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Autore: Icegirl46    31/08/2012    5 recensioni
"Era gia` buio fuori; nelle strade i lampioni erano accesi da un pezzo, ma non era troppo tardi per una visita al giovane truffatore, o almeno cosi` aveva pensato quando aveva salutato Elizabeth con un bacio sulla guancia per poi presentarsi davanti a casa di June, e poter finalmente fare cio` che per tutto il giorno gli era stato impossibile, per un motivo o per un altro: parlare"
Un’operazione sotto copertura non va come previsto, e Neal e` profondamente scosso per quanto accaduto.
Genere: Angst, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Neal Caffrey, Peter Burke
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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I got Memories, I got Shit

 
 

 

Un’operazione sotto copertura non va come previsto, e Neal e` profondamente scosso per quanto accaduto.

Classica storia Hurt/Comfort, con protagonisti Neal e Peter. Io l’ho intesa come basata su un rapporto di profonda amicizia a legare i due, e non una pre-Slash, ma volendolo credo si possa leggere anche da questo punto di vista.

 

 *** *** ***

“And I fight back in my mind
Never let me be right, oh
I got memories, I got Shit
So much it don’t show…

Oh I walked in light
When you held me in that night
Oh I walked the line
When you held my hand that night”

“Ed io sono combattuto nella mia mente
Non lascia mai che io stia bene, oh
Ho dei ricordi, di merda
Cosi` tanti che nemmeno si vedono tutti...
 
Oh io ho camminato nella luce
Quando tu mi hai stretto a te quella notte
Oh io camminavo al limite
Quando tu hai tenuto la mia mano quella notte”

Pearl Jam ~ I Got Shit

 *** *** ***
 


Peter busso` alla porta dell’appartamento di Neal, ed attese che l’amico venisse ad aprirla.

Era gia` buio fuori; nelle strade i lampioni erano accesi da un pezzo, ma non era troppo tardi per una visita al giovane truffatore, o almeno cosi` aveva pensato quando aveva salutato Elizabeth con un bacio sulla guancia per poi presentarsi davanti a casa di June, e poter finalmente fare cio` che per tutto il giorno gli era stato impossibile, per un motivo o per un altro: parlare. Sapeva che non era insolito per Neal stare sveglio fino alle ore piu` impensabili, anzi, in effetti, si poteva dire che era abituato a causa della vita che aveva sempre vissuto. In fin dei conti, non si fanno spesso colpi nei piu` prestigiosi musei del mondo in pieno giorno - anche se lui sospettava che a Neal fosse successo, in un paio di occasioni! Ora pero`, dopo avere bussato gia` due volte, inizio` a preoccuparsi. Aveva controllato i dati della cavigliera di Neal, sapeva che era proprio li`, in quell’edificio, oltre la porta chiusa che stava fissando gia` da un minuto buono. Ma allora, perche` non andava ad aprire?

“Forse non sta bene. Magari e` ancora scosso per quanto accaduto oggi” penso`, aggrottando le ciglia. “O magari, sta solo dormendo…” replico` una parte della sua mente, quella meno apprensiva e piu` razionale.

Decise che valeva la pena bussare ancora una volta, fare un ultimo tentativo, e poi eventualmente tornare a casa. Attese per qualche secondo, e poi finalmente senti` dei rumori all’interno, dei passi frettolosi ma un po’ scoordinati avvicinarsi, ed infine il chiavistello aprirsi. E poi comparve Neal.

Prima i capelli, arruffati e sparati in mille e piu` direzioni diverse, con alcuni ciuffi che gli ricadevano sulla fronte; poi gli occhi sonnolenti, con le palpebre appesantite che cercavano disperatamente di non chiudersi; infine tutto il suo bel viso, le guance arrossate e solcate dai segni del tessuto di cuscini e lenzuola, e lo spuntare sul mento della barba che ricresceva, a coronare un’immagine allo stesso tempo estremamente tenera ma anche davvero buffa.

Peter si soffermo` un attimo ad osservare il suo abbigliamento, non perche` fosse particolarmente spettacolare – anzi, si potrebbe ben dire che era piuttosto banale – ma perche` era assolutamente, incredibilmente strano vedere Neal, l’immagine della perfezione, il simbolo della grazia e dell’eleganza, con addosso una comunissima maglietta bianca un po’ larga, tutta stropicciata, e un paio di morbidi pantaloni del pigiama grigi.

