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Autore: SofiaVoglino    28/08/2012    10 recensioni
[dal capitolo 8]
- Come fai a essere così tranquilla?
- Semplicemente credo che non riuscirò mai a sopravvivere ai Giochi.
Questo è quello che pensava Victoria. La fortuna non sembra essere a suo favore, non dopo che è stata estratta: scelta per rappresentare il suo distretto, il 4, ai 72esimi Hunger Games, scelta tra mille per andare a morte, quasi certa. Ma il suo nome (forse profetico?) sembra dire tutt'altro.
P.S. Se leggete, lascereste le vostre impressioni? Questa è la mia prima fanfiction, e apprezzerei davvero qualche recensione :)
Genere: Avventura, Azione, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Finnick Odair, Un po' tutti
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 1:  Riflessioni alla luce dell'alba

 

Fa caldo, troppo caldo. Non riesco a dormire, per colpa di quest’afa, che, qui nel Distretto 4, non ci abbandona mai e allora comincio a giocherellare con una ciocca di capelli.

Non posso alzarmi dal letto, o correrei il rischio di svegliare i miei genitori, ma soprattutto il mio fratellino. Tutti qui hanno bisogno di un po’ di sonno, dato che le giornate sono terribilmente estenuanti.

Ognuno di noi, nel distretto, ha un compito: gli uomini adulti partono all’alba a bordo delle loro barche, le donne tessono le reti da pesca e noi più giovani, invece, andiamo a scuola di mattina e, subito dopo, dobbiamo consegnare il pesce ai Pacificatori.

Ma forse è un altro pensiero che continua a tormentarmi. Domani, tutte le barche saranno sulla riva, la scuola sarà chiusa, la piazza centrale, invece affollatissima; nessuno però si domanderà il perché. Gli abitanti del distretto, ma anche quelli di tutta Panem, già lo sanno: è il giorno della Mietitura.

E così, senza accorgersene, un altro anno è passato. Se è per questo, è passata anche un’altra notte in bianco. La luce fievole del sole illumina un poco la stanza. Se non fosse per le mie frequenti notti insonni, questo sarebbe il momento della giornata che preferisco. Domina la quiete, e nessun pensiero si annida nella mia mente, a parte il ricordo dei bei sogni; la mia famiglia almeno in questo momento è riunita, e nella penombra posso distinguere le loro sagome: mia madre e mio padre, rivolti uno di fronte all’altra, si stringono teneramente una mano, come a dimostrare che il loro amore durerà per tutta la vita, mio fratello Rick, invece dorme accoccolato a una pezzetta ormai logora, che anch’io, alla sua età, stringevo la notte. La mattina di solito ha un sorrisetto sulle labbra, come tutti gli altri bimbi a cinque anni, ma oggi noto che qualcosa lo turba. Forse anche lui, che ancora dorme, pensa inconsciamente alla Mietitura, alla possibilità che il mio nome sia estratto dall’urna, che io lo possa lasciare solo, per sempre. Quante possibilità ho davvero di essere estratta? Circa 6 su 600. Sì, le due che per diritto mi spettano, più le quattro tessere per il cibo extra, per me e mio fratello. A casa non ce la passiamo molto bene, ma i miei genitori non mi hanno concesso di portare sulle mie spalle il peso di sfamare la mia famiglia. Mi sembra di discutere di nuovo con loro sul retro della nostra casa:

 Ma perché non posso!” gridavo io “in fondo sono grande e voglio prendermi le mie responsabilità!”

Questo tono di voce i miei non lo accettano, ma quelle volte erano stati molto indulgenti, e avevano lasciato correre. Avevano capito le mie intenzioni.

“Non ci pensare proprio Vi!”, esclamavano i miei genitori, all’unisono.

” Capisco le tue ragioni, ma tu devi capire che è nostro dovere darvi di che vivere” continuava mia madre, cercando di assumere un tono più dolce.

E a quel punto io replico: “ Avete visto quant’è magro Rick? Fa paura! E allora concedetemi di prendere le tessere!”

E così ebbe fine la nostra ultima discussione. Ma i giorni seguenti li vidi più volte confabulare tra loro. C’era speranza che cambiassero idea? Ne dubitavo. E facevo bene. Finché un sera, a cena, papà mi disse:

“Abbiamo deciso: tu e tuo fratello siete ancora giovani e avete bisogno di crescere. Prenderai il cibo solo per voi due”

Era un accordo equo, e dopo il mio dodicesimo compleanno, fu messo in atto. Io che mi aspettavo un ricco cesto di alimenti, rimasi sconcertata nel vedere che il cibo extra consisteva in un pacco di farina nera, dello zucchero e tre pannocchie di mais, arrivate direttamente dal Distretto 11. Ma in fondo era meglio che non avere nient’altro. Da quello che ricordo, mai i miei genitori ne hanno approfittato: si accontentavano, sia in passato che oggi, di qualche riccio di mare o cozza che mio padre trova attaccati agli scogli, o qualche alga bollita. Mai si sono lamentati di tutto ciò, mai ce lo hanno fatto pesare. E quindi io sono del tutto orgogliosa dei miei genitori, ne ammiro il coraggio, la forza, la generosità e la bontà d’animo e di molte altre virtù che non sto qui ad elencare. Invece sono profondamente avversa a Capitol City: quella città che domina Panem, che sfrutta ingiustamente i frutti del lavoro della povera gente, che lascia i cittadini a marcire di fame.

   
 
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