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Autore: SonLinaChan    17/03/2007    0 recensioni
Dopo la caduta della barriera e la sconfitta di Darkstar, Lina, Gourry, Amelia e Zelgadiss sono tornati alle proprie vite, ed il continente ad una apparente calma... ma gli equilibri del mondo al di qua della barriera sembrano destinati ad essere scossi, da una micaccia che si profila ai confini del regno di Sailune...
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Gourry Gabriev, Lina Inverse, Personaggio originale, Philionel, Amelia, Zelgadis Greywords
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ehm… so che il ritardo è imperdonabile, ma sono stata colpita da sindrome imperante di blocco dello scrittore…^^’’’ Ad ogni mo

Ehm… so che il ritardo è imperdonabile, ma sono stata colpita da sindrome imperante di blocco dello scrittore…^^’’’ Ad ogni modo, ecco finalmente il capitolo finale, che sarà seguito immediatamente dall’epilogo. Mi sono molto divertita a scrivere questa fic e mi fa uno strano effetto terminarla, ma mi farà molto piacere sapere i pareri di tutti quelli che l’hanno letta…^^ Ringrazio chi ha atteso pazientemente tutti i capitoli! Buona lettura! ^^

 

 

Faceva freddo.

Ricordo poco di quei giorni confusi, tranne questo particolare. Un manto di brina ricopriva ogni mattino le colline attorno al nostro campo, estendendosi a perdita d’occhio, e creando suggestivi giochi di luce a causa del riverbero della luce pallida del sole. Con l’avanzare della giornata la temperatura si alzava, e il ghiaccio ci lasciava tregua. Talvolta, le nuvole scendevano dalle pendici delle montagne, incombendo sulla pianura e inondandola di una pioggia gelida e tagliente, che penetrava della sua umidità ogni recesso dei nostri giacigli.

 

Era sorprendente come a soli pochi chilometri dal passo la nebbia si fosse diradata. Un campo era stato allestito a valle, per tenere monitorata la pianura contro eventuali attacchi nemici, e quando ci eravamo trasferiti in quel più sicuro rifugio, il mio primo pensiero era stato che effettivamente la teoria della sua origine magica non doveva essere così infondata…

 Avrei trovato quella riflessione interessante, in altre circostanze. Avrei coinvolto Zel in lunghe discussioni, avrei annotato i particolari nel mio taccuino, proponendomi di studiare la questione quando tempo e circostanze me lo avessero concesso. In quei giorni, però, la mia mente era presa da ben altro genere di febbrile occupazione…

 

“Gira il collo.” Sibilai, acidamente.

 

Era un pomeriggio di pioggia. Lottando con il freddo e con l’aria satura di umidità, stavo inginocchiata all’interno della mia tenda, ai piedi di un giaciglio, una lunga benda fra le dita.

E la mia espressione doveva apparire tutt’altro che rassicurante.

 

Una voce lacrimevole rispose alla mia intimazione, intonando una preghiera scarna di speranze…

“Lina… ti prego… mi fa male dappertutto…”

I miei occhi si strinsero. “Non ti farebbe male se avessi evitato di farti tranciare la gola da un demone e di spezzarti una gamba contro un albero.”

Gourry chiuse gli occhi, e si piegò con un sospiro alle mie cure. “Non è che lo abbia fatto apposta…” Borbottò, in tono sofferente, mentre rimuovevo la stecca dalla sua gamba, cercando di evitare che il suo collo si muovesse eccessivamente. Una fasciatura glielo bloccava, riparandolo dalle scosse troppo brusche.

Colpii con malagrazia la gamba appena liberata dalla fasciatura, osservandolo sussultare. “Ci mancherebbe altro.” Mormorai. “Dopo che ti avevo pregato in tutti i modi di tenerti lontano dalla battaglia.”

D’accordo, biasimatemi pure, ma ero furibonda. Lo sapevo che il povero Gourry avrebbe volentieri evitato di rischiare l’osso del collo -dubito che avrei fatto affidamento per tutti quegli anni su un uomo con palesi tendenze masochiste- ma io ero arrabbiata lo stesso. Con me stessa, perché ero rimasta ad osservare impotente mentre la persona a cui più tenevo al mondo rischiava la morte . Con Zelgadiss, perché aveva dato corda alle mie stupide teorie invece di confutarmi come suo solito, facendomi considerare delle semplici ipotesi come verità scontate, e portandomi ad essere avventata. Con i demoni, per il semplice fatto di esistere. E con Gourry, sì, anche con lui. Perché una settimana prima, quando lo avevo visto morire, era stato come se ogni fibra del mio corpo e della mia mente si fosse corrosa in un solo istante. E non era stata una bella sensazione.

 

“Ora prova a muoverla.” Ordinai, cercando di contenere il nervosismo che al semplice ricordo dell’incidente di Gourry aveva catturato nuovamente la mia voce.

Lo spadaccino non aveva evidentemente voglia di discutere… obbedì alla mia richiesta, sforzandosi di mantenere immobile il resto del corpo. La gamba si mosse, lievemente, e il mio compagno strinse i denti, come colto da un repentino sussulto di dolore.

“Ti fa ancora male…?” Chiesi, senza riuscire a mascherare la preoccupazione nella mia voce. 

Gourry scosse la testa –o meglio, provò senza scarsi risultati a farlo- e mi rispose, con un gemito. “E’ solo indolenzita.” 

Sapevo che lo spadaccino aveva la tendenza a minimizzare il proprio dolore, per evitare di farmi preoccupare, ma mi rendevo conto che non stava completamente mentendo. E questo non faceva che aumentare la mia sorpresa.

 

La magia può curare le ferite, ed è esattamente ciò che i chierici di Philionel avevano fatto con il collo del mio compagno. Le fratture, però, non possono essere sanate con la stessa facilità, e richiedono un periodo di tempo molto superiore per la completa guarigione. Senza contare che il sacerdote che si era preso cura di Gourry mi aveva fatto intendere piuttosto chiaramente che era una specie di miracolo che lo spadaccino potesse di nuovo parlare… Il modo in cui il mio compagno si stava riprendendo aveva dell’incredibile…

 

“Non ha senso.” Sbottò Zel, dall’ingresso della tenda. Era tutto il pomeriggio che se ne stava fermo in piedi, pensieroso, ad osservare la pioggia cadere… Si volse verso di noi, accigliato, e squadrò Gourry con sguardo profondo. “Ve ne state qui a concentrarvi su una gamba rotta in via di guarigione, e non considerate quanto è assurdo tutto il resto. Quel demone deve averti fatto qualcosa di strano, Gourry. Perché io ho visto il modo in cui ti ha colpito, e tu NON PUOI essere ancora vivo!”

Gourry inarcò un sopracciglio, e rispose, in tono sofferente. “Sinceramente, Zel… io non trovo così terribile il fatto di non essere morto…” 

Zel piantò i piedi al suolo, e lo squadrò con fare sospettoso, ignorando la sua battuta. “Hai capito cosa intendo dire…” Incrociò le braccia al petto. “Supponiamo che in realtà Lina ed io non ci sbagliassimo. Supponiamo che quel demone abbia solo finto di volerti uccidere, o che avesse bisogno di colpirti per mettere in funzione chissà quale meccanismo magico che coinvolge la spada che porti. E se ad esempio ora tu ti stessi lentamente trasformando in demone???”

Gourry, al mio fianco, rabbrividì, e anch’io. “Non dire sciocchezze, Zel.” Intimai. “Non si è mai sentita una cosa del genere…”

“Ma la scienza avanza grazie continuamente alle nuove scoperte, no?” Replicò Zel, con fare cupo. Se doveva essere una battuta, la trovavo estremamente fuori luogo.

Presa nuovamente dal nervosismo, mi trovai ad alzarmi di scatto. “Bé, sai cosa ti dico?” Replicai, in tono secco, lasciando cadere le bende su un Gourry colto di sorpresa. “Non voglio saperlo! Tanto possiamo fare tutte le ipotesi che vogliamo, ma finché non avremo una ricca biblioteca a disposizione per indagare, o non metteremo le mani addosso a quel demone, non avremo nessuna conferma!” Lo superai, raggiungendo l’ingresso della tenda. “E se Gourry guarisce in fretta, tanto meglio. Potremo muoverci prima per trovare quell’essere.” Strinsi gli occhi, e la mia voce si ridusse ad un sibilo. “Anche prima che arrivino le truppe di Elmekia, se è necessario. Se è vicino ad Oberon, nel mezzo del campo nemico, che dovrò andarlo a scovare… allora è esattamente lì che mi dirigerò.”

Uscii nella pioggia, senza volgermi a guardarli in volto. Mi ronzavano ancora nelle orecchie le parole del demone che mi ingiungevano di tenermi lontana dal combattimento, ma non mi importava nulla se si trattava di una provocazione mirata ad attirarmi in una trappola. Ormai ero coinvolta troppo personalmente per piegarmi alla prudenza.

Corsi lontano dalla tenda, perdendomi fra i rifugi fradici e i soldati di guardia infreddoliti, prima che uno qualsiasi dei miei compagni potesse fermarmi. Gli occhi mi pungevano in modo irritante, e mi resi conto con stupore che lacrime involontarie, di rabbia, si confondevano con la pioggia sul mio viso. Avevo paura. Avevo DAVVERO paura di come quella situazione avrebbe potuto evolversi. E la cruda razionalità di Zelgadiss non migliorava di certo le cose. Se quel continuo senso di terrore non mi avesse abbandonata presto, avevo la sensazione che sarei esplosa.

 

Non mi accorsi della mole imponente che mi si parava davanti finché non ci andai a sbattere contro.

Indietreggiai di due passi, con un sussulto di paura. E il cuore continuò a rimbalzarmi in petto per diversi istanti, anche quando mi resi conto che si trattava solo di Philionel…

“Phil…” Mi portai scioccamente le mani al volto per ripulirlo dalle lacrime, senza pensare che il sovrano di Sailune non poteva distinguerle dalle gocce di pioggia… “Mi hai spaventata…”

“Mi spiace…” Replicò l’uomo, squadrandomi con curiosità in volto… “Ti ho chiamata, ma dovevi essere soprappensiero… Che ci fai sotto la pioggia…?”

‘Uhm… Cerco di forgiarmi il fisico?’

Dovetti mordermi le labbra, e azzittirmi. Non era il momento delle sciocchezze.

“Ehm… niente di particolare…” Finii per replicare, goffamente. “Mi stavi cercando?”

Il volto di Philionel si accigliò lievemente, a quella domanda. “In effetti sì…” Replicò, in tono più teso. “E’ appena arrivato un messaggero. Le truppe di Elmekia sono al passo.”

Spalancai gli occhi, a quell’annuncio. Non le aspettavamo prima di un’altra settimana. “Com’è possibile?” Sibilai. Non ero certa di essere psicologicamente pronta alle conseguenze di quell’annuncio…

Phil scosse la testa. “A quanto ho capito stavano progettando anche loro un attacco, e si stavano organizzando nelle vicinanze. Ad ogni modo, la vostra azione e la loro presenza ci danno un vantaggio che potrebbe essere vitale. Dobbiamo muoverci immediatamente.”

L’agitazione tornò a catturarmi in un attimo. “Ma… Gourry…”

“Potrà viaggiare in un carro, in modo da non dover muovere la gamba e il collo… A meno che…” Fece una pausa, e il suo tono di voce si abbassò. “Pensi… che sarebbe più sicuro se lui restasse qui…?” Non avevamo parlato molto di quanto ci era accaduto in quei mesi, con Philionel… ma alla luce dell’attacco del demone credo che cominciasse ad avere chiaro che i nostri problemi non si limitavano alla questione contingente del contrattacco ad Oberon…

Strinsi le labbra un momento, momentaneamente tentata ad assentire, ma finii per abbassare lo sguardo, e scuotere la testa. “Il carro andrà bene.” Mi limitai a replicare, accigliata. Sapevo perfettamente che Gourry non avrebbe accettato di restare indietro. E anch’io non mi sentivo particolarmente a mio agio all’idea di separarmi da lui nuovamente…

Phil annuì, senza porre obiezioni. “Allora ordinerò ai miei uomini di allestirlo, e in qualche modo riusciremo a farlo viaggiare comodamente… Partiremo domattina.” Fece per allontanarsi, quindi si volse nuovamente verso di me, con fare frettoloso. “Ci pensi tu ad avvisare Gourry e Zelgadiss?”

 

Mi limitai ad annuire, con un sospiro.

 

‘Grandioso…’ Riflettei, osservando Philionel che si allontanava sotto la pioggia. ‘Dovremo studiare come imballare Gourry in modo che guarisca, e arrivi ben pronto per la battaglia…” Sapevo che era egoistico, ma per un momento sperai che i progressi nella sua salute smettessero di essere così vistosi…

Sospirai, scostandomi i capelli fradici dal viso, e studiando accigliata le mie impronte nel fango. Marciare, e ancora marciare. Prima nel deserto, verso la prigionia, e ora qui, verso una battaglia dai contorni incerti. Erano trascorsi mesi, e mi sembrava di non essermi fermata nemmeno per un momento. E so che era strano, per me, ma per una volta nella vita mi sentivo stanca di quella frenesia. Per una volta nella vita avevo voglia di fermarmi per un po’ di tempo, e ricostruire quello spirito e quell’ottimismo che quei lunghi mesi avevano reso tanto fragili da farmi sorgere il dubbio che fossero già finiti in pezzi, sbriciolati, in qualche punto lungo la strada, senza che io me ne fossi resa conto. Volevo che tutto avesse fine, in un modo o nell’altro.