- Hai intenzione di entrare, o dopo avermi svegliato vuoi anche rimanere sulla porta a fissarmi? – gli chiese il giovane, sfregandosi insonnolito gli occhi.

- Uh? Ah, certo –

Imbarazzato per essersi fatto cogliere alla sprovvista mentre lo scrutava distratto divertito e anche soprapensiero, Peter entro` chiudendo l’uscio dietro di se`.

- Bel pigiama… - disse, ridacchiando e cercando di sciogliere il silenzio che si era creato nel frattempo.

La battuta non riusci` nel suo intento. Neal non si mise nemmeno a ridere, continuo` solo a fissarlo, in un tacita richiesta di sbrigarsi a parlare. E Peter provo` ad accontentarlo.

- Come stai, Neal? – gli chiese, tornando serio.

- Bene, Peter. Sto bene. E` tutto il giorno che non faccio altro che ripeterlo. A te, Diana e Jones. Al medico dell’ infermeria dell’FBI. Persino ad Hughes. Mi sono addirittura stancato a furia di dirlo – rispose, scocciato ed annoiato.

Peter non capi` se, comprensibilmente, fosse di malumore per via di cio` che era accaduto quella mattina, oppure perche` lo aveva svegliato. Qualunque fosse la risposta, prese mentalmente un appunto, quello di non andare mai in futuro a disturbare il riposo del truffatore, specie in giornate ‘no’ come quella.

- Ne sei sicuro? – gli domando` di nuovo, osservandolo attentamente.

Neal, appoggiato ad uno degli armadietti della cucina, volse il suo sguardo altrove, verso l’scurita` oltre le grandi vetrate della stanza, a contemplare le sagome oscure dei palazzi newyorkesi, e poi rispose di nuovo affermativamente. Ma era poco convincente, lo sapeva lui cosi` come lo sapeva l’agente.

“Ah Neal, stai perdendo la tua capacita` di mentirmi…”, si disse Peter, con un misto di orgoglio ma anche di apprensione a bloccargli la gola. Confatica, cerco` di riprendere il discorso.

- So che quello che e` successo oggi ti ha sconvolto, Neal. Non fare cenno di no, e` inutile. Quando abbiamo fatto irruzione eri appoggiato al muro in un angolo, con le mani tremati, bianco come un fantasma, quasi non riuscivi a parlare, e sei corso fuori da quel magazzino non appena noi siamo entrati. Diana ha chiesto se era il caso di farti visitare da un medico, nel caso tu fossi in stato di shock o qualcosa di simile; sei riuscito a farla desistere solo grazie a quella specie di ghigno che le hai rifilato quando ti si e` affiancata. E, lasciatelo dire, era piu` inquietante che rassicurante! Nel pomeriggio poi, in ufficio, hai fatto fatica a stare seduto e concentrato per piu` di cinque minuti di fila; il tuo rapporto era un disastro completo, l’ha dovuto correggere e sistemate Jones… Jones, dico, ti rendi conto? Direi che quello che e` successo ti ha colpito, e parecchio, anche! Ma e` normale, Neal, del tutto normale… –

- E allora cosa ci fai qui, Peter? Dato che il mio comportamento e` stato normalissimo, perche` sei venuto a bussare alla mia porta appena prima di mezzanotte? Se dovevi solo comunicarmi la tua comprensione per quanto accaduto, avresti potuto farlo domani mattina in ufficio – gli rispose, freddo.

E a Peter non piacque affatto il modo in cui aveva pronunciato la parola ‘comprensione’, facendola assomigliare di piu` a pieta`. Peter odiava la pieta`, tanto quanto la odiava Neal, se non di piu` - e la detestava soprattutto quando erano gli altri ad affibbiargliela, mentre lui la teneva ben lontana da se`.

- Non cercare di allontanarmi in questo modo, con parole taglienti, sai che e` inutile. Sarebbe piu` facile invece parlare apertamente dell’operazione e di come e` andata a finire e…. –

- No Peter, sarebbe molto piu` facile se io ora fossi sdraiato a letto, proprio come prima del tuo arrivo, a cercare di riposare in vista di domani e dell’interrogatorio degli AI (*) a cui saro` sottoposto di sicuro! – lo interruppe Neal, questa volta visibilmente agitato.

