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Autore: WhiteLady14    31/08/2012    5 recensioni
Questa storia è nata da un sogno che ho fatto, quindi leggete a vostro rischio e pericolo!
"Di ritorno da una missione di ricognizine, Kathryn janeway trova la Voyager completamente deserta. Cosa sarà mai successo? Un attacco? O solo uno scherzo del suo equipaggio?"
Anche se immaginate già la risposta, leggere per scoprire!!
Genere: Fluff, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Chakotay, Kathryn Janeway | Coppie: Chakotay/Janeway
Note: Missing Moments, OOC | Avvertimenti: nessuno
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In un ipotetico seguito di Un anno d’inferno, I e II parte, uno spaccato della vita della Voyager.
 
Non so voi, miei pochi lettori, ma io ho sempre pensato che Kathryn avesse avuto un compleanno decisamente da dimenticare, tra alterazioni nello spazio-tempo e la quasi distruzione della Voyager, e da tempo mi frullava in testa questa idea, finché –giuro! – non ho praticamente sognato questa storia.
Dal mio sogno molto confuso, con più di qualche ritocco qua e là, ecco cosa ne è venuto fuori. Vi prego, recensite!!!!!!
Ho visto l’episodio da cui ha origine questa follia un sacco di tempo fa, quindi è più che probabile che la mia idea non abbia basi fondate, ma vi prego di essere clementi!
 
I personaggi non mi appartengono, ma sono dei rispettivi autori, che non intendo in alcun modo offendere; questa storia è scritta senza scopo di lucro.
 
 
A bordo del Delta Flyer, il Capitano Janeway, di ritorno da una breve missione di ricognizione in una fascia di asteroidi che sembravano contenere del dilitio, aprì un contatto con la Voyager, ma si irrigidì sulla poltrona da pilota quando nessuno rispose.
Kathryn riprovò e, quando, di nuovo, non ricevette risposta, iniziò seriamente a preoccuparsi: le era già successo di provare a contattare inutilmente la Voyager, quasi un anno prima, e aveva poi scoperto che la nave era stata infettata da un macro virus.(*)
Decisamente, voleva evitare di ripetere l’esperienza, così chiese al computer di individuare la posizione della nave e si diresse alla massima velocità verso di essa.
La Voyager aveva gli scudi abbassati, cosa che, se era preoccupante, permise d’altro canto a Kathryn di far atterrare il Delta Flyer nell’hangar navette e di precipitarsi all’interno della nave, con un tricorder in mano alla ricerca di segni di vita.
I ponti era completamente deserti e l’allarme rosso era disinserito, segno che, o la nave non era stata attaccata, o, peggio, nessuno aveva avuto il tempo di attivarlo.
Kathryn, con il cuore in gola, si appoggiò a una parete per riprendere fiato e cercare di calmarsi, quando le rilevazioni del tricorder le portarono un po’ di sollievo: sembrava che tutto l’equipaggio fosse riunito in sala mensa, compreso il Dottore.
Sperando con tutta se stessa che non fosse successo niente di grave, la donna corse verso la sala mensa e aspettò con impazienza che le porte si aprissero, la mano destra stretta sul faser che portava alla cintura, pronta a estrarlo in caso di pericolo.
Quello che vide quando le porte si aprirono le fece spalancare gli occhi azzurri, prima che un sorriso radioso si facesse strada sul suo volto: la grande sala mensa era stata addobbata a festa e il suo equipaggio, in piedi con i bicchieri alzati, la accolse con un Buon compleanno, Capitano! che le fece fremere il cuore.
Kathryn quasi si sciolse di fronte al sorriso del suo Primo Ufficiale, migliore amico e anche qualcos’altro, quando si avvicinò per abbracciarla e sussurrarle ancora gli auguri in un orecchio.
-Grazie., disse il Capitano con la voce rotta dall’emozione, prendendo il bicchiere pieno di Champagne che Neelix le offriva. –Grazie a tutti.
Per una volta, quella sera, Kathryn decise di mettere da parte il suo ruolo di Capitano: avrebbe fatto la ramanzina a Tuvok per aver lasciato la nave con gli scudi abbassati il giorno seguente, parola sua!
 
Stava tagliando l’enorme torta preparata da Neelix attorniata dalle risate e dalle chiacchiere dell’equipaggio, che si era lasciato andare incurante dei gradi – complice qualche bicchiere di vino di troppo – quando una voce ben nota alle sue spalle la fece trasalire.
-Kathy! Dai una festa e non mi inviti nemmeno? Sono offeso!
Kathryn si voltò sospirando e scrutò da capo a piedi Q, che la guardava con la sua migliore espressione da cucciolo bastonato. –Esatto., rispose semplicemente la donna. –La nave è mia, la festa pure, e invito chi voglio. E, per inciso, tu non sei il benvenuto, perciò, almeno per stasera, trovati qualche specie aliena da tormentare o un pianeta a cui cambiare la posizione delle placche e lasciaci in pace.
-Mettere in subbuglio la galassia mi annoia, ormai., replicò Q gettando un’occhiata sprezzante ai membri dell’equipaggio, che si erano improvvisamente zittiti e seguivano con il sorriso sulle labbra quella piccola discussione.
-Sono spiacente, Q, ma mi hai già causato abbastanza problemi: non voglio più avere niente a che fare con la tua specie.
L’entità aggrottò le sopracciglia, contrariato, ma stranamente non ribatté, limitandosi a osservare con occhio critico Kathryn. –Per questa volta, ti ascolterò. Solo perché è il tuo compleanno, sia chiaro! Però, questa è una festa: non vorrai trascorrerla con addosso quell’uniforme?
Q schioccò le dita e l’uniforme della Flotta scomparve, per lasciar posto a un lungo abito di seta azzurra, della stessa tonalità degli occhi di Kathryn, allacciato al collo, che fasciava il corpo della donna fino alla vita, lasciando la schiena scoperta, per poi scendere in morbide pieghe quasi fino a terra.
-Decisamente meglio così., approvò soddisfatto Q, poi schioccò ancora le dita e scomparve velocemente com’era arrivato.
Con un sospiro seccato, Kathryn tornò a voltarsi verso il suo equipaggio e sorrise. –Sarebbe un peccato lasciare intatta questa torta, perciò propongo di continuare da dove Q ci aveva, con la sua onnipotente presenza, interrotti.
Un coro di approvazione seguì le sue parole sarcastiche e, proprio come aveva chiesto il Capitano, la festa riprese ancora più animata di prima.
 