‘Bé… Almeno con il viaggio avremo qualcosa a cui pensare, oltre alle innumerevoli tragedie a cui stiamo andando incontro…’

I pensieri e lo sguardo cupo, mi decisi a ripercorrere i miei passi verso la nostra tenda.

 

 

 

 

 

 

Era ironico. La pioggia mi aveva assillata durante l’inizio di quel viaggio, e ora mi riaccompagnava a quello che, in un modo o nell’altro, ne sarebbe stato l’epilogo.

Nessuno di noi  fu particolarmente loquace, in quei lunghi giorni di marcia. L’umidità era terrificante, anche sul carro in cui un giaciglio improvvisato era stato allestito per Gourry. Anche sotto strati di coperte tremavamo di freddo per gran parte della giornata, tanto che Zel aveva presto finito per abbandonarci, e passare la maggior parte delle sue giornate in marcia, per tenersi caldo. In un clima del genere, fisico e psicologico, era difficile persino per me e per Gourry trovare un argomento di conversazione…

La salute dello spadaccino continuò a migliorare in modo vistoso. Passata una settimana era già perfettamente in grado di camminare, anche se sia Phil che io prememmo perché evitasse di viaggiare a piedi. Così, una volta che gli fu possibile alzarsi dal suo giaciglio, prendemmo a trascorrere le giornate seduti in silenzio, fianco a fianco, all’entrata del carro, osservando la pioggia cadere.

L’argomento della spada non emerse mai. Dopo aver insistito tanto in proposito, improvvisamente non avevo più voglia di sollevarlo, come si fa talvolta con le cose che ci turbano, nella speranza che il silenzio le porti a scomparire. Evidentemente riuscii persino ad illudermi, perché con l’avanzare dei giorni la mia ansia, invece di acuirsi, lasciò il posto ad una sorta di incosciente tranquillità. O forse ad esercitare quell’effetto furono semplicemente quelle ore passate ad ascoltare il rumore della pioggia, ed il respiro di Gourry. Forse solo allora, solo gradualmente, riuscii a convincermi che potesse essere davvero ancora vivo…

 

La notte in cui accadde erano passate all’incirca due settimane dalla nostra partenza dal passo.

Mancava meno di mezza giornata di marcia al nostro obiettivo, il castello arroccato nella parte nord orientale di Sailune in cui il nostro nemico aveva radunato il grosso delle sue truppe. La tensione era stata palpabile per tutto il giorno fra i soldati di Philionel, e un brusio nervoso aveva percorso le loro fila ininterrottamente, nonostante la marcia estenuante. Al crepuscolo, finalmente, un silenzio stremato aveva catturato il campo, e quella sera nessuna risata era risuonata, nessuno dei consueti canti e scherzi era dilagato negli spazi illuminati dalle luci dei fuochi, dove gli uomini di guardia stringevano le loro lance, gli sguardi assonnati accesi solo dal nervosismo.

Io dormivo profondamente, come da giorni non mi capitava di fare. La mia mente viveva il piacevole oblio del sonno senza sogni, grata di essere graziata, per una volta, dai fastidiosi rumori che normalmente invadevano il campo sino quasi all’alba.

Fu forse il ticchettio della pioggia che cominciava a cadere, a svegliarmi. Rimasi per qualche secondo con gli occhi chiusi, rifiutandomi di cedere alla veglia, finché il picchettare non divenne un sonoro rombo, contro le pareti di legno del carro. Mi levai a sedere, intontita, e rabbrividii lievemente al gelo dell’aria satura dell’odore della pioggia. Inconsciamente, il mio sguardo scandagliò l’ambiente che mi circondava, e rimasi immediatamente perplessa nel notare il giaciglio di Gourry vuoto, a fianco del mio. Cercai a tentoni il mio mantello e me lo strinsi attorno alle spalle,  scrutando il buio attorno a me, mentre mi strofinavo gli occhi con fare assonnato. Lo individuai immediatamente all’ingresso del carro, la sua figura che si stagliava contro la debole luce proveniente dall’esterno. Mi volgeva le spalle, e il suo sguardo era fisso su qualcosa al di fuori dello stretto abitacolo.

“Gourry…?” Bisbigliai, cercando di attirare la sua attenzione. La mia voce dovette essere sovrastata dal frastuono della pioggia, però, perché lo spadaccino non diede il minimo segno di essersi accorto che mi ero svegliata…

Scivolai fuori dal mio giaciglio, e scavalcai Zel, arrancando nel disordine del carro per raggiungerlo. Rimasi perplessa, in piedi dietro di lui, quando mi resi conto che anche se ero lontana solo pochi passi non si era ancora reso conto della mia presenza. Non era da Gourry lasciarsi sorprendere a quel modo alle spalle…

“Gourry?” Mi inginocchiai al suo fianco, e poggiai la mano sulla sua, per riscuoterlo. Tuttavia, lo spadaccino non si volse. Il suo sguardo si perdeva nell’oscurità del bosco.

Scrutai nel buio all’esterno, senza capire. “Che c’è?” Domandai, tornando a fissarlo. “Che sta succedendo?”

“Arriva.” Si limitò a replicare, la voce roca.

La mia stretta sulla sua mano si fece improvvisamente serrata. Non avevo idea di cosa parlasse, ma il suo aspetto terreo e la sua voce spaventata bastarono a terrorizzare anche me. “Cosa? Cosa arriva?”

“Non lo so…” Sibilò. Si volse verso di me, e solo allora mi resi conto che nella mano sinistra stringeva la spada, ancora nel fodero. Anche attraverso il cuoio della protezione, l’arma riluceva di uno strano bagliore… Stavo per menzionare la cosa, ma lo sguardo di Gourry finì per catturare il mio, ammutolendomi. C’era una punta di disperazione, nel modo in cui mi fissava. Quasi cercasse da me delle risposte.

“Gourry… calmati.” Potei solo dire, stupidamente. Afferrai la sua mano con più forza, la strinsi, cercando di farlo tornare alla ragione.

“Non posso.” Replicò, il tono disperato. “Non capisco.” Quella frase tanto consueta per lui quella notte pareva non avere nulla di normale…

“Gourry…” Iniziai, cercando le parole giuste per indurlo a spiegarmi cosa gli prendeva, ma il mio compagno mi impedì di proseguire.

“Lina.” Mi afferrò per le spalle, e mi scosse, come se fossi io quella che agiva in modo incomprensibile. “Lina.

“Cosa???” Sbottai, cercando inutilmente di liberarmi dalla sua stretta, cominciando ad essere vagamente inquietata da quell’atteggiamento.

“Io…” La voce del mio compagno prese a vacillare. “Cosa… cosa devo fare, io?” Mi fissò, febbrilmente. “Qualcosa… qualcosa sta per succedere… qualcosa… sta già succedendo… qualcosa che va oltre… mi capisci? Che va oltre questo… e io…” Inspirò, come timoroso di proseguire. “Cos’è che devo fare io…? Io devo… combattere… ma… io voglio…”

Coprii la sua mano sulla mia spalla destra con la mia, e strinsi. “Gourry?” Sibilai. “Smettila. Tu non sei in te. Mi fai paura.” Ricordi inquietanti di Gourry sotto il controllo di Fibrizo riaffiorarono alla mia mente. Che diavolo stava succedendo? Che diavolo stava succedendo, ancora???

“Io volevo solo proteggerti.” La sua voce era nuovamente incrinata dall’ansia. “E’ ciò che voglio ancora. Ma proprio per questo… proprio per questo…”

“Lina.”

Sussultai nuovamente, stavolta al suono della voce di Zel. Mi volsi verso lo sciamano, e mi resi conto che era pienamente sveglio anche lui, ora. Seduto nel suo giaciglio, fissava il buio oltre me e Gourry, e anche lui aveva messo mano alla spada.

Mi liberai dalla stretta dello spadaccino ed indietreggiai, sollevandomi. “Che c’è? Che sta succedendo?” Domandai, ancora scossa, muovendo ossessivamente lo sguardo dal volto di Gourry a quello della chimera.

“Ascolta.” Si limitò a replicare Zel, senza guardarmi in volto.

Mi azzittii, e aguzzai l’udito. Zelgadiss aveva ragione, c’era qualcosa che non andava. Non me ne ero resa conto prima, forse a causa del fragore della pioggia, ma gli altri rumori che normalmente animavano la notte nella foresta si erano totalmente azzittiti. Una atmosfera di pressante gelo era calata sul mondo che ci circondava.

La paura mi travolse come un’onda non appena mi resi conto di cosa si trattava. Guardai Gourry in volto, terrea, mentre una nuova consapevolezza mi catturava circa il significato delle sue parole.

 

E fu allora che scoppiò l’inferno.

 

Le urla risuonarono nel campo, levandosi contemporaneamente da ogni direzione. Le sentinelle sembravano improvvisamente impazzite, lanciando allarmi incoerenti che si perdevano nel buio della notte.

Mi sollevai in piedi, tesa in volto, e mi lanciai alla frenetica ricerca della mia spada e dei miei stivali.

 

Non morti.

 

Avremmo dovuto aspettarcelo. Oberon non temeva l’azzardo, e aveva scommesso.

Se fosse riuscito a sorprenderci e a decimare le nostre truppe, il rischio di un assedio si sarebbe notevolmente ridotto. Se avessimo vinto noi quella battaglia, lui avrebbe perso combattenti preziosi. Ma non partivamo da una posizione di vantaggio. Per quanto pochi potessero essere gli uomini che aveva scelto di mobilitare, non mi sarei stupita se in quel momento fossimo già stati circondati. Come puoi cogliere nella notte i movimenti di esseri che sono essi stessi oscurità?

 

I miei due compagni si misero in moto insieme a me, e in meno di un minuto schizzammo fuori dal carro. La pioggia era sempre più insistente, e i fuochi dell’accampamento erano ormai spenti. Attorno a noi, regnava la confusione più totale. Soldati semi armati e semi vestiti correvano da ogni parte del campo, frecce scoccavano sopra le nostre teste e le grida sovrastavano persino il fragore della pioggia.

“Dov’è Philionel???” Urlai, cercando di raggiungere le orecchie dei miei compagni.

“Dormiva in una tenda al centro dell’accampamento, ma…” Zelgadiss si bloccò a mezza frase, e sgranò gli occhi, osservando un punto alle mie spalle.

Mi volsi di scatto, e feci appena in tempo a cogliere il bagliore dorato nel buio alle mie spalle, prima di avvertire una presa ferrea sul mio braccio, e venire scagliata brutalmente al suolo. Atterrai nel fango, malamente, e, come sempre il copione prevede, con la faccia al suolo.

 

Boccheggiai per qualche istante, senza comprendere esattamente cosa fosse successo. Fu quando trovai la forza di sollevare lo sguardo che capii. Gourry si era frapposto fra me e il non morto, spingendomi lontano, e la sua spada aveva letteralmente dilaniato la creatura. Evidentemente, non era efficace solo contro i demoni…

“Stai bene, Lina?” Lo spadaccino accorse verso di me, con aria preoccupata, porgendomi la mano.

Io la scansai, e lo colpii direttamente in fronte.

“Ehi!” Il mio compagno si tirò indietro, reggendosi la testa. “Che ti prende???”

“Ti pare il modo di trattare una signora???” Sbottai, accettando finalmente il suo aiuto, e risollevandomi in piedi.

“Non sei molto credibile come signora…” Commentò lo spadaccino, con fare stoico.

“Che vorresti dire?” Sibilai.

Mi studiò per un secondo. “Bé… tanto per cominciare hai la faccia coperta di fango…”

Il palmo della mia mano lo colpì di nuovo sulla fronte. “E di chi è la colpa????”

Zelgadiss emise un sospiro. “Non mi pare il momento per il vostro sketch comico…” Commentò, acidamente. La pioggia gli inzuppava il cappuccio, facendolo aderire al volto scavato, e rendendo la sua espressione ancora più cupa. Fu sufficiente riportarmi alla realtà.

“Bisogna sconfiggerli col fuoco.” Dichiarai, la voce ridotta ad un sibilo allarmato. “Ma in una notte come questa solo la magia può funzionare. Dobbiamo trovare Philionel e fargli radunare i suoi sacerdoti perché usino la magia sciamanica.”

Mi rendevo perfettamente conto che la mia era una proposta di scarsa efficacia. Nel caos e nella paura era pressoché impossibile organizzare un contrattacco, gli uomini di Philionel semplicemente non ci sarebbero stati ad ascoltare. D’altra parte, in quel momento non riuscivo a pensare a nessun’altra soluzione.

“Separiamoci.” Propose Zel. “Tu ed io voleremo, Lina, e respingeremo quegli esseri attaccandoli con la magia dall’alto, sperando che i sacerdoti di Sailune ci imitino. Tu, Gourry, cercherai Philionel e lo proteggerai con la tua spada magica mentre coordina il contrattacco.” 

Né io né Gourry avemmo il tempo di replicare. Due creature ci furono addosso all’improvviso, emerse, generate dal buio della notte.

Stavolta non mi lasciai cogliere di sorpresa. Protesi le mani in avanti, e le mie Frecce di Fuoco le colpirono in pieno petto, prima che potessero stringere le loro dita gelide su uno di noi. Osservai gli occhi dorati di una di esse mentre crollava al suolo, e mentre combattevo il terrore che istintivamente mi coglieva nel sostenere quello sguardo mi trovai a domandarmi se un tempo quell’essere non fosse stato un pacifico abitante di Sailune…

“Ha ragione Zel.” Sibilai dopo un istante. “E dobbiamo sbrigarci, prima che i nostri stessi soldati comincino ad attaccarci perché sono stati trasformati in mostri…”

Gourry mi lanciò una lunga occhiata, a quelle parole, e quello sguardo mi comunicò che sapeva che avevo ragione. Ma quando abbassò gli occhi ed annuì, accettando di separarci nuovamente, ebbi l’impressione che stesse facendo violenza a se stesso…

Feci del mio meglio per ignorarlo. Gli afferrai la mano solo per un momento, una silenziosa promessa di essere cauta, quindi mi concentrai sulla mia magia, e recitai la formula per il Ray Wing.

