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Autore: yu_gin    27/08/2012    3 recensioni
Arredare la propria nuova casa è un lavoro faticoso, soprattutto se la tua dolce metà è l'esigentissimo Kurt Hummel.
Ma Blaine avrà modo di scoprire come l'amore possa annidarsi fra i mobili Ikea.
«No.»
Blaine si voltò verso di lui: «Cosa vuol dire no? Non ho neppure parlato.»
«Ho visto come guardavi quella cassettiera. E no.»
«Perché no? È carina.»
«E' un obbrobrio, Blaine. Guardala! Sembra gridare “mobile di seconda mano da casa di riposo”.»
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel | Coppie: Blaine/Kurt
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Home is where Ikea is




Arredare una nuova casa è un passo molto importante nella vita di ogni coppia.

Se uno dei membri della coppia è Kurt Hummel, diventa un'impresa epica.

Quando quella domenica mattina Kurt aveva svegliato il suo ragazzo annunciandogli che sarebbero andati all'Ikea, Blaine aveva addirittura pensato che sarebbe stato divertente. Divertente? Non aveva capito bene. Non c'è nulla di divertente nell'arredare una casa. Non per Kurt Hummel. Per lui era una missione di vita, un impegno improrogabile oltre che una questione maledettamente seria.

E Blaine Anderson lo stava scoprendo a sue spese.


«No.»

Blaine si voltò verso di lui: «Cosa vuol dire no? Non ho neppure parlato.»

«Ho visto come guardavi quella cassettiera. E no.»

«Perché no? È carina.»

«E' un obbrobrio, Blaine. Guardala! Sembra gridare “mobile di seconda mano da casa di riposo”.»

«Non dire assurdità, non può essere di seconda mano. E non è da casa da riposo» protestò.

«E comunque è troppo piccola» aggiunse. Si avvicinò e la aprì, mostrando a Blaine la scarsa profondità del cassetti: «Secondo te come faremmo a fare entrare in questa cassettiera tutti i tuoi maglioni e tutte le mie magliette? Per non parlare delle camicie, dei cardigan, dei-»

«Va bene. Ho capito. Te la sei legata al dito perché ho detto che la lampada che piaceva a te sembrava uscita da una puntata dei Jetson

«Il che era falso e fuori luogo. Era originale, ecco tutto» concluse, fingendosi offeso. Non lo era. Ricordava ancora quella volta che aveva detto a Blaine che talvolta i suoi abbinamenti di colori sembravano scelti da un daltonico. Quello era stato offensivo. Quella volta non gli aveva parlato per qualche ora e Kurt era stato costretto a corromperlo con dei cupcake e delle coccole a letto. Da quella volta sopportava pazientemente le offese di Blaine al suo buon gusto.

«E che mi dici di quella?» chiese Blaine, indicandone un'altra.

Kurt focalizzò la cassettiera e vi si avvicinò con fare circospetto. Vi passò un dito sopra per constatarne la qualità e dovette ammettere che il suo ragazzo stava cominciando a sviluppare un certo occhio per i buoni mobili.

«Mi piace.»

«Davvero?» chiese sorpreso Blaine.

«Molto. E poi guarda che cassetti profondi: non dovrai rinunciare a nessuno dei tuoi cardigan, neppure quello con le aragoste» disse, lasciandogli un pizzicotto sul braccio per prenderlo in giro.

Blaine sorrise, ancora incapace di comprendere la grandezza di quello che stavano facendo.

Stavano arredando la loro prima vera casa insieme.

Il loro appartamento era sempre stato piccolo e finché avevano vent'anni la cosa era più romantica che fastidiosa. Ma non avevano più vent'anni. Se a ciò si aggiungevano dei vicini avversi alle loro timide manifestazioni d'affetto – e a certi rumori che di tanto in tanto scappavano loro durante la notte...

Cambiare casa era stata una scelta approvata subito da entrambi e quando avevano trovato una piccola villetta in un quartiere periferico se ne erano subito innamorati. Con un po' di aiuti da parte di entrambe le famiglie stavano riuscendo a realizzare il loro sogno: una casa davvero loro, con qualche metro di prato, un salotto che non si fondesse con sala da pranzo e cucina, un bagno corredato di una vasca e non solo di una scomoda doccia e un camino davanti al quale sarebbe stato incantevole coccolarsi.

