L'Ordine colpisce!
Appartamento
302, dopo che Walter era partito con Thomas nel mondo umano per
compiere i
sacramenti, Alessa era rimasta con Lisa e Leon ad aspettarli. Il primo
giorno
era passato nell’ordinario, Alessa non si poteva muovere,
quindi Leon l’aveva
accomodata sul divano e le aveva acceso la televisione… ma
lei si scocciò
subito e decise di leggersi un buon libro. Gli unici libri che
trovò erano
vecchissimi e quasi sbiaditi.
-Accidenti!
Leon, non puoi andare nel mondo umano e vedere se trovi qualche cosa da
leggere?- La richiesta suonava un po’ stupida e infantile.
-Ma
Alessa? Non è un po’ pericoloso? Walter sta
facendo il suo dovere e non abbiamo
diritto di disturbarlo.- Rispose l’infermiera.
Mugolò
un po’ seccata, la “strega”
all’affermazione della bionda. Leon decise di
perquisire l’appartamento dell’assassino di
Ashfield Street. Incominciò dalla
stanza da letto: Nell’armadio vi erano pochi vestiti e
qualche vecchio paia di
scarpe, poi nei comodini vi erano solo il telefono e sopra due lampade
a
incandescenza, il cassetto dell’altro comodino era rotto e
quindi vuoto. Quello
con il telefono conteneva solo vecchi pezzi di carta rossi: erano i
fogli del
rapporto di Joseph, l’inquilino prima di Henry Townshend.
Dopo aver messo i
pezzi di carta sulla scrivania controllò i cassetti della
suddetta. Vuoti. Leon
prese i foglietti e li diede ad Alessa per farli leggere poi si
dedicò allo
sgabuzzino, oltre al buco chiuso non c’era
null’altro che potesse attirare
l’attenzione. Ma decise comunque di provare,
controllò nella scatola semichiusa
e iniziò a svuotarla. Ci stavano poche cose di scarso
valore, ma quello che
vide era un portafoto incredibilmente vecchio e tarlato.
-Ma che
diavolo?- Iniziò a pulire con il pollice della mano lo
strato esterno di
sporcizia che si era accumulata. Era molto difficile da rimuovere
allora decise
di darla a Lisa, lei avrebbe capito come andavano trattate queste cose.
Mise il
portafoto sulla asciugatrice e verificò la mensola, vi erano
delle munizioni e…
sgranò gli occhi il buon Pyramid Head… sulla
mensola vi era un piccone vecchio
e arrugginito, a guardarlo dava il mal di testa.
Batté
le
ciglia più volte e cercò di toglierlo dalla
mensola ma per quando facesse
appello alle sue forze, non si scollava dal legno del mobile.
-Che
strano, è come se facesse parte del suo appartamento.-
Asserì il giovane.
Uscì
dallo sgabuzzino e diede il portafoto alla donna. Lisa lo lavò nel lavello della cucina e dopo
qualche minuto con
il martello e lo scalpello
tolse tutto l’accumulo
di sporcizia. Era una vecchia immagine in bianco e nero e in
più si vedevano
bene i visi delle persone raffigurate… erano due persone, un
uomo e una donna.
-Possono
essere loro?- Si chiese Alessa.
-Loro
chi?- Leon non capì subito ma poi sbiancò.
-I
genitori di Sullivan.- Concluse con un sospiro la ragazza.
Iniziò a studiare il
loro viso… la madre aveva i capelli biondi e il viso era
molto pallido, aveva
gli occhi nocciola, un sorriso sottile e un po’ triste. Il
padre era un uomo
sulla trentina, i lineamenti molto marcati e le labbra carnose. Aveva i
capelli
neri e gli occhi verde scuro. Entrambi erano molto
inquietanti… ogni loro parte
aveva contribuito ad assemblare quel mostro assassino che era Walter
Sullivan.
Non vi era scritto da nessuna parte, il giorno dello scatto e i nomi di
quei
due. Alessa
provò ad rimuovere la
fotografia dal portafoto e riuscendoci trovò un
audiocassetta rossa.