Quando fui sufficientemente in alto per avere una visione completa, alla luce dei lampi, dell’accampamento, per un momento desiderai non averlo fatto. Per ovvie ragioni di prudenza Philionel aveva scelto di fermare le truppe su una lieve altura, ma, come avevo temuto, questo non era bastato a fermare i nostri aggressori. Silenziosi come animali notturni i mostri avevano risalito le pendici della collina, strisciando fra gli alberi, irrompendo sulla cerchia di sentinelle che circondava le truppe addormentate. In diversi punti quel muro difensivo era già stato abbattuto, e i non morti avevano preso a dilagare all’interno dell’accampamento, come dimostravano gli attacchi che avevamo subito. Il caos sembrava poter prendere il sopravvento da un momento all’altro.

D’altra parte, mi confortava l’evidente inferiorità numerica delle truppe nemiche. Forse Oberon aveva puntato semplicemente ad indebolirci, con quell’attacco, senza la pretesa di riuscire ad arrestare l’avanzata di Phil. Ad ogni modo, agendo razionalmente, avevamo la possibilità di batterli. Non c’era modo di attaccare dall’alto le creature che già stavano lottando con i soldati all’interno del perimetro del campo, però, non senza rischiare di ferire qualche alleato. Bisognava concentrarsi su quelli che i nostri soldati stavano disperatamente cercando di bloccare al limitare dell’accampamento. 

Zel ed io ci scambiammo una breve occhiata ed annuimmo, schizzando ai lati opposti dell’enorme campo. Preparai mentalmente una formula e non appena fui sufficientemente vicina ai soldati in lotta la rilasciai, segnalando loro la mia presenza…

Lighting!

La sfera di luce si levò nell’aria ed esplose, illuminando in un istante l’area a giorno. Decine di teste si volsero ad osservarmi, ma per il momento le ignorai. Avevo individuato chiaramente i miei obiettivi, e un’altra formula era già pronta sulle mie labbra…

Palla di Fuoco!!!

Un’ondata di calore e fiamme investì il gruppo di non morti contro cui i soldati stavano lottando, facendoli precipitare lungo la collina. Urla acute e agghiaccianti riempirono l’aria gelida, insieme ad un sentore di carne bruciata che nemmeno la pioggia torrenziale era in grado di spazzare via.

Feci del mio meglio per trattenere la nausea.

“Il fuoco!” Mi limitai a gridare ai soldati. “Lasciate passare avanti i sacerdoti!”

Confidai nella freddezza e nella rapidità d’azione degli uomini di Sailune, e non mi fermai per attendere risposta. Sorvolando un gruppo di spadaccini impegnati in una feroce lotta, sfrecciai verso un’altra zona del perimetro, senza avere il tempo di concentrarmi sulla coerenza dei miei spostamenti. Abbattei file di non morti in modo meccanico, finché magia e grida di avvertimento non resero la mia voce roca. I mesi trascorsi dall’assedio sembravano avermi fatto scordare cos’era la battaglia in una guerra, ma quella notte mi resi conto che quelle sensazioni in realtà si erano impresse nella mia mente come un marchio a fuoco. Lo stato continuo di agitazione in cui avevo vissuto in quell’arco di tempo non era stato che il sottile, strisciante riecheggiare dell’ansia e dell’incertezza che costantemente sfidano la razionalità del soldato durante la battaglia…

Presto persi la cognizione del tempo. Ogni minuto che passava, la pioggia pareva farsi più gelida e sferzante contro il mio volto, e sui miei arti.

Quando fui troppo stremata per essere ancora utile, mi ritirai dalla portata di eventuali frecce nemiche, per riprendere fiato. Fu allora che notai Gourry con la coda dell’occhio. Lo spadaccino era riuscito a raggiungere Philionel, ed entrambi erano posizionati sulla linea di difesa. Il mio compagno copriva le spalle al sovrano, mentre Phil impartiva ordini ad un gruppo di sacerdoti che gli faceva letteralmente da scudo contro un’orda di non morti che cercava di penetrare fra le fila interne di soldati. Mi morsi le labbra, maledendo Philionel per la sua dannata abitudine ad esporsi. Che utilità avrebbe avuto tutto il suo senso di giustizia se le truppe di Sailune si fossero trovate a perdere il loro punto di riferimento per la sua avventatezza?

Rimasi con il fiato in gola ad osservare il combattimento, Philionel che urlava ordini contro la pioggia, e Gourry che si muoveva velocemente fra i cavalieri dalle armature annerite e dagli occhi dorati, abbattendoli con la sua spada. Per qualche motivo, quella scena mi lasciò perplessa. Non capivo cosa, ma c’era un particolare che non riuscivo a mettere a fuoco…

 

I miei occhi si spalancarono improvvisamente, mentre la comprensione e lo stupore mi investivano.

I non morti. I non morti non attaccavano Gourry.

Lo spadaccino li colpiva, certo, ma le creature si limitavano ad attaccare gli altri guerrieri, e scivolavano vicino a lui senza sfiorarlo…

‘… Quasi non lo vedessero.’

Le mie labbra si strinsero. Quell’immagine mi appariva incredibilmente inquietante.

“Lina!”

La voce di Zel, alle mie spalle, mi riscosse dai miei pensieri. Mi volsi, e lo vidi sfrecciare verso di me, l’aria stremata.

“Che succede?” Gridai, di rimando, con fare stanco. La pioggia inzuppava il mio mantello, appesantendolo, e rendendo sempre più difficoltoso tenere attivo il Ray Wing.

Zel si fermò di fronte a me, e parve leggermi nel pensiero. “Scendiamo.” Mi invitò, semplicemente. “Le truppe di Phil stanno vincendo su tutti i fronti…”

Strinsi le labbra, e scossi la testa rapidamente. “Aspetta.” Replicai. “Dai un’occhiata.” Gli indicai il combattimento sottostante.

Zel batté le palpebre e mi fissò, con aria perplessa. Quindi seguì la direzione indicata dalla mia mano, aggrottando le sopracciglia. E dopo qualche istante osservai diffondersi sul suo volto lo stesso stupore che poco prima era apparso sul mio…

“Da cosa credi che dipenda?” Domandò, a mezza voce.

“Non lo so.” Replicai. La mia mente si arrese alla mancanza di concentrazione, e mi imposi di governare l’incantesimo quanto bastava per scendere al suolo, prima che si infrangesse.

Zel mi imitò, e ci portammo a distanza di sicurezza dalla linea del fronte, mentre le truppe di Philionel respingevano gli ultimi non morti…

“Credi che… avessi ragione?” Nella voce di Zel non c’era la spavalderia con cui era solito affermare il suo punto di vista. “Credi che per qualche motivo abbiano bisogno di lui vivo?”

“… Forse…” Mi costrinsi a replicare, dopo qualche istante di silenzio. “… O forse ha a che fare con la loro capacità di percepire la sua presenza…”

Gli occhi de Zel si strinsero. “Intendi dire…”

“Intendo dire che forse quelle creature non ci vedono…” Mi morsi le labbra, osservando il combattimento in lontananza. “Forse avvertono semplicemente il nostro essere, la vita che scorre in noi…”

Zel mi afferrò il braccio, e strinse con violenza, costringendomi a volgermi a guardarlo. La sua espressione aveva poco della consueta freddezza. “Mi stai dicendo che ho ragione? Gourry si sta trasformando in un demone, un non morto, o qualcosa del genere???” La sua voce era un sibilo agitato, e mi resi conto che era preoccupato, per Gourry, e probabilmente anche per me. Avrei voluto essergliene grata, ma in quel momento il mio cervello era sovraccarico di pensieri.

“Non… non lo so.” Replicai, in tutta sincerità. “Non so più cosa pensare.”

Abbassai lo sguardo, e iniziai a riflettere freneticamente. “Potrebbe anche dipendere dalla spada…” Aggiunsi dopo qualche istante, cercando di mantenere la freddezza necessaria. “… Ti ricordi cosa ha detto quel demone? Non riusciva ad individuarci con la magia…”

La spada aveva mostrato di essere un potente rifrattore degli incantesimi… poteva essere che fungesse in qualche modo anche da schermo ai tentativi di rintracciarla attraverso la magia…? I demoni avevano la capacità di captare forti sorgenti di energia magica… avrebbero potuto farlo con i Demon Blood, ma i miei talismani erano persi chissà dove all’interno delle mura del palazzo di Sailune, dove li avevo lasciati prima di partire… e la spada poteva essere uno schermo sufficiente per mascherare la mia presenza, nonostante i miei poteri, e quella di Gourry, che pure il demone doveva avere cercato di rintracciare… Forse qualcosa di simile avveniva con i non morti… forse la spada schermava la sua presenza a quelle creature… ma chi avrebbe potuto avere interesse a creare un’arma con un potere del genere…?

Zelgadiss si accigliò. “Puoi avere ragione… ma come possiamo verificarlo…?”

Mi incupii, e abbassai lo sguardo. “E anche se sapessimo la verità, potremmo davvero fare qualcosa, ora…?” Mi liberai dalla sua stretta. “Dobbiamo ritrovare quel demone, è l’unica soluzione. Ho bisogno di affrontarlo faccia a faccia, ho bisogno di chiarire questa faccenda.”

Zelgadiss non replicò nulla. Restammo semplicemente in silenzio, osservando gli ultimi focolai di combattimento spegnersi, mentre la luce dell’alba cominciava a levarsi all’orizzonte, spazzando via le ultime, tenaci gocce di pioggia, retaggio del feroce temporale delle ore precedenti.

Ero infreddolita, e le mie vesti e i miei capelli grondavano pioggia gelida, ma la mia mente era vigile, mentre osservavo i sacerdoti di Sailune bruciare, con aria cupa, i cadaveri dei loro compagni. Al mio fianco, la chimera era immersa in chissà quale intensa riflessione.

“E se…” Iniziò Zelgadiss, dopo un silenzio interminabile, scuotendomi dalle mie riflessioni. “… e se noi, ora, ci separassimo dalle truppe di Philionel?”

Spalancai gli occhi, a quell’affermazione, e mi volsi verso di lui, squadrandolo come avrei fatto con Fibrizio risorto al Mare del Caos. “Che diavolo dici?”

Zel non si lasciò scomporre. “Ascoltami. In fondo quanto hai appena detto non è che un altro modo per affermare che ora come ora i nostri obiettivi non coincidono esattamente con quelli di questo esercito.” La chimera si accigliò. “L’obiettivo principale di Philionel è e deve essere quello di espugnare quel castello e riconquistare il suo regno, riportando la pace a Sailune. Il tuo invece è quello di trovare quel demone, e capire cosa stia succedendo a Gourry. Potremo muoverci molto più liberamente da soli, forse potremo persino pensare di riuscire ad entrare in quel castello prima che la nuova battaglia cominci. A maggior ragione se davvero la spada di Gourry ci permette di non essere individuati dalla magia.” Mi fissò intensamente, negli occhi.

Risposi a quello sguardo accigliandomi a mia volta. “Lo sai che noi potremmo essere un supporto  importante a Philionel… Può essere che come dici riusciamo ad entrare nel castello, e aiutarli con la nostra azione in solitario, ma se così non fosse?”

Zel si strinse nelle spalle. “Mi sembra che abbiamo già fatto molto per Philionel, abbastanza da superare qualsiasi compenso. Non è da te sacrificarti agli obiettivi altrui, Lina…”

Mi morsi le labbra, ma non potei smentirlo. Aveva perfettamente ragione, sotto questo punto di vista. Tendenzialmente, io ero un’egoista. Non so se dovessi essere biasimata per questo, ma per me c’erano alcune cose, nello specifico la mia vita, e quella di Gourry, che avevano la priorità su tutto il resto.

Fissai i miei piedi al suolo, riflettendo sulla sua proposta. “E tu, Zel?” Replicai infine, in tono piatto. “Posso indovinare qual è il tuo personale obiettivo in tutta questa faccenda…?”

Zelgadiss rimase impassibile, rispondendomi in tutta tranquillità. “Fossi in te risparmierei di fare commenti in proposito, Lina.” Incrociò le braccia al petto. “Sono certo che anche Philionel sarà d’accordo.”

Zelgadiss aveva ragione, Philionel sarebbe stato d’accordo. Perché se avessimo attaccato il castello insieme ai suoi soldati nessuno avrebbe garantito per la salute di Amelia… se invece fossimo riusciti ad entrare e trovarla prima dell’attacco, qualcuno avrebbe potuto combattere con lei e aiutarla…

Feci un mezzo sospiro. “Oh, lo so che io non posso dire proprio nulla per criticare il tuo assolutamente personale ed egoistico movente. Non dopo aver messo in pericolo il mondo intero solo per salvare la vita di una persona, in ogni caso.” Replicai, in tono neutro.

Zel mi fissò, inarcando un sopracciglio. “Tengo a sottolineare che IO non lancerei una Giga Slave. Qualsiasi persona desiderassi salvare.”

