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Autore: St. Jimmy    30/08/2012    4 recensioni
“Sai, ho pregato, prima. Non lo facevo da quando avevo dieci anni."
“E nella tua preghiera cos'hai chiesto?”
Billie Joe sorrise stancamente. In fondo era ciò che avrebbe chiesto chiunque, no?

[Breve racconto ispirato a Stay the Night, Dear God e appena un pizzico di Emenius Sleepus]
Genere: Introspettivo, Malinconico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Billie J. Armstrong, Mike Dirnt
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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NELLA NOTTE



Billie si lasciò cadere in ginocchio davanti al candido letto della suite del Fairmont Beijing Hotel, lasciandosi andare ad un profondo, malinconico respiro. Lanciò un'occhiata al proprio orologio da polso prima di nascondere il volto tra le mani chiare, quasi tremanti. Le 5 del mattino. Erano di nuovo le 5 del mattino, e tra non molto avrebbe rivisto sorgere il sole, proprio come il giorno precedente. Si sentì improvvisamente impotente e disperato, colmo di rimpianti e tristezza. Aveva finito tutte le scorte di Valium, avrebbe dovuto procurarsene di più prima di partire, lo sapeva, ma non l'aveva fatto. Perché poi non l'aveva fatto? Doveva essere stato il suo ottimismo a dirgli do non farlo, con quella sua stupida vocina deviante. Avanti Billie, lo sai che ti passerà quando andrai in tour, perché appesantirti la valigia con medicinali inutili, è già abbastanza carica così com'è, potresti stirarti qualche muscolo a sollevarla, e tu non vuoi che questo succeda, no? No, ne ero sicuro. Ora forza, da bravo, smettila di pensarci e vedrai che filerà tutto alla grande.
E per un momento smise davvero di pensarci, quando un leggero rumore di passi rimbombò nel corridoio oltre la porta della stanza, fermandovisi davanti. Per un po' ci fu silenzio, poi una voce parlò, preceduta da due leggeri colpi di nocche.
“Bill” sussurrò “Bill, ci sei?”. Billie appoggiò la schiena al muro, le braccia sulle ginocchia piegate al petto, nello spazio tra il letto ed il comodino. Sospirò di nuovo.
“Mike, che ci fai qui?” rispose di rimando, sollevato dalla visita dell'amico e allo stesso tempo desideroso che se ne andasse.
“Britt mi ha chiamato ma in camera il cellulare non prende, così sono andato in corridoio e ho visto che c'era luce qui da te. Va tutto bene?” Si poteva percepire della preoccupazione nella voce di Dirnt.
“Tutto come di consueto. Entra pure se ti va.” Bills che lo invitava ad entrare dopo aver detto che era tutto regolare? Mike lo conosceva fin troppo bene per credere alle sue parole. Quando Billie dice che è tutto a posto è proprio il momento in cui nulla va come dovrebbe. Cercando di fare il minimo rumore possibile girò la maniglia della 226 e con passo leggero vi entrò: ci mancava altro che gli ospiti delle camere vicine potessero farsi strane idee sul loro conto, sentendolo sgattaiolare nella stanza di Armstrong a quell'ora.
Billie stava fissando un punto oltre la finestra aperta sulla parete di fronte a lui, ma non sembrava vedere davvero. Mike gli si avvicinò piano e gli si sedette accanto nel piccolo spazio dove si era rintanato. Vedeva il suo viso nella luce aranciata della abat-jour accesa dall'altro lato del letto: aveva gli occhi arrossati, circondati da pesanti cerchi scuri e da una sottile striscia di matita nera. Proprio come aveva sospettato.
“Bills, ancora?” Billie si limitò ad annuire, poi sottovoce aggiunse: “Valium finito.”
Michael gli circondò le spalle con il braccio sinistro. Ricordava come quando durante uno dei primi tour al di fuori degli Stati Uniti Billie Joe avesse avuto problemi ad addormentarsi, ma quella volta aveva attribuito la colpa al jet lag. Erano ormai parecchi anni però che nessuno di loro soffriva più per questo, possibile che Billie avesse ricominciato ad avere difficoltà legate ai lunghi viaggi che affrontavano? Scrutò l'amico. Indossava ancora i vestiti di scena dal concerto di quella notte, i consueti jeans neri, una camicia scura a maniche lunghe arrotolate a metà avambraccio ed aperta sul petto a mostrare i vari tatuaggi, ed una cravatta bianca dal nodo allentato (un semplice four-in-hand, come al solito). I lisci capelli color della pece erano leggermente spettinati sulla nuca e gli ricadevano sulla fronte, occultando gli occhi verdi dietro ad un'ombra cupa. Mike provò un moto di compassione per lui. Gli accarezzò la spalla.
