Il ragazzo del n° 16.
Prologo.
Il vento le soffiava tra i capelli, erano corti e perciò sentiva la brezza marina scivolarle lentamente sul collo. Il sole stava tramontando lasciando dietro di sé varie tonalità di colori.
Rosso, arancione e giallo si mescolavano in una danza aerea meravigliosa. Forse era proprio quella danza a rendere così splendido e perfetto quel momento della giornata. Il suono del mare arrivava direttamente alle sue orecchie coperte di piercing e la sua mente vagava nel mare di fronte a lei, fra quelle onde che sbattevano sugli scogli. “Kate.” Adorava quando il suo nome veniva pronunciato da lui, semplicemente sentiva i brividi sul corpo ogni volta che quella voce scandiva quelle quattro lettere.
Sapeva che se si sarebbe girata e avrebbe risposto quel paradiso nel quale era caduta sarebbe scomparsa, ma non voleva neanche ignorare il richiamo e come poteva? Anche se gli avrebbe dovuto dire addio doveva voltarsi e affrontare la realtà. Non poteva certo rimanere sul quella spiaggia per il resto della sua vita. Si girò rivolgendogli i suoi lucidi occhi marroni solcati da qualche piccola lacrima. “È già ora?” La sua voce era roca e soprattutto malinconica, gli occhi di lui erano tristi ma decisi. “Si, i tuoi ti stanno aspettando.” Si sforzava di sorridere, ma quel sorriso assomigliava di più a una smorfia. Kate prese forza e si aiutò con le mani ad alzarsi dalla sabbia, non appena in piedi si strofinò le mani una contro l’altra per rimuovere la sabbia che si era attaccata.
I granelli dorati cadevano quasi tutti in coppia come se volessero affrontare la sorte insieme. Iniziava ad incamminarsi verso la sua meta, o almeno la meta che doveva prendere.
Lei non aveva una meta, voleva solo rimanere su quella spiaggia, in quella città, con quel ragazzo, per sempre, ma la vita purtroppo aveva deciso che questo non era possibile e a lei non restava altro che ubbidire. Arrivata davanti al muretto il ragazzo le tese la mano per aiutarla a salire e appena Kate si trovò dall’altra parte le loro mani si divisero. Prima di recarsi dai suoi genitori, la ragazza ebbe il tempo di sussurrare a colui che reputava la persona più importante per lei a questo mondo “Mi mancherai..” fece un sospiro e prima di incamminarsi disse con un filo di voce praticamente impercettibile, che solo una persona molto vicina avrebbe potuto sentire “Nicholas.” Dopodiché si incamminò verso i suoi ‘genitori’ che la aspettavano.
Il suo patrigno era appoggiato con la mano destra sul volante, il tallone destro vicino a una specie di sacchetta attaccata allo sportello. La matrigna invece la aspettava vicino allo sportello del passeggerò posteriore e glielo stava aprendo mentre diceva “Sei pronta a salutare Liverpool?” con il suo solito falso sorrisetto. Quanto lo odiava. Voleva solo poterle dare un pugno in pieno volto ogni volta che quel ‘sorriso’, che poteva essere definito più un ghigno di pura malvagità, le spuntava su quella orrenda faccia che si ritrovava. “Ho altra scelta?” la voce di Kate era sarcastica.
Si sedette su un sedile e sbatte con violenza la portiera, non badando neanche al rimprovero di quello stupido che doveva considerare un padre, al quale importava di più la verniciatura nuova della macchina che l’umore della sua ‘figliastra’.
Per non sentire i suoi discutere, parlare o semplicemente dialogare, la ragazza prese il suo IPod nella tasca destra della sua felpa e non appena mise le cuffie nelle orecchie fece partire la canzone “Summer Paradise” e chiuse gli occhi. Lasciandosi trasportare da quella dolce, ma allo stesso tempo energetica, melodia che la cullava e la separava dal resto del mondo..