-Che
cos’è questo?- Leon la prese in mano e
notò che non aveva l’etichetta. Si alzò
dalla sedia dove si era seduto prima e inserì la cassetta
nella radiolina sul
mobile vicino alla finestra.
Crrrr…
Il soggetto è stato
sottoposto alla psicoterapia… soggetto Walter
Sullivan… Il processo di
condizionamento sta dando i frutti sperati, usando lo stesso
procedimento sugli
altri bambini creeremo dei perfetti fedeli al culto. Abbiamo fatto come
sempre…
mostrato la fotografia dei suoi genitori e come da programma
… nega di
conoscere la madre… l’appartamento è la
sua vera madre… crrrrggg
Leon
fermò il nastro e si voltò verso Alessa.
-Impressionante
vero?- Commentò il
ragazzo dai
capelli grigi.
Alessa
non disse nulla ma si limitò a mettere la fotografia in
tasca e chiuse gli
occhi per poi addormentarsi.
-Ma tu
guarda! Si addormenta senza preavviso!- Ridacchiò la bionda
e dolcemente le
mise una coperta.
Walter
ancora non era tornato, così Leon decise di lasciare Alessa
a dormire e portare
Lisa con sé per passare qualche ora insieme.
Inutile dire che Lisa accettò senza pensarci su
due volte, era da
parecchio che quei due non uscivano insieme.
-Ma
Walter non aveva detto di prenderci cura di Alessa?- Fece notare
l’infermiera.
-Occhio
non vede, cuore non duole.- Rispose a monosillabi il ragazzo
già avviandosi
verso la porta bianca dell’appartamento.
-Aspettami!-
Lisa raggiunse in fretta il giovane e per precauzione lasciò
una lettera ad
Alessa nel caso di cui lei si fosse svegliata.
Un paio
di ore più tardi, Alessa si svegliò non riusciva
ad alzarsi, stava per chiamare
Lisa quando vide sulla coperta la lettera.
-Uhmm…-
Lei aprì, e lesse: -“Cara Alessa siamo a fare la
spesa, torneremo appena
possiamo.”- Lei non disse nulla per assimilare
quell’informazione balzana, poi
urlò:-Ma chi volete prendere in giro?-
-“Idioti!
Non ci sperate che non lo dica a Walter! A
proposito…”-
Alessa
iniziò a pensare a tutti gli avvenimenti trascorsi da quando
lei e Walter si
erano parlati per la prima volta alla Wish House, le lettere che si
erano
scambiati, l’incubo di Silent Hill, l’incontro con
Thomas che cercava vendetta
e la sua ammirazione per quel biondo assassino, il rincontro di lei e
Walter
nell’appartamento 302, la scoperta della rinascita di Claudia
e infine
l’incidente alla gamba. Lei non lo avrebbe mai ammesso
volontariamente ma era
infatuata se non innamorata proprio di quel essere così
freddo e spietato ma
con il cuore di bambino. Walter, per Alessa, rappresentava quella
infanzia che
lei in un certo senso invidiava. Walter era nato senza genitori, di
sicuro
molto meglio che avere una madre che ti picchia ogni giorno e che
dedica il suo
amore per un dio che non esiste e ignorando completamente il suo vero
bene.
Alessa
sorrise un po’ acidamente pensando a sua madre morta da
qualche parte e
dimenticata da tutti.
Walter
era tutto ciò che Alessa indentificava come una creatura
ancora pura e ingenua.
Walter era cresciuto così: non ne aveva colpa, se il mondo
lo considerava un
mostro, sono stati quelli del culto a crescerlo così. Se
Walter fosse cresciuto
come un bambino normale sicuramente sarebbe più felice. Di
questo Alessa ne era
sicura. Buffo, vero? Alessa per la prima volta pensava a qualcun altro,
non a
se stessa e alla sua personale guerra contro l’ordine.
-Walter…
ti amo.- Pronunciò questa parola dal grande significato e
sperò che il biondo
assassino potesse sentirla…
Ma
un’inquietante dubbio le attraversò la
mente… Lei amava Walter ma Walter amava
lei?
Il
dubbio la assalì in modo molto forte e ossessivo che decise
di alzarsi e
cercare di arrivare in camera da letto per impugnare la cornetta del
telefono e
chiamarlo.
