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Autore: IWontFade    27/08/2012    2 recensioni
Provai a non piangere e infatti mi salì una strana rabbia, strinsi i pugni e aumentai la velocità della corsa, intenzionato a rovinare quel ritmo. All'inizio cambiò ben poco ma poi entrai in una zona della città molto meno popolata. Quando smisi di pensare alla sua musica sentii i muscoli bruciare cosi tanto che le gambe mi cedettero, feci ancora qualche passo ma quando la pendenza della strada cambiò non riuscii a non cadere per terra. Bum. Ogni rumore si fermò, a parte il battito del cuore. Sentivo il duro asfalto sotto di me e i miei pantaloni strappati e con gli occhi mi bruciavano le mani fino ai gomiti e le ginocchia. Che cosa da femminuccie, Jimmy avrebbe riso le ore per quella caduta. Sentii un tuono, e una pioggerellina sottile iniziò a bagnarmi. Erano le sue lacrime.
Genere: Drammatico, Malinconico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Synyster Gates, The Rev, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ciau!! È la prima fanfic che scrivo su questi cinque pazzi, e spero davvero tanto tanto che vi piaccia! È uscita dalla mia triste mente malata di Fiction e degli occhi di Jimmy. Che dire? Buona lettura :)
 

LEFT THIS LIFE TO SET ME FREE
 


Il muro era bianco. Come sempre, fottutamente e fastidiosamente bianco. Perché poi? Perché ero preso dall’album, non avevo mica il tempo di mettermi a fare l’imbianchino. Poi dipingere non mi piaceva nemmeno. Mentre mi mettevo a sedere sul letto stropicciandomi gli occhi mi chiesi perché cazzo mi stessi lamentando di una cosa che neanche mi interessava. Era la monotonia che mi faceva paura: il muro sempre bianco, il pigiama sempre ripiegato sul cuscino che sempre non usavo, in bocca sempre lo stesso sapore. La casa era sempre un casino, ma non me ne dovevo interessare, ero una rockstar. Ma purtroppo anche quello stava diventando una routine. In quel periodo non molto, stavamo registrando il nuovo album, eravamo tutti super elettrizzati, e anche un po’ sotto pressione. Inutile dirlo, per sciogliere i nervi scorrevano infiniti fiumi di birra e alcolici vari. Sigarette qua e là, ma ormai a quelle eravamo tutti immuni, soprattutto io e Vee, che amavamo il fumo. Io adoravo prenderlo per il culo mentre gli soffiavo in faccia grosse nuvole grigie. Pensare a quell’immagine mi fece venire voglia di fumare, così per colazione mi accesi una Marlboro. Cazzo, c’era davvero casino, non mi ricordavo nemmeno molto il colore del pavimento, e di certo non lo potevo vedere. Sentii uno squillo, probabilmente era il mio cellulare ma non ne ero sicuro ed ero ancora troppo rincoglionito per capirlo. Tra i cuscini del divano trovai l’aggeggio lampeggiante e strisciai il dito per rispondere alla chiamata. Dall’altro capo del telefono mi arrivò una voce confusa e poi il monotono tu tu tu di quando cade la linea. Guardai storto il cellulare che mi avvisava che avevo perso una chiamata di Sanders. Gli dissi che non l’avevo persa, ma che lui me l’aveva tolta da sotto l’orecchio. Per me era alquanto normale parlare con quello che mi stava intorno, prima lo facevo solo quando ero ubriaco, poi diventò un’abitudine. Oppure ero ubriaco sempre più spesso. Insomma poi iniziai a insultare Shadows attraverso il mio telefono. Quell’uomo non la smetteva mai di rompermi i coglioni, credeva che solo perché eravamo amici potesse chiamarmi quando voleva. Beh, in effetti poteva. Lessi uno dei messaggi che nel frattempo mi erano arrivati, tutti del mio amico cantante. Mi chiedeva dove fossi, perché non fossi ancora arrivato in studio che toccava a me registrare e che ero sempre in ritardo. Tutto questo ornato da dolci insulti e imprecazioni ogni due parole. Fossi stato normale probabilmente mi sarei offeso, ma era così che ci trattavamo tra amici, erano insulti a tutto andare. A partire da quel tappetto di Christ, che faceva pena a Matt che di conseguenza insultava me. Poi io andavo contro il cantante che veniva a volte difeso da Baker, il mio caro Zaccaria che come appena dimostrato era alquanto deriso anche lui. Ma in realtà ci volevamo tutti un bene dell’anima, non potevamo vivere più di un paio di giorni senza almeno