Ma soprattutto c'era un altro grande passo che stava per fare, forse ancora più grande e a ricordarglielo ogni minuto era la scatoletta che continuava a rigirare ossessivamente nella tasca del suo giubbotto.

Blaine sapeva che l'anello che nascondeva non pesava più di pochi grammi – aveva preso una cosa semplice e discreta, perché pensava che non ci fosse bisogno di ostentare il loro amore con un gioiello – eppure sembrava pesare nella sua tasca quasi fosse stato un mattone di granito.

Si chiedeva quando avrebbe avuto il coraggio di chiederglielo.

Avevano ventisei anni e stavano insieme dai tempi del liceo. Da anni si comportavano come una favolosa coppia di sposi pur senza avere la fede al dito e questo doveva – teoricamente – dissipare ogni dubbio dalla mente di Blaine, ma ogni volta che provava a dichiararsi, qualcosa lo tratteneva.

Aveva il terrore che la cosa non fosse abbastanza romantica e che Kurt ne rimanesse deluso e che con gli anni glielo avrebbe fatto pesare. Kurt era uno estremamente romantico, uno di quelli che per il loro anniversario accendeva abbastanza candele da illuminare la casa e preparava una cenetta con le sue mani a base di tutti i suoi piatti preferiti e indovinava sempre la musica giusta e le parole giuste.

Blaine cercava di arrangiarsi, ma con le parole non ci sapeva fare e ogni tanto il suo romanticismo sfiorava livelli comici.

Girava con quell'anello in tasca ormai da due settimane, ossia da quando avevano firmato il contratto per la casa. Quanto tempo poteva resistere prima che Kurt lo scoprisse?

«Allora è deciso? Questa cassettiera va bene?»

«Assolutamente» confermò Kurt. E per dargliene la prova fermò una delle assistenti, chiedendole se poteva fare loro un preventivo.

La donna, non appena vide Kurt e Blaine dietro di lui, non riuscì a trattenere un sorriso e cominciò a mordicchiarsi le labbra.

Assicurò loro che sarebbe tornata in un microsecondo e sparì fra la folla.

«Dici che l'ha capito?» chiese.

«Tesoro, siamo due uomini che comprano una cassettiera, non penso ci siano dubbi sulla natura del nostro rapporto. Ma puoi sempre dirle che siamo migliori amici e coinquilini e che viviamo nello chalet degli scapoli» suggerì ridacchiando.

«Molto spiritoso» commentò Kurt. «In Ohio ci avrebbe squadrato dall'alto in basso, mentre qui a New York ci trovano adorabili.» Kurt rimaneva ancora sorpreso dall'apertura mentale della Grande Mela. Ad esclusione di certe tristi eccezioni.

«E' colpa tua, Kurt. Tu sei adorabile» disse Blaine, stringendogli la mano e pensando a come sarebbe stato bene l'anello che aveva in tasca all'indice magro e longilineo del suo ragazzo.

«Ma smettila» lo rimproverò, scorgendo fra la folla la donna di prima.

A Kurt piaceva l'Ikea. Molti dei commessi erano abituati a vedere coppie omosessuali e non facevano commenti acidi o facce schifate. In fondo loro erano clienti come tutti gli altri, desiderosi come ogni coppia di costruire la casa dei loro sogni ad un costo contenuto e pagamento rateale.

Era tutto quello che chiedeva: costruire un futuro con l'uomo che amava.

«E anche la cassettiera è fatta» disse Blaine, cancellando un'altra voce dalla lista. «Allora, il divano ce lo dà mio fratello, l'armadio invece ce lo procura tuo padre. I comodini e gli elettrodomestici restano quelli di prima e per il bagno abbiamo già provveduto. Cos'altro resta di fondamentale?»

«Il letto» disse Kurt. «Non possiamo andare avanti con quello che abbiamo ora. È in condizioni miserabili.»

«Anche i nostri ex-vicini dovevano averlo intuito» commentò Blaine, guadagnandosi un'occhiataccia da Kurt per il suo esplicito riferimento sessuale delle ore undici e trenta.

