era da tanto che volevo srivere una song fic, ma non sapevo proprio su quale
canzone, fino a che non mi capita fra le mani una vecchia musicassetta degli
883.
così bibidi-bobidi-bu (demente...=_=NdTutti) ecco qua che salta fuori questa
cosa qui. buona lettura ^_^!!
LA RANA E LO SCORPIONE
_Non ricordo l’anno però ricordo
che eravamo in macchina
ridevamo sulla Lega
e sulla sua durezza intima
poi mi dicesti sai
noi non faremo mai
le scelte facili le strade semplici
Avevamo appena vinto una partita. Era solo un amichevole contro un liceo di cui
non ricordo nemmeno il nome. Non era una squadra forte e non era stato neanche
difficile vincere, eppure eravamo in auto con la radio a mille a urlare come dei
cretini facendo casino per tutta la città.
Poi, non so come uscì quel discorso, cominciammo a parlare del nostro futuro, di
cosa avremmo fatto dopo la scuola, delle nostre scelte, dei nostri desideri.
Io non ci avevo mai pensato, mi limitavo semplicemente a vivere la vita nel
presente. Sinceramente non riuscivo a progettare cosa avrei fatto il giorno dopo
figurarsi la mia carriera e la mia entrata nel mondo degli adulti.
Tu invece sei sempre stato più riflessivo o più semplicemente avevi molto tempo
da dedicare ai tuoi pensieri, sempre chiuso e freddo con tutti. E volendo
prendermi tutto il merito e solo grazie a me che ti sei sciolto un po’ anche se
il tuo carattere scontroso lo conservavi ancora con chi non conoscevi o comunque
non ti andava a genio.
Però, crescendo e rimanendo con me, hai abbassato le tue difese e hai lasciato
che le altre persone conoscessero il Kaede che io avevo scoperto tempo prima e
devo dire che le tue ammiratrici erano triplicate dopo quel cambiamento.
Ormai non m’infuriavo più quando sentivo il tuo nome urlato dalla maggior parte
dei tifosi, forse perché anch’io avevo il mio coretto personale, non numeroso
come il tuo ma che mi rendeva orgoglioso ugualmente. Avevo lasciato perdere
Haruko, finalmente -come avrebbe detto qualcuno- mi ero accorto di che oca fosse
in realtà. Non me ne curai più e guardai altrove.
_Mesi dopo ci hanno lasciato le ex
in contemporanea
se non fosse che stavamo un po’ male
era quasi comica
tu mi dicesti sai
mi sa che non cambieremo mai
come in quella storia che
c’è la rana e lo scorpione
Eravamo ubriachi fradici. Ci eravamo scolati talmente tanti alcolici da fare
schifo ma quella non era la nostra preoccupazione primaria. Eravamo appena stati
mollati dalle nostre ragazze. Io ero in un posto e tu dall’altra parte esatta
della città, eppure nello stesso momento venivamo scaricati. Sedevamo su una
panchina, al parco, e fissavamo il laghetto artificiale.
Lo specchio d’acqua rifletteva la luna e le stelle che erano appese nel cielo e
noi ridevamo e piangevamo contemporaneamente. Chi ci avesse visto in quel
momento avrebbe detto che eravamo appena scappati da una casa di cura.
Stavamo parlando di come ci avessero lasciato quelle due, e più uno di noi
parlava e più l’altro scoppiava a ridere perché, a pensarci, la sua ex aveva
fatto la medesima cosa.
Arrivammo alla conclusione che si erano messe d’accordo.
Il dolore andava via via scemando con la sbronza, nonostante fossimo pazzi di
quelle ragazze, loro non erano state le prime e non sarebbero state nemmeno le
ultime. Era già successo che finissimo ubriachi in riva al laghetto dopo uno
scaricamento ma quella sera fu diverso.
Ritirasti fuori antichi ricordi che io avevo rimosso e fatto finire nel
dimenticatoio del mio cervello. Riuscimmo a trovare storie di quando avevamo
sedici anni simili a quella.
Ne parlavamo come se fossero passati cent’anni, invece ne erano passati solo
due. Ci rendemmo conto che però non eravamo cambiati per niente. Due furie
scatenate sul parquet lucido, i soliti due idioti e litigiosi ragazzi fuori.
_Non so se hai avuto anche tu l’impressione
che il tempo acceleri
a sedici anni un anno dura una vita
poi a trenta sei già lì
tu con i tuoi pensieri
le angosce orrende ed i desideri
io con le mie canzoni
vicini eppure così lontani
<
Adulti. Non credevo di dover mai associare questa parola a noi due. Magari nel
fisico, ma nella mentalità pensavo che saremmo rimasti sempre gli stessi. Invece
anche noi abbiamo dovuto crescere, affrontare i problemi che ti crea la maggiore
età, e con -maggiore età- non intendo i diciotto anni, ma bensì i trenta. Quando
si raggiungono i trent’anni si pensa che la giovinezza e la spensieratezza
finiscano lì ed è probabilmente vero.