sentirci un momentino al telefono. Eravamo dei casinisti assurdi, e annegati nella birra facevamo ancora più casino. Ecco quello che mi ci voleva, birra. Aprii il frigo e trovai un paio di bottiglie vuote, dei sandwich appiccicosi male incartati e una dozzina di uova sode. Decisi di andare sulle uova, erano una di quelle cose che mi facevano impazzire. Dopo aver mangiato mi svuotai la vescica, valutai per due secondi se farmi una doccia o no e decisi che sarebbe bastato cambiarsi i vestiti, come feci poco dopo. Cappello ed ecco, pronto per uscire. Dove avevo lasciato il cellulare? Ma si, che me ne facevo del cellulare? Misi in tasca chiavi, portafoglio e sigarette e raggiunsi gli altri, pronto, o quasi, ad affrontare un’intensa giornata di registrazioni. Cazzo, avevo scelto la maglia sbagliata faceva troppo freddo. Non sapevo nemmeno in che stagione eravamo, forse in inverno, sentita la temperatura. Parcheggiai alla cazzo come sempre e feci quei pochi passi che portavano alla grossa sala dove registravamo. Ormai quella era la mia seconda casa. Mentre aprivo la porta mi invase di nuovo quell’odioso e nauseante senso di noia, perché abbassavo quella maniglia sempre allo stesso modo. Entrai e c’era Sanders ad aspettarmi seduto davanti all’ ingresso. Quando mi vide si alzò e mi si avvicinò, aveva la faccia di un fottuto cadavere: pallidissimo con gli occhi gonfi e rossi, probabilmente non aveva dormito o si era fatto qualcosa di strano. Però Matt non era tipo da queste cose, gli rovinavano la voce. Gli risi in faccia chiedendogli che gli era capitato e consigliandogli di indossare i suoi amati occhiali da sole, che in quel caso sarebbero stati davvero utili. Lui mi fulminò e  mi chiese dov’ero stato in modo serio.
“Tranquillo Shadz, ho solo dormito un po’ di più”
Lo evitai per spostarmi nella stanza mentre lanciavo il cappello sul divano, accanto a Johnny e Baker che si fissavano le mani, senza nessuna espressione. Li salutai ma loro non alzarono nemmeno lo sguardo. Strano.
“Piuttosto” gli dissi curioso “cosa è successo qui? Sembra un obitorio.”
Matt non mi guardava negli occhi, fissava il pavimento e le mie mani. Anche lui. Ma che cazzo avevano tutti?
“Brian è successa una..cosa.”
“Cosa? Dai, lo sai che non mi piacciono le sorprese, o gli scherzi.”
Prese un profondo respiro e deglutì a fatica. Ecco cosa avevano i suoi occhi. Aveva appena pianto, e un’altra lacrima asciugata in fretta scese fino al mento.
“Ehi, Sanders ma che diav..”
“Jimmy è morto.”
“Che?”
Finalmente mi guardò negli occhi. Per qualche momento ci credetti profondamente, prima di pensare a un simpaticissimo scherzo di quel cretino di Sullivan. Di solito eravamo noi due i complici che facevamo gli scherzi agli altri, stavolta si era rivoltato contro il compagno, il bastardo. Scoppiai a ridere.
“E dovrei crederci?”
Iniziai a girare per lo studio urlando il nome di Jimmy, ero fermamente convinto che fosse tutta una messa in scena, che mi stessero prendendo allegramente per il culo.
“Vieni fuori coglione! Immagino che ti stia divertendo, ma lo sai che per me non è affatto piacevole!”
Mentre dicevo quelle parole Johnny scoppiava a piangere con il viso tra le mani, mentre Zacky gli abbracciava le spalle. Continuai a ridere, lo scherzo stava uscendo veramente bene, ma ogni momento che passava mi rendevo conto che forse non era uno scherzo e nonostante quello non riuscivo a smettere di ridere. La mia faccia era paralizzata e il respiro mi mancava mentre la risata diventava più acuta, quasi isterica. Mi misi una mano sulla pancia e chiusi gli occhi cercando di capirci qualcosa ma tutto quello che riuscivo a fare era ridere. Ad un certo punto Matt mi prese per le spalle e mi scosse violentemente.
“Brian!!”
Ancora ridevo.
“Brian!! Cazzo smettila!! Jimmy non è qui, non lo sarà mai più.”
Lo guardai un po’ dopo essere tornato solo a sorridere, ma senza aver capito niente. Come poteva essere morto? Come poteva essere un vero 'mai più' quello di Matt? Mi grattai il naso. Mi pizzicava. Perché cazzo mi pizzicava il naso? Perché cazzo Christ non la smetteva di piangere? Perché cazzo non mi dicevano subito che era un fottuto scherzo di quella testa matta del mio The Rev e ci facevamo quattro risate?