«Va bene, Blaine Anderson, vediamo di comprare un letto resistente questa volta» disse.

Blaine adorava quando Kurt lo chiamava per cognome e pensava al momento in cui avrebbe potuto chiamarlo Kurt Anderson. O Kurt Anderson-Hummel. O Kurt Hummel-Anderson. A quel pensiero infilò la mano in tasca e rigirò la scatola più volte per poi seguire il suo ragazzo nel reparto letti.

Blaine adocchiò un letto matrimoniale e allungò il collo per guardare il prezzo.

«Non se ne parla» disse Kurt.

«Non l'hai neanche visto da vicino. E poi non devi farti influenzare dal colore delle lenzuola o dal contrasto con la tinta del muro. Camera nostra sarà diversa.»

«Appunto. Ho ben presente come sarà la nostra camera e di che colore. E quel letto non va bene.»

Blaine incrociò le braccia al petto: «E va bene. Sentiamo, quale letto andrebbe bene?»

Kurt si guardò intorno:

«Quello per esempio» disse, avvicinandosi ad un letto.

Blaine lo raggiunse e squadrò il letto: «Perché questo?»

«Perché è semplice e il colore si abbina praticamente con ogni parete. Ha la testiera in legno, cosa che gli fa guadagnare punti perché sai quando odio le testiere a sbarre e quell'odioso rumore quando-»

«Quando non ci andiamo piano?»

«O quando di notte fai gli incubi e vai a sbattere la testa contro la testiera» gli ricordò.

«E che mi dici della resistenza?» disse, lasciandosi cadere sul materasso.

«Blaine, non puoi farlo!» protestò.

«E perché? Prima c'erano dei bambini asiatici che saltavano in tre su un letto.»

«Punto primo erano bambini. Bambini, Blaine, hai presente? Punto secondo, uno della sicurezza li ha subito richiamati e sono stati ampiamente sgridati dai genitori.»

«Non compro un letto prima di averne testata la solidità» disse, cominciando a molleggiarsi sul letto. «Vuoi raggiungermi?»

«Io non ti conosco» disse Kurt, allontanandosi da lui. Blaine però fu più svelto e lo trascinò sul letto.

«Hai sentito come rimbalza bene?»

«Blaine!» protestò, ma stava già ridendo. «Ricordami perché ti amo?»

«Perché ti faccio ridere e perché ogni giorno con me è un'avventura e non ti annoi mai. E perché so fare dei magnifici massaggi alla schiena quando torni da una dura giornata di lavoro» disse.

«Punto per te» ammise, molleggiandosi con lui sul letto.

«Ci pensi a cosa stiamo facendo?» chiese ad un tratto Blaine.

«Qualcosa di illegale per cui verremo presto richiamati?»

«Stiamo comprando il nostro primo letto. Il letto, capisci? Il posto dove negli anni avvenire ci addormenteremo insieme tutte le notti e dove ci sveglieremo insieme tutte le mattine; dove passeremo le sere invernali sotto il piumone a tenerci caldo l'un l'altro, dove faremo colazione insieme i giorni degli anniversari e a Natale e ai nostri compleanni; è il letto dove faremo l'amore ancora molte e molte volte.»

«Allora dovevamo scegliere con più cura anche il divano. E la vasca da bagno. E il tavolo della cucina. E quel tappeto per il salotto. E-»

«Punto per te.»

Kurt sorrise: «Sì, ci ho pensato. Ma sai una cosa? Alla fin fine non ha importanza il letto in sé, qualsiasi letto andrebbe bene, indipendentemente dalla testiera di legno, dalle rifiniture, dal colore... qualsiasi letto andrebbe bene finché affianco a me ogni mattina ci sarai tu.»

Blaine sentì il cuore fermarsi e dentro la tasca l'anello pesava come un cucchiaino di stella di neutroni. Era il momento.

Kurt gli aveva appena aperto il suo cuore, gli aveva detto esplicitamente di voler passare la vita con lui, ogni giorno della sua vita, e Blaine non avrebbe dovuto far altro che scendere dal letto e inginocchiarsi e chiedergli: mi vuoi sposare?

Ma che proposta sarebbe stata? In mezzo alle persone che andavano e venivano, su un letto non ancora loro dell'Ikea, con una famiglia di latinoamericani che li guardava aspettando che se ne andassero per testare loro stessi il letto.

