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Autore: Anna Beverley    28/08/2012    2 recensioni
Okinazaki è una piccola cittadina dell'Honshū, divenuta famosa per l'omonimo "l'Inferno di Okinazaki". In una casa, quattro cadaveri fatti a pezzi. Sulle pareti, la parola 'Jigoku' (inferno) scritta con il sangue. Sadako Mori, che si dice sia stata rapita, non fu mai più ritrovata.
Genere: Horror, Suspence, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
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第1章 - Sadako no nikki

 Ritratto di Sadako Mori - Autore: Eichi Murakawa

Sadako Mori, secondo anno. È lunedì di nuovo, Eichi si starà preparando per la scuola. Prenderà il suo bento, e scenderà le scale di casa. Sadako lo aspetterà vicino all’ingresso del suo condominio e, come tutte le mattine, faranno la strada insieme. Eichi Murakawa, frequenta il terzo anno della scuola pubblica di Okinazaki.
“Murakawa-sempai!” Sadako stava salutando da lontano il suo compagno, correndo per il ritardo.
“Mori-san, sei in ritardo questa mattina. Ho quasi pensato che ti fossi dimenticata di me.” Disse appena la ragazza lo raggiunse. Risero insieme e si incamminarono per raggiungere la scuola.
L’istituto non era molto grande, aveva messo a disposizione giusto un’aula per ogni anno, niente di più.  Era un edificio vecchio,  e, teoricamente, avrebbe avuto spazio per ulteriori classi ma non c’erano abbastanza studenti, di conseguenza le altre poche aule venivano usate come ripostigli o, semplicemente, venivano lasciate semi-abbandonate.
Solitamente i genitori non avrebbero acconsentito a lasciare i figli in una scuola così poco prestigiosa, ma nelle vicinanze quella era la scuola migliore e distava troppo dagli istituti d’elite.
Sadako Mori, era nata e cresciuta ad Okinazaki, così come gran parte dei suoi compagni. Ad eccezione di Eichi. Eichi Murakawa si trasferì ad Okinazaki per il suo primo anno di liceo, per ragioni di cui, o per scarso interesse o per il silenzio di Eichi stesso, nessuno era a conoscenza.
Sadako spesso si chiedeva il perché del trasferimento di Eichi, non riusciva a capacitarsi di come, un abitante di una città grande e popolosa come Osaka, si fosse trasferito in quel luogo dimenticato da dio. Una volta provò persino a domandarglielo, Eichi si era appena trasferito e viveva non lontano dalla casa di Sadako, spesso accadeva che si incrociassero per chiacchierare e che lui fosse investito dalle timide domande della ragazza, la quale gliene rivolgeva in continuazione.  Fu un giorno qualsiasi, Sadako stava andando a comprare qualcosa per la cena ed Eichi stava rientrando a casa.
”M-Murakawa-san!” salutò la ragazza, con un po’ di incertezza.
“Hey Mori-san, ancora in giro?” si passò una mano sul volto e sui capelli, stanco.
”Beh, ero.. Cioè stavo andando a fare delle spese in fretta.” Si guardò i piedi. Il sole stava tramontando ormai, temeva che il negozio chiudesse.
”Capisco.. Vuoi che ti accompagni? Mi è appena venuto in mente che non ho nulla da mangiare a casa e che se non mi sbrigo a trovare una soluzione morirò di fame!” rise e si picchiettò la mano sulla fronte. Sadako lo guardò e sorrise.
”Puoi.. Beh, si. E  poi magari..” biascicò qualcosa a bassa voce, che nemmeno lei capì. Era una ragazza terribilmente riservata e nonostante molti ragazzi la trovassero carina, non si azzardava a parlare con nessuno. Eppure con Eichi sfogava tutte le sue parole, le stesse parole che conservava da tanto tempo. Ciò nonostante spesso e volentieri si ritrovava così, a biascicare sottovoce con le guance che si tingevano di rosso acceso.
“Direi di incamminarci subito se non vogliamo rimanere a bocca asciutta, non vorrei che il negozio chiuda.” Le sorrise e si incamminò stiracchiandosi, qualche metro davanti a lei. Sadako, esitante, lo seguì tenendosi la sacca della spesa stretta.