Sorrisi fra i denti. “So perfettamente di essere io la pazza, grazie tante. Ma non farei tanto lo schizzinoso, dal momento che quel Giga Slave ha salvato la pelle anche a te…”

Zel scosse la testa, con fare rassegnato, ed io distolsi lo sguardo, riflettendo febbrilmente sulla sua proposta. Se dovevo essere sincera, l’idea di rimettermi in moto da sola e fare qualcosa di concreto in fondo mi piaceva. Non ne potevo più del senso di impotenza quella guerra continuava a trasmettermi…

Non pronunciammo più nemmeno una parola. Il sole era già sorto per metà all’orizzonte, e il vento, violento e gelido, stava velocemente spazzando via le cupe nubi dal cielo, premendo le nostre vesti fradice e gelate contro la pelle nuda al di sotto. Tremavo per il freddo e fremevo per la tensione del nuovo progetto, osservando Gourry risalire lungo le pendici della collina e muoversi verso di noi, la spada ancora nella mano destra, e il volto sporco di sangue. A dispetto del suo aspetto malridotto, ci gridò un saluto, quando fu a portata d’udito, e ci rivolse un sorriso vittorioso. Un sorriso che bastò a ridarmi calore più di quanto un fuoco acceso in quel momento sarebbe stato in grado di fare. Provai ad immaginare per un momento quel volto solare e pacifico contorto nel gelo della non vita, ma non ci riuscii. Con tutta la mia immaginazione, non ci riuscii.

Anche dopo quella guerra, anche dopo tanto orrore a cui avevo assistito, ero ancora convinta che le persone come Gourry rendessero il mondo un posto migliore. Non avrei mai permesso che gli accadesse una cosa del genere.

“Dei, come siete ridotti, ragazzi.” Scherzò lo spadaccino, quando ci raggiunse. “Sembra quasi che abbiate appena affrontato un’orda di non morti.” 

Risposi al suo sorriso, il mio morale inaspettatamente leggero, nonostante tutto, come le nubi che correvano lontano nel cielo, verso il teatro della nostra prossima battaglia. “Fossi in te non farei troppo lo spiritoso, cervello di medusa. Conoscendoti potrei davvero pensare che tu abbia già dimenticato la battaglia, e la mia pazienza non è ai suoi più alti livelli dopo aver volato tutta la notte sotto la pioggia…”

“Dev’essere un hobby che pratichi spesso, allora…” Suggerì lo spadaccino, a voce abbastanza alta perché potessi sentirlo…

 

No, decisamente non lo avrei permesso. Se si fosse trasformato in un demone, o in un morto, che soddisfazione avrei potuto trarre nel colpirlo con quei meravigliosi schiaffi al centro della fronte, quando se lo meritava?

 

 

 

 

 

***

 

 

Gourry si strinse nel mantello, inquieto.

Dall’altura su cui si trovava, il complesso delle mura di quel pur periferico castello gli appariva impenetrabile come la montagna sacra di cui talvolta sua nonna gli narrava quando era ancora un ragazzino…

Si trovavano a solo un paio di chilometri di distanza da quello che presto sarebbe stato teatro di una delle battaglie più importanti che gli annali di Sailune ricordassero. Erano soli. Con se stessi, con il tetro sottofondo dei rumori del bosco, con le proprie paure.

Non era ancora certo del perché Zel e Lina avessero trovato saggio separarsi dagli armati di Philionel, e precederli fino a lì, e soprattutto del perché il neo sovrano di Sailune non avesse posto obiezioni di fronte a quel progetto… Per quanto spesso avventate, aveva imparato a fidarsi delle decisioni di Lina, ma in quei giorni gli era più facile del solito dubitare… degli altri, e anche di se stesso. Tutto ciò che desiderava era ritrovare la sua consueta serenità, ma il cupo presentimento che lo aveva accompagnato nel corso dell’intero viaggio non faceva che aumentare a mano a mano che le mura della città si avvicinavano…

“Non sono ancora certo della sicurezza del tuo piano, Lina…” La voce della chimera risuonò alle sue spalle, rispondendo perfettamente alle sue preoccupazioni. Zelgadiss sedeva su un destriero pezzato, lo sguardo cupo, al di sotto del cappuccio sollevato, che scrutava in lontananza la pietra grigia delle pareti del castello…

“E’ OVVIO che non è sicuro.” Replicò la maga, secca. “Ma è l’unica alternativa che abbiamo. E se ha funzionato una volta non vedo perché non dovrebbe farlo ancora.”

Lina aveva raccontato a Philionel qualcosa circa un piano di fuga che aveva attuato quando era ancora prigioniera a sud della barriera… a quanto pareva, aveva trovato una via d’uscita dalla prigionia attraverso uno dei canali fognari che smaltivano le acque putride all’esterno del palazzo reale… Philionel aveva fornito loro una mappa dei canali di scolo del castello in cui stavano cercando di irrompere, prima che si allontanassero dalle sue truppe…il sovrano sapeva di poter sfruttare il fatto di attaccare un castello che si era trovato sotto la sua giurisdizione, e aveva raccolto documentazione su tutti i possibili punti deboli che le mura offrissero ad eventuali aggressori… i canali fognari erano una via di accesso troppo disagevole per offrire reali vantaggi agli assedianti, ma potevano bastare a due o tre persone per cercare di penetrare nelle mura senza essere avvistate…

Lina, Gourry e Zel precedevano gli armati di circa mezza giornata, e attraverso quella pianta, in teoria, avrebbero potuto introdursi all’interno della roccaforte e cercare Amelia per metterla al sicuro, prima che l’assedio avesse inizio…

“Ma stando a quanto ci hai raccontato, e a quanto io stesso ho assistito, il risultato della tua spettacolare fuga, ad Ulan Bator, non è stato così esaltante, o sbaglio?” La chimera replicò all’affermazione di Lina con freddezza impietosa…

A quelle parole, Lina ebbe un fremito, e rivolse a Zel un’occhiata gelida. “Il cattivo esito non è dipeso dalla scelta della via di fuga.” Replicò, in tono duro. “E comunque, se hai idee migliori, sei liberissimo di proporle…”

Gourry sospirò, e decise di intervenire nella discussione prima che essa degenerasse… “Cosa faremo una volta all’interno…?” Domandò, osservando le nubi che si addensavano sulla valle, assediando un sole pallido e spento.

“Dobbiamo farci rivelare da qualcuno dove si trova Amelia.” Lina smontò dal suo cavallo, conducendolo con le redini ai margini della radura in cui si erano fermati. “L’ideale sarebbe riuscire a portarla all’esterno prima che inizi la battaglia, ma non sono certa che ne avremo realmente la possibilità…” Si volse verso di lui, pensierosa. “E tu ed io dobbiamo trovare quel demone. Ho bisogno di chiarire alcune questioni con lui. Senza contare che ucciderlo significherebbe dare un considerevole aiuto a Philionel, circa l’esito della battaglia…”

Il tono di Lina non ammetteva repliche. Né Gourry aveva intenzione di sollevare discussioni… La maga gli appariva nervosa, in quei giorni, in modo diverso dal solito… sapeva che ciò in parte dipendeva da lui, e la cosa in qualche modo lo turbava. A maggior ragione, perché aveva l’impressione di sapere cosa sarebbe servito a tranquillizzarla, e nonostante tutto, a dispetto anche di se stesso, non sentiva nessuna propensione a realizzare il suo desiderio…

Strinse l’elsa della spada fra le dita, avvertendo l’ormai familiare scossa di dolore… Non voleva pensare alla lama, non voleva pensare al valore che la sua compagna pareva darle… continuare a considerarla una semplice arma rendeva tutto più semplice…

‘Ma l’ho davvero mai pensata come tale…?’

Sapeva che probabilmente interrogarsi su quella questione non lo avrebbe rassicurato.

“Ad ogni modo… se abbiamo così poco vantaggio su Philionel è meglio muoversi, no…?” Scese da cavallo a sua volta, volgendo le spalle ai suoi compagni, cercando di troncare i suoi stessi pensieri. Sentì Zel sospirare, ma la chimera non sollevò obiezioni. Gourry sospettava che fosse troppo preoccupato per la principessa per manifestare realmente tutte le sue esigenze di prudenza…

In silenzio legarono i cavalli, ed in silenzio si avviarono lungo la via indicata dalla mappa di Philionel… Il percorso si rivelò più tortuoso del previsto… fu complesso trovare l’imbocco del canale, e ancora più complesso fu risalirlo… Zel e Lina si servirono della magia per creare delle bolle d’aria in cui fosse possibile respirare, ma dovettero comunque procedere lentamente, in fila indiana. Ci volle quasi una mattinata, per coprire pochi chilometri. Quando rimossero con la magia la solida grata che li separava dall’accesso alla pavimentazione in pietra dei cortili del palazzo, mezzogiorno era già passato, e l’arrivo di Philionel doveva essere imminente…

Uscirono in silenzio nel cortile deserto, scivolando rapidamente a ridosso delle mura, per non essere individuati. Lina continuava a guardarsi attorno nervosamente, ma nessuno parve notarli. Il grosso delle truppe si concentrava sulle mura, e scrutava cupamente l’orizzonte.

“Dobbiamo raggiungere l’ingresso al corpo centrale del palazzo, e catturare una delle sentinelle all’interno.” Mormorò la maga, nervosamente. “Dobbiamo cercare di farci guidare da Amelia senza sollevare un polverone che rischierebbe di rovinare ogni cosa…”

Zelgadiss annuì. “Il percorso dalle mura agli edifici del castello è troppo esposto, però… sono troppo alte le probabilità che qualcuno ci avvisti dalle mura…”

Lina si accigliò. “Cosa proponi di fare, allora…?”

“Forse è il caso di separarsi.” Replicò la chimera, dopo qualche istante. “Posso andare avanti da solo. Se nessuno mi avvisterà, dopo qualche minuto proverete a raggiungermi… se mi vedranno, farò da esca, e voi cercherete di approfittare della confusione per arrivare ad Amelia.”

La maga rifletté per qualche secondo, prima di annuire. “Sì… forse hai ragione.” Rivolse una breve occhiata a Gourry. “Per contro, se qualcuno si accorgesse di noi, tu potresti raggiungere indisturbato Amelia mentre noi combattiamo… e forse anche quel demone uscirebbe allo scoperto…” Per un momento a Gourry parve persino che la maga desiderasse che le cose andassero così…

“Rifugiatevi nelle stalle…” Li invitò Zel, indicando l’edificio che si ergeva a pochi metri da loro, un casermone di legno e pietra, preceduto da un portico in cui erano ammassate enormi balle di fieno. “Da lì non sarà possibile vedervi dall’alto… Io cercherò di arrivare ad uno degli ingressi posteriori, quello sulla torre laggiù…” Indicò un punto, al di la delle stalle. “Datemi solo qualche minuto, e se non sentite nulla di strano potrete provare a raggiungermi… ”

La maga annuì, e afferrò Gourry per il braccio, prima che potesse porre qualsiasi obiezione… lo trascinò verso il portico, e in mezzo al fieno, mentre la chimera spariva dietro l’angolo dell’edificio…

“Lina…” Azzardò lo spadaccino, a mezza voce, quando furono al riparo. “… non sono certo che sia una buona idea… Zel è un mago, ma è solo… se lo cogliessero di sorpresa, potrebbero anche catturarlo senza che noi ci rendiamo conto di nulla… potrebbero sospettare che ci sia qualcuno con lui, e tenderci una trappola…”

“Allora finiremo in trappola, e combatteremo.” Si limitò a replicare la maga, senza volgersi a guardarlo in volto.

Gourry sospirò, e la afferrò per un braccio, costringendola a ricambiare il suo sguardo. “Lina…” Implorò. “Per favore, non essere avventata solo perché sei arrabbiata con me…” Le sue dita strinsero, quando la maga fece per replicare. “Non voglio che ti succeda di nuovo qualcosa, che ti catturino o peggio. Per favore…”

Lina si morse il labbro, e scostò gli occhi dai suoi, come incapace di sostenerli. “Non… non sono arrabbiata con te.” Replicò in tono evasivo. “Davvero. Sono solo… ho i nervi a fior di pelle, Gourry. Mi dispiace se in questi giorni sono stata brusca con te, nonostante ti fossi appena ripreso da una ferita così grave…”

Gourry emise una risata strozzata. “Tu che ti scusi…? Ora sì che sono preoccupato…”

Lina gli rivolse un’occhiataccia. “Non devi esserlo così tanto, se ti diverti a fare dello spirito…”

Gourry si limitò a sorriderle, e a chinarsi a baciarle la fronte. Lina afferrò la sua mano, che le riposava sulla guancia, e la tenne premuta contro il suo viso.

“Temi il momento in cui affronteremo quel demone…?” Sussurrò lo spadaccino, senza allontanarsi da lei…

“Sì…” Si limitò a replicare la maga, in tono del tutto sincero. “E temo Elmerish, che sarà di sicuro fra queste mura…e ho paura per Amelia, e ho paura per te… mi sento come se… fossi tornata ragazzina. Credevo di aver superato tutto questo. Credevo che una volta diventata una maga potente avrei saputo difendermi in ogni circostanza, e non avrei mai più avuto paura di nulla, e invece… da qualche anno a questa parte, sono successe un sacco di cose in grado di terrorizzarmi…” Gourry fu allo stesso tempo stupito ed onorato della franchezza di quelle parole… era raro che Lina rivelasse tanto di sé a qualcuno, persino a lui… la maga era una persona indipendente, e probabilmente temeva che mostrare le sue debolezze agli altri offrisse loro un mezzo per manipolarla… E di fronte a quella improvvisa sincerità, il senso di colpa per il suo attaccamento a quella spada che Lina evidentemente temeva diventava ancora più acuto… 

“Mia nonna…mi diceva sempre che se si ha paura per qualcosa vuol dire che si ha qualcosa che ci sta a cuore…” Sussurrò, fra i suoi capelli. “E questa è una fortuna… è una fortuna per te, che per certo difenderai ciò che ami, e la tua stessa vita, con le unghie e con i denti… come hai sempre fatto, con successo.”

