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Autore: Sigyn    27/08/2012    2 recensioni
"La prima volta, lo osserva avvicinarsi con un misto di fastidio e vaga curiosità, gli lancia un breve sguardo gelido da sopra il suo libro e poi riprende a leggere, aspettando che se ne vada".
[Male!Ungheria/Male!Bielorussia]
[Missing Moments di How I Met My Boyfriend]
Genere: Comico, Fluff, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Crack Pairing | Personaggi: Bielorussia/Natalia Arlovskaya, Ungheria/Elizabeta Héderváry
Note: AU | Avvertimenti: Gender Bender
- Questa storia fa parte della serie 'Boys will be Girls and Girls will be Boys '
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Not Exactly Five Times


 

La prima volta, lo osserva avvicinarsi con un misto di fastidio e vaga curiosità, gli lancia un breve sguardo gelido e diffidente da sopra il suo libro e poi riprende a leggere, aspettando che se ne vada. E lui, ovviamente, lo prende come un invito a sedersi al suo fianco. E gli sorride, e prova ad iniziare una conversazione. Per qualche minuto, Anatol tenta di tornare a concentrarsi sul libro – poi, constatando che semplicemente non ci riesce, si scopre a rivolgergli rapide occhiate sospettose e confuse. Alla fine, si costringe a smettere quando i loro sguardi si incrociano per una manciata di secondi, e lui sorride ancora di più.

La seconda volta, è abbastanza sicuro che lui non ci sarà. Ha torto. È arrivato prima di lui, stavolta, e lo saluta con un gesto della mano. Anatol non si mette alla ricerca di un’altra panchina solo per abitudine e per l’ombra fresca dell’albero davanti a cui questa si trova, non certo per curiosità.

La terza volta, spera che non ci sarà, e lui ovviamente manda in frantumi tutte le sue speranze e tutti i suoi desideri. Arriva subito dopo di lui, si siede e ricomincia a sorridere e a parlare. Questa volta, Anatol presta effettivamente attenzione a ciò che sta dicendo, e solo per un brevissimo istante pensa che, forse, la sua compagnia potrebbe non essere poi così sgradevole – ma è solo un attimo, e si affretta a scacciare quel pensiero come fosse un insetto fastidioso.

La quarta volta, non è nemmeno sorpreso di trovarlo lì, seduto su quella che, una volta, era la sua panchina. Un paio di volte, deve resistere alla tentazione di rispondergli, o di ribattere a qualche sua affermazione.

La quinta volta, i loro incontri sono diventati un’abitudine, e lui ormai nella sua testa è lui. Anatol lo osserva per la prima volta: non che non lo abbia mai guardato, certo,  ma solo ora lo vede veramente, come se prima avesse avuto un velo sugli occhi. Si ritrova a studiare quei disordinati capelli castani, il ridicolo fermaglio a forma di fiore che li tiene legati, il verde luminoso di quegli occhi dallo sguardo vivace e attento – e poi, quel sorriso che continua a rivolgergli, sfacciato e brillante. Si accorge che non vuole davvero distogliere lo sguardo, ma lo fa comunque prima che lui possa fare qualche commento sul modo insistente in cui lo fissa.

La sesta volta, ha come la sensazione di essere arrivato in ritardo – il che, davvero, non ha alcun senso. Insomma, loro non si danno mai appuntamento: si incontrano ogni giorno alla stessa ora nello stesso luogo in modo del tutto casuale. È così, davvero. Eppure, sotto il suo sguardo verde e seccato, quasi di rimprovero, per un attimo si sente a disagio. Non si scusa, ovviamente: non ha ragioni per farlo. Questa volta si siede un po’ più vicino ad Elek, anche se continua ad evitare il suo sguardo – solo in seguito, nel mezzo di una lezione di geografia particolarmente noiosa su cui proprio non riesce a concentrarsi, si rende conto che lui è diventato Elek Hédervàry, e Elek Hédervàry è diventato immediatamente Elek.

La settima volta, si ritrova a sorridere a una battuta di Elek, e a cercare il suo sguardo caldo e gentile. E si rende conto che, forse, ha un problema. Questa volta, il loro incontro quotidiano dura meno del solito.

L’ottava volta, rimangono entrambi in silenzio. Elek lo guarda e sorride lievemente tra sé, gli angoli della bocca appena piegati, e non dice una sola, unica, semplice,
fastidiosa parola. Ha qualcosa negli occhi, qualcosa che lo fa sentire strano e confuso. È come una luce, un vago bagliore, e sembra illuminargli tutto il viso e – beh, e non è poi troppo sgradevole. Il suo silenzio, però, è frustrante, inusuale, estraneo. Anatol gli lancia un’occhiata irritata, si morde un labbro, abbassa lo sguardo sulle mani raccolte in grembo – ormai tenta sempre più raramente di leggere o di studiare, se lui è nei paraggi -, torna a guardarlo. – È l’ottava volta. Cosa vuoi? – sbuffa infine, senza riuscire a trattenersi. Il sorriso di Elek si allarga ancora di più, e Anatol ne è quasi abbagliato. Alza le spalle, e gli risponde, il tono casuale tradito da una nota soddisfatta nella voce: - Conoscerti. Tutto qui -.

Anatol rimane in silenzio. Poi, lo guarda dritto negli occhi e, freddo, gli chiede: - Perché? -.

Elek sembra rifletterci sopra, lo sguardo lontano e le sopracciglia aggrottate. Un’altra alzata di spalle, e torna a sorridere, in un modo che gli conferisce un’aria più calma, per quanto ancora raggiante. – Ho davvero bisogno di un motivo? – gli domanda a sua volta..

E a quel punto, cominciano davvero a parlare.

E a quel punto, comincia tutto.  
 

  
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