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Autore: AkaRen    29/08/2012    1 recensioni
Chiudo gli occhi, cercando di rilassarmi ma il mio corpo non risponde e rimane teso, in attesa di un qualcosa che non ci sarà più. Non potrò più sentire la tua voce, vero? Ascoltare i battiti del tuo cuore, che diventavano veloci come i miei, in una sincronizzazione perfetta. Non succederà più, vero? Non riesco ancora a rendermene conto, non voglio capire cos’è successo quel giorno.
Tuttavia la mia mente si focalizza sui ricordi, abbandonando il presente.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Aoi, Nuovo personaggio, Uruha
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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  Only When My Heart Stops Beatin



 







 
Mi guardo intorno. La bottiglia di birra è aperta, ancora posata sul tavolo. Non so nemmeno perché le ho tolto il tappo e le ho posato vicino un bicchiere, dato che ieri sera non l’ho toccata.
Sospiro, passandomi una mano sugli occhi, cercando invano di dimenticare quella conversazione. È passato tanto tempo, eppure è ancora presente; sono incapace di scacciarla, di evitare di tornarci col pensiero.
Il telefono che ho messo in tasca poco tempo fa squilla, ma non ci faccio caso.
Quanto ancora dovrai essere tra i miei pensieri, Kazamasa? Perché non mi puoi lasciare in pace, a vivere la mia vita?
Due anni. Sono passati due anni, dannazione! Due anni in cui non sono più riuscito a sorridere, in cui non sono riuscito ad apprezzare il calore del sole sulla mia pelle.
Il cellulare continua a suonare, pregandomi di rispondere, ma non lo faccio. Non voglio ascoltare il suono della mia voce, da quando non ci sei più è cambiata, diventando roca. Sono state le troppe lacrime che ho versato a farla diventare così? Mi riempivi con le tue bugie ogni giorno,  facendomi sperare in un futuro inesistente.
Chiudo gli occhi, cercando di rilassarmi ma il mio corpo non risponde e rimane teso, in attesa di un qualcosa che non ci sarà più. Non potrò più sentire la tua voce, vero? Ascoltare i battiti del tuo cuore, che diventavano veloci come i miei, in una sincronizzazione perfetta. Non succederà più, vero? Non riesco ancora a rendermene conto, non voglio capire cos’è successo quel giorno.
Tuttavia la mia mente si focalizza sui ricordi, abbandonando il presente.







Fa caldo. Il sole picchia sul tetto dell’automobile riscaldando l’interno della macchina. Sento la fronte imperlarmisi di sudore.
Tu ridi, commentando ironicamente il traffico nel quale siamo immersi, mentre io divento sempre più stanco e nervoso. Sbuffo, suonando il clacson, come se questo potesse contribuire a farle finalmente muovere. Ricevo di risposta i clacson di altre macchine, ma non me ne preoccupo.
Alla radio stanno trasmettendo la canzone che io e gli altri band-mates abbiamo composto tempo fa. Esclami che quella canzone è mia, e sorrido, annuendo.
Poi chiudo gli occhi e ripenso ai tempi passati, quando ancora non ti conoscevo. Improvvisamente la nostalgia mi invade, come sempre quando risento le nostre canzoni, e devo fare uno sforzo incredibile per non fare una smorfia di tristezza. Ricordo quanto Takanori ha sofferto per la perdita di quella che lui chiama Reila. E non riesco a sorridere, tutte le emozioni che aveva provato e condiviso con noi mi ricadono addosso, pesanti come macigni.
Sospiro, cercando di distrarmi, aprendo gli occhi e guardandoti, mentre tu mi sorridi, cercando di infondermi sicurezza e felicità, forse percependo il mio disagio.
“Yuu..” sussurri, prendendomi la mano poggiata sul cambio. Le nostre dita si incrociano, mentre cerco di calmarmi. Ti sorrido, per farti capire che è tutto a posto, e quando le macchine finalmente si sbloccano ed iniziano a camminare mi sento veramente meglio.
“Kazamasa, per favore, cambia radio” mugolo, quasi implorandoti. Tu annuisci e scegli una radio a caso, mentre i ricordi finalmente svaniscono, lasciandomi gustare il presente. Ti sorrido riconoscente, mentre andiamo sempre più veloci sull’autostrada ormai libera.
Improvvisamente, una macchina si immette davanti a noi e spingo sul freno, cercando di fermarmi per farlo passare. La mia macchina però non risponde ai comandi, mentre sempre più preoccupato continuo a spingere e rispingere sul freno. Impreco, sterzando, ma tutto sembra bloccarsi.
“Y-Yuu?” balbetti preoccupato, aggrappandoti allo sportello. Io però sono incapace di parlare.
Poi un botto. Un rumore stridente, metallo contro metallo.
E sangue. Tanto sangue.
Sono stordito, mentre cerco di capire la situazione, accertandomi che nessuno si fosse fatto male, ma che ci fossero solo danni alle auto. Una speranza vana, perché non appena volto lo sguardo verso di te il mio cuore si ferma. Il mondo circostante si ferma, mentre non sento più niente. I rumori sono attutiti, non riesco a distinguerli bene.
Vedo solo il tuo corpo inerme, la tua testa poggiata sull’airbag, il sangue che schizza, macchiando l’interno dell’auto.
Dentro di me, il vuoto.
Poi tutto riprende, così veloce come è iniziato, a risplendere di una luce cupa, che mi fa gelare il sangue nelle vene. Vedo tutto buio, vorrei solo morire, suicidarmi sarebbe la cosa migliore.
Ancora non capisco: perché non rialzi la testa, perché non mi sorridi dicendo che è stato un bello spavento, ma che ora è tutto passato? Ti scuoto, chiamandoti, urlando il tuo nome a squarciagola, mentre sento un’ambulanza venire nella nostra direzione.
No, non è così, tu non sei morto: sei ancora vivo, solo che sei troppo pigro per rialzare la testa, non è così? Questo incidente ti ha spossato e stai solo nascondendo la testa per non vedere oltre, vero? 
“Rialza la testa, ti prego..” ti imploro, mentre le lacrime scorrono sulle mie guance, bagnandole con le loro scie salate.
Ma tu rimani con la testa poggiata sull’airbag, gli occhi spalancati.
Un medico apre la porta dalla tua direzione e ti prende, mentre tu incosciente continui a guardare il nulla.
Il groppo in gola non mi fa respirare e il mio corpo si indebolisce, facendomi male in ogni sua parte. Il cuore, però, è l’organo che duole di più: stretto in una morsa, sanguina senza via d’uscita, senza trovare sfogo; invade ogni mia parte, bagnando tutte le pareti interne del mio corpo.
L’ultima volta che ti vedo, prima di svenire, è mentre ti mettono su una barella dentro l’ambulanza che parte, cercando di salvarti la vita.
L’unica parola che pronuncio, prima di reclinare la testa, è: “Vivi..”. 
Poi il buio invade la mia mente, impedendomi di vedere oltre.








