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Autore: Seyenne    16/03/2007    8 recensioni
Chibiusa, cinque anni, si ritrova persa in un'illusione dorata e riuscirà a tornare a casa solo grazie all'aiuto di un fidato amico.
Genere: Commedia, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Chibiusa, Helios/Pegasus
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Gold Illusion

 

Essere una Lady per lei era sempre stato complicato: sua madre non si stancava mai di ripeterle che a volte riusciva ad essere persino più goffa di Bunny e che questo era tutto dire, anche se lei di chi fosse questa Bunny non ne aveva la minima idea, di sicuro però era una pasticciona, almeno a detta di sua madre.

Anche quella sera era riuscita a rovinare l’ennesimo vestitino regalatole dal padre e, per non far notare a tutti l’enorme macchia che ora adornava la gonnellina, si infilò sotto l’enorme tavolo del buffet e sgattaiolò fuori dalla sala cercando di non farsi notare. Decisa a porre rimedio al danno e conscia che sua madre l’avrebbe messa in castigo se avesse osato utilizzare la maglia del Silver Crystal per un motivo tanto futile quale una macchia di succo di mela sul vestito, si avviò verso una piccola fontanella.

La graziosa sirena illuminata dalla luce lunare riluceva di riflessi azzurrini come l’acqua che regalava in spruzzi allegri. La piccola Chibiusa, sedutasi su un sasso abbastanza grande, prese a strofinare la macchia senza però ottenere grandi risultati. Sbuffando indispettita si perse a contemplare lo spicchio lunare. Lasciò vagare lo sguardo tranquillamente sul paesaggio serale… i fiori, le fontane, le luci, tutto illuminato dai riflessi dell’imponente Crystal Palace che si erigeva in tutta la sua magnificenza alle sue spalle. Pervasa da un senso di calma chiuse gli occhi rilassando il corpo contro la piccola fontana lasciandosi trasportare dal rumore dell’acqua.

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La bambina aggrottò leggermente le sopracciglia e aprì curiosa i grandi occhi rossi quando sentì il tocco delicato di una piuma posarlesi sul naso, con un battito di ciglia si accorse però che non si trattava di una piuma bensì di una graziosa farfalla che ora aveva preso a svolazzare attorno alla piccola sirena di marmo. Mosse istintivamente la manina paffuta verso l’insetto ma rimase bloccata a metà del movimento quando, alzando lo sguardo, si accorse di non essere dove credeva. Leggermente spaventata si alzò velocemente in piedi. Attorno a lei alberi, tantissimi alberi. Piante secolari dai tronchi nodosi e pieni di grandi rughe illuminati dalla luce notturna, sui toni del blu. Il rumore delle chiome mosse dal vento e di qualche animale le giungeva alle orecchie mischiato a quello dell’acqua della piccola fontana. Preso un profondo respiro la bimba chiuse di nuovo gli occhi pensando il più intensamente possibile a casa sua ma quando ingenuamente li riaprì speranzosa si accorse che nulla era cambiato e che lei si trovava esattamente dove prima. Sospirando ansiosa portò le mani al collo ritrovando un po’ di conforto quando le sue dita incontrarono la catenina regalatale dal padre e contenete il Silver Crystal. Mosse un passo verso l’albero più vicino e vi si accucciò ai piedi preoccupata, insomma prima o poi qualcuno si sarebbe accorto della sua mancanza, no? Mentre l’ennesimo sospiro sfuggiva dalle sue labbra piene una piccola luce attirò la sua attenzione, avvicinandovisi con cautela si accorse che si trattava della piccola farfalla di prima che svolazzava placida tra le radici di una vecchia sequoia. Chibiusa rimase incantata da quel piccolo capolavoro che, non aveva notato prima, sembrava rilucesse di luce propria come fosse una piccola lucciola. Accecata dalla bellezza della patina dorata delle sue ali mosse di nuovo automaticamente la mano verso l’insetto e, come ipnotizzata, prese a seguirlo attraverso il vecchio bosco senza curarsi della possibile eventualità di perdersi o di finire in qualche guaio. Camminava da abbastanza tempo, ma la cognizione di questo ormai era stata persa completamente dalla bambina che non riusciva a staccare gli occhi dalla piccola luce che seguiva, dimenticandosi di tutto il resto, mentre il battito regolare e aggraziato delle sue ali spazzavano via qualsiasi cosa che non fosse la leggerezza dell’oro dalla sua testa.