Continuava a fissare le grandi vetrate, ma Peter era sicuro che non le vedesse. No. A giudicare piuttosto dal sottile tremore delle sue mani, l’agente penso` che stesse rivivendo la terribile esperienza di quella mattina. L’agente lo osservo` un minuto in silenzio, cercando di non perdere la calma e la sua compostezza, mantenendo invece un po’ di sangue freddo. Adesso capiva ancora meglio lo stato d’animo dell’amico; allo shock iniziale per quanto accaduto, al senso di colpa e all’orrore, si era aggiunta ora anche la paura per il colloquio con l’ufficio degli AI – colloqui che terrorizzavano anche gli agenti piu` anziani, figurarsi un consulente.

- Vuoi tornare a letto, dunque? – gli chiese.

Neal fece un cenno affermativo appena percettibile nell’oscurita` della casa, continuando a fissare la finestra, perso in un altro mondo e in un mare di pensieri che si andavano affollando sovrapponendo accalcando nella sua mente, quando lui, invece, voleva solo dormire in pace. Sospiro`, rassegnato e anche un po’ depresso, forse.

Poi, all’improvviso, senti` le braccia di Peter chiuderlo in una sorta di morsa, una stretta da orso, sollevarlo quasi di peso e trascinarlo attraverso la cucina. Non lo aveva nemmeno sentito avvicinarsi. Un po’ per la sorpresa, un po’ per l’imbarazzante situazione – diavolo, la sua giancia era letteralmente appiccicata al collo di Peter, e cosi` pure le sue labbra! – provo` a liberarsi dalla sua stretta.

- Peter, che accidenti fai! –

- Ti porto a letto, proprio come hai chiesto –

- Ci posso andare anche da solo, senza bisogno del tuo aiuto! – gli rispose Neal, cercando di sottrarsi alla presa con un paio di gomitate, ma senza successo.

Peter attraverso` il salotto, entro` nella camera di Neal e senza fatica, con una semplice spinta lo fece finire disteso sul letto, meta` sdraiato, meta` seduto; a sua volta, si poggio` con le ginocchia al soffice materasso, troneggiando sul truffatore grazie al suo fisico piu` robusto. Gli prese con fermezza ma anche delicatamente i polsi e li chiuse fra le sue mani, trattenendoli, e attese che Neal smettesse di dibattersi come un animale in trappola – o un bambino capriccioso e arrabbiato, dipende dai punti di vista.

Quando finalmente, dopo un paio di minuti di inutile lotta, il piu` giovane parve essersi calmato, Peter lascio` andare la presa sulle sue braccia e osservo` il profilo del suo viso nell’oscurita` di quella stanza. Neal, steso sulle lenzuola sfatte accanto a lui, fissava il muro nascondendo parzialmente il viso, anche se non riusciva a mascherare la tristezza e la paura dei suoi occhi. L’ansia e l’inquietudine stavano prendendo davvero il sopravvento, ora, e Peter sapeva che era solo questione di momenti prima che il suo amico iniziasse a parlargli spontaneamente. Con Neal era sempre cosi`: bisognava metterlo con le spalle al muro – o al materasso, in questo caso – per farlo aprire spontaneamente e sinceramente. E cosi` fu; presto, il silenzio venne interrotto dai sui sussurri appena percettibili.

- Sai, continuo a rivivere quella scena. Il magazzino dove avremmo dovuto concludere la trattativa per avere quel magnifico Rembrandt rubato, e dove secondo i nostri piani avremmo dovuto arrestare quell’uomo. E poi, rivedo la canna della sua pistola puntata direttamente alla mia testa. Mi aveva scoperto Peter, non so come ma aveva capito che lavoravo con voi. E i suoi occhi, mentre minacciava di spararmi… non hai idea di come fossero furiosi e anche disperati. Allucinati, quasi. Ho temuto davvero di ritrovarmi con un proiettile in testa… -

Le sue parole, sottili e tremanti, si spensero nel buio della stanza. Aveva voltato il viso, ora, guardava Peter negli occhi, e l’agente poteva scorgere la sua ansia, l’angoscia che lo pervadeva; vedeva nel profondo di quei pozzi blu tutta la disperazione che lo attanagliava, al pensiero di avere scampato la morte per un soffio, ma di avere anche perso la vita di un’altra persona – un criminale, un malvivente, ma sempre una persona, come lui e soprattutto come Neal – nel frattempo. Era come se riuscisse a trasmettergli tutte queste sensazioni insieme, semplicemente con uno sguardo e dal contatto fra i loro corpi, tramite osmosi.