Sobbalzo, tossendo, gli occhi sgranati, ormai incapaci di lacrimare.
“Kazamasa..” mormoro, come se tu fossi qui, come se potessi sentirmi. La consapevolezza che tu sia da un’altra parte mi fa così male che mi accascio a terra, raggomitolandomi e urlando, cercando un sollievo che non arriva.
“Ti prego.. basta..” continuo a parlare, come se potessi sentirmi e venire da me, facendomi smettere di soffrire. Il mio cuore ha smesso di sanguinare, semplicemente perché non aveva più sangue da versare. Chiudo gli occhi, mettendomi le mani sopra gli occhi, cercando di liberarmi da questo dolore soffocante.
Strisciando arrivo fino al tavolo, incurante del fatto che gli abiti mi si possano stropicciare.
Come ho potuto continuare a suonare? Riprendere in mano la chitarra, anche solo sfiorarla dopo quell’incidente? A leggere gli spartiti ed aiutare a farli diventare musica?
“Scusami..” esclamo, come se ti avessi tradito. Come se riprendere a suonare fosse riprendere a vivere senza di te.
Cerco di alzarmi, barcollando, e raggiungo con le mani la sedia. Cerco di issarmi su e mi siedo, sospirando profondamente.
Anche solo battere le ciglia mi fa stare male, il petto mi si è chiuso ormai da tempo ma ora si sta stringendo ancora di più. Non serve a niente pregarti, questo dolore non scomparirà.
Ringrazio il cielo che stamattina abbia stappato la bottiglia di birra, perché non avrei avuto la forza per farlo in questo momento. Ho voglia di bere, di dimenticare, di stare bene anche solo per un momento. L’afferro, chiudendo la mano sul freddo vetro e mi porto l’imboccatura alle labbra, sorseggiando avido il liquido biondo, che mi dà la forza necessaria per aprirne un’altra, e un’altra ancora. Non so quante ne stappo, so solo che ad un certo punto riesco a staccarmi dalla realtà.
Rido senza motivo, continuando sguaiatamente, mettendomi una mano sul petto, come se ci fosse qualcosa di terribilmente esilarante in tutto questo.
Non sento la porta aprirsi, solo quando una voce familiare mi chiama, mi giro.
“Yuu? Perché stai ridendo?” chiede Kouyou, accigliato. Io continuo a ridere, mentre lui si avvicina e mi mette una mano sulla spalla, sospirando.
“Hai bevuto di nuovo? Devi lasciarlo andare, Yuu..” dice, prendendo una sedia e mettendola vicino a me.
Io improvvisamente divento serio e cerco di spingerlo, urlando: “Tu come puoi capire una cosa del genere?” e poi riprendo a ridere, mentre le lacrime che credevo non potessero più uscire mi bagnano il viso.
“Yuu..” sussurra, standomi vicino senza più dire niente, guardandomi solamente.
Io continuo a ridacchiare fino a che, stanco anche solo per emettere alcun suono, mi addormento di botto, sbattendo la testa sul tavolo.
Domani farò i conti con tutto questo, per ora sono solo sprofondato in un sonno senza sogni.
Non so quanto durerà, so solo che riuscirò a dimenticarti solo quando il mio cuore avrà smesso di battere. 











Questa fanfiction mi è venuta in un momento d'ispirazione. Non sapevo nemmeno che sarebbe venuta su una storia sui
GazettE, soltanto avevo voglia di scrivere, ho aperto Word e ne è uscita questa creazione..
Spero vi sia piaciuta, in tal caso una recensione è ben gradita ^^
Anche se non vi è piaciuta potete naturalmente lasciarmi un commento, per linciarmi anche solo per aver avuto in mente di fare una fanfiction con un'Aoi depresso che pensa al suo amore perduto..
Fa piacere uguale X°°
Puffola__ *^*
   
 
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