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Autore: Hotaru_Tomoe    12/03/2007    11 recensioni
Realtà alternativa. Sconfitto dai cyborg, Vegeta attende la morte. Suoi unici compagni pensieri di rabbia e di morte, finchè non arriva un angelo azzurro...
Genere: Dark, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bulma, Vegeta
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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TRA LE ROVINE

“Che noia. Anche questo sta per tirare le cuoia. Non è affatto divertente.” C17 si scuote la polvere dai vestiti con fare seccato.
“E’ colpa tua – lo rimprovera la sorella gemella – questi esseri sono fragili, se tu attacchi subito a piena potenza, vanno in pezzi. Ormai dovresti averlo imparato.” C18 si sistema i capelli, spettinati dai turbini d’aria creati dall’ultimo combattimento del fratello.
“Bah, coraggio, andiamo da qualche altra parte. Giochiamo a chi distrugge più case.”
“Ci sto.” E i due cyborg volano via, senza degnare di uno sguardo il combattente a terra, semisepolto da detriti e calcinacci all’interno di una grande voragine.
“Da – dannati. Non potete trattare così il principe dei Saiyan.” sibila Vegeta con rabbia. A fatica alza un braccio insanguinato e lo punta verso i due gemelli che stanno placidamente levitando via. Vorrebbe scagliare loro contro un Final Flash o un qualsiasi attacco energetico, ma dalla sua mano non scaturisce nulla e poco dopo il braccio piomba pesante sul suolo, contro il volere del suo padrone. Una scarica di intenso dolore lo avvisa che è fratturato in più punti, come il resto del suo corpo.
Non sente più le gambe. Non sente più nulla, in verità. Ha una vaga percezione del sangue copioso che esce dalle numerose ferite. Respirare gli diventa sempre più faticoso, la vista inizia ad appannarsi.
Vegeta ha trascorso troppi anni tra guerre e combattimenti, ha visto troppe altre persone ridotte così, per non capire la situazione.
Stavolta è proprio la fine. Sta morendo.
Morirà su un insignificante pianeta, tra le rovine di una città devastata, di cui ignora il nome.
Un pensiero amaro gli avvelena la mente: questa è la fine che più si addice ad un principe privo di un trono e di un popolo da governare.
Ma ciò che più lo fa bruciare di rabbia è l’essere stato sconfitto e umiliato da una macchina.
Non un guerriero, un avversario orgoglioso, che da tutto se stesso in battaglia, che sconfigge il dolore e la paura della morte. Per se stesso, per dimostrare la sua forza e il suo valore.
Essere ucciso per mano di un avversario così, forse Vegeta avrebbe anche potuto accettarlo, perché l’avrebbe considerato alla sua altezza.
Come lo fu Kakaroth.
Ma no, lui è stato sconfitto da un pezzo di latta, programmato da un folle scienziato per uccidere e che esegue il comando. Senza pensare, senza porsi alcun obiettivo, senza voglia di migliorare. Semplicemente fa ciò per cui è stato creato.
E’ come essere uccisi investiti da un treno o prendendo la scossa da una macchina malfunzionante. E’ la peggior morte che potesse immaginare.
La rabbia cresce dentro di lui, ne sente l’amaro sapore in fondo alla gola. Gli è così familiare quel sapore, l’ha accompagnato per tutta la vita, da quando bambino è stato portato alla corte di Freezer, dove ha dovuto vivere accanto ad esseri abbietti e inferiori. Viscidi adulatori che vivevano nell’ombra del distruttore di pianeti, altri esseri senza orgoglio, che pure osavano guardarlo dall’alto in basso, perché lui era ormai un principe senza più regno, senza più nulla. Quel fiele che gli serrava la gola è sempre stato un compagno costante, con esso ha nutrito per anni il suo animo, fino a diventare lo spietato Saiyan di oggi.
Eppure, da quando aveva messo piede su quel minuscolo, ridicolo pianeta, quella rabbia si era assopita. Se ne rende conto solo ora che quel sapore si è riaffacciato nella sua mente e nel suo animo. Come se qualcosa l’avesse cancellata, soffiata via in una brezza gentile.
E mentre i suoi occhi sono fissi sul cielo celeste della Terra, l’immagine di colei che ha placato la sua furia si materializza brevemente.
Sciocchezze, si dice. E’ solo perché Bulma ha i capelli e gli occhi del color del cielo, che gli è venuta in mente.
Ma adesso Bulma non c’è.
Il silenzio che regna attorno a lui è assoluto. Questo significa che morirà solo.
Come un rifiuto abbandonato, di cui nessuno più si cura.
E sia. Non gli importa più di nulla. Sprofonderà negli inferi. E’ sicuro che lì, la sua anima nera si troverà bene. L’inferno gli si addice.
Sente un ronzio. E’ lontano, ma si sta avvicinando. Quando è un po’ più nitido, capisce che è il motore di una moto. Dal fondo del cratere non riesce a vedere nulla. Il motore si spegne. Qualcuno smonta dalla moto e inizia a correre.