- Ma non sei tu, quello a cui ha sparato, Neal – gli disse.

- No, infatti. No, io sono quello che lo ha visto mettersi la canna della pistola in bocca e farsi saltare la testa. E non riuscivo a muovermi Peter, ci credi? Ero come paralizzato... –

- Tutti lo sarebbero stati; nessuno avrebbe reagito diversamente da te. Diavolo, persino noi che vi ascoltavamo tramite gli auricolari avevamo davvero temuto che stesse per accaderti il peggio ed avevamo gia` iniziato a circondare l’edificio! – gli rispose Peter.

Pensando di nuovo a quei momenti, anch’egli iniziava a rendersi conto della paura che aveva provato, al pensiero che qualcuno stesse puntando un’arma contro il suo amico e consulente. Se gli fosse accaduto qualcosa, non se lo sarebbe mai perdonato, ne era assolutamente certo.

- Quando abbiamo sentito il colpo partire, il fragore dello sparo, abbiamo davvero vissuto un attimo di panico prima di precipitarci all’interno. Avevamo il terrore di cio` che avremmo visto, tutti noi. Diana, Jones, ed io ovviamente. Avremmo potuto trovare te, Neal, in quella pozza di sangue, e questo ci ha raggelati. Ma non eri tu, e non so nemmeno esprimerti a parole il sollievo che ho provato in quel momento, sapendoti tutto intero! –

- Io ero tutto intero, ma quell’uomo non aveva piu` una testa! Il suo cervello era appiccicato alla parete insieme a pezzi di cuoio capelluto. E io non sono stato capace di muovermi, di fermarlo; l’ho solo guardato rivolgere l’arma contro si se`, e poi BOOM, non aveva piu` una testa. Non riesco a togliermi quelle immagini dalla mente, Peter –

- Nessuno ci riesce mai, te lo assicuro. Nemmeno dopo anni di esperienza. Nemmeno dopo mesi e mesi di terapia in certi casi; figurarsi dopo appena dodici ore! Sono ricordi indelebili, ma poco a poco riesci a convivere con cio` che hai visto, e alla fine con un po’ di pazienza avrai arginato tutto in un angolo buio della tua testa. Si`, rimarranno sempre li`, quelle ombre, come in agguato, e non se ne andranno mai; ma non ti perseguiteranno piu` come sta accadendo ora. Questo te lo posso assicurare, Neal – gli disse Peter, comprensivo, mettendogli una mano sulla spalla per dargli un po’ di conforto, e sperando effettivamente di riuscirci.

Rimasero cosi`, sdraiati in silenzio per qualche istante, ognuno cercando di riordinare i proprio pensieri. Neal pensava alla testa dell’uomo che in un attimo scompariva, al sangue che si sentiva scivolare addosso, sui capelli, sul volto. Riviveva quell’attimo di terrore misto anche – vergognosamente, ma comprensibilmente – al sollievo che aveva provato capendo che tutto era finito. Peter cercava di capire in che modo poteva aiutare ulteriormente l’amico, farlo allontanare da quell’incubo che stava vivendo e che lo avrebbe perseguitato ancora, almeno per un po’, portando con se` inutili sensi di colpa per un fatto che nessuno avrebbe potuto cambiare. Temeva sarebbe stato necessario convincerlo a parlare con la psicologa dell’ufficio, e sapeva che sarebbe stata necessaria una lunga opera di convinzione per riuscire a strappare il benestare di quel testardo truffatore. Ma ce l’avrebbe fatta, ne era sicuro.

- Allora adesso… adesso, cosa facciamo? – chiese Neal dopo un po’.

