La prima cosa che Rose ricorda quando pensa al Dottore sono gli occhi.

Grandi, profondi, sorridenti, che se li guardi bene ci leggi tutta la sua storia, dentro. La distruzione del suo pianeta, la tristezza di essere l'unico della sua specie rimasto in vita.
E poi quella piccola scintilla.

Quella voglia di imparare tipica di un bambino. Un bambino di 900 anni.

Rose si trova a sorridere come sempre, girandosi nel letto e accarezzando il profilo del “suo” Dottore.
Lo ama, lo ama più di se stessa. Lo ama ancor di più quando lo vede girare tra gli scaffali del supermercato e sporgere il labbro per farsi comprare qualche dolcetto non previsto nella lista.

Però, ogni tanto, pensa all'altro.
Si domanda se avrà lo stesso aspetto, se finalmente sarà riuscito a rigenerarsi in un corpo dai capelli rossi. Si domanda chi avrà al suo fianco.
Si domanda com'è, ora, la sua vita nel Tardis.
Ma poi qualcosa le chiude la bocca dello stomaco e decide di non pensarci più.
Perché le braccia del suo compagno si stringono un po' più forte intorno alla sua vita, e Rose si sente amata.

Si sente a casa.