Tutto
quello che Savannah sapeva era che doveva
assolutamente sbrigarsi: era il suo primo giorno di lavoro e rischiava
di
arrivare in ritardo, non avrebbe dato di certo un’idea
positiva di sé. “Sav!”
la bionda sentì un clacson e il rumore di una moto che
conosceva fin troppo
bene e si fermò, scostandosi il ciuffo liscio dagli occhi e
fermandolo con gli
occhiali da sole. “Luca!” saltò al collo
del suo splendido, dolce, semiperfetto
ragazzo italiano. “sei in ritardo per il lavoro?”
la bionda finse di arrabbiarsi,
ma quei pozzi verdi che aveva al posto degli occhi sorridevano, come
sempre
quando era con Luca. “Sali, dai.” Luca le tese il
casco che teneva nel bauletto
per i casi come quelli, che con Savannah non erano rari.
“sai, stavo pensando a
una cosa..” iniziò lui. La ragazza strinse un
po’ di più la sua vita, come per
dirgli di andare avanti. “te ne parlerò. Adesso
scendi e corri dentro, sei in
perfetto orario e di certo non grazie a te.. buon lavoro!”
Savannah smontò ed
entrò nel piccolo negozio che faceva stampe su maglie,
cuscini, pantaloni e
ogni cosa di stoffa, pronta ad affrontare i suoi primi clienti.
“okay boss, in
che settore mi metto?” il capo, che l’aveva assunta
solo perché la madre della
bionda era andata a implorarlo di tenerla per il mese delle vacanze di
natale,
le rise in faccia. “bimba, non puoi iniziare subito dal
lavoro migliore. Per
oggi starai in magazzino.” Savannah deglutì,
decisa a non protestare. Era il
suo primo giorno, doveva fare la cosiddetta gavetta.
“d’accordo.” Seguì
l’uomo
corpulento giù per le scale e si trovò davanti a
una scaffalatura piena di
polvere e scatoloni ancora imballati. “il tuo lavoro, da oggi
in poi, sarà
pulire qui, svuotare gli scatoloni e mettere in ordine le diverse
stoffe,
stampe e vernici.” La bionda cercò di contare
mentalmente gli scatoloni che
c’erano lì dentro, inutilmente: erano
un’infinità.
“d’accordo.” Disse solo.
Savannah
aveva lavorato dalle otto all’ora di pranzo, che
aveva saltato per andare a procurarsi nuovi stracci e una scopa per
pulire il macello
che c’era nel magazzino. Non sarebbe riuscita a dire come si
chiamava, ma aveva
promesso a sua madre che sarebbe diventata più responsabile,
così che le
venisse regalato finalmente un cucciolo tutto per lei. E se il prezzo
era
quello, doveva accettarlo e far finta che non le pesasse: ne sarebbe
valsa la
pena. Aveva già deciso il nome: Nova. Come la supernova, la
stella.
“Bene,
Sabrina, il tuo turno per oggi è finito, sei stata
brava.” “mi chiamo Savannah.”
“è uguale. Ci vediamo domani Sarah.” La
bionda
roteò gli occhi e uscì dal negozio facendo
tintinnare i campanelli appesi sopra
la porta, che le mettevano tanta allegria. Dopo una doccia calda e
rigenerante,
prese il cellulare e chiamò Luca. “allora, cosa
volevi dirmi?” “quando?” il
tono del suo ragazzo sembrava il tono di una persona che mente, di una
persona
agitata. “Luca, che cosa stai facendo?”
“io? Niente, sono qui a casa.. Oh, sì,
dovevo dirti una cosa ma preferisco dirtela di persona.”
“puoi venire da me.”
“a-adesso?” si sentiva che Luca stava esitando, e
Savannah proprio non capiva
cosa stava succedendo. “Luca dai, dimmelo adesso e facciamola
finita.” “torno
in Italia.” “quando?” “questa
notte.”
read it!
okay, allora, premetto dicendo che non sono una scrittrice coerente e che ho scoperto austin da poco.
non so se continuerò a scrivere questa fanfiction, perchè inizio tante storie e non le finisco mai. ci proverò, però.
comunque oddio, austin è un'ossessione! l'ho scoperto poco tempo fa, per caso, e così adesso ho una mania per austin carter mahone.
ho già scritto il primo capitolo quindi lo posto subito, fatemi sapere se devo arrendermi o continuare c:
un bacione, giada.