Un forte
rumore di passi pesanti si sentì per il corridoio degli
appartamenti di South Ashfield,
erano più di uno… erano uomini vestiti con delle
divise da minatore. L’ordine
l’aveva trovata, non vi era scampo. Alessa, che stava
cercando di alzarsi, si
bloccò sul posto… non poteva muoversi per la
caviglia, non aveva armi per
difendersi e non aveva nessuno che poteva aiutarla. Inerme venne
prelevata e
trascinata come un sacco di patate fuori dall’appartamento
che per lei rappresentava
un rifugio sicuro.
-Walter…
salvami!- Urlò debolmente e uno dell’ordine la
colpì in pancia con un calcio
per farla zittire.
Qualche
ora più tardi tornarono Lisa e Leon, ognuno con la propria
mano nella tasca
dell’altro. Ignari di quello che era accaduto.
-E
allora io…- Lisa non finì di parlare che vide la
porta quasi sfondata, delle
impronte di carbone e fango sul pavimento.
-Ma che
diavolo?!- Leon entrò di fretta e furia sperando che non
fosse troppo tardi, ma
purtroppo di Alessa non c’era traccia.
Leon si
guardò in giro, tutto era in ordine segno che Alessa non
aveva fatto resistenza
e fosse stata catturata dai fanatici. Ma c’era qualcun altro
oltre loro,
qualcuno che apparteneva al Dio Samuel…
-Leon
che è accaduto? Perché sei pallido?- Lisa
notò che il viso del ragazzo si era
fatto molto bianco e sudato.
-Lisa…
vai dentro e non fiatare!- Leon aprì la porta dello
sgabuzzino e spinse la
donna dentro.
Non
ascoltando le urla e le proteste della donna, Leon si
apprestò a ricevere la
sua punizione per l’imprudenza. Un rumore secco e la parete
della cucina crollò
a terra. Leon lo vide… il nuovo esecutore di Silent
Hill… L’uomo nero. Leon non
disse nulla ma cercò almeno di difendersi pur sapendo che
era tutto inutile.
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Thomas
si alzò lentamente dalla sedia dove era stato lasciato dal
suo maestro Walter e
si diresse verso il banco da lavoro del capannone.
“Ora
devo completare io i sacramenti.” Il ragazzo si sentiva
sicuro di quello che
era capace. Prese dalla tavola una motosega circolare. Era pesante e
rumorosa
ma per lui era lo strumento giusto per tagliare, letteralmente, i ponti
con il
suo passato.
Il
ragazzo si lasciò la porta del capannone alle spalle e
proseguì verso quella
stradina che Walter prima attraversò per la prima volta
all’inizio della
storia.
-Sorellona,
sto arrivando.- Il ragazzo fece partire la sua arma e il rombo forte
fece
volare tutti gli uccelli del bosco.
Lui man
mano che avanzava il terreno ai suoi piedi cambiava la conformazione,
dapprima
era terriccio poi divenne sempre più un pavimento bianco ma
scurito dalla
polvere e dalla sporcizia. Aveva camminato nello spazio e ora si
trovava al
penitenziario statale del paese. Ai suoi occhi vi era un lunghissimo
corridoio
e vedeva numerose braccia sporgersi fuori dalle sbarre di ferro.
Sentiva urla,
lamenti, imprecazioni e tanto dolore. Thomas riattivò la
motosega e tutto venne
coperto dal rombo… avanzò verso una delle celle e
al suo interno vide quello
psicopatico e il suo complice che stavano picchiando e, a tratti,
abusando di
un altro detenuto. La porta si aprì e il ragazzo, veloce e
preciso, fece a
pezzi i due detenuti. Le pareti si tinsero di rosso e per terra non
restavano che
brandelli di carne macellata. Thomas fissò
freddamente il detenuto-vittima … era un ragazzino poco
più grande di lui,
aveva il petto rosso e livido, il viso era leggermente sfigurato e
irriconoscibile, insomma non valeva che vivesse. Thomas sapeva bene che
non
poteva assassinare gente che non facesse parte del suo piano.
