Solo una piccola nota prima di concludere: per i motivi di cui sopra, la fanfic è ambientata post-principessa Kaguya, in un universo parallelo dove la-tipa-di-Kakeru non esiste nemmeno e Luna ha scelto di rimanere umana e rimanere con lui.
Enjoy~!
Senza
neanche accorgersene era tornato lì ancora una volta.
Quando camminava per le vie della città senza una meta, solo perché
non riusciva a stare fermo dai troppi pensieri che gli frullavano per la testa,
andava sempre a finire lì.
La
vecchia scuola media di Minako.
Il posto dove l’ aveva incontrata per la prima volta.
Non
che fosse stato un gran bell’ incontro, con lei che
gli era letteralmente piombata addosso, ma in qualche modo aveva segnato l’
inizio del periodo della sua vita senza dubbio più piacevole. Quando erano solo loro due, quando trascorrevano tutta la giornata
insieme, quando lui era il suo confidente. Quando
lui era il suo migliore amico.
«Sapevo
che ti avrei trovato qui».
Lui
non si voltò nemmeno, l’ aveva sentita arrivare alle sue
spalle ben prima che lei parlasse. Una volta, forse, l’ avrebbe
sorpreso. Non adesso, non con quelle scarpe che facevano
così tanto rumore.
«Vieni
sempre qui quando c’è qualcosa che non va».
Avrebbe
voluto risponderle qualcosa - qualcosa di acido,
probabilmente - ma sforzandosi preferì stare in silenzio. Un po’ come se, per
farla scomparire, gli fosse bastato ignorarla.
«Sei
arrabbiato con me, vero?»
Certo che era davvero insistente. Lo era sempre stata… E quello
lo faceva andare su tutte le furie: era lei che aveva insistito così tanto su quell’ argomento, era lei che l’ aveva convinto… ed era lei
ad averlo tradito a quel modo. Proprio quando si stava abituando all’ idea, per giunta.
«Sei
una traditrice», disse, dopo qualche secondo di silenzio. Era chiaro che non se
ne sarebbe andata finchè lui non le avesse parlato.
«Se
continui a usare certi termini, è logico che le
ragazze pensino… pensino quello».
Lui
si voltò, decidendosi finalmente a guardarla negli occhi. E
dovette alzare la testa, mentre non era assolutamente abituato a farlo. Gli
sembrava così strano…
«Luna…
non mi interessa di cosa pensino le ragazze», commentò
sospirando.
«Pensavo non ti piacesse essere compatito, povero Artemis».
Aveva
centrato il bersaglio: di tutta quella storia, la cosa che forse gli dava più
fastidio di tutte, era proprio essere compatito a quel modo. Da quando la
principessa Kaguya era stata sconfitta e Luna era andata a vivere con Kakeru,
per tutti lui era diventato il povero
Artemis. Ogni volta che Usagi e le altre guerriere parlavano di lui - quando chiaramente pensavano che lui non potesse
sentirle - si riferivano a lui a quel modo, mettendo quel «povero» davanti al suo nome… Erano sempre pronte a lanciargli uno
sguardo di pietà, come se si fosse preso una gravissima malattia e avesse i
giorni contati. Ma lui non era malato, non era pazzo e
specialmente non era povero: era
soltanto… stordito. Era stordito e aveva bisogno di un po’ di tempo per
risistemare la sua vita, tutto qui.
«Scusami»,
mormorò lei dopo qualche istante. «Scusami davvero. Se avessi saputo come
sarebba andata a finire, io…»
«Non
importa».
«Io ti voglio bene per davvero, Artemis».
«Lo so, anch’ io te ne voglio».
«Forse… forse è anche per questo. Ero gelosa di te,
credo. Mi sentivo esclusa. Noi avremmo dovuto essere uguali, no? Avremmo dovuto essere fatti l’ uno per l’ altra, no? E invece tu non avevi occhi che per lei… Solo che io non
avevo capito niente. Non capivo i tuoi sentimenti perché non li avevo mai
provati prima d’ ora. Mi sono
comportata come una bambina sciocca e viziata».
«Decisamente», rispose lui
dopo quella confessione sussurrata. Ma il tono della
sua voce, ora, si era un po’ ammorbidito. Era quasi riuscito ad abbozzare un
sorriso.
«Però in parte avevo
ragione. Prima di… prima di sapere di poter avere questo», riprese Luna,
indicando il suo nuovo corpo umano, «il mio ragionamento aveva una sua logica».
In effetti
Artemis non poteva negarlo. Qualche anno prima Luna l’ aveva messo di fronte
alla nuda e cruda verità: i gatti e gli esseri umani
non sono fatti per avere una relazione. Certo, un gatto può essere una
compagnia deliziosa, specie nei giorni d’ inverno, e
un essere umano a un gatto fa sempre comodo. Ma non si va al
di là di quello. Gatti con gatti, uomini con
uomini… Gatti parlanti con gatti parlanti. Aveva dovuto ammettere che si trattava di una logica inaccepibile. E
così si era lasciato convincere dalle parole di Luna, che aveva fatto di tutto
per togliergli Minako dalla testa e che gli aveva proposto di fingere un
reciproco interesse tra loro. «In fondo,
quali altre possibilità ti rimangono a parte me e la gatta dei vicini?»,
gli aveva chiesto in una sera d’ estate.
E lui si era impegnato: si era allontanato da
Minako, aveva cominciato a passare sempre più tempo con Luna, certe volte
dormiva perfino a casa di Usagi. E quando una vita
completamente felina sembrava essere una prospettiva quasi allettante, ecco che
era spuntato fuori Kakeru, Luna aveva perso la testa per lo scienziato e tutti
si erano convinti che lui avesse subito la più tragica delusione d’ amore della sua vita.
«Comunque, ti cercavo per
dirti qualcosa».
Lui le fece un cenno per farle
intuire di andare avanti.
«Non è stato merito del Calice e del desiderio di Usagi… non solo», spiegò lei sorridendo, «penso di aver
finalmente ricordato qualcosa del nostro passato. Questo corpo… era già mio.
Noi abbiamo una forma umana come tutti gli altri, Artemis… anche tu».
«Luna!»
La ragazza si voltò in direzione della voce che la
stava chiamando.
«Ora devo andare. Spero che… Beh, spero di
rivederti presto», disse, affrettandosi verso il cancello della scuola.
«Aspetta Luna! Come faccio
a…?»
«Non lo so», rispose lei fermandosi e voltandosi verso di lui. Poi si incamminò nuovamente, per fermarsi ancora dopo qualche
passo e lanciare un ultimo sguardo al gatto.
«Ti voglio bene, Artemis!»
Lui rimase fermo ad osservarla correre verso Kakeru e salutarlo con un
bacio.
Lui poteva avere un corpo umano?
Lui… poteva…?
Finalmente si decise a tornare a casa.