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Autore: Milly_95    31/08/2012    3 recensioni
[Ginnaste - Vite parallele]
La vita, le amicizie, gli amori, la passione per lo sport di una ginnasta, Rossana Giordano, che è andata a vivere lontano da casa per allenarsi e vivere il suo sogno più grande: entrare nella Nazionale Italiana di Ginnastica Artistica!
Genere: Fluff, Slice of life, Sportivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 1- "QUANDO TUTTO EBBE INIZIO"


"Rossana! Già sei qui!"
"Sì, scusa Serena, lo so che dovevo avvisarti prima di sparire."
"Sei sempre la solita, dovranno aspettare te per chiudere la palestra!"

E così cominciava un altro dei miei innumerevoli allenamenti di ginnastica artistica. Ma quella volta ero in trasferta per gli assoluti di Catania che si sarebbero tenuti l’indomani. La palestra era pazzesca, l'avevano rinnovata da poco in prospettiva di quelle gare. Non riuscivo ancora a credere di poter gareggiare con le migliori ginnaste di tutta Italia! Stavo portando degli esercizi molto più difficili di quelli che ero abituata a fare, ma insieme a Serena, la mia istruttrice, ero riuscita a perfezionarli quasi tutti: il volteggio era –ed è- l'unico attrezzo che mi dava problemi. Per gli attrezzi feci a turno con le ginnaste delle altre squadre, anche quelle della Nazionale. Erano potentissime! Alla fine dell'allenamento ero distrutta e un po' demoralizzata per la bravura delle mie avversarie,ma alla fine trovai la forza per andare a cena e poi mi addormentai come un sasso, lasciando che la stanchezza vincesse la tensione.

Il giorno della gara fu indimenticabile! Indossavo un body nero con una fantasia floreale bianca lungo il fianco sinistro. Cominciai con il corpo libero, la mia specialità, per la cui musica scelsi ‘Timebomb’ di Kylie Minogue. Quella canzone mi divertiva e mi dava una carica strepitosa, sommata a quella che scaturì dalla tensione della gara… Il risultato fu un’esecuzione perfetta!!
Guardai gli esercizi di Carlotta Ferlito, Elisabetta Preziosa, Francesca DeAgostini, Sara Ricciardi e le altre ragazze. Furono fantastiche. Alla trave fui quasi perfetta, qualche piccola sbavatura alle parallele… Alla fine arrivò il turno del volteggio. Avevo l’adrenalina a mille. Guardai il tabellone: sì, c’era scritto proprio il mio nome e avrei desiderato di avere letto male, o che fosse solo uno sbaglio, o un brutto incubo... Ma era la realtà. Improvvisamente un brivido mi calò giù per la spina dorsale: ‘Potrei sempre andarmene’ pensai. No, non riuscivo a muovermi. Ero là, centinaia, forse migliaia, di spettatori lì a guardarmi, tra cui i miei genitori, le telecamere, Serena, le altre atlete che avevano già eseguito –e senza tutta questa difficoltà!-. Ad un tratto la luce da rossa divenne verde e allora senza pensarci scattai. Sentivo i piedi nudi sulla pedana, e poi un salto, i polpastrelli premere con forza sulla tavola e in un secondo abbandonarla. Non capii più niente, sentivo solo che il mio corpo era un tutt’uno con l’aria e quell’istante parve durare un’eternità. Poi i miei piedi toccarono di nuovo terra, uniti, ed io ero in piedi, avevo terminato il mio esercizio senza neppure un errore. Quasi piansi dalla gioia, corsi ad abbracciare Serena, quella che cinque minuti prima mi diceva che sarebbe andato tutto bene, che ero un’atleta straordinaria e che anche le montagne avevano paura di me e della mia determinazione. Andai nello spogliatoio, una doccia fresca e poi di nuovo fuori per la premiazione: Medaglia di Bronzo! IO! Tra tutte quelle grandi atlete, io, che facevo ginnastica da soli 3 anni, IO, avevo ottenuto un bronzo agli Assoluti di Catania! Doveva per forza essere un sogno! Tornai a casa felice come non mai. Era stata una sorpresa enorme, sorpresa che non sarebbe rimasta al Palazzetto dello Sport di Catania…
 