Come l'avrebbe presa Kurt? L'avrebbe trovato romantico o imbarazzante? Magari gli avrebbe risposto un sì frettoloso e l'avrebbe fatto rialzare per poi scappare via.

Tolse la mano dalla tasca e si rialzò:

«Allora se ogni letto andrebbe bene potremmo-»

«No. Questo è perfetto» disse Kurt risoluto e Blaine sorrise, perché in fondo era quello l'uomo di cui si era innamorato e adorava anche quando non lo lasciava decidere.

«Allora è deciso?»

«Deciso. Il nostro letto.»

«Il nostro dolce talamo, il nostro tiepido nido d'amore, il nostro-»

«Blaine, non costringermi a farti dormire sul divano questa notte.»

Il letto era l'ultima voce della loro lista, così cominciarono ad avviarsi verso l'uscita, passando per tutti i reparti in un percorso obbligato dovuto alla grande folla di gente.

Blaine stringeva la mano di Kurt per non perderlo e nella confusione nessuno badava a loro e alle loro mani intrecciate – ancora senza anelli, pensò Blaine.

Ma ad un certo punto sentì il braccio tendersi e si accorse che Kurt si era fermato. Si voltò verso di lui e lo vide fermo immobile con lo sguardo fisso su qualcosa. Si avvicinò a lui perplesso:

«Kurt che cosa-» Si bloccò non appena riconobbe il reparto che Kurt stava fissando in quel momento: il reparto bambini.

Tacque imbarazzato e seguì lo sguardo di Kurt che si andava a posare su di una culla sopra la quale troneggiava uno di quei giochi con le formine di legno pendenti di cui Blaine ignorava completamente il nome.

Affianco alla culla c'era una donna con una pancia ormai evidente e un uomo che le circondava le spalle. La donna aveva una mano appoggiata alla culla e l'altra adagiata sul grande pancione. Dopo qualche secondo l'uomo annuì e la donna sorrise felice. Il suo sguardo mentre guardava l'interno della culla era facile da interpretare: vi immaginava già dentro il nascituro, un bambino paffutello e sorridente che allungava le manine tozze verso di lei.

Blaine si voltò verso Kurt, il cui sguardo era invece difficile da interpretare.

Sorrideva, ma l'espressione dei suoi occhi non era di uno felice. Era lo sguardo di uno a cui manca qualcosa, qualcosa di insostituibile senza il quale, ormai, non poteva più stare. E Blaine pensava di aver capito a che cosa si riferisse.

Gli circondò le spalle e, non appena vide la coppia allontanarsi, lo trascinò vicino alla culla. Prese il cartellino del prezzo e annuì:

«Direi che è nel nostro budget.»

Kurt si voltò verso di lui sorpreso: «Blaine, la culla non è nella lista. Non abbiamo nessuno da mettere in una culla.»

«Sì, ma è nel nostro budget. E se la possono avere Mr e Mrs Famiglia Perfetta, perché non ce la possiamo avere anche noi?» chiese. «Consideralo un investimento per il futuro.»

«E' una follia, Blaine!»

«Già, ma ricordi? Con me ogni giorno è un'avventura e oggi – a parte saltare sul letto dell'Ikea – non ho ancora combinato niente.»

Kurt si morse le labbra sorridendo: «A volte penso che dovrei mettere te in una culla, bambinone che non sei altro.»

Un colpo di tosse alle loro spalle li fece voltare. Dietro a loro c'era un uomo basso e con un evidente problema di sudorazione affiancato da una donna grassa e con i capelli spudoratamente tinti – come ebbe modo di constatare Kurt.

«Potreste spostarvi?» chiese l'uomo, il quale abbassò lo sguardo sulle loro mani ancora intrecciate e lo rialzò con palese disgusto. «Vorremmo vedere quella culla.»

«Direi che possiamo vederla tutti e quattro» disse Blaine, diplomatico. L'ultima cosa che voleva in quel momento era mettersi a litigare con una ripugnante coppia di omofobi.

«Direi che a voi non serve e quindi potete anche lasciarci spazio e andarvene» continuò lui.