Era ormai notte fonda quando Kathryn si ritirò nei suoi alloggi, imitata dal resto dell’equipaggio, a cui aveva, come ringraziamento, concesso due giorni di svago, e si sedette sulla sua poltrona preferita, senza nemmeno togliersi il vestito che le aveva regalato Q, con in mano l’ultima tazza di caffè della giornata.
Doveva essersi assopita, perché, quando il campanello della porta suonò senza preavviso, aprì di scatto gli occhi e la tazza di caffè quasi le scivolò dalle mani.
-Avanti.
Chakotay si avvicinò a lei sorridendo come sempre. –Disturbo, Capitano?
-Non disturbi mai. Cosa succede?
-Per fortuna, niente: a quando pare, anche il Quadrante Delta ritiene che tu debba stare tranquilla almeno il giorno del tuo compleanno.
-Dopo il piccolo scherzetto che mi avete fatto quando sono rientrata dalla missione, la mia tranquillità se ne è andata senza possibilità di ritorno.
-Non ti è piaciuta la festa?
Il sorriso sul volto di Kathryn si fece più ampio. –Mi è piaciuta molto, ma, maledizione!, mi avete fatta preoccupare!
-Era l’unico modo per cui non sospettassi niente. Sappiamo per esperienza quanto sia difficile ingannare il Capitano Kathryn Janeway!
La donna si alzò e si fece più vicina. –A parte gli scherzi, Chakotay, non so davvero come ringraziarti, come ringraziare tutti voi: siete riusciti a farmi dimenticare tutte le preoccupazioni, il senso di colpa, mi avete fatta sentire a casa.
-Per quanto possa sembrare un cattivo presagio dirlo, la Voyager è casa tua e noi, presunzione a parte, siamo la tua famiglia, almeno finché non torneremo nel Quadrante Alpha.
-Se ci torneremo…, lo sguardo di Kathryn si perse nella distesa di stelle oltre le vetrate della nave.
-Non pensarlo nemmeno., la mano di Chakotay cercò la sua e lei non si sottrasse, anzi la strinse.
Per alcuni, lunghi istanti un dolce silenzio carico di parole non dette calò tra loro, poi il Capitano ritrovò il sorriso.
-Non mi hai ancora detto cosa ci fai qui a quest’ora.
-Non ti ho ancora dato il tuo regalo., rispose Chakotay stringendosi nelle spalle, senza lasciare la sua mano.
-Non voglio regali da te, Chakotay: mi basta sapere che ci sarai sempre, che non te ne andrai come ha fatto Kes, o i nostri compagni che sono morti.
-Cercherò di non farlo, Kathryn, ma sono certo che, se dovesse succedere il peggio, tu saresti in grado di riportare a casa questa nave anche senza di me., replicò, amaro, l’uomo.
Kathryn, che gli aveva dato le spalle, si voltò per guardarlo negli occhi. –No, non lo farei. Chakotay… Quattro anni fa non conoscevo neanche il tuo nome, adesso non riuscirei ad immaginare un solo giorno senza di te. (**)
-Kathryn…
-Promettimelo, Chakotay. Promettimi che non te ne andrai.
-Te lo prometto., rispose Chakotay senza esitare, gli occhi scuri fissi in quelli azzurri di lei.
Kathryn lo abbracciò, d'istinto, dolcemente. –E’ il regalo migliore che avresti mai potuto farmi. Grazie.
Chakotay la strinse a sé, cingendole la vita, e affondò il viso nei suoi capelli. –Ti amo, Kathryn., mormorò talmente piano che sperò che lei non lo avesse sentito.
Invece, la donna sorrise non vista e una lacrima solitaria rigò la sua guancia sinistra. Avrebbe detto a Chakotay che lo amava, ma non in quel momento, non quella sera.
Insomma, era o no il suo compleanno? Aveva il diritto di godersi i suoi regali e quello che le aveva detto Chakotay era decisamente il regalo più bello che avesse mai ricevuto.
 
 
(*) la frase fa riferimento all’episodio “Il virus”, nella terza stagione
(**) Sono realmente parole di Kathryn, a parte i quattro anni che nell’originale sono tre, pronunciate nell’episodio “Il patto dello scorpione”
  
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