sempre, tra  i suoi alti e bassi, con il mio fantastico marito Ben e il mio bellissimo figlioccio ormai diciottenne Hunter, che mi aiutavano a superare le giornate più difficili;
Melanie e Lindsay si erano trasferite a Toronto ormai da un anno, dove avrebbero potuto offrire una vita migliore e più sicura a Gus e Jenny Rebecca;
Emmett continuava ad essere la splendente  regina di sempre, anche se spesso e volentieri faceva impazzire mia madre e Carl, essendosi ormai stanziato in casa loro;
Ted. Oh, Ted aveva finalmente trovato la sua anima gemella, ma questa volta per davvero. E quella persona era proprio Blake, con cui ormai conviveva da 8 mesi. Incredibile, lo so.
Che fine ha fatto il dono di Dio ai gay? Oh beh, lui è rimasto il Brian di sempre. Alcol, sesso e niente rimorsi, qualsiasi cosa faccia. Nonostante un anno prima, l’unico raggio di sole nella sua vita fosse partito per New York, ed ora era a chilometri di distanza da lui. Ma io conoscevo Brian più di chiunque altro, e sapevo che, nonostante lo tenesse nascosto, in una piccola parte del suo cuore vi era incisa una grossa crepa, provocata da quella lontananza, da quell’assenza dai capelli di un biondo dorato, chiaro e luminoso, che quasi avrebbe fatto invidia al sole. Ma, come si dice.. lontano dagli occhi, lontano dal cuore.-

 


Brian era lì, in mezzo alla folla ingarbugliata che ballava senza sosta nel Babylon. Si lasciava trasportare da quel ritmo martellante, il Thumpa Thumpa, svuotando completamente la mente, quando una mano ossuta e un po' rugosa gli si posò sulla spalla e una voce gli parlò nell’orecchio a volume alto per sovrastare il chiasso della musica.
“Vedo che sei rimasto tale e quale a come ti avevo lasciato.”
Quando riconobbe la voce, si girò di scatto e rimase a bocca aperta per lo stupore.
“VIC?! Che cazzo ci fai qui? ..Non dirmi che sei tornato a perseguitarmi. Beh, qualunque sia il motivo, sappi che la mia vita prosegue a meraviglia. Non ho bisogno di nessuna predica.”
“Certo, è ovvio, come sempre. Peccato che a me non la racconti giusta, Kinney. Dimentichi che io vengo.. da lassù.”, puntò l’indice verso l’alto, in direzione del cielo, poi si fece serio. “Ammettilo, ti manca Justin.”
“Justin.. Justin.. Questo nome non mi dice niente.”, divagò lui, pienamente consapevole di chi stesse parlando.
“Ma per favore! Senti, se non vuoi ammetterlo, almeno ascoltami: chiamalo. Farà bene ad entrambi.”
 A quel punto, il buon vecchio Vic schioccò le dita.



Brian si svegliò di colpo nel suo letto, accorgendosi di aver fatto per l’ennesima volta lo stesso sogno. Ansimava. Era ovvio che quel sogno volesse dirgli qualcosa, ma era come se lui non volesse ascoltarlo, lo ignorava. O perlomeno.. ci provava.
Si passò una mano sul viso sudato e, mentre si girava, trovò un ragazzo che dormiva accanto a lui. Aveva i capelli di un biondo acceso, che gli ricordava tanto..
“Justin..?”
Il ragazzo, nel sentirlo, si svegliò, voltandosi col viso verso di lui e guardandolo perplesso.
“Ehm.. no. Sono Brad, abbiamo scopato ieri sera.”
Quasi deluso da quella rivelazione, Brian si fece serio e noncurante.
“Oh.. giusto. Allora adesso puoi anche alzare le chiappe dal mio letto e andartene.”
Detto questo, scese dal letto e passò al ragazzo i suoi jeans, quando sentì bussare alla porta. Si tirò su i pantaloni ed andò ad aprire, trovandosi davanti un Michael sorridente ed estremamente euforico.
“Ciao, Mikey. Non dirmelo.. Tu e il tuo professore avete provato qualche nuova posizione facendo yoga?”
“Non è il momento di scherzare, Brian. Ieri sera c’erano i risultati finali delle votazioni per la Proposizione 14, eravamo tutti da Woody. Perché tu non c’eri?”
“Avevo di meglio da fare..” , disse mentre con un sorrisetto si girava a dare un'occhiata al ragazzo che si stava rivestendo in camera.
Michael lo ignorò e gli prese di colpo il viso tra le mani, costringendolo a guardarlo in faccia.
“Abbiamo vinto. ABBIAMO VINTO! La Proposizione 14 non è passata!”, urlò pieno di gioia gettandogli le braccia al collo. “E sai per merito di chi?”, chiese retoricamente mentre scioglieva l’abbraccio e tornava a guardarlo.
“Uhm.. Capitan Astro? No, ancora meglio.. Furore?”, ironizzò lui.
“Grazie allo spot più guardato nelle ultime due settimane, quello dei Cittadini impegnati per la giustizia*. Hai salvato la situazione.. di nuovo. Sei un eroe, lo sai questo?”, gli sorrise dolcemente.
“Urrà. Dovrebbero dedicarmi una statua.”, rispose Brian con sarcasmo e neanche un quarto del suo entusiasmo.
“Cazzo, Brian, dovresti essere contento! E’ importante per noi! Ma che ti prende?”
Brian sospirò. Era tentato di parlare a Michael di quel sogno. Infondo chi l’avrebbe capito meglio del suo migliore amico? Ma il suo orgoglio ebbe la meglio su di lui.
“Nulla, sono solo stressato. Hai ragione tu, dovrei essere contento. Abbiamo vinto una battaglia importante ieri sera.”
A quel punto sorrise a Michael, che ricambiò, riprendendo a blaterare a raffica.
“Daremo una festa! In piazza! Questo fine settimana! E chiameremo Mel e Linds, e perfino Justin!”
A sentir pronunciare quel nome, Brian s’irrigidì, distogliendo lo sguardo. Non appena Michael se ne accorse si fece serio e abbassò il tono di voce.
“..Vuoi che lo chiami io? E’ importante che lui ci sia. Era con noi quando stava per entrare in vigore la Proposizione 14, ed era con noi durante l’esplosione..”
“No.. Lo chiamo io.”, sentenziò, tornando ad incrociare il suo sguardo.
“D’accordo, bene. Allora ci vediamo dopo? Corro a casa a chiamare Mel e Linds!”, tornò sorridente, come se niente potesse smontare la gioia che provava in quel momento.
Brian accennò una risata, scuotendo la testa.
“Sei patetico.”
Poi si chinò a stampargli un bacio sulle labbra.
“A dopo.”
“A dopo!”
E Michael sparì come un razzo, seguito da Brad, la scopata della sera prima di Brian.