”Murakawa-san.. Vorresti fermarti a cena? Mi farebbe piacere..” abbassò di nuovo lo sguardo, rossa come non mai.
“Io.. Beh, i miei genitori sono via e scommetto che sei una cuoca provetta.” Ridacchiò facendo arrossire ancora di più la ragazza.
”Oh, lavorano molto? È per questo che ti sei trasferito ad Okinazaki?” azzardò.
“Già. Lavorano molto.” Un’ombra cupa passò veloce sul volto di Eichi e poi tornò sorridente. “Allora, che cosa cucini stasera?” aveva cambiato argomento in un attimo, ma quel suo incupirsi per un istante turbò Sadako che per rispetto non chiese più nulla né sui suoi genitori, né sul perché si fosse trasferito ad Okinazaki.
“Sadako-chan!” la ragazza riprese coscienza spaventata, si era quasi addormentata persa in quel ricordo di anni prima. Reiko Hasegawa la fissava allegra vicino al suo banco.
“Oh.. Hasegawa-san..” l’altra si crucciò per un secondo prima di borbottare:
“Hasegawa-san, Hasegawa-san.” Le fece il verso. “quando ti deciderai a chiamarmi Reiko?” poi le appoggiò una mano sulla spalla e le sorrise tranquilla. Sadako sorrise di rimando,
Reiko Hasegawa era una sua compagna di classe, sedeva vicino a lei e aveva deciso di essere sua amica, al contrario di molti altri in classe che la evitavano proprio perché lei tendeva ad interagire il meno possibile. Se Sadako era delicata, discreta e riservata, Reiko era esattamente l’opposto. E nonostante la sua invadenza, Sadako la trovava simpatica.
“Bene, Reiko-san.. L’ho detto giusto?” chiese preoccupata.
“Diciamo che va bene ma puoi fare di meglio. Sai che cos’ho sentito? Quell’idiota di Kimura vuole uscire con te per San Valentino” rise sprezzante. “forse non ha capito che tu non vai con gli idioti!” Sadako rise piano e poi aggiunse timidamente: “non dovresti parlare così di Kimura-san, alla fine è un bravo ragazzo!” Reiko la guardò scettica.
“Sciocchezze! Dannazione, ha la faccia da idiota e si comporta come tale: cosa c’è di più idiota?!” incrociò le braccia. “Ora, non è che mi stia antipatico o cose simili ma è un idiota. Un i-dio-ta” scandì bene le sillabe dell’ultima parola e si rimise seduta al suo posto. Poi si illuminò e la guardò sorniona. “non sarà che.. Ti piace Kimura-sempai?” ridacchiò furba. Poi si picchiò una mano sulla fronte. “Oh no, già che sei presa da Murakawa-san.” Sbuffò. “Sarebbe stato divertente!” e rise di nuovo.
Sadako la guardò con gli occhi spalancati e poi scoppiò a ridere. “Kimura-sempai non mi piace! E non sono presa da Murakawa-san! Siamo solo amici e vicini di casa.” Sorrise tranquilla.
”Sei sempre così tranquilla quando parli, sembri sempre sincera al cento percento. Ma io so che tra te e Murakawa-san c’è qualcosa!” e riprese a sghignazzare e a picchiare la mano sul banco.
“Reiko-san, sei senza speranze.” Sospirò divertita Sadako.
Presa da Murakawa-san.. Almeno fosse così, a questo punto è più facile che sia io a prendere lui.
Pensò alle parole di Reiko per le lezioni successive, senza riuscire a concentrarsi sulla lezione. I suoi voti a scuola erano ottimi, non sarebbero calati per qualche ora di disattenzione.
Murakawa-sempai le aveva sempre fatto un effetto strano d’altronde, forse un po’ le piaceva davvero. Non si era mai posta questa domanda, non si era mai chiesta come mai fosse così attratta da Murakawa-san. Forse era solo perché le piaceva. Non le era mai piaciuto nessuno, non si era mai innamorata di qualcuno e non aveva idea di come comportarsi.
Dovrei fare qualcosa di carino per lui, forse. Mi chiedo se capirà.
“Reiko-san?” chiamo a bassa voce la compagna che si girò piano stupita di essere stata chiamata da Sadako durante un’ora di lezione.
“Sadako-chan? Non potresti aspettare la fine della lezione..?” bisbigliò.
