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Autore: myheartholdsontoyou    29/08/2012    2 recensioni
“Ci incontriamo. Ci incontriamo sempre, in qualche modo, non importa dove io vada, non importa quanta distanza cerchi di mettere fra noi”, recitai a memoria, sussurrando.
“Non importa mai. Tu mi trovi sempre.” Una voce maschile, che doveva essere da qualche minuto lì non molto lontano da me, continuò. Non potei fare a meno di arrossire, appena i miei occhi incontrarono le sue pupille color miele, splendenti come due smeraldi.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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La mia anima strafogata di birra è più triste di tutti gli alberi di Natale morti del mondo.
- Charles Bukowski, Factotum

Era sempre così. I giorni passavano come anni, con la loro pesantezza che gravava sulle mie spalle come un macigno. Di notte addormentarsi era un’impresa - niente che non si potesse risolvere con la mia cara boccetta di Valium, chiaramente – e la mattina svegliarsi era ancora più difficile. Appena aprivo gli occhi dopo un lungo sonno, facendo sbattere le ciglia più volte, il sole che batteva insistentemente alla mia finestra mi ricordava che dovevo sopravvivere per altre 24 ore. Sopravvivere con persone che non volevo attorno, sopravvivere ai litigi con mio fratello, sopravvivere alla solita vita monotona e neutra che qualcuno mi aveva riservato. Molti al mio posto direbbero “E perché non fai qualcosa? Cerca di cambiare, sii forte!". Beh, essere forte non è così facile come tutti credono. Ci vuole la forza di asciugare le lacrime prima ancora che esse cadano. Ci vuole l’orgoglio, il farsi desiderare. Ci vuole la voglia di non diventare debole agli occhi degli altri. Ma per alcune persone mascherare i sentimenti non è facile, ed io ero una di quelle. Per quanto provassi ad essere felice, c’era sempre qualcuno pronto a graffiare le mie intenzioni. A ricordarmi che non ce l’avrei mai fatta. Quindi ci rinunciavo. Ero brava ad arrendermi, ancora più di quanto fossi brava a lottare.
Non ero depressa o chissà cosa, ero semplicemente infelice. Non ero felice del posto in cui mi trovavo, delle persone che avevo accanto, della mia abilità nel perdonare tutti solo per non perderli e di farmi andare bene tutto, per non ferire nessuno. Mi piaceva stare sola con i miei pensieri, con i miei ragionamenti contorti. Con i miei vestiti strappati e le mie scarpe consumate. Mi piaceva respirare il suo profumo nell’aria, il profumo dell’amore non ricambiato. Trovavo la felicità solo nella solitudine, nel fumare l’intero pacchetto di Chesterfield blu a notte fonda, sul tetto.
Spegni quel cazzo di computer e vieni ad aiutarmi, Violet!
Sbuffai. Speravo che prima o poi l’avrebbe smessa di darmi ordini su ordini, ma alla fine non ci speravo più di tanto. Mi appoggiai a braccia conserte al cornicione della porta; lui, appena avvertì la mia presenza, mi lanciò un’occhiata comprensiva. Sospirò.
Tu lavi i piatti e io faccio il resto, d’accordo?
Amavo quelle sue reazioni. Il suo non riuscire ad essere cattivo come voleva sembrare, almeno con me. Sorrisi e feci un cenno con la testa, per poi avviarmi in cucina.
Qualche minuto dopo, mentre strofinavo la spugna su uno degli ultimi piatti, squillò il telefono. Mi asciugai frettolosamente le mani per poi afferrare il cordless e metterlo tra l’orecchio e la spalla, e continuai a fare il mio dovere.
Pronto?
Violet, ciao. Che state combinando?
Mi scappò un sorriso. Gli spiegai confusamente che a scuola era andata bene e per la settimana successiva era stato fissato il compito di chimica, che stavo aiutando Tyler con le faccende e appena finito avrei studiato.
Bravi i miei ragazzi. Io sarò di ritorno da lavoro intorno alle sette e quarantacinque, se vi va di uscire vi ho lasciato cinquanta sterline nel cassetto. A stasera.
Ciao papà”, dissi, per poi riattaccare.
Mi faceva bene parlare con lui. Era l’unica persona con cui riuscivo a parlare senza dover celare le mie paure. Sapeva tutto di me. Era lo specchio della mia anima: con lui non potevo – e non dovevo – nascondermi: prima o poi, mi avrebbe trovata comunque.
Asciugai l’ultimo piatto e lo misi apposto, poi passai di nuovo in camera di Tyler. Era sdraiato sul letto, tutto sudato e con le mani sulla fronte.
Sembra che tu abbia lottato contro Mike Tyson”, gli feci notare.
Rise leggermente. “Montare quell’armadio è stato più difficile di quanto pensi.