Perché non lo era e non c’era un cazzo da ridere, e Johnny non smetteva di piangere perché sentiva già la cazzo di mancanza di Jimmy, e il naso mi pizzicava perché cazzo, stavo per piangere anch’io. Era tanto che non piangevo. Non ricordavo nemmeno cosa si provasse a piangere. Mi si appannò la vista e vidi la sagoma di Matt sfuocarsi. Nella mia testa ogni frase, ogni domanda aveva dentro la parola cazzo, e sentivo la voce di Sullivan che mi parlava, ogni tanto partiva la sua risata pazza, o almeno il ricordo della sua risata. Sentii la testa vorticare e le lacrime liberarono i miei occhi per occupare la mia faccia. Erano salate. In quel momento preferii pensare a quanto sale c’era nelle mie lacrime e a dove provenisse quel sale. Magari anche dentro la birra ci mettevano il sale, quindi in quel momento si poteva benissimo dire che stavo piangendo birra. Intanto per evitare di bagnarmi ancora le guance strinsi i denti e iniziai a tirare su con il naso, ma per il resto ero una statua. Mi allontanai da Matt fissando il pavimento.
“Come…come è successo?”
“Non sappiamo ancora niente, se n’è solo andato.” Fece una lunga pausa, guardandomi “Lo so che è difficile. Ehi Gates, vieni qua.”
Tentò di abbracciarmi ma lo allontanai con un braccio. Gates. Quello non era il mio nome, non significava nulla se Jimmy non era lì.
“Non chiamarmi così.”
Mi guardavo intorno senza vedere niente, solo muovendo le pupille mentre cercavo di riappropriarmi del mio corpo che era pietrificato. Bere, avevo bisogno di bere. Dovevo annebbiarmi la testa, smetterla di pensare. Dovevo sballarmi per non ricordare.
“Ho bisogno di alcol.”
Mentre mi muovevo per cercare una bottiglia verde Matt mi seguiva.
“Brian credi davvero che sia la cosa giusta? Non è cosi che si superano i problemi!”
Nel frattempo avevo fatto un grande sorso da una bottiglia presa dalla nostra riserva, dalla riserva Sullivan-Gates. Pensandoci mi si chiuse lo stomaco. Come suonava strano.
“Sei uno stupido, non è con l'alcol che risolvi le cose, smettila di bere e affronta la realtà! Che cazzo, vuoi bere fino a dimenticarti il tuo nome? Non credo che Jimmy sarebbe felice se sapesse che non vedi l'ora di togliertelo dalla testa. A lui dispiacerebbe se non ricordassi più il suo.”
Che cazzo di poeta mancato. Ma io non volevo dimenticarlo, volevo solo cancellare la sua fine e imprimere il suo viaggio sulla terra. Mi guardò male mentre ancora mi si appannavano gli occhi e mi prese la bottiglia di mano. Senza più dire nulla me ne andai, mossi qualche passo verso la porta finché non la raggiunsi quasi correndo.
“Bravo, scappa! Ehi Brian!”
No. Sanders è inutile che mi chiami. Non tornerò indietro. Almeno non ora. Presi a camminare per la strada, faceva un freddo fottuto ma in quel momento non me ne poteva fregare di meno. Il mio migliore amico era morto cazzo. M. o. r. t. o. Non l'avrei mai più rivisto, non mi sarei mai più alleato con lui per divertirmi alle spalle degli altri. Non avremmo mai più riso insieme, suonato insieme, bevuto o anche solo non ci saremmo mai più trovati nella stessa stanza. Mai più. In pochi minuti mi passarono per la testa tutte le cose che sapevo di lui, la nostra amicizia e la band, le band in realtà. Cazzo ci conoscevamo da un sacco di tempo, ed eravamo insieme praticamente 24h al giorno da 8 anni. Cazzo, 8 anni e lui mi aveva lasciato cosi, senza nemmeno salutare seriamente! Ma i suoi momenti di gloria li aveva avuti. Era