Lina chiuse gli occhi, come meditando sulle sue parole… “L’ho fatto… anche con il tuo aiuto.” Mormorò in risposta, dopo qualche istante.

Gourry sorrise. “E il mio aiuto avrai. Sempre.”

Lina non replicò nulla. Rimase in silenzio per qualche istante, prima di allontanarlo, e levarsi in piedi. “Dobbiamo andare, ora.” Dichiarò, semplicemente. Ma i loro sguardi si incrociarono per un momento, e la fiducia che quello sguardo comunicò a Gourry bastò a rincuorarlo, più di quanto avrebbero fatto mille parole…

Si levarono in piedi, e scivolarono silenziosamente fuori dal portico che li riparava… Sulle mura, nessuno li degnò di uno sguardo. I soldati volgevano ogni loro sguardo all’esterno, come ipnotizzati dall’attesa della battaglia… Gourry riconobbe, in prima fila, le armature annerite dei non morti. I soldati parlavano, e si scambiavano sguardi inquieti. Quelle creature, invece, semplicemente stavano in piedi, immobili, gli occhi fissi sull’orizzonte.

Lo spadaccino fu percorso da un brivido, e distolse lo sguardo.

Seguì Lina, scivolando lungo le pareti finché fu possibile, e poi di corsa, nell’aperto cortile, temendo ad ogni istante di essere avvistato.

Non avvenne.

Imitò Lina nell’appiattirsi contro la parete di una delle torri, e scivolò insieme a lei dentro una porta socchiusa.

Ad attenderli c’era Zelgadiss. “Ci avete messo un sacco.” Commentò. “Cominciavo a preoccuparmi.”

Lina si ripulì la fronte dal sudore, generato probabilmente più dal timore per il rischio scampato che dalla breve corsa… “Dovevamo essere sicuri.” Replicò. “Che cos’hai lì?”

Gourry si rese conto per la prima volta che bloccata fra la chimera e la parete c’era una figura, tremante. Aveva forse fra i dodici e i quattordici anni, e gli abiti semplici di uno scudiero… E fissava Zel come avrebbe guardato una creatura degli inferi…

“E’ il meglio che mi sia capitato sotto mano…” Rispose Zel, in tono seccato. “Ho idea che il signorino, qui, stesse cercando qualche anfratto in cui rifugiarsi durante la battaglia… quando ho aperto la porta deve aver pensato che lo stavo venendo a stanare, e ha cercato di colpirmi con questo…” Lanciò un oggetto a Gourry. Era un pugnale di fattura poco raffinata, ma sufficientemente appuntito… una specie di bracciale era legato all’elsa attraverso un anello a molla che un semplice movimento poteva far scattare, ed aprire… in questo modo, lo si poteva tenere nascosto nella manica ed estrarre all’occorrenza con una certa facilità… un espediente che Gourry aveva già visto usare a certi mercenari usciti dalla Gilda dei Ladri, quando aveva combattuto a Sailarg…

Lo passò a Lina. “Suppongo che questo sia adatto a te…” Commentò… “Non mi sembra che tu ti faccia grandi problemi, con i colpi scorretti…”

Lina gli riservò un’occhiataccia… ma fece comunque sparire il pugnale fra i suoi oggetti, con una velocità degna di qualsiasi ladro di Sailarg, cosa che Gourry si guardò bene dal farle notare…

Lina si fece avanti, le braccia incrociate, e guardò lo scudiero con una occhiata che doveva spaventarlo ancor più del volto da chimera di Zelgadiss… “E questo moccioso sa dove si trova Amelia…?”

Zelgadiss si strinse nelle spalle. “Stavo giusto domandandoglielo gentilmente, prima del vostro arrivo…” Si volse, l’aria minacciosa. “Allora, puoi portarci dove si trova la principessa?”

“S – s – s – s…”

Lina inarcò un sopracciglio. “Non abbiamo tutto il giorno, ragazzino…”

“Si… si trova nel mastio!” Replicò lo scudiero, in tutta fretta. “E’… è… lungo questo corridoio, e poi ancora a destra, e a sinistra, e…”

“D’accordo, d’accordo…” Lo interruppe Lina. “Non possiamo rischiare di perderci, dovrai accompagnarci.” Lo squadrò negli occhi. “Senti, noi non abbiamo alcuna intenzione di farti del male… basta che ci porti dove vogliamo arrivare, e potrai andare senza neanche un capello in meno sulla tua testolina bruna…”

Il ragazzo deglutì, e annuì. Ancora tremante, si avviò lungo il corridoio buio, e per lunghi minuti li condusse lungo dedali deserti, in un silenzio spettrale. Non incrociarono nemmeno un servitore. Tutti dovevano essersi rintanati ovunque Oberon avesse deciso di mettere al riparo la popolazione civile, nel corso della battaglia… Gourry, ad ogni finestra, lanciava occhiate nervose all’esterno, ripetendosi che ormai Philionel doveva essere vicino.

Quando giunsero alla base di una lunga gradinata, il ragazzino si bloccò. Alle loro spalle, una porta era aperta sul cortile, e Gourry notò come il ragazzino continuava a fissarla, esitante e speranzoso… Con dita tremanti, indicò loro i ripidi gradini. “Per… per di qua… Ve lo assicuro, non vi sto mentendo, è la terza stanza che incontrerete salendo…”

Zelgadiss si accigliò. “Sarà meglio per te che sia vero, ragazzo.” Sibilò. “Perché anche tu ci accompagni in cima.”

Gli occhi del giovane si fecero lucidi. “Vi prego.” Implorò. “E’ davvero lì. Lasciatemi andare, e non dirò nulla, ve lo giuro. Devo andarmene. Se vi trovassero, e io fossi con voi, capirebbero che vi ho portati io qui, e…” 

“Non si discute, ragazzino.” Tagliò corto Zel. “Se è questo che ti preoccupa, allora prega che nessuno ci trovi. Vedi di suggerirci bene come muoverci, e…”

Zelgadiss non ebbe il tempo di terminare. Una voce, imperiosa, risuonò dalla cima delle scale. “Che diavolo sta succedendo, qui?” Una figura imponente seguì la domanda, vestita di bianco e oro, la spada alla mano. Probabilmente, una delle guardie che erano state messe di guardia ad Amelia.

Lo scudiero prese immediatamente a scalpitare. “A… aiuto! Sono intrusi! Intrusi!”

Gourry si morse le labbra, e fece per azzittirlo, ma il ragazzino, agile per età e costituzione, gli sfuggì di mano. In un guizzo da animale selvatico, balzò verso il cortile, e fuggì gridando all’esterno.

“Dannazione!” Zel imprecò, e fece per seguirlo, ma la figura del soldato gli fu immediatamente addosso. La sua spada lo avrebbe trapassato da parte a parte, se il suo corpo non fosse stato di pietra. Invece, con un clangore metallico, gli colpì il fianco e generò un contraccolpo che fece perdere l’equilibrio all’armato. Senza attendere che riguadagnasse la sua compostezza, Zel gli afferrò il braccio con cui reggeva la spada, e mormorò, fra i denti. “Mono Volt.

Con solo un rantolo ed uno sguardo misto di stupore e terrore, il soldato si accasciò al suolo, il grido di dolore che gli moriva in gola.

Rumore di passi sulle scale rivelò loro che non era solo. Questa volta fu Lina a farsi avanti. Con cupa determinazione, li attese al termine dei gradini, e le sue Frecce di fuoco li colpirono ancora prima che potessero mettere piede sul pavimento in pietra del corridoio…

Gourry rimase immobile, diviso fra la volontà di restare ad aiutarli e l’urgenza di cercare di catturare lo scudiero…

“Dobbiamo riprenderlo!” Intimò Zel, sottili gocce di sudore che gli scendevano lungo le tempie. “Darà l’allarme!”

“No.” Replicò Lina. “Se ha già messo in allerta i soldati uscire in cortile ora sarebbe un suicidio…” Lo afferrò per un braccio. “Dobbiamo trovare Amelia, e dividerci. Voi due vi metterete in salvo, e Gourry ed io faremo da esca.” Fissò Zel dritto negli occhi, e la chimera parve cogliere ciò che era sottinteso a quella intimazione. E anche Gourry capì, forse diversamente da quanto Lina pensava. Sapeva leggere fin troppo bene l’espressione della maga. Voleva trovare quel demone, ad ogni costo.  

“D’accordo.” Concluse infine Zel, in un sibilo. “Allora muoviamoci.”

Senza più scambiare una parola, si precipitarono lungo l’infinita scalinata, saltando i gradini e contando i passi. La mente di Gourry gridava, consapevole dei rischi cui stavano andando incontro. Fissò Lina, che lo precedeva di pochi passi, l’aria intenta in chissà quale cupa riflessione. Avrebbe impedito che le accadesse qualcosa, pensò. La spada non cambiava le cose. Era lei la sua priorità.

Si morse le labbra, e osservò Zel che con un semplice impeto della sua forza sovrannaturale faceva saltare il lucchetto e spalancava la porta. Di fronte a loro, in una stanza riccamente arredata, trovarono una terrorizzata Amelia. La principessa era in piedi, e fissava la porta come se si aspettasse di veder irrompere una carica di orchi. E mentre la porta di legno massiccio si chiudeva alle loro spalle, di fronte a loro, la sua espressione mutò dalla paura, allo stupore, alla gioia incredula.

“Zel… voi…”

Mentre la giovane erede al trono di Sailune si faceva avanti per abbracciarli, Gourry si trovò a pregare che finalmente le cose nel mondo stessero riprendendo il loro giusto corso…

 

 

 

 

***

 

 

 

La principessa ci venne incontro con le labbra serrate, e l’aria di chi era sul punto di scoppiare a piangere da un momento all’altro. Per un momento restammo tutti immobili, a fissare gli uni gli altri come fossimo fantasmi, incapaci di dare voce al turbinio di sensazioni che provavamo nell’essere, dopo tanti mesi, riuniti tutti nella stessa stanza.

Amelia fu la prima a cedere. Con una specie di singulto strozzato, corse in avanti, e abbracciò Zel con tanta energia, che per un momento credei che la chimera avrebbe perso l’equilibrio. Zel la sorresse, lanciandoci un’occhiata imbarazzata.

“Stai… bene, Amelia…?” Domandò, in un sussurro.

Amelia sollevò lo sguardo, le guance rigate di lacrime. E in un gesto inaspettato si sollevò sulla punta dei piedi, e stampò un bacio sulle labbra di Zel.

La chimera parve troppo stupita per reagire. Spalancò gli occhi e rimase immobile, mentre Gourry ed io ci scambiavamo un’occhiata divertita. Evidentemente i lunghi mesi di distanza erano stati il giusto propellente, per la principessa, a dimenticare parte delle sue riserve, nonostante i timori della chimera…

Amelia si allontanò dallo sciamano, e si asciugò gli occhi. “Pensavo fossi morto.” Singhiozzò, come a spiegazione. “Pensavo che tutti foste morti.” Spostò lo sguardo su di noi, senza staccarsi da Zel. Quando i suoi occhi si posarono su di me, si riempirono nuovamente di lacrime.

“Lina…” Mormorò. “Lina… allora non eri stata catturata… io credevo che…” Si interruppe, e riprese a singhiozzare.

Mi avvicinai, e le posi una mano sulla spalla. “E’ successo. Ma sono accadute un sacco di cose nel frattempo, e ora non abbiamo tempo di spiegare.” Strinsi la sua spalla, e le sorrisi. “Tuo padre è alle porte della città, e sarà felice anche lui di sapere che stai bene, Amelia. Dobbiamo andarcene di qui, e dobbiamo farlo ora.”

Non menzionai la questione del demone, né il fatto che Gourry ed io non saremmo andati con lei e Zel. Amelia mi pareva troppo scossa in quel momento per aggiungere altri motivi di agitazione…

La principessa annuì, e non fece domande, non ci chiese nemmeno come potessimo essere giunti in quel luogo. Comprendevo che era stordita da ciò che stava accadendo, ed evitai di insistere. In fondo questo giocava anche a nostro favore.

“Dubito che potremo seguire la stessa strada che abbiamo seguito all’andata, a quest’ora le guardie avranno già dato l’allarme.” Scambiai uno sguardo con Gourry e Zel, e il mio tono di voce si fece urgente. “D’altra parte, l’attacco di Philionel è già in corso, se nella confusione riuscissimo a trovare un rifugio sicuro, potremmo provare a nasconderci fino al termine dell’assalto…”

Se fossimo riusciti a battere quel demone, allora i non morti sarebbero andati fuori il controllo, e senza il supporto delle truppe di Uregh, Oberon, che non aveva avuto il tempo di radunare tutte le sue truppe, si sarebbe ritrovato sguarnito di difese… in quel caso, le truppe di Phil avrebbero potuto fare breccia facilmente nelle difese del palazzo… In caso contrario, Zel e Amelia si sarebbero trovati di fronte alla prospettiva di un lungo assedio, dall’esito incerto. Purtroppo, tuttavia, non vedevo altre alternative…

Zelgadiss annuì. Volse gli occhi alla principessa, accigliato. “Amelia, conosci qualche luogo in cui potremmo nasconderci all’interno del palazzo?”