E la sua voce sembro` a Peter piu` leggera, meno torturata, sebbene ancora tremante e scossa. Era la voce di un uomo pronto a ricominciare, a chiudere una parentesi non proprio idilliaca, per ritrovare di nuovo se stesso, il suo essere confidente e sicuro, e andare oltre. L’agente ne fu felice, penso` che era gia` un bel passo avanti e in fondo, era anche orgoglioso di se`, per essere riuscito con le sue poche parole ad indirizzarlo verso la giusta via– e forse non sarebbe stato cosi` difficile convincerlo a parlare con una vera professionista, dopotutto.  Risoluto, gli diede il suo consiglio.

- Innanzitutto, domani andrai al colloquio con quelli degli AI. Se vuoi, posso chiedere a Hughes di partecipare; non e` una consuetudine, ma d’altro canto non credo sia mai accaduto che gli agenti degli AI interroghino un consulente, quindi potremmo fare un’eccezione alla regola. E se ti daranno problemi, potro` a mia volta confermare le tue parole grazie all’audio degli auricolari, anche se sono certo che non ce ne sara` bisogno. Cio` che e` accaduto e` evidente. –

Neal, sentendo quelle parole, non fu capace di trattenere un sospiro di sollievo. Gia` si sentiva piu` tranquillo; sapere di poter contare su Peter davanti a quei mastini degli AI era un supporto non da poco. Sapere di poter contare su Peter nel momento del bisogno – in generale, in un colloquio al quartiere generale dell’FBI o semplicemente come amico e confidente con cui parlare, all’occorrenza anche in piena notte – era un vero toccasana per il suo morale in quel momento. Riusci` persino a sorridere, un sorriso sincero per la prima volta quel giorno, e Peter noto` come la tensione si stesse finalmente sciogliendo, portando via con se` anche un po’ di ansia, e si` senti` a sua volta sollevato, in pace con se stesso. Sereno.

E poi ovviamente, quell’intelligentone del suo consulente non pote` fare a meno di interrompere un piacevole e gradevole silenzio con una delle sue battutine.

- Aww Peter, non conoscevo questo tuo lato tenero e cavalleresco, pronto ad aiutare la fanciulla in difficolta`! – gli disse, sfregando giocosamente il gomito contro il petto dell’agente sdraiato al suo finaco.

Agente che, vedendo finalmente il suo consulente con un sorriso vero, non riusci` a fare a meno di essere felice, anche se per mantenere la facciata di duro che gli era propria, sbuffo` cercando di fingersi annoiato.

- Dunque tu saresti una fanciulla in difficolta`, Neal? – gli chiese ironico, e questa volta fu il turno di Neal di sbuffare, fintamente scocciato ma veramente sollevato.

- Non sono una fanciulla e questo mi sembra lampante, pero` in difficolta` si`, Peter! – rispose, lasciando l’amico di stucco: da quando Neal ammetteva di avere un problema con tanta facilita`?

- Sono in difficolta` - riprese – perche` qualcuno mi ha interrotto nel mio sonno. Sai, ho impiegato piu` di un’ora per addormentarmi, e poi uno scocciatore e` venuto a svegliarmi bussando alla mia porta – fini`, ridendo.

“Ah, ecco! Mi pareva tutto troppo facile…” penso` Peter, scuotendo la testa con un sorriso di rassegnazione.

- E allora direi che adesso quello scocciatore provera` a rimediare al danno causato, che ne dici? – gli chiese, reggendo il suo gioco.

- Dico che mi sembra giusto -

Peter circondo` con le braccia il suo busto, facendogli appoggiare la testa alla sua spalla, e dopo un attimo senti` i muscoli di Neal lasciarsi andare completamente accompagnati da un piccolo sospiro, il suo corpo rilassarsi contro di lui, pronto nuovamente, finalmente, al riposo – davvero meritato, quel giorno – mentre il giovane a sua volta lo cingeva in un abbraccio, liberatorio e rassicurante in contemporanea.

Tempo pochi minuti, ed entrambi si erano addormentati.
 
 
 
 


 
(*) AI, ossia Affari Interni, l’ufficio incaricato delle inchieste interne nel caso di particolari situazioni, composto da agenti che indagano sui loro stessi colleghi e le operazioni compiute da questi ultimi. In White Collar si parla di OPR (Office of Professional Responsibility); guardando le serie in lingua originale, non so come il termine sia stato tradotto, dunque io mi sono presa la liberta` di usare la piu` corrente denominazione italiana presa dai libri di M. Connelly. Spero non vi dispiaccia.

  
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