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Autore: itsthefantasy    26/08/2012    1 recensioni
La verità è che non lo so più. È quasi spaventoso quanto tu riesca a mandarmi in crisi e confondermi le idee: ecco un altro dei motivi per cui non posso tornare indietro. Mi distruggerei.
Allora, presa da uno strano impulso, premo sul pedale e scappo, consapevole del fatto che ormai è troppo tardi per farlo, perché mi hai posato un mattone sul cuore, che mi tiene legata a te come la gravità tiene legata ogni cosa alla terra.
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Jared Leto, Nuovo personaggio, Shannon Leto, Tomo Miličević, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Prologue


Sfreccio sull’asfalto, via da questa città.
Una luce fioca si fa strada tra le nuvole ed illumina il cielo, preannunciando l’inizio di un altro giorno. D’un tratto mi accorgo di non riuscire più a guidare. La vista appannata, il naso brucia, come il cuore, come ogni fibra del corpo.  Mi porto sul ciglio della strada e accosto. Le mani, deboli, lasciano il volante. Il capo s’inchina in avanti. Vedo le lacrime come pioggia cadere sulle gambe nude. Ne fermo una tra le dita, la fisso.
No, non devo, non posso, perché se cedo qui, adesso, non verrà nessuno a tirarmi fuori dall’acqua che lentamente mi soffocherà, e mi crogiolerò in me stessa, stringendo le braccia al petto e dondolandomi come solo una psicopatica o un ossessa riesce a fare.
Vedo le mie mani muoversi frettolose, come se non facessero parte di me, come se qualcos’altro le stesse guidando. Loro ormai hanno imparato e sanno cosa fare per evitare che una lunga tempesta si abbatta. Frugano nella borsa in cerca dell’unica cosa in grado di alleviare tutto. Chiudo gli occhi, schiaccio play e mi affido al casuale.
 
Dal buio riaffiora una palestra, con tanti specchi e una sbarra che percorre le pareti. Una bambina è lì, da sola, che balla con tutta se stessa, anche se sa che tanto se stessa non basta. Se stessa non va bene. È convinta di non contare niente per nessuno, tanto meno per suo padre, che se n’è andato. Il primo di una lunga serie di uomini che la lasceranno. Da un momento all’altro. Senza alcun motivo o spiegazione.
 
Il ricordo cambia d’un tratto, si dissolve, riaffiora, si trasforma seguendo il ritmo della musica.
 
Sul tetto di un palazzo è seduta una ragazza. E’ bella, i suoi capelli lunghi color mogano emanano riflessi rossi, si sollevano nell’aria e si agitano stravolti dal vento. E’ bella, ma lei non lo sa e forse non se ne accorgerà mai. Quello che sa è che non dovrebbe stare lì. Ma non le interessa. Abbraccia la sua chitarra, come se fosse viva. Sta imparando a suonarla, lo sta facendo da sola. Lo strumento è blu, come il colore degli occhi del padre, che gliel’ha lascita. La ragazza lo maneggia con estrema delicatezza e cura. Ha trovato finalmente qualcosa che la rende felice ed è decisa a non lasciarla scivolare via.
 
Sembrano le scene di un film visto e rivisto, ma non ancora capito. Ora i ricordi si susseguono troppo velocemente, senza un ordine preciso. Ne riesco a fermare uno.
 
Una donna esce dall’immenso aeroporto di Los Angeles. I suoi occhi chiari si illuminano come non lo facevano da tempo. È piena di sogni e speranze, si sta costruendo un futuro. La bocca, la stessa della madre, a cui ha detto addio quando ha deciso di salire su quell’aereo, si stende in un sorriso. Si muove sinuosa.  E’ ancora giovane ma la vita le ha già insegnato parecchio. Si guarda intorno e le sembra di poter respirare di nuovo.
 
La canzone finisce ed io riapro gli occhi. La crisi è passata ma allo stesso tempo una strana sensazione di inquietudine mi invade. Le lacrime smettono di cadere, non devo più sforzarmi di placare i singhiozzi, così mi soffermo a riflettere: adesso che ci faccio caso, mi accorgo che non provo poi rancore nei tuoi confronti. Non l’ho provato neanche quando ti ho visto per l’ennesima volta portarti a letto una delle tante modelle, preferibilmente bionde, di passaggio.  No, il rancore lo provo nei miei di confronti. L’ho provato per questi due anni passati a prendermi in giro da sola, lo provo perché lo sto facendo ancora ora, che fuggo, per evitare che questi sentimenti prendano il sopravvento ed io non riesca più a negarli; a me; a te. Ed è proprio per nasconderli che ho fatto l’errore di giocare al tuo stesso gioco, indossando una maschera di freddezza e distacco, dando il via a una serie di ripicche infinite capaci solo di incasinare il nostro rapporto in un modo spaventoso. In fondo non potevo mica pretendere niente da te, non avevo nessun diritto di fare scenate o cose simili. Nessuna esclusiva nella tua vita.
Qualcosa però è cambiato questa mattina. Non so perché ma non ce l’ho fatta più a reggerti il gioco, a reagire all’ennesima provocazione, così d’istinto sono corsa fuori, cercando di scacciare dagli occhi le immagini di te su di lei, con l’illusione di potermi ancora salvare dal soffrire. Poi ho visto la mia auto, parcheggiata al solito posto, poco distante dal cancello che porta a casa Leto, e di colpo la soluzione a tutto questo mi è apparsa chiara.
Ma adesso che sono qui a metà strada tra quello che è giusto per la testa e quello che lo è per il cuore, io non so che fare, perché ad ogni chilometro che mi porta sempre più lontano da te faccio sempre più fatica a respirare; ho paura di andare avanti a vivere senza riuscire mai a respirare davvero. E’ che è tutto troppo incasinato ed io non riesco a muovermi. Non riesco a scegliere.
Dov’è finita tutta la mia determinazione? Non ero forse una persona decisa e coerente?
La verità è che non lo so più. È quasi spaventoso quanto tu riesca a mandarmi in crisi e confondermi le idee: ecco un altro dei motivi per cui non posso tornare indietro. Mi distruggerei.
Allora, presa da uno strano impulso, premo sul pedale e scappo, consapevole del fatto che ormai è troppo tardi per farlo, perché mi hai posato un mattone sul cuore, che mi tiene legata a te come la gravità tiene legata ogni cosa alla terra.
 

Sometimes love comes around, and it knocks you down. 
 

  
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