stupendo quando alla fine di ogni concerto ci abbracciava tutti, bagnato di sudore e con gli occhi lucidi per la felicità. Diceva "è andata ragazzi! È stato un concerto fottutamente spettacolare!" E ogni tanto piangeva veramente, non ricordo dove ma una volta mi strinse per mezz'ora, mentre mi bagnava con le sue lacrime. Non aveva paura di piangere con noi, quella era solo l'espressione della sua gioia più grande. E poi "è stata la serata migliore di tutta la mia maledetta vita, cazzo. La migliore" mi vennero in mente quelle parole e la sua risata e non potei trattenermi dal singhiozzare. Morto. Ogni ricordo di ogni serata, ogni sbronza con lui mi sembrava il momento più bello della mia esistenza, mi sembrava che davvero senza di lui non avesse più molto senso la musica, il disco, la vita. Una sera mentre facevamo a gara a chi beveva più velocemente un boccale di birra, inspirò con il naso la schiuma, e quasi si stava per soffocare, sputando tutta la birra a quel povero sfigato che gli sedeva di fronte, cioè io. Si mise a ridere come un pazzo, talmente forte che rischiò ancora di soffocare. E io non potevo far altro che seguirlo, ridere con lui. E più pensavo a quella risata più la gola mi si chiudeva in una morsa, di nuovo. C'era un solo modo per impedire alle lacrime di uscire. Iniziai a correre, prima piano e poi più forte che potevo. Sentivo i piedi sbattere con potenza sull'asfalto e ogni colpo sentivo rimbalzare nel mio corpo un'eco spaventosa. Ero vuoto. E ogni cosa attorno a me aveva un ritmo preciso, come le 4 frecce di un'auto, il muratore con il suo martello pneumatico. Il mio cuore, i miei passi. E mettendo tutte le cose insieme mi sembrava di sentire la sua batteria. Provai a non piangere e infatti mi salì una strana rabbia, strinsi i pugni e aumentai la velocità della corsa, intenzionato a rovinare quel ritmo. All'inizio cambiò ben poco ma poi entrai in una zona della città molto meno popolata. Quando smisi di pensare alla sua musica sentii i muscoli bruciare cosi tanto che le gambe mi cedettero, feci ancora qualche passo ma quando la pendenza della strada cambiò non riuscii a non cadere per terra. Bum. Ogni rumore si fermò, a parte il battito del cuore. Sentivo il duro asfalto sotto di me e i miei pantaloni strappati e con gli occhi mi bruciavano le mani fino ai gomiti e le ginocchia. Che cosa da femminuccie, Jimmy avrebbe riso le ore per quella caduta. Sentii un tuono, eccolo che rideva e una pioggerellina sottile iniziò a bagnarmi. Erano le sue lacrime. L'avevo fatto ridere cosi tanto che stava pure piangendo. Oppure piangeva perché sarebbe voluto essere li con me. Non mi alzai, tutto quello che riuscii a fare sotto la pioggia fu tentare di aggrapparmi all'asfalto, stringendolo sotto le dita, con il risultato di farmi un male cane. Solo perché ero arrabbiato e triste. Solo perché non avevo la forza mentale di accettare quello che era successo e sfogavo la mia forza fisica su una stupida strada. Raccolsi i miei muscoli e mi sedetti per terra, con le testa tra le ginocchia e le gambe tra le braccia.
“Adesso piangi eh, Jimmy? Adesso che hai capito in che merda mi hai lasciato, piangi! Oppure stai ridendo. Jimmy hai fatto una grande cazzata a lasciare la vita. Magari non l'hai deciso tu, ma l'hai accettato.”
Ci fu un altro tuono e la pioggia aumentò. “Lo so che mi stai rispondendo! Ma non ti capisco, questa cazzo di pioggia non fa altro che deprimermi di più.”