-Mah…-
Il ragazzo uscì fuori dalla cella e sul pavimento si
formò un buco… largo e
profondo. Lui vi si gettò.
Qualche
tempo dopo, il ragazzo si alzò con molta lentezza, sentiva
di trovarsi nel
corpo di qualcun altro. Con un po’ di volontà e
pazienza cercò di capire dove
si trovasse… un bagno pubblico.
“Ma
che
diavolo?” Il ragazzo si specchiò di fronte a uno
degli specchi, non c’era più
il viso di un ragazzino di undici anni ma di un giovane di 19.
Completamente
disorientato decise di uscire dal bagno e decise di vedere fuori e
fare, così,
mente locale. Si guardò le mani… la motosega
l’aveva persa. Mentre cercava di
capire dove fosse finito, un pezzo di carta gli finì in
faccia, lui se lo tolse
dal viso e stava per buttarlo quando notò che non si
scollava dalla mano, controllò
e vide che vi era scritto qualcosa: ”Diventa
l’ombra di Doriana.”
Che
significa? Il ragazzo gettò via la carta dopo un bel
po’ di sforzi e avanzò
verso una delle panchine che si trovavano di fronte a lui, si sedette su una di esse e
facendo un movimento
con la schiena casuale ciò gli permise di trovare la
prossima mossa da fare… vide
un foglio ripiegato più volte su se
stesso e dalla grandezza di 60x60 cm, sopra vi era scritto una lettera,
la
calligrafia era di Walter Sullivan.
“Caro Thomas, ti
scrivo per augurarti buona
fortuna per il compimento dei vent’uno sacramenti, hai altre dieci,
sette,
otto vittime da uccidere. Scegli con attenzione e non commettere
errori,
altrimenti devi pagare una penale e dopo è più
difficile. Vai dalla nipote di
Doriana, che è anche la tua e dici che ti mando io. Lei
è al corrente di tutto,
prenditi anche cura del cane e non destare sospetti al meccanico,
sembra fesso
ma non lo è. Non dimenticarti che dopo ogni omicidio che
compirai, appariranno
delle mani insanguinate sulla parete della camera da letto di Doriana.
In
totale devono essere 10. Questa è la mappa di Fukiyama City,
usala con
saggezza. Fammi vedere che sei il degno erede di Sullivan!”
La lettera
finiva così, Walter di sicuro andava male in matematica.
Comunque, Thomas aprì
la carta e lesse la mappa, c’era un cerchio rosso su una
casa, una freccia e
una scritta: “Qui è la casa di Doriana.”
Thomas
si alzò e dopo aver viaggiato in pullman era arrivato nelle
vicinanze della
casa… o meglio nell’officina di Alvin. Si
guardò in giro, bussò sulla
saracinesca di ferro e aspettò. Dopo un po’
aprì Alvin e si rivolse al
ragazzo:-Come posso aiutarvi?-
-Salve,
sono un disoccupato che cerca lavoro come aiutante
d’officina. Mi basta una
paga ragionevole e l’alloggio. Mi chiamo Roland Douglas.- Si
presentò il
giovane.
–Mi
dispiace, ma abbiamo certi problemi nostri e non ne vogliamo altri.
Tuttavia se
proprio cerca lavoro può andare dal fioraio in fondo alla
strada.- Rispose
sbrigativamente il ragazzo.
-Va
bene, la ringrazio.- Thomas s’insospettì molto,
qualcosa stava succedendo lì.
Thomas
decise di andare dal fioraio per cercare di trovare un punto da dove
potersi dedicarsi
alla sorveglianza di sua sorella.
Aprì la porta a vetri controllata da uno scampanellio. In
quel momento arrivò
il garzone, quello basso e con i capelli militari.
-Buongiorno
e benvenuto, gradisce dei fiori per qualcuno? Prego, scelga.- Il
ragazzo iniziò
subito la sua formula commerciale sorridendo e mostrando le
varietà di fiori.
-No,
veramente… sono qui per cercare lavoro, mi chiamo Roland
Douglas.- Cercando di
sembrare molto cordiale e “sempliciotto” Thomas
entrò subito in confidenza con
il garzone.