Okay, al diavolo la diplomazia. Non era la prima volta che rispondeva per le rime alle provocazioni. Stava per ribattere quando Kurt lo interruppe:

«Non c'è problema, ce ne andiamo. Tanto abbiamo già deciso.»

«Ah sì?» chiese Blaine, perplesso.

«Certo, tesoro. Hai ragione tu: la prendiamo.»

«La prendiamo?» ripeté inebetito.

«Certamente. È perfetta, è nel nostro budget ed è un investimento sul futuro. Guarda, ora chiamo uno del personale e gli chiedo di darcene una» disse, schioccando le dita.

Un ragazzo con la divisa del personale si avvicinò a loro:

«Serve aiuto?» chiese.

«Vorremo comprare questa» disse, indicando la culla. L'uomo prese nota del numero e andò a cercarla fra gli scatoloni.

«Siete fortunati» disse. «Ne rimanevano solo due ma una è appena stata venduta a quella coppia e quindi questa è l'ultima» disse, passando a Blaine lo scatolone con la culla da montare.

«Ma tu guarda che fortuna!» squittì Kurt compiaciuto.

«Anche noi vorremmo comprare quella culla» protestò l'uomo. «E noi ne abbiamo davvero bisogno» aggiunse.

Il ragazzo del personale si grattò la testa: «Mi spiace signori, i rifornimenti per il magazzino arriveranno fra due giorni. Se volete ve ne mettiamo una da parte e potrete tornare a prenderla. È solo questione di-»

«Non intendo farmi passare davanti da questi due!» sbraitò la donna. «Dovreste dare la priorità alle vere famiglie, non a due finocchi che mi auguro non possano mai adottare un bambino.»

«Mi dispiace, signora, ma la politica della ditta è che non ci sono famiglie di serie A e famiglie di serie B. Ci sono solo famiglie» disse il ragazzo, senza battere ciglio.

I due si voltarono indispettiti: «Andiamocene, tesoro. Da oggi in poi andremo a fare compere solo in negozi di serie A» disse l'uomo, andandosene con la moglie.

Il ragazzo li guardò andarsene per nulla impressionato.

Blaine strinse la scatola, leggermente in imbarazzo. «Emh, spero che non avrai problemi per-»

«La politica del negozio è abbastanza chiara: un cliente vale l'altro per noi e di norma seguiamo la sempre valida regola del “chi tardi arriva male alloggia”» disse.

«Beh, allora grazie» concluse Kurt.

«Si figuri. Avete fatto altri acquisti? Perché se volete la faccio mettere da parte e ve la faccio spedire con il resto» disse, facendo un cenno alla culla.

«No» intervenne Blaine prima che Kurt potesse aggiungere altro «questa viene a casa con noi.»

Il ragazzo li salutò e tornò al suo lavoro.

«Sei sicuro che si stia in macchina?» chiese Kurt dubbioso.

«Ce la faremo stare» assicurò Blaine.


Kurt attraversò la casa vuota con le due tazze di tè, complimentandosi con se stesso per la sua scelta di mettere il microonde fra le priorità degli oggetti da portare nella nuova casa. Percorse i corridoi bianchi pensando a come sarebbe stato bello riempirli di cornici con fotografie e disegni e, salendo le scale, diede una sbirciata alla loro camera da letto e al materasso gettato per terra come soluzione provvisoria. Raggiunse la camera degli ospiti dalla quale provenivano non poche imprecazioni.

Rimase un minuto sulla soglia ad osservare il suo ragazzo intento a rivoltare il libretto delle istruzioni e a inveire contro gli svedesi e i loro maledetti mobili.

«Serve una mano?» chiese dopo un po'. Blaine si voltò di scatto. «Da ragazzo ho dato spesso una mano a mio papà in officina e una culla non potrà essere più complicata di un motore, no?»

«Una mano sarebbe gradita» ammise, alzandosi da terra e prendendo la propria tazza di tè.

Kurt prese le istruzioni e sistemò i pezzi mancanti e dopo mezz'ora di lavoro si alzò soddisfatto.

«Che te ne pare?» chiese Kurt.

«E' perfetta. Poi quando arriverà l'occupante potremo decidere di che colore ridipingerla, oppure potremmo fare qualcosa di neutro così da poterla riusare per un secondo bambino.»