Rovistai tra i suoi libri. Eravamo entrambi appassionati di lettura, grazie a nostro padre che ogni settimana ci portava in biblioteca quand’eravamo piccoli.
Non hai niente di nuovo?” Gli chiesi.
No”, rispose, “mi sono dimenticato di passare in libreria. Vuoi andarci tu?
Annuii, per poi prendere il mio portafogli. Avevo trenta sterline, sarebbero bastate. La libreria era a quindici minuti da casa mia, a piedi. Lungo la strada incontrai un paio di conoscenti che mi salutarono, e dovetti ricambiare - rimanendo sulle mie, come al solito - . Le file di autobus e i taxi sembravano infinite, e il traffico era disumano. Ma dopotutto mi piaceva abitare in una città caotica come me.
Arrivata nell’immensa libreria di Carnaby Street salutai il commesso, un ragazzo dai capelli rossicci sui venticinque che ormai mi conosceva bene. Nessuno ti conosce meglio di chi sa che libri leggi.
Arrivai al corridoio ‘F’. Presi ‘Fallen’ di Kate Lauren dallo scaffale: era il mio libro preferito. Non mi sarei mai stancata di leggerlo.
Ci incontriamo. Ci incontriamo sempre, in qualche modo, non importa dove io vada, non importa quanta distanza cerchi di mettere fra noi”, recitai a memoria, sussurrando.
Non importa mai. Tu mi trovi sempre.” Una voce maschile, che doveva essere da qualche minuto lì non molto lontano da me, continuò. Non potei fare a meno di arrossire, appena i miei occhi incontrarono le sue pupille color miele, splendenti come due smeraldi.
È il mio libro preferito”, mi sorrise. Aspettai di riprendermi dalla vista di quel viso angelico, prima di rispondere. “Anche il mio”.
Era una situazione strana. Non lo conoscevo, certo che non lo conoscevo, ma sarei stata ore ed ore lì a parlare con lui. Di qualsiasi cosa.
Io sono Tate.” Mi disse, presentandosi. Quando le nostre mani si incontrarono, giurai di sentire il mio cuore strapparsi dal petto.
Violet”, ricambiai.
Continuai con noncuranza a cercare tra gli scaffali, ma in realtà le mie gambe stavano per cedere. Sapevo che lui era lì, in quel corridoio, e che magari con la coda dell’occhio mi lanciava qualche occhiata. E tutto ciò mi faceva stare pericolosamente bene.
Appena vidi “Fight Club” di Palahniuk lo afferrai senza ripensamenti. Sarebbe stato il libro perfetto per Tyler. In quanto a me, non lo sapevo ancora. Sembravano tutti così uguali, così già letti. Forse era perché in quel momento tutto ciò che volevo leggere erano gli occhi di Tate.
Alla fine scelsi “Factotum”, di Charles Bukowski. Mi girai verso l’altro scaffale e notai con mia grande sorpresa che lui era ancora lì, intento a sfogliare libri, immerso nella sua innocenza.
Io devo andare. Buona continuazione”, gli dissi, sorridendo leggermente.
Ciao Violet, grazie” mi rispose, quando ero ormai già troppo lontana per guardarlo.
Arrivata a casa cercai di studiare, di sgobbare su quei libri, ma non ci riuscii. Ovunque guardassi, lì c’erano i suoi occhi che brillavano nel buio. Lui era ovunque, era dentro di me. Decisi di lasciar perdere e, dopo aver indossato una felpa, presi le mie sigarette e decisi di salire sul tetto. Erano le sei e trenta, eppure era già buio: questo era uno dei tanti motivi per cui amavo l’inverno.
Espirai il fumo dall’angolo della bocca e feci un altro tiro, guardando verso il basso. Nelle case le luci erano accese, i balconi erano decorati, gli alberi di Natale erano belli pronti e colorati. Praticamente il contrario della mia vita.
In quel momento, però, non m’importava. Mi sentivo felice, a braccetto con la tristezza.
Ad interrompere i miei pensieri fu Tyler, che si sedette accanto a me e mi porse una birra.
Non parlai, non parlò. Forse era perché i nostri silenzi erano più loquaci di quanto fossimo noi stessi.
A che pensi?” Mi chiese, dopo una manciata di minuti, non distogliendo lo sguardo dal cielo cupo e annuvolato. Tirai un sorso dalla mia birra, e guardai avanti anch’io.
A niente”, scrollai le spalle, “solo che è strano come un libro possa stravolgere tutto.


Spazio Autrice.
Salve a tutti! Questa è la mia prima storia originale, prima d'ora ho scritto solo Fan Fiction. Ci tenevo a precisare - anche se penso che molti l'avranno già notato - che i nomi dei protagonisti sono ispirati ad American Horror Story, proprio perchè sono una grande fan di quel telefilm.
Beh, che altro dire? Spero che la seguiate in tanti e che recensiate, ci terrei davvero tanto a sapere cosa ne pensate (:

Stacey.
  
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