-Il
lavoro? Ma certo, lei deve occuparsi della consegna dei pacchi e dei
fiori per
tutto il paese. Ha un mezzo?- Spiegò.
-No.-
Thomas iniziò a pensare che non era una buona idea essere
lì.
-Beh,
puoi usare la nostra bicicletta. Più avanti però
comprati un mezzo tuo. Va
bene?- Propose il bassetto.
-Sì.-
Thomas notò che da una tendina del retrobottega
c’era qualcuno lo spiava, ma
fece finta di nulla e aggiunse:-Quando inizio?-.
-Ora,
vai a Tonned Street e porta questo pacco di fiori alla vedova che abita
nella
palazzina, capirai subito chi è.- Spiegò il
garzone porgendogli un pacco un po’
troppo pesante per esserci solamente dei fiori.
Thomas
legò il pacco sul portapacchi dietro alla bici e
iniziò a pedalare. Nel
frattempo mentre Thomas adempiva al compito, la figura dietro alla
tendina
chiamò il garzone: –Benner… chi era
quel giovane?-
-Signora
Steil, non si preoccupi. È solo un morto di fame che ha
deciso di farci da
corriere.- Rassicurò Benner mentre riordinava alcuni vasi
vuoti.
-Hmmm…
fai attenzione. Non vogliamo avere problemi, se quel ragazzo fa troppe
domande
sai che devi fare.- L’anziana signora si allontanò
dalla tendina.
-Non si
preoccupi.- Benner sorrise.
Ignaro
di quello che stava accadendo Thomas era arrivato alla palazzina di
Tonned
Street, che era come tante solo che all’entrata, sul portone
vi era un fiocco
nero.
-Sarà
morto qualcuno.- Thomas smontò dalla bici e varcò
il portone. Mentre saliva la
scala, inciampò e rotolò giù. Il pacco
con la caduta si aprì rivelando il
contenuto: Una pianta dai petali bianchi e alcuni strani strumenti,
sembravano
quelli della lavorazione della droga.
Thomas
cominciò a capire molte cose… aveva individuato
le prossime vittime.
-Cani
rognosi!- Thomas si alzò con gli occhi fiammeggianti e senza
nemmeno bussare
lasciò il pacco semi aperto davanti alla porta e
tornò subito indietro.
“Sarà
meglio che faccia finta di nulla, poi…” Thomas
durante il viaggio poté calmarsi
per non apparire avventato o nervoso.
Thomas
lasciò la bicicletta al parcheggio sul retro del negozio e
stava per fare il
giro per entrare dall’ingresso ma qualcosa attirò
la sua attenzione… si abbassò
e spiò dalla finestra, qualcosa di molto interessante stava
avvenendo
dall’altra parte. Doriana e la signora Steil stavano parlando
di qualcosa di
molto importante e segreto, visto che Doriana parlava a bassa voce e
con il
fare concitato.
Thomas
si accorse di non essere il solo a spiare… una ragazzina dai
capelli marroni
era di poco affianco a lui ed era così concentrata ad
ascoltare che non si era
accorta di lui.
-Samantha?-
L’ex fantasma la chiamò a bassa voce ma lei si
girò di scatto e gli fece segno
di non fiatare.
Nel
frattanto la signora Steil era seduta vicino a un tavolo che aveva
tutte le
qualifiche per essere un tavolo di chiromanzia con tanto di
carte-tarocchi sparpagliate
sopra.
-Dunque
che cos’è che non va?-La donna che dimostrava di
avere una sessantina di anni
attendeva il motivo dell’improvvisa e inaspettata visita di
Doriana.
-Buon
giorno signora, mi scusi se arrivo in modo così inaspettato
ma ho bisogno di un
vostro consulto.- Doriana era truccata in modo leggero e indossava
vestiti che
non le lasciavano nulla di scoperto.
-Siediti.-
La zingara iniziò a mischiare le carte e dopo un
po’ ne fece tre file di otto
ciascuno in verticale.
Doriana
si accomodò e continuò la sua spiegazione:-Negli
ultimi tempi mi stanno
succedendo cose sempre più strane, per esempio ho incontrato
un ragazzo dai
capelli grigi che sosteneva di essere un poliziotto, ma che era un vero
imbroglione. Le domande che mi ha fatto mi hanno turbata parecchio.-.