Il lunedì dopo mi presentai alla palestra di Serena, la mia palestra. Andai a cercarla, visto che ero in anticipo, nel suo studio. Bussai alla porta. “Avanti”. Entrai. Un uomo in giacca e cravatta seduto davanti alla scrivania di Serena si alzò in piedi. “Ciao, tu devi essere Rossana Giordano”, disse. “Sì, sono io.” “E’ un piacere incontrarti. Io sono il Presidente della Federazione Italiana di Ginnastica Artistica, Pietro Rinaldo.” Mi strinse la mano. “Volevo farti personalmente i complimenti per la tua ottima prestazione a Catania, hai un talento decisamente ammirevole.” “Grazie mille” risposi. Ero contenta, emozionata e stupita al contempo. Davvero un uomo importante come lui era venuto fino a Palermo solo per complimentarsi con me? Ero così importante? “Ok, Rossana, vai a prepararti, io devo finire di parlare con il Signor Presidente e poi iniziamo.” Mi liquidò Serena. Andai nel mio camerino a cambiarmi, nel frattempo erano arrivate le mie compagne. Avevamo appena cominciato a riscaldarci quando arrivarono Serena e il Presidente. L’allenamento si svolse con la costante presenza del Presidente, che scrutava ogni singolo movimento. Più volte mi riprese mentre ero sulle parallele (“Gambe dritte!”, “Sei troppo vicina all’attrezzo!”, etc.), e anche sugli altri attrezzi. Ma alla fine l’allenamento finì e io mi rinfilai dentro lo spogliatoio, triste per l’umiliazione, arrabbiata perché non riuscivo a scaricare la tensione. Uscita dallo spogliatoio filai dritta verso l’uscita della palestra. Non volevo salutare Serena, non volevo nemmeno vederla. Ero quasi fuori, vedevo solo la porta, allungai la mano verso la maniglia… “Rossana, dove vai?” Sempre lui. L’uomo che un momento prima si era complimentato con me per il mio ‘talento decisamente ammirevole’, e un momento dopo era lì a criticare il modo in cui muovevo ogni singolo muscolo. “Scusi tanto ma devo proprio andare.” Risposi fredda. “Potresti entrare nella Nazionale, lo sai?” mi disse improvvisamente. Rimasi bloccata, la maniglia in mano, ancora sulla soglia. Mi voltai. “Che cosa?” “Hai capito benissimo. Ti sto offrendo la possibilità di allenarti al Centro Tecnico Federale di Milano insieme alle atlete della Nazionale. Il tuo futuro è nelle tue mani, e spetta a te decidere di renderlo grande oppure no.” “Io… Ma io come faccio? Come faccio a lasciare la mia famiglia, i miei amici, la scuola…” “Cosa è più importante per te?” Lo guardai fisso, senza una risposta. Qual era la scelta giusta da fare? “Non lo so.” Risposi con gli occhi bassi. “Pensaci. Io domani sarò qui e vorrei parlare con i tuoi genitori.” “Va bene.” “Ora puoi andare. A domani.” “Arrivederci.” Uscii.
Mi catapultai a casa e parlai con i miei di quello che era successo. “Ascolta, noi siamo i tuoi genitori e vorremmo che tu rimanessi qui con noi. Però è il tuo futuro e se è davvero questo che vuoi per te, allora noi non possiamo che essere felici se tu realizzi i tuoi sogni.”
L’indomani i miei parlarono con il Presidente e firmammo il contratto. La settimana dopo sarei andata a vivere a Milano, lontano da casa, dalla famiglia, dagli amici, dalla scuola, ma soprattutto da Serena, che ha tutto il merito di avermi portata fin qui.
 
Così salii su un aereo, atterrai all’aeroporto di Malpensa, dove un uomo mi aspettava per portarmi prima in albergo a posare le mie cose, poi in palestra per vistarla e conoscere le altre atlete e gli allenatori. Che fosse sogno o realtà, io non riuscivo a credere ai miei occhi! 
  
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