———


Brian prese in mano il telefono, decidendosi ad ascoltare il sogno che tanto lo tormentava nelle ultime settimane. Prese un respiro e digitò il numero di Justin.
Uno squillo. Due squilli. 
Al terzo squillo una voce maschile rispose, ma non era quella di Justin.
“Pronto?”
“Pronto? Uhm.. ho sbagliato numero.” Confuso, fece per riattaccare, ma poi si costrinse ad azzardare. “C'è Justin?”
“Sì, è qui. Chi lo cerca?”
“Non ha importanza chi sono, passamelo e basta.”, rispose spontaneamente quasi con arroganza.
E un attimo dopo Justin afferrò la cornetta del telefono.
“Sì? Chi è?”
Brian rimase in silenzio per qualche secondo, trattenendo il fiato nel sentire quella voce familiare, calda e melodiosa, che tanto amava quanto non avrebbe mai ammesso, e che, nonostante i mesi trascorsi, non aveva mai dimenticato.
“Ciao, Justin.”, disse finalmente.
“BRIAN. Non ci posso credere.. Sei tu?”, si stupì lui, quando anche il suo udito riconobbe quella voce distante. Abbassò poi il tono di voce. “..Sono 9 mesi che non ti fai sentire.”
Brian non rispose subito, così Justin continuò.
“Brian, senti.. io sono andato avanti con la mia vita.. Dopotutto era quello che volevi che facessi.. ‘Non guardarsi indietro’, ricordi?”
“E hai fatto bene. E’ giusto così.. Ti avevo chiamato solo per dirti che la Proposizione 14 non è passata, e che Michael si è messo in testa di organizzare una festa in onore di questa vittoria.”
“Sul serio?! Ma è fantastico! Non mi sembra vero!”, saltò su, sincero.
“Già. Gli sembrava giusto invitarti, dato che anche tu hai lottato insieme agli altri i froci di Pittsburgh.”
“E.. non poteva chiamarmi lui?” Quelle parole taglienti colpirono il moro proprio nel petto. “Brian, non so se me la sento di tornare a Pittsburgh. Ormai la mia vita è qui a New York.. con il lavoro e.. tutto il resto.”
“Non c’è bisogno di darmi spiegazioni, ti capisco.”, la fece breve lui, decidendo di cambiare discorso. “ Il lavoro come va?”
“Benissimo. Ho già esposto un sacco di lavori alla galleria di Central Park. Il proprietario ha detto che ho venduto quasi quanto un Picasso!” Accennò una risata, alla quale rispose anche Brian, ma tornò subito serio.
“Sono contento per te. L’ho sempre detto che avevi un talento innato.” Fece una pausa, ma riprese subito nel notare che non riceveva risposta. “Allora.. ti auguro di essere felice.”
“Lo auguro anche a te.. Ciao, Brian.”, mormorò il biondo.
“..Addio, Justin.”
Brian attaccò il telefono con un sospiro.
E lo stesso fece Justin, soffermandosi subito dopo a fissare un punto a vuoto nel pavimento e lasciandosi pervadere da tutti i pensieri che gli aveva provocato risentire la voce del moro dopo tutto quel tempo. Dopo tutto quello che avevano passato, dopo quanto si erano amati. In qualche modo, risentire la sua voce aveva risvegliato qualcosa in lui, non poteva negarlo. Il cuore gli batteva irregolarmente, lo sentiva. Cercò di ignorarlo, fin quando la mano dell’uomo che poco prima aveva risposto al telefono non gli si posò caldamente su una spalla, accarezzandola.
“Tutto bene? Chi era al telefono?”, sussurrò, scostandosi un ciuffo di capelli bruni dalla fronte.
“Nessuno. Solo un vecchio amico..”, accennò un sorriso falso, per poi riabbassare lo sguardo malinconico.
Malgrado tutto anche a lui mancava Brian. Ma avrebbe davvero avuto il coraggio di rivederlo, tornando nella vecchia e gloriosa Pittsburgh?

  
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