“L'insonnia è una brutta bestia,” disse. Billie abbozzò un risolino forzato. “Non me ne parlare.”
“Ma non è solo questo che ti fa stare male, sbaglio?”.
Il moro alzò la testa e lo guardò negli occhi. Espirò. “No, non sbagli.” Mike lo strinse un po' più a sé con il braccio. Aveva capito che c'era qualcosa di più a tormentarlo semplicemente dal suo sguardo. Billie appoggiò la testa al muro e tirò su con il naso. Era la causa della sua insonnia a distruggerlo, ancor più dell'insonnia stessa. La luce della luna si rifletteva vuota nei suoi occhi. La calda voce del cantante riempì la stanza altrimenti silente.
“Sai, ho pregato, prima. Non lo facevo da quando avevo dieci anni. Mi ha fatto sentire un idiota, ma un idiota con una speranza. Non so se qualcuno mi abbia davvero ascoltato lassù, e sinceramente non so nemmeno fino a che punto mi interessi realmente, ma è stato un momento... bello. Dolce, forse. Mi piace pensare che la mia preghiera abbia viaggiato nell'aria e che magari, perché no, che magari sia perfino giunta a destinazione.” Michael fu sorpreso dalle parole dell'amico. Strinse involontariamente le labbra.
“E nella tua preghiera cos'hai chiesto?”
Billie Joe sorrise stancamente. “Ho chiesto a Dio di prendersi cura della mia famiglia, di abbracciare Adrienne e i bambini quando non ci sono io a poterlo fare, quando sono troppo lontano. Mike, mi mancano. Tutti i momenti che sto perdendo con loro non potrò più recuperarli. I miei figli stanno crescendo senza di me. Proprio l'altro giorno Jakob ha perso il suo primo dentino e io non ero lì a rassicurarlo, a dirgli che non era nulla di male e che di notte la fatina gli avrebbe portato un soldino perché era stato un ometto coraggioso. L'ha fatto Adie, da sola.” Abbassò il capo. “Non era così che doveva andare.” Sulle sue guance pallide si potevano intravedere le sbavature della matita, tracce pesanti su una pelle color della neve. Mike si domandò perché non si fosse struccato dopo lo show. Billie tornò a sussurrare.
“Il senso di colpa mi sta divorando, non riesco a dormire la notte, non più, perché se da un lato sto garantendo un futuro ai miei ragazzi con il mio lavoro, dall'altro mi rendo conto che non hanno una figura paterna a guidarli durante gli anni dell'infanzia e tra non molto dell'adolescenza. Ho perso mio padre all'età che adesso ha Joey e semplicemente non voglio che ai miei figli ne sia negato uno.” Si prese il volto tra le mani. “Voglio solo andare a casa.”
Mike lo abbracciò, arruffandogli i folti capelli corvini. Capiva la sua posizione, era ciò che lui stesso stava vivendo in quel momento. Era ormai un anno e mezzo che erano in tour e non sarebbero rientrati ad Oakland per almeno altri tre mesi. Era dura, per tutti. Billie però era stato un ragazzo fragile sin da quando l'aveva conosciuto, ed ora era un uomo fragile. Manteneva un atteggiamento distaccato durante il giorno, ma di notte, quando i suoi demoni tornavano alla vita e lo tenevano sveglio per ore interminabili, ecco che il peso di tutto ciò che il dì aveva portato gli piombava sulle spalle, schiacciandolo. Lui e Tré riuscivano a sopportare la tensione nonostante tutto, ma Bill no, o almeno non quanto avrebbe voluto. Vederlo in quelle condizioni lo faceva stare male. Gli baciò la guancia ispida e gli fece appoggiare la testa sulla sua spalla, accarezzandolo con dolcezza. A volte un gesto vale più di mille parole.
Billie si lasciò confortare dall'amico senza battere ciglio, rincuorato dal calore di Mike e dal suo profumo così familiare. Si sentì protetto, ma una grande voragine nera riempiva ancora la sua anima; pareva portare alla luce la parte più infantile di lui, una crepa nell'inconscio da cui i mostri uscivano solo una volta calato il tramonto. Chiuse gli occhi; lasciò che ciò che era rimasto della sua immaginazione lo trascinasse con sé in un posto migliore.
“Mike, adesso cosa accadrà?” domandò con un qualcosa nella voce che a Mike ricordò un bambino insicuro. Gli diede un altro bacio sulla fronte.
“Adesso guardiamo le stelle fino a che il sole inizia a sorgere.”




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A/N
Buona sera caro lettore, se sei arrivato fino a qui significa che hai dato una sbirciata a tutto il racconto. Te ne sono grato, ecco un biscottino.
A presto folks!
Love & Respect
Jaymz
   
 
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