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Improvvisamente un tuono squarciò il cielo facendo rinvenire improvvisamente la bimba che spaventata cominciò a guardarsi attorno alla ricerca di non sapeva lei nemmeno cosa. Si rese improvvisamente conto di non saper neanche più da che parte era arrivata e cosa ben più grave di non aver la minima idea della via che avrebbe dovuto prendere. Colta dallo sconforto sentì gli occhi che mano a mano diventavano sempre più umidi e le lacrime cadere una dopo l’altra sulle sue guance rosate mentre i singhiozzi si facevano incerti in gola. Una piccola goccia d’acqua cadde improvvisamente al suolo e, magicamente, dal punto in cui la stilla si era infranta, sbocciò un candido crisantemo e poi ecco un’altra goccia e un altro fiore e un’altra goccia e un altro fiore… così all’infinito. La lunga scia di fiori sembrava indicarle la strada da seguire e la bambina invasa da un familiare torpore riprese a camminare, di nuovo priva della ragione, concentrata solo su quel dolce profumo e sulla delicatezza dei bianchi petali. Le goccioline di pioggia cominciavano a farsi a poco a poco meno rade fino a che la principessina si ritrovò sotto una pioggia a catinelle. Arrestando i due piccoli piedini, fasciati da altre tante piccole scarpette, Chibiusa si voltò a guardare il cammino percorso e, in un moto di orrore, si accorse che i fiori che aveva fin ora seguito erano scomparsi, tanto rapidamente quanto erano nati. Presa dal panico si accucciò a terra cominciando a piangere violentemente, urlando spaventata il nome di sua madre. La magia di quel vecchio bosco sembrava rifuggire dalle urla della piccola che presto si ritrovò a che fare con alberi grigi e affilati, sassi appuntiti, un cielo tenebroso squarciato da lampi e con le orecchie piene dei tuoni, niente più animali, niente più magia, niente di niente, solo un orrendo bosco nel bel mezzo di una tempesta coi fiocchi.

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Quando le urla della bimba raggiunsero livelli di isterismo e il suo volto coperto dalle piccole manine era ormai sfigurato dal pianto improvvisamente un nuovo rumore riempì la gelida atmosfera. Un cavallo si stava avvicinando, la bambina poteva riconoscerne il rumore degli zoccoli sul selciato. Spaventata a morte, ma grata al cielo che qualcuno stesse arrivando, si nascose dietro un albero ricoperto di muschio verdognolo. I capelli rosa, precedentemente raccolti nelle consuete due buffe codine che la facevano tanto somigliare a un piccolo coniglietto, ora cadevano bagnati e arruffati appiccicati alle guance coprendo la piccola mezza luna che spiccava in mezzo alla fronte della piccola. Socchiudendo gli occhi, nel tentativo di vedere meglio nella fitta pioggia, la bimba si accorse che si trattava di un cavallo bianco, un bellissimo cavallo, più bello di tutti quelli che avesse mai visto nelle scuderie di suo padre. Mano a mano che l’animale avanzava la bambina poteva scorgere sempre più particolari, spalancò gli occhi per la meraviglia quando si accorse che non si trattava di un cavallo ma di un magnifico quanto mai raro esemplare di unicorno. Affascinata dalla creatura magica e desiderosa di toccarne il candido manto uscì cauta dal suo nascondiglio. A piccoli passi si avvicinava all’animale timorosa di poterlo spaventare e di rimanere di nuovo sola, l’unicorno improvvisamente sembrò scorgerla e lei si arrestò preoccupata di vederlo scappare via. Al contrario l’animale sembrò leggere negli occhi della bimba grande paura e le si avvicinò lentamente fermandosi a poca distanza scrutandola profondamente negli occhi. Chibiusa, di nuovo priva del controllo sulle sue azioni, rimase imbambolata a fissare l’animale negli occhi grandi e dorati e incantata dalla grande gemma rossa incastonata nel mezzo della sua fronte. Improvvisamente un lampo illuminò il lungo corno dorato affilato quanto una spada precedendo di pochi secondi un fragoroso tuono. La bimba urlando spaventata si aggrappò piangendo alle zampe affusolate dell’animale che per darle un po’ di conforto strusciò il muso diafano contro la sua testolina. Piegandosi in avanti la sospinse con la testa verso la sua groppa in un muto invito, la bimba un po’ rincuorata accettò di buon grado la proposta issandosi senza fatica sul dorso dell’animale che trovò caldo e morbido nonostante la pioggia non avesse smesso un attimo di cadere. In un battito d’ali si sentì sollevare dal suolo e spaventata chiuse gli occhi immergendo il viso nella criniera candida dell’animale. Rimase in questa posizione per parecchi minuti, cullata dal movimento regolare delle ali dell’unicorno, finché, ritrovato un po’ di coraggio, riaprì gli occhi, uno alla volta, con cautela, rilassando la presa ferrea che teneva sul colo della bestia e concedendosi un sospiro di sollievo per il trovarsi fuori da quella terribile foresta. Si sporse un po’ verso l’esterno e vide, parecchi metri più sotto, un enorme mare di alberi, un’infinità, in tutte le direzioni. Avrebbe potuto camminare per giorni senza mai uscire da quella gigantesca foresta. Scacciando quel pensiero pauroso alzò lo sguardo al cielo e dovette trattenere il fiato per la meraviglia: stelle, bellissime, tantissime bellissime stelle. Vicinissime, enormi, lucenti che così non ne aveva mai viste! Stelle dorate, azzurre e rosse! Non riuscendo a staccare lo sguardo da quello spettacolo la bambina non riuscì a trattenere un urletto di sorpresa quando sentì gli zoccoli dell’animale toccare il suolo. Riportando lo sguardo attorno a se riconobbe la piccola fontana in marmo raffigurante la sirena. Il destriero si inchinò in modo da facilitarle la discesa e poi si abbeverò alla fonte. La bimba improvvisamente assetata si avvicinò per fare lo stesso ma nel momento esatto in cui toccò l’acqua un tuono decisamente più rumoroso dei precedenti rimbombò nella radura; Chibiusa serrò gli occhietti spaventata ritirando di scatto la mano verso il corpicino minuto. Improvvisamente nessun rumore giunse più alle sue orecchie, ne la pioggia che scendeva, ne l’acqua della fontana, ne il vento tra gli alberi o gli animali nascosti… semplicemente silenzio. Con ancora gli occhi chiusi la bimba rilasciò il respiro che aveva trattenuto e cautamente si riappropriò della vista. Fu con un urlo di gioia che si accorse di essere tornata nei giardini del Crystal Palace, mentre di colpo tutti i rumori esplodevano nelle sue orecchie.