Amelia batté le palpebre, e abbassò lo sguardo per un momento, riflettendo. “Non lo so…” Disse, in tono esitante, dopo qualche istante. “Forse nei sotterranei, fra i magazzini… le servitrici che mi sono state assegnate dicevano che ce ne sono alcuni che non vengono mai aperti, ma…” Lasciò scorrere lo sguardo su tutti noi, perplessa. “Cosa vi fa pensare che non ci cercheranno…?”

“Se andrà tutto bene non lasceremo loro il tempo.” Replicai, frettolosamente. “I sotterranei andranno benissimo.” 

Esitammo solo un istante, ponderando mentalmente come muoverci. Quindi, Gourry prese l’iniziativa, e si diresse verso la porta.

Non poté raggiungerla.

Con un schianto, la struttura in legno massiccio scattò verso l’interno, rischiando di travolgere lo spadaccino, e batté sonoramente contro la parete. Un gruppo di armati fece irruzione nella stanza, e un brivido mi attraversò quando vidi chi li comandava.

Elmerish spiccava in tutta la sua imponenza, di almeno una testa più alto di tutti i suoi soldati. Il suo sguardo scandagliò l’intera stanza e quando incrociò il mio le sue labbra sottili si aprirono in uno storto sorriso. Lo stesso sorriso che sempre deformava la sua faccia butterata prima che il suo pugno scendesse a colpire l’inerme vittima…

Istintivamente, arretrai di un passo ed impallidii. Improvvisamente mi sentivo presa in trappola.

“Sono qui, mio signore, come ci aspettavamo.” Dichiarò Elmerish, volgendosi verso il corridoio. “I topolini cadono fin troppo facilmente in trappola…” Tornò a sorridermi, sornione…

Un’altra figura si fece avanti nella stanza. Non lo riconobbi immediatamente, perché non mi era mai capitato di vederlo da vicino, ma mi bastarono l’aura di autorità che emanava e l’atteggiamento deferente dei soldati nei suoi confronti per capire chi mi trovavo davanti. Oberon. Colui su cui tutto il mio odio si era concentrato negli ultimi mesi.

Il comandante nemico ci squadrò, con i suoi occhi grigio ghiaccio. Il suo sguardo scivolò solo brevemente su Amelia, mentre si soffermò a lungo su Zel, Gourry e me. Dai suoi occhi, stretti nella concentrazione, trasparivano intelligenza e capacità strategica. Per un momento mi sentii come una bestia nelle mani di un mago che la sta sezionando.

“Sembra che avessi sottovalutato le vostre capacità.” Osservò semplicemente, in tono pacato. “O meglio, credo di essere stato mal consigliato.” Aggrottò la fronte, con aria vagamente seccata. “Ma gli errori si fermano qui. Ora ho intenzione di agire di testa mia.” Rivolse un breve sguardo ai suoi soldati, che levarono le armi, e presero ad avanzare verso di noi.

Io considerai frettolosamente le nostre opzioni. Non potevo usare incantesimi particolarmente distruttivi lì dentro, non senza mettere a repentaglio le nostre stesse vite. Del resto, anche se ero abbastanza certa che avremmo potuto abbattere quegli armati anche senza azioni drastiche, chiusi in quel palazzo eravamo come dei topi in trappola… Philionel avanzava velocemente verso le mura, e le truppe di Oberon sarebbero state per la maggior parte impegnate su altri fronti, ma eravamo comunque accerchiati. E poi c’era quel demone, e c’erano i non morti… ero molto meno sicura delle nostre possibilità contro di loro che contro dei comuni soldati…

Pensieri molto simili dovevano attraversare le teste dei miei compagni, ma sia Gourry che Zel imbracciarono le armi e mi si affiancarono, gli sguardi tesi. Fui stupita invece nel vedere Amelia che si tirava indietro, mordendosi le labbra. Le lanciai uno sguardo interrogativo, ma la principessa si limitò a scuotere la testa. Rimasi perplessa per un momento, quindi capii. Pensandoci bene, era abbastanza ovvio. Dovevano avere fatto qualcosa per sigillare anche la sua magia…

Mi strinsi agli altri, e feci muro davanti a lei, imprecando fra me e me. Come se la situazione non fosse già stata abbastanza complicata…

 

Le guardie nemiche coprirono rapidamente la distanza che ci separava, studiandoci con sguardi che, ne ero certa, nascondevano in parte un sotterraneo timore per le nostre capacità… I miei occhi vagarono dai miei avversari, a Elmerish, a Oberon, che come era saggio e prevedibile rimaneva al riparo alle loro spalle. Se avessi potuto indirizzare un colpo verso di lui…

 

“Oberon.”

 

Quella voce profonda risuonò all’improvviso dal nulla, facendo sussultare tutti i presenti. L’istante successivo, una figura prese forma dall’aria fina. Una figura che non conoscevo, ma che aveva un che di familiare…

 

“Che diavolo significa tutto questo?”

 

All’apparenza, si trattava di un sacerdote. Il viso affusolato, dagli occhi azzurri e dalle labbra quasi innaturalmente sottili, era incorniciato da capelli canuti, legati a coda di cavallo, che scomparivano nel cappuccio abbassato della sua lunga veste bianca. La stoffa candida rifletteva in modo quasi innaturale i pallidi raggi di luce che quel giorno filtravano a stento dalle nuvole. Ma erano i suoi occhi a brillare in un modo del tutto particolare, intenso, penetrante. Mettevano i brividi.

Mi chiesi solo per un istante dove avessi già visto quella persona. Zelgadiss dissipò immediatamente ogni mio dubbio, afferrandomi per il braccio e sussurrando. “E’ lui.” La sua stretta si fece ferrea, tanto da farmi male. “E’ quel demone. E’ il sacerdote, come ti avevo detto.”

I miei occhi si spalancarono per l’improvvisa consapevolezza, mentre il demone si volgeva verso la chimera, squadrandola con occhi gelidi, come registrando per la prima volta la sua presenza. Quindi il suo sguardo si posò su di me, e le sue labbra si strinsero.

“Ti avevo detto che Lina Inverse non doveva essere in alcun modo coinvolta. Che diavolo intendi fare attaccandola?” Volse la testa verso Oberon, il suo tono di voce ricco di mal celata minaccia.

“Avevi detto anche che la avresti tenuta lontana da qui, mi sembra, e invece me la trovo davanti, mentre cerca di liberare la mia prigioniera…” Replicò Oberon, secco. “Io mantengo la mia parola a patto di ricevere il medesimo trattamento.”

Gli occhi del sacerdote si fecero gelidi. “Un demone rispetta sempre alla lettera ciò che dice.” Sibilò. “Ho detto che non le avrei permesso di interferire ed è esattamente ciò che farò. Ma ricordati che coinvolgerla significherà perdere il mio appoggio in questa guerra.”

Fui stupita da un tono tanto perentorio. Sinceramente mi sembrava irrazionale quell’accanimento nei miei confronti. Per quanto potesse desiderare la vendetta del suo signore, che differenza poteva fare, per lui, chi era ad uccidermi?

Mi feci avanti, senza essere in grado di trattenermi. “Perché?” Domandai, semplicemente. “Che diavolo avete in mente, voi demoni, sostenendo quest’uomo? E perché vuoi colpirmi personalmente, perché ora, dopo così tanti mesi dalla caduta di Phibrizo?”

Il sacerdote si volse verso di me, accigliato. “Usa il cervello, Lina Inverse.” Replicò, semplicemente. “Se avessi voluto ucciderti, lo avrei già fatto. Non è questo il mio scopo.”

Aprii la bocca per replicare. E la richiusi. Che cosa…? Che cosa?

Zelgadiss, al mio fianco, si irrigidì, e mi scoccò una lunga occhiata, fissandomi come se mi vedesse per la prima volta. Potevo capirlo. Quel dato era l’unico che fino a quel momento avevamo dato per scontato…

“Lina… san?” Amelia alle nostre spalle fissava la scena, evidentemente senza capire. “Cosa sta succedendo?”

“Se… non vuoi ucciderla… allora che cosa vuoi, da lei?” Fu Gourry a porre quella domanda, accigliato. Si fece avanti lentamente, interponendosi fra il demone e me.

Il sacerdote strinse gli occhi, e lo fissò con un’espressione indecifrabile. “I nostri scopi sono incredibilmente simili, spadaccino.” Replicò, semplicemente. “Il mio compito è quello di proteggerla.”

Gli occhi di Zel si spalancarono per la sorpresa, mentre quelli di Gourry si facevano sottili. Io potei solo continuare a fissare il demone, ammutolita. Proteggermi? Ma perché? E che senso aveva allora tutto quello che mi era accaduto?

“Diversamente da quanto potrete pensare, la stirpe demoniaca non c’entra assolutamente nulla con questa guerra.” Aggiunse la creatura, semplicemente. “L’unico motivo per cui abbiamo deciso di sostenerla è perché avrebbe generato Caos, e di Caos noi ci nutriamo. Di Caos noi abbiamo BISOGNO di nutrirci, dopo il duro colpo che la morte di Phibrizo ha inflitto alle nostre schiere.” I suoi occhi si fissarono su di me, penetranti. “Quest’uomo non avrebbe potuto tenervi testa, senza qualcosa che controbilanciasse le capacità magiche dei sacerdoti di Sailune, per questo, per rendere la battaglia equa e farla protrarre nel tempo, mi sono schierato dalla sua parte. E’ umiliante ridursi a interferire nei vostri stupidi conflitti umani. Guerre come queste non sono che la dimostrazione palese di quanto il mio signore avesse ragione, nel considerare la società che voi avete creato come irrazionale e priva di scopo. Ma…” Le sue labbra si strinsero. “Farlo ci avrebbe permesso anche di controllare un altro fattore. Ovvero te, Lina Inverse.” Incrociò le braccia al petto. “Xellos ci ha avvertito che avresti sicuramente ficcato il naso in questa guerra. E anche in virtù della momentanea debolezza che stiamo vivendo tu sei uno strumento troppo prezioso per lasciarti rischiare di perdere la vita in una banale battaglia. Potresti risultare molto utile, per noi, in futuro.” Mi squadrò, inclinando la testa. “Per questo ho segnalato la vostra posizione quando siete fuggiti da Sailune, e ho chiesto personalmente a Oberon di farti portare il più lontano possibile dalla battaglia, ma di fare in modo che non perdessi definitivamente la facoltà di usare la magia. E non so dirti quale sia stato il mio disappunto quando ho saputo che ti eri liberata, e che stavi tornando testardamente verso luoghi in cui non saresti stata al sicuro.” Si accigliò. “E non essere così presuntuosa da pensare che ti stia mentendo, Lina Inverse. Non sei tanto importante da far sì che anche uno solo di noi si mobiliti per ucciderti per un motivo futile come la vendetta, non in un momento di crisi come questo…”

Rimasi semplicemente in silenzio, troppo confusa per rispondere. Avrei dovuto sentirmi sollevata, per il fatto di avere protettori tanto potenti? Non ci riuscivo. Tutto ciò che provavo era uno strisciante, penetrante senso di terrore.

Mi aggrappai a Gourry, ferocemente. “E allora perché diavolo hai colpito il mio compagno?” Sibilai. “Lo hai detto tu stesso che anche lui, come voi, desidera proteggermi…”

Il demone mi fissò con fare sprezzante. “Questo è ciò che credi tu, Lina Inverse.” Sollevò una delle sue dita ossute, e indicò la spada che Gourry brandiva di fronte a sé. “Quell’arma è forgiata con la magia di Cheiphied.” Asserì, quasi con disprezzo. “E oltre ad essere pericoloso per noi, chi la porta potrebbe diventarlo per chiunque dei nostri alleati. Forse anche per te.”

Fissai per un momento la spada, incredula. La magia di Cheiphied? Ma allora Ainos non era…

“C… cosa significa? Che diavolo sta dicendo…?” La voce di Gourry risuonò al mio fianco, strozzata.

Spostai lo sguardo sul suo volto. Sembrava confuso, e spaventato. Avrei voluto avere elementi per tranquillizzarlo, ma anch’io capivo poco o niente di quanto stava accadendo.

“Sleen.” Oberon dichiarò per la prima volta, con la sua voce profonda, il nome del demone che avevamo di fronte. “Voi creature immortali avrete forse tempo infinito per le chiacchiere, ma io ho una guerra da vincere. Se vuoi mettere in salvo Lina Inverse, vedi di farlo ora. Io adesso ho bisogno del mio ostaggio.”

Fissai lo sguardo sull’austero comandante, chiedendomi se avesse accettato di firmare con il demone un contratto per ottenere l’immortalità. In fondo, non vedevo improbabile che il nostro avversario glielo avesse proposto, nonostante non si trattasse di un mago, per preservare la sua incolumità… D’altra parte, il mio istinto per qualche motivo respingeva quell’ipotesi. Oberon mi dava l’idea di essere diffidente nei confronti delle risorse magiche della nostra parte di continente, lo stesso modo in cui osservava il demone pareva dimostrarlo…

“Mi occuperò io della maga e dello spadaccino.” Si limitò a replicare il sacerdote, pacato. “Potete fare ciò che volete degli altri due.”