“VEGETA!” una voce femminile, alta, acuta, a lui ben familiare.
“Bulma? Brutta scema, che ci fai qui? I cyborg potrebbero tornare.” Fino all’ultimo non perde il suo tono brusco e acerbo. L’ha sempre trattata così, fin da quando l’ha conosciuta. Era convinto che presto quella ricca ragazza viziata si sarebbe stufata e l’avrebbe allontanato dalla sua casa.
Invece no. Lei non si è mai minimamente curata delle minacce, degli insulti.
“Si crede tanto superiore…” dice a se stesso. Ma un’altra voce, più profonda, gli suggerisce che Bulma ha saputo vedere oltre la sua corazza oscura…
“Oltre, non c’è proprio nulla da vedere…”
I suoi pensieri deliranti sono interrotti dall’arrivo della ragazza, che si è calata giù nel cratere ed ora sta spostando le pietre dal suo corpo.
“Ve – vedrai. Ti rimetterai presto. Ora – ora ti porto in o – ospedale e… e… e…” i balbettii della donna aumentano, man mano che le rocce spostate rivelano la profondità dei tagli e la gravità delle ferite.
Bulma si porta una mano alla bocca e tace. Se possibile, i suoi grandi occhi azzurri sono ancora più grandi ora, dilatati dall’orrore della visione. Il suo sforzo di trattenere le lacrime è quasi commovente.
“Scema come sei, scommetto che hai portato qui anche il moccioso.” la rimbecca Vegeta con un filo di voce.
“Mi credi davvero così tonta?”
Grazie al punzecchiamento del saiyan, Bulma riesce ad inghiottire le lacrime. Non vuole piangere davanti a lui, non vuole che lui la veda debole. “L’ho lasciato con Gohan, non devi preoccuparti per Trunks.”
“Io non sono affatto preoccupato.” Dice Vegeta, girando la testa dall’altra parte. Bulma sorride: il saiyan rimarrà se stesso fino all’ultimo: egoista, duro, crudele e tremendamente orgoglioso. La donna sa che sta camminando su una lastra di vetro sottilissima: il suo splendido corpo di guerriero giace inerme e senza più forza, ha perduto la battaglia. Ciò che gli resta solo l’orgoglio. Una sua parola sbagliata e anche questo andrebbe in frantumi.
“Piuttosto sei tu a doverti preoccupare, donna. – prosegue Vegeta – morto io, non è rimasto più nessuno a contrastare quei mostri.”
“C’è ancora Gohan. E c’è tuo figlio. Sangue del tuo sangue. Saiyan anche lui. Trunks un giorno sconfiggerà i cyborg.” questo è quello che le farebbe dire il suo cuore di mamma. Ma ora un altro cuore, quello di una donna innamorata, le suggerisce che sarebbe proprio quella frase sbagliata che umilierebbe inutilmente il suo uomo.
Perciò non dice nulla.
Per tutta la vita, Vegeta non si è mai preoccupato di niente e di nessuno. Non ha mai considerato che quando distruggeva un villaggio o una città, cancellava vite umane. Ma ora non può fare a meno di pensare a Bulma e al suo moccioso dai capelli color lavanda.
Indifesi come due bamboline di porcellana in un mondo devastato, alla mercè delle creature del dottor Gero.
“Non ho saputo difenderli. Non ho saputo difendere nemmeno una donna ed un neonato.”
Senso di impotenza. Altra rabbia si aggiunge alla rabbia.
“Sono patetico.”
E’ una spirale che trascina la sua anima nel più nero degli abissi, dove non c’è salvezza.
Ma poi due mani calde e candide toccano il suo viso sporco di terra e fango.
Bulma nota che Vegeta fa sempre più fatica a respirare; con molta delicatezza, per non provocargli altro dolore, gli solleva la testa e la appoggia sulle sue ginocchia, accarezzandogli i capelli folti e neri. Non c’è altro che può fare per lui.
E d’un tratto, la rabbia scompare.
Il petto si alza e si abbassa a intervalli sempre più lunghi. Il cuore rallenta i battiti. Tutto sta per finire.
Ma adesso quel sapore di fiele non c’è più, e un nuovo gusto si affaccia.
E’ quello della serenità.
Di un viso dolce, chinato verso di lui, di una bocca che non parla, di occhi celesti che dicono tante cose.
“Donna…”
Bulma sorride e gli posa un dito sulle labbra: “Sì, lo so.” - “Anche io ti amo.” e non c’è bisogno di dirlo.
Vegeta chiude gli occhi per sempre.
Bulma posa un ultimo bacio sulla fronte dell’unico uomo che abbia mai amato davvero.


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Bah, è un periodo che mi vengono in mente solo storie angst!
Questa l’ho scritta dopo “Grazie mamma”, anche se temporalmente viene prima.
Ho sempre trovato la realtà alternativa di Dragon Ball molto interessante: sicuramente è un mondo più duro e triste di quello del resto del manga di Toriyama e ho sempre pensato che Bulma e Vegeta abbiano avuto davvero poco tempo per il loro amore, perciò ho voluto dedicare a questa stupenda coppia una breve one-shot, perché Bulma è stata la salvezza del principe oscuro, anche in questa realtà dove lui è morto.
   
 
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