Forse mi stava dicendo di andarmene, voleva intimidirmi con il temporale. Accettai amaramente perchè la pioggia quasi faceva male addosso. Guardandomi intorno riconobbi il quartiere di casa mia, non so come fosse possibile ma ero praticamente al mio portone. Decisi che sarei entrato e mi sarei fatto una doccia e una birra. No, prima la birra. Facendo i primi passi in casa sentii l'irritante suono delle scarpe bagnate e la sensazione opprimente dei vestiti appiccicati cosi mi spogliai completamente nel primo metro quadrato di salotto. Ero comunque zuppo come un pulcino e anche quello mi fece venire in mente il mio amico. Lui andava sempre in giro nudo quando poteva. Tirai ancora su con il naso e aprii il frigo. Era la stessa immagine deprimente del mattino, solo che mancavano due uova e il fatto che non ci fosse birra mi fece quasi stare male. Aprii tutti i mobiletti della cucina e finalmente trovai una bottiglia piena. Quando sentii quel gusto amarognolo sulla lingua mi sentii un po' meglio, ma appena il mio cervello collegò la birra a Jimmy, mi venne da vomitare. Era passato fin troppo tempo dalla mia ultima birra da solo, ultimamente non aveva senso se non ero con lui. C'era bisogno di qualcosa di più forte. Ricominciò la ricerca nei mobiletti e una bottiglia trasparente di non so che superalcolico mi capitò in mano. Mi bruciò la gola scendendo verso lo stomaco ma la sensazione di calore che arrivò dopo era proprio quello che ci voleva. Mi appoggiai al muro e presi un altro sorso. Quando più metà bottiglia era andata decisi che mi sarei spostato in bagno, anche se faticai a trovare la strada, causa occhi appannati e testa confusa e vorticante. Mi buttai sotto l'acqua gelida e sentii che non mi dava fastidio, anzi mi congelava, non potevo più sentire nulla, non potevo più pensare o soffrire. Sorrisi chiudendo gli occhi ma dopo poco ricominciai a piangere. I pianti ubriachi sono ancora peggio di quelli normali, ti sembra di avere un vuoto dentro che mai più si potrà riempire, ma in quel caso non era una sensazione, io ce l'avevo davvero un vuoto enorme. Mancava una parte di me, la parte che aveva voglia di divertirsi, di creare, di non essere dimenticata. In quel momento volevo morire anch'io, raggiungere il mio amico magari soffocandomi con l'acqua o perdendo un po' troppo sangue. Mi calmai concentrandomi solo sul rumore dell'acqua e poi senza pensarci uscii dalla doccia. Mi aggrappai al lavandino per evitare di cadere, la testa mi girava e pulsava, e gli occhi non mettevano a fuoco nulla. Mi sembrava di essere in un sogno, e per un momento sperai che lo fosse, sperai di potermi svegliare e raccontare a Jimmy lo strano incubo fatto su di lui. Mi dissi che forse se avessi dormito in quel sogno mi sarei svegliato nella realtà e decisi di farlo. Dopo essermi asciugato velocemente e aver tolto le pile agli orologi della stanza mi infilai sotto le coperte, a fissare il soffitto. Girava, girava troppo. Ed era bianco. Mentre rivivevo gli stessi pensieri di poche ore prima mi venne in mente che forse Jimmy era appena stato trovato morto mentre io mi immaginavo a fare l'imbianchino, forse avevano appena dato la notizia quando io pensavo a quanto fosse incasinata la mia casa. Forse stava respirando per l'ultima volta, mentre io mi accendevo una sigaretta.
Mi girai su un fianco. Non riuscivo più a piangere, ne ad essere arrabbiato. Riuscivo solo a pensare a lui. Non so quanto tempo rimasi cosi, rigirandomi nel letto, pensando, piangendo, prendendomela con il mondo, urlando contro il cuscino senza mai emettere suono. Dormii anche un po' ma mi svegliai e ricominciò tutto da capo, la rabbia, la tristezza. La paura. Il desiderio di morire. Ma stavolta solo nella mia testa, perché ero immobile, senza girarmi, senza cambiare espressione, senza guardare niente se non la porta della mia stanza della musica. Poi ad un certo punto iniziarono a squillare i telefoni, quasi ininterrottamente, e il computer si illuminava avvisandomi di mail, o messaggi. Cazzo mi irritava ogni cosa. Ma non ci facevo caso, niente era importante in confronto alla morte. E soprattutto niente aveva senso. Che cosa aveva vissuto a fare, Jimmy? Che senso aveva avuto sbattersi per la fama, impegnarsi e dare il massimo di se, quando con la morte tutto finisce? Magari era tutta una finzione, per lui. Magari della vita non gli fregava niente, ma voleva superarla e raggiungere chissà quale paradiso.
Ogni tanto mi alzavo, a mangiare qualcosa o a pisciare. E avevo finito qualsiasi bevanda che non fosse acqua, ero continuamente annebbiato dall'alcol.
Quegli squilli non mi davano pace, erano davvero insopportabili, ma non avevo alcuna intenzione di rispondere. Mi sembrava fossero continui, ma probabilmente li sentivo tre, al massimo quattro volte al giorno.
Poi sentii che la porta si apriva. Era la porta, oppure la mia testa che immaginava. Magari erano venuti a prendermi perché ero morto. Lo speravo tanto. Sentii una voce calda che si avvicinava, forse la conoscevo ma di certo non la riconoscevo. È qui, disse agli altri. Poi si mise a parlare con uno che non gli rispondeva.
“Ci hai fatti preoccupare. Sono passati cinque giorno, sei completamente sparito, non rispondevi al telefono e siamo venuti a cercarti.”
Sentii la rete del letto muoversi, forse ci si era seduto sopra.
“Ehi Bri?”