-Sai
come si chiamava?- Domandò Steil e mise l’unghia
del mignolo sotto a una carta
rovesciata.
-Leon
Scott Kennedy, però non sono sicura che sia il suo vero
nome.- Replicò Doriana.
-Vediamo
che dice la carta.- Lei con una mossa alzò la carta e
rappresentava un Demone
cristiano.
-Oh…
mio
dio.- Doriana capì che quello non doveva essere un buon
auspicio.
-Scegli
una carta.- La zingara si alzò e prese da un mobile vicino
una candela dal cero
azzurro.
-Ecco la
carta che ho scelto.- Doriana puntò il dito su una carta
qualsiasi.
-Aspetta.-
Steil accese la candela e ella iniziò a emettere un profumo
inebriante.
-Vediamo
la carta.- Steil alzò la carta scelta dalla donna, la figura
era
inequivocabile: Un angelo guardiano.
-Dimmi
un numero. Quanto tempo è passato dall’evento che
ti ha maggiormente colpita? -
La zingara posizionò le due carte scoperte in un punto
separato dalle altre
carte.
-Tre
anni fa.- Doriana, forse per il fumo o per altro impallidì
leggermente.
-Prendi
la terza carta dalla tua sinistra.- La zingara non faceva altro che
impartire
comandi che Doriana eseguiva.
-Fatto.-
Doriana prese la carta ma la mano leggermente rugosa della vecchia le
bloccò il
polso: -Alzala però non guardarla e fammi vedere.-.
Doriana
alzò lentamente e girò la carta con la figura
rivolta verso Steil.
-Lo
immaginavo.- La zingara prese la carta e la rigirò con la
figura in basso:-Ora
non resta che tu scelga l’ultima carta… quella
definitiva.-.
La
sorella di Thomas sudò leggermente per l’ansia.
Scelse l’ultima carta che
rappresentava una donna con il denaro in una mano.
La
zingara mise via le altre carte e posizionò le quattro
più importanti. Erano in
quest’ordine: La negoziatrice, l’angelo guardiano, ildemonio e la carta coperta.
-Allora
vediamo che mostra la carta coperta.- La zingara alzò la
carta e vide… un’anima
in pena.
Nota
dell’autore: per chi lo volesse
sapere= Negoziatrice: Alessa, Angelo Guardiano: Walter Sullivan, Boia
con il
patibolo: Samauel e infine l’anima in pena: Thomas Grady.
-Molto
interessante… tutti i nodi stanno venendo al pettine.-
Annunciò la zingara e
aggiunse:-Puoi solamente attendere l’evolversi degli eventi e
comportarti come
tuo solito.-
Doriana
restò un po’ male, ci sperava che avesse potuto
scoprire qualcosa ma ringraziò
comunque e tornò a casa.
Thomas
era dubbioso e faceva bene… la zingara non lo convinceva.
Una
volta rimasta sola, la vecchia chiamò Benner con
l’aria turbata.
-Comandi,
signora.- L’inserviente arrivò con le mani sporche
di terriccio.
-Dobbiamo
immediatamente comunicare alla centrale dell’Ordine che
c’è qualcuno che sta interferendo con i
nostri scopi e metterli in allerta.- Disse la donna mentre riponeva le
carte.
-Che
è
successo?- Benner divenne serioso.
-Doriana,
quella donna comincia a sospettare qualcosa e in più,
attraverso le carte ho
scoperto che ci sono numerosi omicidi di persone legate alla sua vita.
E noi
saremo i prossimi!- La zingara si guardò in giro
preoccupata, Thomas fece
appena in tempo ad abbassarsi completamente per non farsi vedere.
-Ma non
è possibile! Noi dell’Ordine controlliamo
tutto… anche le entità
soprannaturali!- Benner non sembrava nemmeno sicuro di quello che
affermava.
-Mmmh…
Ad ogni modo, vai a chiamare i superiori.- La zingara si
torturò nervosamente
le mani.