«E' un'idea splendida.»

«Quella del colore?»

«No, l'idea che un giorno ci sarà un bambino in quella culla e che a questo potrebbe seguirne un altro e che a crescerli saremo noi due.»

Fu allora che Blaine capì che non ci sarebbe stato momento più perfetto. Infilò una mano nella tasca della tuta – sì, aveva spostato la scatoletta per averla sempre con sé – e improvvisamente gli sembrò più leggera, e la colse come si coglie un frutto maturo nel momento esatto in cui si stacca dall'albero.

Nel momento in cui si inginocchiò davanti a lui sapeva che non si poteva più tornare indietro. Si schiarì la voce e Kurt nel vederlo non poté fare a meno di portarsi una mano alla bocca.

«Kurt Hummel, in questa fredda casa ancora vuota, nella camera che doveva essere per gli ospiti ma che ora è occupata da una culla comprata all'Ikea e ancora da ridipingere, accetteresti di passare un terzo della tua giornata nello stesso letto con me e di condividere il bagno che abbiamo tanto faticosamente scelto e di spartire la cassettiera coi cassetti profondi dove i miei papillon e le due cravatte finiranno inevitabilmente per mischiarsi e di costruire con me ancora tanti mobili svedesi per il resto della tua vita? O, per farla breve, accetteresti di diventare mio marito con tutto ciò che questo comporta?»

Nonostante la lampadina fosse da cambiare e la camera fosse nella penombra, Blaine giurò che il sorriso di Kurt aveva illuminato la stanza.

«Sì, Blaine Anderson. Accetto di litigare ancora per tutti gli anni a venire con te per il colore del mobilio e perché lasci il tuo gel più o meno ovunque e sopporterò con un sorriso i tuoi papillon quando sforeranno nella mia parte di cassettiera e sarò ben felice di riempire con te quella culla tanto faticosamente costruita a costo di inveire ancora e ancora contro gli svedesi. Sì, accetto di diventare tuo marito» disse, prendendogli le mani per farlo alzare e abbracciandolo stretto.

Le loro bocche si trovarono senza esitazioni, sorridendo l'una contro l'altra in quel momento perfetto.

E anche se la casa era vuota e grigia, l'illuminazione scarsa e il riscaldamento non ancora perfettamente funzionante, sentirono per la prima volta che quella era casa, indipendentemente dai mobili dell'Ikea o dalla mancanza di un letto definibile come tale.

Blaine fece scivolare il suo viso fino all'orecchio del suo futuro marito:

«Allora, che dici Kurt Hummel-Anderson? In attesa che arrivi il favoloso e super-resistente letto dell'Ikea, andiamo ad inaugurare il divano di mio fratello?»

«Con molto piacere, Blaine Anderson-Hummel» gli rispose, ridendo quando sentì Blaine sollevarlo di peso e trascinarlo verso il salotto.


Fu quel giorno, facendo l'amore sul vecchio divano di Cooper Anderson – che di sicuro aveva già visto molte altre coppie spogliarsi ed amoreggiare sui suoi cuscini – che Kurt Hummel comprese una lezione fondamentale.

L'arredamento è importante, certo, e gli accessori vanno scelti con attenzione e buon gusto.

Ma ciò che un arredatore non deve mai dimenticare è tenere a mente le cose davvero importanti, e Kurt lo aveva fatto.

La cassettiera, il divano, il letto, perfino la culla: erano tutti accessori.

L'unica cosa indispensabile era Blaine.



A/N


Niente smut questa volta, ma tanto fluff (che è cosa buona e giusta).

In settimana spero di riuscire a pubblicare un'altra oneshot ma lo studio non lascia tregua.


Dopo il 3 settembre dovrei avere un po' di respiro e spero di riuscire a cominciare la pubblicazione di una nuova long klaine (i dettagli sulle note all'epilogo di A Lima Side Story) di cui ho già pronti tre capitoli.


Se vi è piaciuta questa, potrebbero piacervi anche le altre mie oneshot: One wrong word, Undapper Anderson e Dall'era del 3D con amore.


Per fare una chiacchierata o constatare in che mare di follia mi ritrovo a nuotare: my tumblr


yu_gin

   
 
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