Mi mise una mano sulla spalla. Zacky. Riconoscerlo mi fece venire voglia di piangere e abbracciarlo, ma non potevo muovermi. Mi scosse, forse spaventandosi della mia immobilità e dei miei occhi chiusi che non cambiavano. Li aprii a fatica e incrociai il suo sguardo verde distrutto e preoccupato.
“Che vuoi?” Mi girai e vidi anche gli altri “Che siete venuti a fare?” Senza aspettare risposta mi rigirai e richiusi gli occhi mandando giù le lacrime. Anche Johnny mi si avvicinò.
“È quasi una settimana che non sappiamo niente di te. Ci hai fatto pensare al peggio. Siamo amici, no? Ci siamo solo preoccupati.”
“Grazie ma non mi serve la vostra preoccupazione. Sto benissimo.”
Matt sbuffò rivolgendosi a Johnny e Zacky.
“Ve l'avevo detto che sarebbe stata una perdita di tempo. Su, andiamocene.”
Johnny portò Matt nel salotto, dicendogli di avere pazienza e che non potevano mica lasciarmi solo in quello stato.
“Brian è difficile per tutti noi. Però insieme lo possiamo superare..”
“Non lo voglio superare, o dimenticare.” Mi strinsi nelle coperte e serrai gli occhi. Non potevo piangere di nuovo, non con Zacky. “Voglio che non sia successo e basta.” Mi tremava la voce ma deglutii ancora. Non volevo piangere.
“Però è successo, non possiamo fare niente. E smettila di essere cosi fottutamente orgoglioso! Lo sappiamo che sei uno tosto, ok? Anche se piangi non smetteremo di rispettarti, o di amarti.”
Strinsi ancora i denti. E guardai il mio amico. Sarei già stato morto se non fosse stato per lui. Come facevo a dirgli che gli volevo bene? Dovevo farlo, o sarebbe morto anche lui senza saperlo, o almeno senza averlo mai sentito abbastanza da me. Lo abbracciai, fu tutto quello che riuscii a fare, senza dire niente, solo stringerlo forte. Anche se non avevo molta forza. Mi mancò il respiro come se mi avessero tirato un pugno nello stomaco, ma non lo lasciai. Avevo bisogno di aggrapparmi a qualcosa, e Zacky era abbastanza solido e forte da potermi tenere. Ma in quel momento non me ne resi conto, ero anche io che reggevo lui.
“Grazie, mi ci voleva proprio un abbraccio.. come quelli che ci dava Jimmy.”
A quelle sue parole non potei più fare a meno di piangere e affondare il viso nella sua spalla. Dopo un po' il nostro respiro si regolarizzò e sciogliemmo l'abbraccio asciugandoci le lacrime.
“L'hai fatto apposta stronzone, per farmi piangere.”
“No! Avevo davvero bisogno di essere abbracciato. C'è stata un'atmosfera di merda tra di noi dopo quello che è successo, e non credo che nessuno abbia dormito o mangiato. Siamo stati insieme, ma era come se fossimo soli. Johnny era terrorizzato dal fatto che tu potessi.. Che tu ti.. insomma che la facessi finita. Probabilmente perché lui stesso ci ha pensato. E a Matt non frega niente in apparenza, perché è troppo arrabbiato con il suo dio per essersi preso The Rev. E io dovevo consolare Christ, e spiegare a tutti cosa succede e tenere a bada Matt ed essere forte. Quindi avevo bisogno di te, cioè ne ho ancora bisogno.”
Finalmente capii che non ero solo io a soffrire, che Jimmy non mancava solo a me. Non era solo mio amico e non era certamente morto per farci isolare e litigare. Appoggiai la schiena alla testiera del letto, invitando Zack a sedersi vicino a me. Faticai a trovare le parole giuste per chiederglielo.
“Adesso si sa cosa è successo?”
“È stato un arresto cardiaco. I farmaci degli attacchi d'ansia, mischiati tra loro e con dei sonniferi, un'antidolorifico, sai quello rosso del suo mal di stomaco. Ed era anche ubriaco. In più una malattia di cui nessuno sapeva. La cardiomegalia, acuta. Nessuno sapeva che l'avesse.”
“Che cos'è?”
“Ti ingrossa il cuore, le cavita diventano troppo grosse e le pareti troppo spesse perché tutto funzioni.”
“Cioè è morto perché aveva il cuore grande?”
“Praticamente si.”