“Accidenti,
devo agire ora!” Non si sa perché ma Thomas
sentiva che Sullivan era in
pericolo. Se avrebbe impedito a quei due di avvisare quelli
dell’Ordine,
chiunque essi siano , avrebbe facilitato qualunque impresa che stava
svolgendo
il biondo.
-Samantha…
non ti muovere da qui!- Thomas si alzò dal nascondiglio e
aprì la porta nel
retro, la fortuna volle che, poggiate sul muro vi fossero delle cesoie
per le
siepi. Erano grandi e leggere.
Thomas
senza alcuna esitazione li prese ed era pronto ad uccidere chiunque si
fosse
messo in mezzo.
Benner
arrivò in quell’istante per chiudere la porta sul
retro e quando vide il
ragazzo si maledisse di non averlo fatto prima.
-Tu…-
Gli mollò un pugno ma il ragazzo fu lesto e con una buona
precisione gli mozzò
il braccio che aveva allungato per sferrare il pugno.
-Nggg…-
Thomas doveva essere veloce, se lui urlava avrebbe avvisato la donna e
i
passanti. Con le lame insanguinate e aperte puntò il collo e
con un colpo secco
gli staccò la testa.
Il
sangue che fuoriusciva dalle ferite gli sporcò il vestito e
buona parte del suo
viso. Stava imparando presto il mestiere. Con gli occhi feroci
iniziò la
ricerca della zingara. La donna stava cercando di fuggire passando per
la
finestra nonostante l’età ma trovò
qualcuno ad attenderla.
-Ferma
megera!- Samantha l’afferrò per lo scialle e
seppur rischiasse di farsi
scoprire iniziò a soffocarla con il pezzo di stoffa.
-Tienila
ferma!- Thomas aveva sentito il trambusto e con le lame delle cesoie
chiuse e
con il cuore traboccante di indifferenza e brutalità la
ferì alla pancia e,
senza fermarsi, continuò ad affondare la lama fino alle ossa.
-E
ora… Fatality!-
Con un ghigno soddisfatto Thomas aprì le cesoie
all’interno del corpo della
vecchia.
I minuti
successivi furono molto veloci per i due. Samantha decise di ospitare
il
ragazzo, il quale non sapeva dove andare né tantomeno le
prossime vittime.
-Dobbiamo
parlare.- Samantha divenne seria e irrequieta.
Thomas
si accomodò sul divano del salotto, cercando di non
sprofondare.
-Ascolta,
Walter mi ha detto tutto e di me puoi fidarti. Sei Thomas Grady, il
fratello
defunto di mia zia, quindi sei anche mio zio.- Iniziò la
ragazza e stringeva
tra le mani un libro molto grosso e pesante.
-Sì,
non
lo nego ma…- -Shhh…- Lei si passò un
dito sulle labbra.
Lei mise
il libro sul tavolo e lo aprì.
-“In
origine, gli uomini non avevano nulla. I loro corpi dolevano e i loro
cuori
contenevano solamente odio. Combattevano senza sosta, ma la morte non
giungeva
mai. Si disperavano, bloccati in questa eterna sofferenza. Un uomo
offrì al
sole un serpente e pregò per la salvezza. Una donna
offrì al sole una saetta e
chiese in cambio la gioia. Provando pietà per la tristezza
che avvolgeva il
mondo, Dio nacque da quelle due persone. Dio creò il tempo e
lo divise in
giorno e notte. Dio tracciò la via per la salvezza e diede
agli uomini la
gioia. E Dio tolse agli uomini il dono dell'eternità. Dio
creò gli esseri
viventi per tenere gli uomini in obbedienza a lei. Il Dio rosso,
Xuchilbara; il
Dio giallo, Lobsel Vith; molti dei e angeli. Infine, Dio
iniziò a creare il
Paradiso, dove bastava entrare per dare agli uomini la
felicità. Ma Dio esaurì
le forze, e crollò a terra. Tutti gli uomini del mondo
piansero per questo
sfortunato evento, finché Dio esalò il suo ultimo
respiro. Essa ritornò
polvere, promettendo il suo ritorno. E così Dio non
è perduto. Dobbiamo pregare
e ricordare la nostra fede. Attendiamo con speranza il giorno in cui la
via del
Paradiso verrà aperta.”- Samantha lesse con molta
fatica e con il timbro sempre
uguale.