A trent’anni non puoi più fare ciò che facevi prima, cominci a pensare che ormai
sei cresciuto abbastanza e che è tempo di mettere la testa a posto, di
costruirti una famiglia, di cercare un lavoro serio.
Era proprio quello di cui stavamo parlando, quella sera, al bancone del bar con
una birra in mano. Tu dicevi di aver trovato il grande amore della tua vita, che
volevi renderla felice e io ti chiesi se eri proprio sicuro di ciò che avevi
intenzione di fare.
Tu mi rispondesti che dovevi farlo perché ormai lei era rimasta incinta e che
comunque tu lo volevi quel bambino. Sei sempre stato un ragazzo coscienzioso,
hai sempre accettato le tue responsabilità di buon lena. Non ho mai messo in
dubbio che tu amassi quella ragazza, anzi, hai sempre dimostrato di amarla
tantissimo, ma mi sono sempre chiesto se non hai fatto tutto troppo velocemente.
Ti feci da testimone al tuo matrimonio e vidi nascere tuo figlio.
Anche se ti eri ben che sistemato ci continuavamo a vedere il tardo pomeriggio
al bar, oppure qualche volta al campetto per fare due tiri.
Mi sembrava che infondo le cose non fossero cambiate più di tanto. Quanto mi
sbagliavo. Eri diventato un vero adulto, con la A maiuscola per di più. Uomo in
carriera, marito di una bellissima donna e padre di un bambino vivace. Io ero
rimasto più o meno come prima. Certo, avevo un ottimo lavoro ma avevo anche un
vecchio appartamento da scapolo, cambiavo donna una settimana sì e l’altra
anche, e all’infuori del mio impiego non avevo alcuna responsabilità.
_Io le lacrime sul viso di tua moglie
non le ho mai scordate
quella gelida mattina d’inverno
di cose ne ha cambiate
mentre ti allontanavi
mentre guardando ci salutavi
attraversando il fiume
come quello scorpione
Adesso siamo all’aeroporto. Mentre ti vedo salire su quel maledetto aereo mi
sono tornate in mente tutte queste cose. Accanto a me c’è tua moglie che piange,
in silenzio.
Io mi chiedo perché hai accettato. Ma la risposta la so già. È sempre stato il
tuo grande sogno andare in America. Peccato che tu non ci vada per giocare. Ti
hanno chiesto di fare il consulente tecnico di una squadra dell’NBA. Bella roba.
Hai accettato senza pensarci due volte come un ragazzino di dodici anni, hai
fatto le valige e adesso ti stai imbarcando lasciando tutto ciò che avevi
costruito.
Forse tu ti sei dimenticato, invece io ricordo tutto come se fosse successo
ieri.
Eri partito per gli Stati Uniti sicuro di farcela senza troppi problemi. Ti eri
organizzato alla perfezione, conoscevi l’inglese come se fosse stata la tua
lingua madre. Avevi avuto l’appoggio di tutti, mio compreso. Ci tenevamo in
contatto con lettere per lo più, le telefonate erano un po’ troppo costose per
uno studente squattrinato. I primi mesi mi scrivevi che l’America era
meravigliosa, esattamente come te la eri sempre immaginata. Ti eri trovato un
appartamento, un buco avrei detto io, e facevi qualche lavoretto qua e là per
vivere.
Quasi ogni settimana avevi un audizione, chiamiamola così, in qualche squadra.
Dopo un po’ una ti accettò. Facevi la riserva, il grande Kaede Rukawa era una
riserva, da non crederci, ma ti accontentasti, era pur sempre un inizio.
Passò un anno. Erano mesi che non ricevevo delle tue lettere. In piena notte
sentii il campanello di casa suonare, aprii e davanti a me ti presentasti tu con
una valigia in mano e la faccia di uno che era appena stato investito da un TIR.
Ti dissero che tu in quel paese saresti sempre rimasto una riserva, se non la
riserva della riserva e che se anche tu fossi stato il migliore della squadra
saresti rimasto sempre e comunque sotto di loro.
Ti maledico. Ti insulto. Ti odio. Non per gelosia, io non ho mai avuto il
desiderio di andare negli USA, ma perché tutto ciò ti è già successo e non hai
imparato nulla dalla tua esperienza.
Certo, questa volta ti hanno convocato loro, ma non pensare che ti diano una
posizione degna di te. Ti illudi se pensi che lì sarai qualcuno d’importante,
forse su carta, ma di fotto per loro non sei nulla, invece qui potresti essere
qualcuno.
Purtroppo io non posso cambiare ciò che desideri, non posso proteggerti dalle
delusioni, ti posso solo aiutare a rialzarti quando cadrai, perché sono sicuro
che questo accadrà.
Mi torna in mente una vecchia leggenda cinese, quella della rana e dello
scorpione. Ognuno fa ciò che gli dice il proprio istinto anche se questo lo
porterà alla morte.
=FINE=