-Piccola Ladyyyyyyyy…-

-Chibiusaaaaa…-

-Altezzaaaa…-

Oh! La stavano cercando. Felicissima di essere di nuovo a casa cominciò a correre sotto la pioggia verso il palazzo. –Lady Maryon! Lady Maryon!- gridò allegra riconoscendo la sua governate sulle scalinate d’ingresso.

-Altezza!- urlò questa portandosi una mano al cuore e sospirando sollevata –si può sapere cosa le è saltato in mente? Il temporale… eravamo tutti così preoccupati! Così piccola… da sola… il temporale…- continuava a ripetere.

-Lady Maryon! Ho visto un unicorno! E la farfalla! Gli alberi erano tantissimi… quasi di più delle stelle e i fiori profumavano di miele…-

-Oh mio Dio ma voi delirate, siete tutta bagnata, avrete preso la febbre… Sua Maestà mi ucciderà… presto presto andiamo dentro!-

-No! Dico sul serio! Era bianco! Aveva le ali, era un unicorno!-

-Si certo certo… un unicorno… ora però andiamo dentro!-

-Lady Maryon ma io l’ho visto! Sul serio, non è una bugia!-

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-Gli unicorni non esistono Altezza! Sono un’invenzione per far felici i bambini! Una signorina di cinque anni dovrebbe saperle certe cose!- la rimproverò ormai spazientita mentre le toglieva gli abiti bagnati e la invitava ad entrare in vasca.

-Ma non me lo sono inventata! Glielo giuro! Esiste sul serio!- ora la bimba era un po’ sconsolata e parlava con voce incrinata.

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La porta della camera si aprì lasciando entrare la figura agitata della regnante.

-Chibiusa! Dio Santo che paura ci hai fatto prendere! Non hai di quanto io e tuo padre ci siamo spaventati non trovandoti!- esclamò la donna accostandosi al letto dove la bimba giaceva imbronciata.

-Mamma!- esclamò Chibiusa lanciandolesi al collo –mi sei mancata!-

-Anche tu tesoro, anche tu… non scappare mai più ti prego…- pregò la donna.

-Ma non sono scappata! La fontana, non lo so, il bosco, c’era una farfalla bellissima e dei fiori, tantissimi alberi, e mi ha riportato indietro un unicorno!- esclamò eccitata alzandosi in ginocchio e sventolando le mani per dare più enfasi al discorso. La donna sorrise alla figlia e le posò un bacio in fronte rimboccandole le coperte. –Ne riparliamo domani tesoro.. ora dormi okay? Buona notte-

-Ma io l’ho visto…- mormorò la bimba delusa.

-Buona notte- la porta si richiuse alle spalle della donna.

La principessina si spostò al bordo del letto e un po’ goffamente raggiunse il pavimento; coi piedini scalzi corse fino alla finestra e, arrampicatasi su una sedia, scostò le tende. Le stelle erano belle ma normali, tutte gialle. Non si vedevano farfalle incantate ne fiori magici, gli alberi erano nel numero giusto e non erano affatto vecchi…. Rattristata abbassò lo sguardo sulla fontanella con la sirena in marmo e si ritrovò a spalancare improvvisamente gli occhietti felice! Un unicorno, il suo unicorno, si abbeverava tranquillo alla fonte. La principessina si affrettò ad aprire la finestra, il destriero attirato dal rumore sollevò lo sguardo. –Grazie! Grazie di avermi riportata a casa!- urlò la bambina. L’unicorno in risposta s’impennò sulle zampe posteriori come a volerla salutare e poi voltatosi prese a cavalcare attraverso le aiuole fiorite che sua madre tanto amava, lasciandosi dietro una scia profumata di fiori bianchi e farfalle dorate, fino a prendere il volo e scomparire all’orizzonte.   

 

 

 Fine

 

 

 

 

 

Una piccola Immagine che mi sembra possa azzeccarci con la storia la trovate qui

Storia senza senso perché un senso non ce l’ha… questo pomeriggio ho perso sonno mentre studiavo storia e questo è il risultato. Spero che comunque qualcosa abbiate capito. Buona serata. Baci Seyenne

  
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