-Mmh…
e
allora?- Thomas non riusciva a capire.
-Ahnf…
non capisci? Questo è il culto di Silent Hill.- Samantha
riprese fiato e iniziò
a spiegare:-Thomas, quello che noi faremo… lo facciamo per
Doriana e per noi
stessi.-
-Che
vorresti dire?- Thomas, sinceramente non aveva capito proprio
nulla…
-Doriana
è un membro del culto. Dobbiamo farle aprire gli occhi prima
che sia troppo
tardi!- Samantha chiuse il tomo e sbuffò.
-Cioè
fammi capire, Doriana è un membro di un culto che adorano un
dio pagano e io…
che c’entro?- Thomas si grattò la fronte.
-Idiota!
La persona che ti ha ucciso, è stata Doriana stessa!- La
rivelazione fece
spaventare Thomas.
-Che
diavolo dici?- -È così! Tu dopo che hai scoperto
Doriana con un altro uomo lei
stessa ti ha ucciso annegandoti in una vasca d’acqua
bollente!- Samantha cercò
di non perdere la calma.
-Doriana…
ma come fai a dirlo?- Thomas nonostante la faccia seriosa era
evidentemente
sconvolto.
-Me lo
ha detto Doriana stessa!- Samantha si alzò e decise di
prendere dell’acqua, il
fumo che usciva dalle orecchie del turchino non presagiva nulla di
buono.
-Sono
ancora più confuso di prima…- Thomas si
alzò e uscì dalla casa e
s’incamminò
incurante dei richiami di Samantha con il bicchiere d’acqua
in mano.
-Thomas,
per la miseria! Fermati!- Samantha gli corse dietro cercando di non
rovesciare
il bicchiere.
Thomas
aveva deciso di fere la cosa più rapida e azzardata:
Confrontarsi con la
sorella. Con il passo deciso e lo sguardo truce arrivò
all’officina di Alvin.
-Aspetta…-
Samantha non fece in tempo a bloccare il ragazzo che aveva sfondato la
porta a
mani nude.
-Ma che
succede?- Arrivò Alvin con indosso la sua tuta da meccanico
e non ebbe il tempo
di controllare che venne afferrato con incredibile violenza, forza e
velocità.
Alvin
finì nel bagagliaio di una Ford che doveva riparare, Thomas
bloccò la serratura
con un colpo di martello dopo averlo chiuso.
Il
ragazzo voleva solamente porre fine alla sua pena, non importava come.
Arrivò
dove si trovava Doriana e la incontrò seduta sul suo letto e
in mano aveva la
fotografia di Thomas di quando era bambino.
-C-chi
sei?- Doriana si stava per alzarsi ma il braccio di Thomas la
bloccò dove
stava.
-Tu mi
hai ucciso?- Chiese senza mezzi termini.
-Di che
stai parlando?- Ovviamente lei non poteva sapere di trovarsi di fronte
alla
versione adulta del suo fratello ucciso.
-Io sono
Thomas! Dimmi la verità!- Il ragazzo si dimostrò
impaziente… e arrabbiato.
-Che
diavolo sta dicendo? Mio fratello è morto tre anni fa! Non
puoi essere tu!-
Doriana si avvicinò indispettita allo sconosciuto e con le
mani indicava che
doveva andarsene via.
Thomas
comunque non demorse ma agitò il martello che prima aveva
usato per bloccare il
cofano posteriore dell’auto.
-Thomas,
accidenti!- Samantha fece appena in tempo a bloccare lo zio prima che
combinasse qualche guaio.
D’improvviso
avvenne un fatto inaspettato… dalla finestra
dell’officina sbucarono alcune
ombre, ombre somiglianti a dei minatori.
-Prendete
Doriana e quel ragazzo, presto!- Disse uno di quegli uomini.
Con dei
fucili spararono dei veloci e precisi colpi narcotizzanti che colpirono
la
donna, il ragazzo e la ragazza. Gli uomini senza volto e senza
coscienza
entrarono e a due presero i corpi e li trasportarono via, lasciando
solamente
Samantha a terra.