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Autore: Alexiel_Slicer    31/08/2012    2 recensioni
Questa fan fiction a capitoli deriva da una one-shot che pubblicai molti giorni addietro chiamata "Occhi belli".
"Lui cantava, cantava, non faceva altro che cantare, anche se dentro si sentiva male, anche se non ne aveva voglia, lui doveva ugualmente cantare e dare l'idea di stare bene con se stesso, con il mondo, con tutto, soffocando i suoi sentimenti."
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bill Kaulitz, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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"She feels the real me"


CAPITOLO 1
Fuori il cielo era azzurro e limpido e lui l'osservava da dietro il finestrino della sua auto che, intanto, rifletteva la luce del sole che si infrangeva contro le vetrate degli alti grattacieli disturbando la sua contemplazione.
L'auto si fermò ad un semaforo che segnava il rosso e lui ne approfittò per studiare attentamente una coppietta che passeggiava sul marciapiede: il ragazzo teneva per mano la ragazza che nel frattempo sorseggiava il suo frappè alla fragola. Entrambi ridevano, entrambi sembravano felici.
Sentì una piccola fitta al cuore, ma che nonostante ciò gli fece arricciare il naso, poi l'auto ripartì lasciandosi dietro quella visione.
"Bill a che pensi?" chiese Tom al volante girandosi leggermente verso di lui
"Niente" si limitò a dire rauco con lo sguardo ancora perso fuori dal finestrino.
Tom non replicò e dopo aver riportato il suo sguardo sulla strada continuò a guidare in silenzio. Sapeva che quel "niente" del fratello voleva dire "molto" e forse anche "troppo", ma non voleva insistere; a volte è meglio lasciar qualcuno da solo con i propri pensieri.
Dopo qualche curva l'auto si fermò definitivamente ed entrambi slacciarono le cinture e scesero. Attraversarono il parcheggio ed entrarono in un grattacielo dalla facciata completamente in vetro.
Quando varcarono l'ingresso Bill pensò "Un altro giorno, un altro snervante giorno"; ed era vero: i gemelli ultimamamente passavano le loro giornate lì, in quel grattacielo che ospitava gli studi di registrazione della loro casa discografica. Dovevano ultimare in fretta il nuovo album perchè i fan erano frementi e la data di scadenza per la consegna si avvicinava inesorabile sempre di più. Come se non bastasse loro non erano neanche a metà del lavoro.
Jade, la ragazza della hall, li accolse come sempre con un gran sorriso che Tom ricambiò con un cenno del capo, mentre Bill distratto non ci fece neanche caso.
Una volta in studio trovarono David con il cellulare in mano che posò subito quando li vide:
"Stavo per chiamarvi! Siete in ritardo!" li rimproverò
"Lo sappiamo e scusaci, ma purtroppo la sveglia questa mattina non ha fatto il suo dovere" fu la risposta di Tom
l'uomo li guardò serio per dei secondi poi disse "Va bene, ma adesso mettiamoci al lavoro se no questo album non lo finiamo più!".
Bill entrò nella stanza insonorizzata, indossò le cuffie ed iniziò a cantare, anche se non ne aveva assolutamente voglia.
"No, no! Stop!" interruppe bruscamente David
"Che c'è che non va?" si lamentò il ragazzo sbuffando
"Canta con più enfasi! Con più passione! Mi sembra il coro della chiesa così!"
"Agli ordini" borbottò e riprese a cantare cercando di mettermi quella "passione" che gli era stata chiesta, anzi ordinata. Si, perchè quello era un ordine per lui a cui doveva obbedire e questo non lo sopportava. Lo faceva sentire un robot, una sorta di automa, una marionetta addirittura.
Quel giorno non voleva cantare, quel giorno il suo morale era sotto ai piedi e non si sentiva di intonare quelle canzoni con "passione" ed energia. Perchè doveva farlo? Era solo una grande contraddizione con il suo stato d'animo.
A metà della seconda strofa David gli riservò un'altra interruzione:
"No, Bill! Quella nota falla più alta!".
Il ragazzo annuì.
Si, lui era proprio un automa e più tempo passava li dentro, più si sentiva così: una volta per la testa gli balenò il pensiero di essere persino una macchina per fare soldi. Lui cantava, cantava, non faceva altro che cantare, anche se dentro si sentiva male, anche se non ne aveva voglia, lui doveva ugualmente cantare e dare l'idea di stare bene con se stesso, con il mondo, con tutto, soffocando i suoi sentimenti.
In quel momento, mentre la sua bocca si apriva meccanicamente per cantare, sentì l'irrefrenabile voglia di scomparire, di trasformarsi in una particella d'aria, di diventare invisibile.
"No! Non va! Così è troppo alta" l'interruppe per l'ennesima volta David ed andò così per tutta l'ora successiva. Sempre bloccato allo stesso punto su quella maledetta nota che non voleva saperne di essere intonata e Bill sapeva il perchè: quando lo costringevano a fare qualcosa che non voleva, quel qualcosa gli riusciva sempre male per quante volte potesse provarci.
"Ok, basta! Facciamo una pausa che è meglio...magari dopo esserti riposato sarà la volta buona".
Bill tirò un sospiro di sollievo e senza farselo ripetere due volte uscì da quella stanza.
"Bill io sto scendendo al bar a prendere qualcosa da mangiare, vieni con me?" gli chiese Tom
"No, vai tu e per favore portami un caffè quando sali" disse passandosi una mano sulla fronte
"Ok".
L'unica cosa che voleva adesso era stare solo.
Il ragazzo salì fino al tetto dell'edificio. Lassù soffiava un'aria fresca e i rumori dei motori delle macchine sembravano lontani, quasi irreali. Accese una sigaretta e si affacciò dal cornicione: tantissimi metri lo separavano dalla strada cosparsa da puntini indefiniti che camminavano su e giù frettolosamente.
Si chiedeva cosa facessero quelle persone e dove stessero andando. Avrebbe voluto volentieri scambiare la sua vita con la loro, almeno per un giorno. Avrebbe voluto confondersi anche lui tra quei puntini, avrebbe voluto essere un puntino. Un puntino a fianco ad un altro puntino.
A quel pensiero rise, rise di se stesso. Si considerò stupido perchè per lui non ci sarebbe mai stato un puntino, non ci sarebbe mai stata una ragazza a tenerlo per mano mentre sorseggia il suo frappè per strada.

Le ore si susseguirono e le cose non migliorarono: sempre fermo su quella nota che sembrava deriderlo non volendo uscire dalla sua bocca.
Fuori le luci di Los Angeles già accese illuminavano il cielo scuro sostituendo le stelle.
Salì in macchina per tornare a casa e lasciarsi andare sul letto dove si sarebbe addormentato subito in preda alla stanchezza, ma sulla via del ritorno, ad un anonimo semaforo si fermarono ed un gruppo di ragazze attraversò la strada, in quel mentre una di loro si girò e guardò dentro l'abitacolo, Bill vide le sue labbra muoversi perfettamente nel scandire quelle due parole che fungevano da sbarre alla sua prigione: "Bill Kaulitz" disse. 

  
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