Oberon si accigliò al tono perentorio che il demone gli rivolse, ma non fece obiezioni. Si limitò a inclinare la testa verso Elmerish, e a indirizzargli un cenno di assenso. Quindi, ci volse le spalle, e sparì attraverso la porta. Io imprecai fra me e me. Probabilmente stava tornando alle mura, com’era prevedibile, ma questo ci toglieva ogni possibilità di colpirlo…

Il generale strinse le labbra, e mi lanciò un’occhiata che avrei definito delusa, ma non diede altro segno di ribellione verso gli ordini del proprio comandante. Con una obbedienza pronta che quasi stonava con il suo aspetto selvaggio, levò il braccio, e gridò ai suoi uomini. “Prendete la principessa e uccidete il mostro! E state attenti…” Aggiunse, in un sibilo. “… ha la pelle dannatamente dura…”

Era sciocco, in circostanze come quelle, ma mi sentivo quasi sollevata al pensiero che non avrei avuto a che fare personalmente con il generale… lanciai una breve occhiata a Zelgadiss, ma la chimera mi pareva tranquilla, particolarmente determinata. La sua espressione mi rassicurò. Contro semplici umani, Zel non avrebbe avuto problemi. In quel momento non potevo preoccuparmi per lui, avevo bisogno di concentrarmi su me stessa…

Scivolai velocemente davanti a Gourry, e fronteggiai il demone, stringendo le labbra. Sleen mi squadrò, cupo, avanzando lentamente. Quando fu a pochi metri da me si fermò, e la sua voce sovrastò il rumore del combattimento, che già aveva avuto inizio nell’altro lato della sala…

“Scostati, Lina Inverse. E’ nel tuo stesso interesse.”

“Lina…” La voce di Gourry, alle mie spalle, fece per commentare qualcosa, ma io bloccai lo spadaccino con un breve gesto del braccio.

“Non ha intenzione di farmi del male, lo ha detto lui stesso.” Replicai, semplicemente. “Ed io non ho intenzione di lasciare che lui ne faccia a te.”

Il demone strinse gli occhi. “Stimi la sua vita più della tua, Lina Inverse?” Replicò, freddamente. “Quella spada… non è fatta per combattere le tue stesse cause. Quella spada diventa progressivamente un tutt’uno con chi la impugna, e lo porta a combattere contro quelli come noi. Tu non sei una creatura della luce.” Fece un passo avanti. “Nemmeno sei nostra alleata. Ma la tua anima non è certo limpida, Lina Inverse. E un giorno potresti diventarlo, che tu lo voglia o no. Quest’uomo non ti permetterà certo di portargli via la sua arma prima che questo accada. E potrebbe anche riuscire ad ucciderti, in quella occasione…” 

Strinsi le labbra, ma mi rifiutai di muovermi di un passo. Ero terribilmente confusa, riguardo alle parole del demone e alla natura della spada, ma in quel momento non volevo fare domande. Temevo che le risposte avrebbero potuto modificare il mio agire nei confronti di Gourry, e in quelle circostanze sentivo di non potermelo permettere.

“Vorrà dire che ci penserò quando arriverà quel momento.” Replicai, semplicemente, pregando che la paura non trapelasse dalla mia voce.

La creatura strinse gli occhi. “Non ucciderti non implica impedirti di soffrire, Lina Inverse.” Fece un altro passo avanti. “Evidentemente dovrò fare in modo che tu non sia in grado di metterti in mezzo…” Protese una mano verso di noi, gli occhi stretti in una sottile fessura. E l’istante successivo avvertii le fiamme lambire la mia pelle.

Feci appena in tempo ad evocare uno scudo magico. Il dolore lancinante al braccio, provocato dal fuoco, per poco non lo infranse. L’impatto mi spinse contro Gourry, che mi afferrò con violenza, impedendo ad entrambi di crollare al suolo.

Tossii, accecata dal fumo, cercando di recuperare l’equilibrio e liberarmi dalla stretta ferrea del mio compagno. Gourry non me ne diede il tempo. Con un gesto brusco, mi scostò di lato, e levò la spada di fronte a sé.

‘Gourry!’

Il grido mi si strozzò in gola. Prima che potessi fare qualsiasi cosa, il mio compagno era scattato in avanti, e si era gettato contro il demone.

“No!” Riuscii a urlare, scattando in avanti a mia volta. “Gourry, non puoi rischiare!”

La spada del mio compagno si incrociò con gli artigli della creatura. Il demone non aveva più l’aspetto rassicurante con cui era apparso… ora, aveva riguadagnato le sembianze con cui lo avevo visto per la prima volta, quando mi aveva attaccato nel bosco. Stava fissando Gourry con quella strana espressività che il suo volto senza lineamenti emanava, un misto di rabbia e tensione, che rivelava un innaturale timore nei confronti del semplice umano che gli si parava di fronte. Per un momento, ebbi l’impressione di vedere l’aria fra i due accendersi.

In preda all’angoscia, protesi la mano e cercai di mirare, ma i movimenti dei due combattenti erano troppo veloci perché potessi usare la magia senza rischiare di colpire anche Gourry. Lo sguardo dello spadaccino era completamente concentrato sull’avversario, un azzurro cupo che in quel momento mi sembrava insondabile. Solo una cosa mi appariva chiara, una consapevolezza che in quel momento bastava ad atterrirmi. Lo spadaccino non stava combattendo per difendermi. Non ero certa di capire i motivi che lo muovevano, ma non era la paura per quello che avrebbe potuto succedermi a spingerlo ad attaccare. E i suoi occhi somigliavano pericolosamente a quelli che avevano incontrato i miei, quasi un anno prima, durante la lotta con Phibrizo. Un secondo prima che la sua lama scendesse per colpirmi.

La paura mi attanagliò lo stomaco con una violenza tale che la nausea mi assalì, e per un momento temetti di perdere l’equilibrio. Indietreggiai verso la parete, cercando un appoggio per sorreggermi, ma non fu la dura pietra che incontrai. Una stretta ferrea, pelle sudata ed un alito fetido intercettarono la mia ritirata serrandomi in un abbraccio nauseabondo. Sussultai, e il mio sguardo cadde immediatamente sulla mano che si era stretta attorno al mio polso, per risalire lungo l’enorme braccio che da essa si dipartiva.

La mia bocca si spalancò, incontrando il volto butterato di Elmerish.

“Di’ la verità, mocciosa. Ti sono mancato…”

Le mie labbra si richiusero e si riaprirono, incoerentemente. Volevo reagire in qualsiasi modo, ma non ne ebbi il tempo. L’istante successivo, le dita di Elmerish si erano già chiuse attorno alla mia gola.

“Ma ora non dovrai più soffrire. D’ora in poi saremo sempre insieme…”

Feci appena in tempo ad accorgermi del respiro che veniva a mancarmi.

In un attimo, le tenebre mi catturarono.

 

 

 

***

 

 

Zelgadiss aveva stranamente perso coscienza del mondo che lo circondava. Tutto ciò che vedeva erano i soldati che li accerchiavano lentamente… Quella situazione era simile a quella in cui lui ed Amelia si erano trovati il giorno della caduta di Sailune, troppo simile perché potesse permettersi di commettere gli stessi errori.

‘Non devo lasciarmi distrarre dal gigante. Non devo allontanarmi da lei.’

Ma il generale nemico sembrava non avere intenzione di attaccarlo. In piedi vicino all’ingresso da cui era sparito Oberon, si limitava a scandagliare la stanza con lo sguardo, lasciando ai suoi uomini il compito di avvicinarsi.

‘Una scelta saggia, probabilmente.’

Se Zel fosse rimasto ucciso, Amelia non sarebbe potuta scappare da nessuna parte. Al gigante conveniva restare ad osservare mentre i suoi uomini lo attaccavano, studiare come combatteva senza l’urgenza di rischiare in prima persona. Sarebbe stato molto più semplice, per lui, combattere la chimera come ultima risorsa, qualora fosse stato necessario, dopo averne compreso le mosse e la strategia, e quando fosse stata stremata dai numerosi duelli…

‘Che venga, anche lui. Non ho paura di questi uomini che non sanno cosa sia la magia.’

Lanciò uno sguardo ad Amelia, premuta fra la sua schiena e la parete, che fissava i soldati con aria preoccupata. Per un momento fu felice di ciò che Rezo gli aveva fatto. Il suo corpo di pietra gli stava tornando utile in più di una occasione, in tutta quella faccenda.

‘E’ utile, in una vita in cui le lotte non finiscono mai… forse non si può separare da essa.’ Il suo sguardo si rivolse nuovamente agli avversari. ‘E’ questa la vita che più mi appartiene?’ Zel scosse la testa, e scacciò quei pensieri. In quel momento doveva svuotare la testa. In quel momento doveva solo pensare a combattere.

I soldati parevano esitare, di fronte al suo aspetto. Continuavano a temporeggiare, studiandolo senza osare attaccare. Zel decise che avrebbe dovuto aprire le danze, e che avrebbe fatto immediatamente capire a coloro che aveva di fronte con chi avevano a che fare…

Arretrò di un passo, e si concentrò su una formula. “Burst Rondo!” Recitò, un istante dopo. Le fiamme lambirono le armature e la pelle della cerchia di soldati che più da vicino lo stringeva, e le grida ed il lezzo di carne bruciata invasero in un istante l’ambiente chiuso in cui erano costretti. Mormorii di terrore si diffusero fra gli armati, ed alcuni presero ad arretrare, ma vennero incalzati, travolti, da quelli che, catturati dalla rabbia, o forse spinti dalla paura, si mossero per attaccare. Colpire, prima che l’avversario possa reagire. Era una lezione che veniva impartita ad ogni buon soldato…

Zel avvertì Amelia emettere un singulto strozzato, mentre una marmaglia di soldati si gettava su loro in massa, le lame che li raggiungevano da più direzioni.

Burst Rondo!” Ripeté Zel, senza farsi prendere dal panico, e restando fedele alla sua strategia. Un incantesimo di potenza limitata, ma che colpisse più obiettivi contemporaneamente, era la scelta più adatta in quelle circostanze, contro numerosi soggetti, particolarmente proni a lasciarsi intimorire dalla magia. Peraltro, lo spazio limitato in cui i loro avversari potevano muoversi andava a vantaggio di Zel. Una solida parete alle spalle e tre o quattro persone alla volta di fronte per lui erano una sufficiente garanzia del fatto che gli armati nemici non sarebbero arrivati ad Amelia. In quel momento, riparare la principessa era la sua priorità. Per quel che lo riguardava, la sua pelle di pietra era più efficace di qualsiasi corazza…

Zelgadiss lanciò uno sguardo al di sopra delle teste dei soldati in direzione dell’ingresso della sala, ma non vide il gigante. Si chiese se il generale nemico non forse corso a cercare rinforzi. Le grida al di fuori delle finestre gli testimoniavano che i combattimenti sulle mura avevano già avuto inizio. Se anche quel mostro era scappato in cerca di aiuto, non sarebbe riuscito molto facilmente a recuperare uomini che potessero disimpegnarsi dalla battaglia…

‘Ad ogni modo, è meglio farla finita in fretta.’

Frecce di Fuoco!”

Zel in genere preferiva combattere con la spada, piuttosto che con la magia. Era un’abilità che sentiva maggiormente propria, mentre la sua capacità magica portava sempre in sé, in qualche modo, il peso del terribile intervento del suo odiato parente nella sua vita. In quel momento, però, i suoi sentimenti avevano scarsa rilevanza. Se la sua magia poteva diffondere terrore, allora lo avrebbe fatto. Zel era sempre stato una persona concreta, ma quei mesi perennemente sul chi vive lo avevano reso ancora meno propenso a concentrarsi sugli inutili formalismi…

Al terzo attacco respinto, il panico fra i soldati prese a farsi tangibile. Anche gli sguardi degli armati presero a levarsi, alla ricerca del loro generale, e di fronte alla sua assenza il terrore che fino ad allora era corso sottilmente fra i suoi sottoposti prese improvvisamente il sopravvento.

Zel non diede loro nemmeno il tempo di elaborarlo.

Il suo attacco divenne incalzante, e ben presto l’atteggiamento difensivo dei soldati si trasformò in una fuga.

Nessuno gridò alla ritirata, ma in una sorta di tacito, folle accordo i soldati presero a sciamare come una marea incontrollata verso il corridoio. Qualcuno cadde, e venne inesorabilmente calpestato, ma la maggior parte degli uomini si ammassò all’ingresso, creando una barriera che impediva a chiunque di fuggire all’esterno.

‘Topi in trappola.’ Pensò Zel, osservandoli mentre si attaccavano gli uni con gli altri per uscire.

Il generale era stato avventato, ad andarsene. Zelgadiss non dubitava che i soldati di Oberon fossero addestrati ad affrontare qualsiasi avversario con sprezzo della loro stessa vita, ma qui non era la semplice paura della morte ad entrare in gioco… temevano la sua magia, come si teme tutto ciò che non si conosce, e non si comprende. Zelgadiss poteva solo immaginare il livello di tensione che quegli uomini potevano avere accumulato, costretti per mesi a combattere a fianco di creature come i non morti. Non dubitava della loro obbedienza, ma i suoi misteriosi poteri dovevano essere stati la spinta definitiva all’esplosione dei loro timori. La fuga doveva apparire una soluzione semplice a degli uomini terrorizzati, senza la massiccia presenza del gigante a promettere loro retribuzioni ancora più temibili della magia per la loro defezione…

Zel si chiese se dovesse cercare di fermarli, ma decise di lasciarli andare. Se avessero diffuso un po’ di terrore nei loro compagni, probabilmente la cosa sarebbe andata a loro gioco…

Si volse verso la principessa, accigliato.

“Stai bene, Amelia?”

La giovane annuì, pallida. Zelgadiss aveva l’impressione che fosse piuttosto scossa, e non poteva biasimarla. Dopo mesi di stasi, tutto era successo incredibilmente in fretta, persino per lui. Ma se tutto fosse andato bene, presto avrebbero avuto tempo per lasciarsi alle spalle la stanchezza, il dolore e quel continuo, pressante senso di ansia…

“Zel…” Esordì Amelia, fissandolo con occhi liquidi. “Dov’è Elmerish…?”