Ci fu un momento lunghissimo di silenzio, mi venne in mente quando una volta prima di un concerto ebbe un'attacco d'ansia, stava malissimo ma poi suonò lo stesso. E quando aveva mal di stomaco prendeva quelle buffe pillole rosse, facendo lo scemo diceva che erano la sua droga preferita. E a volte lo vidi prendere anche dei sonniferi, quando pensava che tutti dormissero ma lui (e la maggior parte delle volte anch'io) non chiudeva occhio. E poi i ricordi di lui ubriaco erano fin troppi, e troppo divertenti. Anche se ultimamente mi aveva detto che voleva smetterla di bere, proprio per evitare la morte, credo. Poi provai a mettere tutti quei ricordi insieme, cercando di capire cosa avesse provato a morire. Zacky mi scosse dai miei pensieri.
“Tutti hanno subito detto che si è suicidato.”
“Non è possibile.”
“È quello che penso anch'io. A meno che non conoscessimo un finto Jimmy, a meno che la sua vita non fosse tutta una messa in scena.”
“Come fanno a dire che si è suicidato quando non l'avevano mai conosciuto?”
“Me lo chiedo anch'io.”
Restammo in silenzio. Per fortuna avevamo avuto il coraggio di allearci silenziosamente contro la disperazione, e anche solo stare vicini ci sosteneva un po'. Zacky si girò verso di me lentamente, e mi guardò a lungo.
“Mi sei mancato Syn.”
Ci misi un po' a rispondere. Avrei detto a tutti di non chiamarmi più cosi, l'avrebbero smessa prima o poi. Presi un respiro profondo.
“Non iniziare, Zacky.”
Piantò i suoi occhi verdi dentro i miei e non li scollò finche non cedetti io. Lo sapeva che non ero in grado di sostenere il suo sguardo, ma mi fissava sempre.
“Dico sul serio, era tutta un'altra storia senza di te..e Jimmy. Mi sentivo come se avessi perso un pezzo enorme di me in un colpo solo. E faceva male, cazzo. Non saresti dovuto sparire.”
Volevo evitarlo, proprio non potevo stargli vicino quando aveva quella voce profonda. Mi alzai e mi diressi verso il mobile per mettermi qualcosa addosso, visto che ero ancora nudo. Presi un paio di boxer e mentre me li infilavo Zacky mi si avvicinò.
“Non ci provare Baker.”
“Voglio solo abbracciarti.”
Gli avevo detto tante volte quanto odiassi abbracciarlo, solo perché mi faceva una strana confusione nello stomaco. In realtà adoravo stringerlo, anche più di quanto facessi con Jimmy. Mi gettai tra le sue braccia, lasciandomi andare e ricordando gli abbracci di Jimmy. Ma veramente ci misi poco a immergermi solo nel profumo di Zacky, nel calore del suo corpo. Avevo dannatamente bisogno di lui. Mi sussurrò nell'orecchio a bassa voce, facendomi solo venire i brividi lungo la schiena.
“Dovresti suonare. Aiuta, fidati.”
“Non ce la faccio, Zacky. Non sono sicuro che la musica possa essere ancora la mia vita, quando il più grande musicista che conoscessi mi ha lasciato.”
“Ci ha lasciati. E se la morte è un motivo per smettere di suonare, allora la musica dovrebbe essere sparita da un po'.”
Non gli risposi. Il solo pensiero di prendere in mano una chitarra mi faceva venire voglia di distruggerla, come con la birra. Mi allontanai un po' da lui, senza guardarlo: mi stavano ancora scendendo lacrime. Mi sentivo cosi piccolo e stupido e fragile, non mi andava di vederlo forte, mi faceva sentire ancora più una merda. Ma in realtà quando mi costrinse a guardarlo negli occhi vidi solo un grande sostegno, mi passava la sua forza solo con uno sguardo.
“Su dai, adesso basta piangere, ok?”
Raddrizzai le spalle e passai le mani sulle guance.
“Ok, basta.”
Ricevetti una potente pacca sulla spalla e Zacky sorrise.
“Adesso andiamocene da qui e mangiamo qualcosa insieme, ti va? Avrai una fame assurda.”
“Veramente no.”
“Ma dai, figurati, probabilmente hai mangiato un uovo al giorno! E un sacco di alcol a giudicare dal tuo odore, ma quello non sfama. Dai andiamo.”
Infilai una maglia e una vecchia tuta, proprio quella che avevo prestato a Jimmy un po' di tempo prima, che ridere ci stava dentro due o tre volte. Zacky stava già cambiando stanza, ma lo chiamai indietro.
“Non mi va di uscire, davvero. Vorrei forse..non lo so..provare a suonare, credo.”
“Vuoi che resti qui con te?”
“Si ma solo tu, ok?”
Annuì con un sorriso bellissimo e andò in salotto. Non gli avevo ancora detto che gli volevo bene. Dopo poco andai anch'io di là e Matt subito mi venne incontro, abbracciandomi senza dire niente.