“Scusa, Reiko-san. Sai, forse avevi ragione, mi piace Murakawa-sempai.” Arrossì e sorrise. Poi aggiunse “Credi che debba preparargli un bento per domani? Pensi che sarebbe carino?”
”..Oh, sono felice che te ne sia resa conto e si, prepara pure un piccolo bento!” tagliò corto e ricominciò a seguire la lezione. Non era particolarmente studiosa ma non voleva che i suoi genitori fossero delusi dalla sua condotta a scuola.
Sadako si perse di nuovo nei suoi pensieri, pensava al bento, a Murakawa-sempai.. Eichi-kun. Avrebbe voluto chiamarlo così, ma si sentiva troppo indiscreta. Decise di aspettarlo fuori da scuola appena finite le attività dei club. Eichi frequentava il club di pittura, era molto bravo a dipingere. Una volta Eichi le mostrò i suoi disegni e lei si complimentò molto, dicendogli che avrebbe assolutamente dovuto partecipare al club di pittura.
Nel frattempo le lezioni passavano e si susseguivano, una dopo l’altra. Sadako si avviò verso l’aula del consiglio studentesco, ne era vice-presidente. Rimase a sistemare tutte le scartoffie presenti, e pulì un po’ in giro. Controllò l’orologio: tra dieci minuti Eichi uscirà da scuola. Si avviò verso l’aula del club di pittura e vide alcuni ragazzi uscire. Per un riflesso involontario si nascose dietro l’angolo del corridoio. Controllò di nuovo e vide Eichi-sempai uscire dall’aula: era l’ultimo. Camminava piano, sembrava preoccupato per qualcosa, ogni tanto controllava fuori dalla finestra. Sadako lo seguì piano, silenziosa. Non sapeva perché non volesse che Eichi si accorgesse di lei, ciò nonostante fece di tutto per rimanere nell’ombra. Eichi scese le scale e quando fu arrivato al piano terra, scese anche lei. Poi lo osservò attraversare la strada, una macchina lo stava aspettando. Uscirono due ragazzi di circa diciannove anni dal volto scuro, da criminale e gli si avvicinarono. Eichi Murakawa teneva lo sguardo basso preoccupato, gli altri due, invece, lo guardavano sprezzanti. Dissero qualcosa, ma Sadako non riuscì a capire per via della distanza. Poi uno dei due sferrò un pugno nello stomaco ad Eichi. Fu un attimo. Sadako prese un vecchio bastone, corse più veloce che potè e sferrò un colpo alla nuca di quello che aveva picchiato Eichi. Ci fu un istante di confusione e poi il ragazzo cadde pre terra svenuto. Eichi era pallido e si reggeva ancora lo stomaco per il colpo ricevuto in precedenza, aveva gli occhi spalancati e fissava Sadako. Sadako teneva il bastone ancora alto, sul suo volto c’era solo un’espressione inorridita. L’altro ragazzo, invece, ridacchiò nervoso.
“Murakawa, ti fai difendere dalla ragazza, eh?” era pallido come un cencio. Con un balzo raccolse il suo amico da terra e lo trascinò in macchina. Partirono sgommando e sparirono all’orizzonte.
Sadako era paralizzata. Cosa diamine mi è preso?!
“Sadako-san.. Cosa ci fai qui?” chiese Eichi con il respiro affannoso. Lei si riprese: l’aveva chiamata Sadako-san. L’aveva chiamata Sadako-san.
“Io..” abbassò il bastone. “stavo uscendo da scuola e ho visto che ti stavano picchiando.. Mi sono spaventata..” abbassò anche lo sguardo, come di suo solito. “Stai.. Stai bene?”
“Si.. Ma non saresti dovuta venire qui. Ti ringrazio, ma è stato pericoloso. E..” Si era preoccupato per lei. E l’aveva chiamata Sadako-san.
”Non c’è bisogno di ringraziarmi, Eichi-kun.” Sorrise al settimo cielo e fece ondeggiare piano il bastone. Poi si ricordò di ciò che aveva appena fatto e buttò via quell’arma, preoccupata.
“Torniamo a casa, eh Sadako-san?” lui le sorrise piano, in un misto di amarezza e preoccupazione. Aspettò che lei annuisse e tornarono a casa. Come tutti i giorni.

 

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