“Scusami se mi sono incazzato, sono fatto cosi. Non avrei dovuto, scusami”
“Non ti preoccupare, amico. Lo so che non è colpa tua. Anzi scusa se ti ho riso in faccia e sono sparito.”
Sciolse l'abbraccio e sospirò. Sorrise e lasciò che Johnny mi abbracciasse.
“Non farlo mai più, ok? Abbiamo sentito la tua mancanza.”
“Ok ok piccolo, non lo faccio più. Ma nemmeno tu, non pensare più a certe cose tragiche. Mi dispiace averti fatto preoccupare”
Annuì. Ci fu un attimo di silenzio, giusto per farci abituare di nuovo al fatto che eravamo uniti, insieme.
“Allora Gat.. ehm.. Brian, vieni a mangiare qualcosa?”
“Non mi va di uscire, credo che starò ancora rinchiuso in camera. Sai, ognuno ha il suo modo di metabolizzare le cose.”
“Ok, noi andiamo?”
Si rivolse agli altri. Si guardarono e annuirono insieme, poi guardarono me. Johnny si fece avanti.
“Magari ti portiamo qualcosa. Ci vediamo dopo?”
“Si si, tornate qui se vi va, potremmo stare insieme, è ok.”
Ci salutammo velocemente e Zacky mi mise in mano un cd, quando eravamo rimasti soli.
“Ascoltalo, ascoltalo bene. Sai è triste ma è quello che ci ha lasciato.”
Era Death, la sua canzone. Lo capii dallo sguardo del mio amico, dal peso che quel disco aveva tra le mie mani, dalle ondate di tristezza che la superficie cangiante mi mandava.
“Zacky io ti voglio bene, non dimenticarlo mai.”
Osservavo i colori della plastica che avevo in mano. E quando alzai lo sguardo il mio amico era vicino a me, che mi scioglieva con gli occhi verdi.
“Te ne voglio anch'io, non c'è nemmeno bisogno di dirlo.”
“Invece ce n'è, non si dice mai troppo. Non voglio che tu te ne vada senza saperlo.”
“Ma io lo so. Ciao Syn.”
In quel momento decisi, quello sarebbe stato il modo con cui tenere Jimmy sempre con me, il mio nome. Lasciai andare Zacky e quasi corsi in camera. Esitai davanti alla porta della mia stanza della musica, forse non volevo entrarci. Abbassai la maniglia ad occhi chiusi e arrivai allo stereo senza vedere nulla. Li aprii solo per infilare le cuffie e premere play, lasciandomi andare a peso morto sul divanetto accanto al lettore cd. La musica partì appena chiusi gli occhi di nuovo. Il suo piano iniziò a suonare nelle mie orecchie. Quanto amavo quella melodia, ero stato il primo a cui l'aveva fatta sentire. Alzai il volume quando anche la batteria entrò nella canzone. Si diveritva un mondo a fare quei pezzi caricati, con solo un piano ad accompagnarlo, il suo piano. Cazzo che bella voce che aveva. Tante volte gliel'avevo detto, quel testo era triste. Io non potevo capire. Non come capivo in quel momento. In the end I gave my life for you. Gave you all I had to give. Si, mi aveva dato molto, come uomo, come amico, come musicista, come fratello e compagno di vita. Let it burn. Mi scese l'ennesima lacrima quando lo sentii urlare. Il mio istinto fu di alzare il volume. Promise me you'll never feel afraid. Finché mi ricorderò di te non avrò mai paura di nulla. Let it burn. Ancora il volume aumentò e le mie povere orecchie chiesero pietà. La tonalità cambiò di poco, e il tono divenne meno tragico, finché un leggero organo rimase solo con una voce. Matt aveva una voce stupenda, mi piaceva un sacco in quella canzone, soprattutto se insieme a quella di Jimmy. I hope it's worth it what's left behind me yeah, I know you'll find your own way when I'm not with you. Si, è valso un sacco quello che hai fatto nella tua vita, non avrò paura, troverò la mia strada quando non sarai con me, quando sarai in un posto migliore, a guardarmi e proteggermi, come adesso. Ti voglio bene, Jimmy The Rev Sullivan.
 
 


Eccoci qui, prima ho dimenticato di dirvi che dovevate munirvi di fazzoletti e fazzolettini, spero di non aver combinato danni xD 
A parte gli scherzi com'era? Se mi dite qualcosina almeno so se conviene che vada avanti con la mia sventurata carriera di scrittrice o mi apra un allevamento di unicorni..insomma non divaghiamo, grazie a tutti per aver letto e..alla prossima!!
Spero...
 
AndyWon'tFade
  
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