“Intendi il gigante?” La chimera si accigliò. “Lo ho perso di vista dopo l’inizio del combattimento, ma…” Scandagliò per un momento la stanza alle sue spalle. Le poltrone erano riverse al suolo, sedie e tavolo erano anneriti dalle fiamme. Le tende del baldacchino, sull’altro lato della grande sala, erano dilaniate, così come i pregiati arazzi alle pareti, là dove la spada di Gourry, ancora impegnata contro il demone, li aveva raggiunti.

“Un momento…” Si bloccò, osservando accigliato la devastazione della sala. “Che fine ha fatto Lina?”

Amelia batté le palpebre, e lanciò uno sguardo oltre la figura massiccia della chimera. Immediatamente, la preoccupazione tornò a catturare il suo sguardo. “Zel!” Lo fissò negli occhi, e si aggrappò alla sua veste, la voce colma di ansia. “Elmerish! Lui la aveva catturata! La ha portata via di nuovo!” Fece per scattare verso la porta, ma la chimera la bloccò, afferrandole i polsi per  cercare di calmarla. “Amelia.” Pronunciò il suo nome con fare perentorio, nella speranza di frenarla. “Calmati. Lina può usare la magia. Lo avrà seguito di sua iniziativa.”

Amelia scosse la testa violentemente, e si divincolò, cercando di liberarsi. “Non avrebbe lasciato Gourry a combattere da solo!”

Zelgadiss si chiese se fosse vero. In condizioni normali, se anche Lina si fosse allontanata dallo spadaccino nel bel mezzo di un combattimento, la chimera non lo avrebbe trovato eccessivamente strano. Lina si fidava di Gourry, e per quanto potesse preoccuparsi per lui, Zel era convinto che la maga avrebbe saputo lasciare nelle mani dello spadaccino una lotta in cui egli poteva districarsi da solo, se la necessità lo avesse richiesto.

D’altra parte, quelle non erano condizioni normali.

“Dobbiamo aiutare Gourry.” Risolse. “Questo castello è troppo grande, se ci mettessimo a cercare Lina ora potrebbero volerci ore.” Levò lo sguardo verso il combattimento, lo spadaccino ed il demone che si studiavano con fare ostile, apparentemente ignari entrambi del mondo che li circondava. “Se quella creatura muore, i non morti andranno fuori controllo, e tuo padre vincerà questa battaglia. E se il castello cadrà, non saremo più noi quelli che si muovono in terreno nemico. Allora anche Elmerish sarà messo alle strette, ovunque egli sia.”

‘Saresti d’accordo con me, vero, Lina?’

Zelgadiss era preoccupato per la maga. Ma aveva anche la sensazione che, se in quel momento la sua amica si fosse trovata con loro, lo avrebbe tacciato di stupidità se avesse proposto qualsiasi sua altra soluzione…

Amelia improvvisamente parve sul punto di scoppiare a piangere. Zelgadiss aveva l’impressione che i suoi nervi avessero raggiunto il punto massimo di tensione… “Non puoi parlare sul serio!” Gridò. “Che cosa succederà a Lina nel frattempo? Come puoi essere così dannatamente razionale???” Lo accusò, la voce ora stridula.

Zelgadiss le afferrò le mani, e le strinse, cercando di farla ragionare. “Ascoltami, Amelia.” La costrinse a guardarlo. “Ho paura quanto te per Lina. Ma anche Gourry ha bisogno di noi, e anche tuo padre. Non abbiamo la certezza che Lina se ne sia andata di qui contro la sua volontà, e non abbiamo il tempo di appurarlo. Ma sappiamo che c’è bisogno di noi qui, adesso!”

Amelia si ritrasse nuovamente, mordendosi il labbro inferiore. “Posso seguirla da sola!” Replicò, con fare sprezzante. E Zelgadiss, a dispetto della situazione, trovò in qualche modo confortante trovarsi di fronte alla consueta testardaggine di Amelia…

“Ed io non posso impedirtelo.” Replicò Zel, secco. “Ma posso chiederti di non farlo.” Aggiunse, in tono stanco. “Tu non puoi usare la magia, ora, Amelia… ti ho detto che temo per la sorte di Lina…” Fece una breve pausa. “… non costringermi ad essere terrorizzato di nuovo anche per te…”

Amelia a quelle parole, semplicemente ammutolì, il suo sguardo improvvisamente indecifrabile… per un momento Zel ebbe l’impressione che volesse replicare, ma all’ultimo le sue labbra si strinsero in una linea serrata, e la principessa abbassò lo sguardo. La mano che ancora spingeva contro il suo petto per allontanarlo allentò lentamente la sua pressione, scivolando inerte lungo il fianco della principessa. Quindi, con un sospiro, la giovane si ritrasse.

“Fa’ quello che devi.” Replicò, semplicemente.

Zelgadiss sospirò a sua volta, sollevato, nonostante tutto.

Si volse nuovamente ad osservare i due combattenti, chiedendosi se si fossero resi conto di quanto stava accadendo. I loro sguardi sembravano smentirlo. I loro occhi erano allacciati in una silenziosa lotta, gli istanti in cui spada ed artigli si incrociavano erano intervallati da lunghi momenti di stasi, in cui i due avversari si limitavano a studiarsi. Zel si chiese se avrebbe potuto trovare un’apertura e venire in aiuto dello spadaccino…

“Gourry!” Si arrischiò a gridare. “Fatti indietro! Userò la magia!”

Gli occhi del demone si volsero fulmineamente verso di lui. La creatura parve rendersi conto solo in quel momento della sua presenza e delle condizioni della sala che li circondava. Della devastazione e dei cadaveri, e presumibilmente della mancanza della maga. Sorpresa e rabbia catturarono il suo sguardo in un istante, e per qualche secondo il demone rimase a fissarlo, gelido.

Quindi, la spada scese a dilaniarlo, inesorabile.

Lo stupore travolse qualsiasi altra emozione sul suo volto. La creatura si volse boccheggiante verso il suo avversario, la cui attenzione non era stata minimamente scalfita dal richiamo di Zelgadiss. Gourry pareva non averlo nemmeno sentito. Si era avventato sul demone come una furia, non appena un attimo di distrazione gli aveva garantito un’apertura…

Il demone crollò al suolo, reggendosi la spalla squarciata. Avrebbe forse voluto usare le sue capacità per sparire, ma Gourry non gliene diede il tempo. La sua lama calò un’altra volta su di lui tagliando la sostanza oscura che lo componeva, costringendolo urlante al suolo.

Gli occhi della creatura si levarono verso lo spadaccino, saturi di sofferenza. “E’… tardi…” Mormorò. “Avrei dovuto… colpirti molto prima… maledetti… servitori di Chiepied…”

La spada di Gourry calò, un’ultima volta. Si piantò nella gola del demone sacerdote, ed improvvisamente l’aria parve essere dilaniata dal suo grido di dolore. In un istante infinito la creatura si contorse, ripiegandosi su se stessa al suolo. Quindi, la sua figura si dissolse nell’aria.

Gourry fece un passo indietro, e rinfoderò la spada. Zel era ammutolito. Si trattava di un demone di livello non particolarmente elevato, certo… ma non aveva mai visto Gourry combattere con quella efficacia, e quella ferocia. Gli tornarono in mente le parole di quella creatura riguardo alla spada. Una creazione della magia di Cheipied, una forma di magia bianca che fatta eccezione per i draghi dorati nessuno era più in grado di praticare sul continente. Magia bianca. Tale definizione poteva davvero associarsi allo sguardo gelido e feroce che lo spadaccino vestiva in quel momento?

“Gourry!” La principessa al suo fianco scattò verso la figura dello spadaccino. “Gourry-san!” Si corresse, fronteggiandolo, come ricordandosi all’improvviso dei formalismi che gli anni di educazione alla corte le avevano impresso nella mente. “Sei ferito? Stai bene?”

Gourry si volse verso di lei, ansimante, e per un momento il suo sguardo apparve smarrito, come se non la riconoscesse. Quindi, la comprensione si fece strada nei suoi occhi, e i suoi tratti tornarono lentamente alla consueta distensione. “Amelia…” Replicò, spaesato come se si fosse appena svegliato da un lungo sogno. Si guardò attorno, sottili gocce di sudore che gli imperlavano la fronte, e gli scendevano lungo le tempie, e sugli occhi. “Il… combattimento… voi… state…”

“Lina –san è sparita!” Si limitò a replicare la principessa, con urgenza. “Elmerish la ha portata via! Dobbiamo andare subito a cercarla!”

L’allarme catturò immediatamente lo sguardo dello spadaccino. “Come sarebbe a dire sparita?” Si volse, e i suoi occhi incrociarono quelli di Zel. Quando la chimera non smentì, lo sguardo di Gourry prese a vagare freneticamente lungo le pareti della sala, incredulo. “Non è possibile! Lei era proprio…”

“… dietro di te.” Terminò Zel, per lui. “Ma non era sul difenderla che eri concentrato. O sbaglio?” Il tono della chimera era pacato, ma Zelgadiss era consapevole del peso che le proprie parole avevano per lo spadaccino. E non era intenzionato a trattenersi. Quell’atteggiamento da parte di Gourry lo inquietava. In quel momento si sentiva disposto persino ad essere crudele, pur di riscuoterlo.

Gourry rimase immobile per un momento, la bocca spalancata, lo sguardo atterrito. Quindi si morse le labbra e scosse la testa, con aria improvvisamente risoluta. “Dobbiamo muoverci!”

Fece per scattare verso la porta, e Zelgadiss dovette trattenerlo a forza, rischiando di essere travolto dalla sua furia. “Aspetta!” Gridò. “Dove hai intenzione di cercarla???”

Gourry si scrollò dalla sua presa, con violenza. “Non lo so!” Replicò, con foga. “Alle mura!”

Zel indietreggiò di un passo, e rimase per un momento in ascolto delle grida e dei rumori della lotta, che giungevano dalle mura. In un crescendo cacofonico, avevano invaso l’aria, tanto che se Zel avesse chiuso gli occhi non gli sarebbe stato difficile immaginare di essere nel mezzo della battaglia. Si chiese se sarebbe stato prudente andare laggiù. Quindi, rise del suo stesso dubbio. Non, non sarebbe stato prudente. Sarebbe stato come scendere all’inferno.

Gourry non parve porsi il problema. Senza attendere altre repliche, si precipitò fuori dalla porta, nel corridoio e lungo le scale che a spirale scendevano dal mastio. Zelgadiss lanciò un’occhiata ad Amelia, ed insieme gli si accodarono. Mentre correva, dalle finestre della torre scorse per la prima volta lo scenario al di sotto.

E il paragone con l’inferno non gli parve più così iperbolico.

I non morti erano effettivamente andati fuori controllo, come avevano pensato. In realtà, Zel si era aspettato qualcosa di spettacolare, forse una scenografica dissoluzione collettiva… ma quelle creature parevano poco disposte ad abbandonare la loro non vita. Avevano continuato a combattere, ma senza più un obiettivo preciso. Si erano rivoltati contro i loro stessi alleati, seminando terrore e morte fra le fila sulle mura. Qua e là, dove gli uomini di Philionel erano riusciti a fare irruzione nelle linee nemiche, si era creata una paradossale alleanza fra i vessilli bianchi di Sailune e quelli dorati di Oberon contro le creature, e frecce e lance infuocate volavano in ogni dove.

Zelgadiss distolse lo sguardo. Se avesse osservato ancora la sua razionalità gli avrebbe imposto di fuggire, e non voleva farlo. Anche lui voleva ritrovare Lina, anche se non era certo che il gigante avesse effettivamente voluto fare ritorno al suo comandante … Oberon gli aveva ordinato di accondiscendere alla volontà del demone, e il generale si era allontanato prima che la creatura morisse, quando ancora il suo Signore non sarebbe stato felice di vederlo arrivare trascinando con sé la prigioniera… non capiva che cosa il gigante avesse in mente…

Giunsero alla base della torre, ansimanti. Amelia pareva stremata, i capelli un tempo raccolti le erano precipitati sul viso, e la sua lunga veste era in disordine, la spallina destra abbassata, la gonna stropicciata laddove la principessa la aveva tenuta sollevata con le mani, per non precipitare sui gradini. Zel frenò, aspettandola alla base della scala mentre li raggiungeva, lanciando sguardi inquieti ai corridoio che si diramava di fronte a loro, aprendosi da un lato ai cortili, e perdendosi dall’altro nelle profondità del castello.

“Dove?” Gourry si volse, rivolgendosi ad Amelia.

La principessa frenò la sua discesa, perplessa. “Credo… vicino al portale principale, se vuoi trovare Oberon… diritto attraverso il cortile, ma…”

Lo spadaccino non le lasciò il tempo di terminare. Con un balzo, superò i gradini all’ingresso del mastio, e si gettò nel cortile.

Zel sospirò, e si rassegnò a seguirlo, ancora una volta. Giunti al centro del cortile, tuttavia, tutti e tre dovettero fermarsi. La polvere sollevata dagli stivali dei soldati era soffocante, e il caos regnava sovrano. I combattimenti si concentravano per lo più sulle mura, ma qua e la dilagavano anche all’interno della cerchia, e incendi sparsi stringevano gli armati da ogni dove.

Zelgadiss sollevò il collo della sua tunica, perché la stoffa gli riparasse la bocca dalla polvere. “Non li troveremo mai!” Gridò, cercando di sovrastare il caos.

“Là!” Amelia lo smentì, immediatamente, indicando con la mano una figura in bianco, in cima alle mura. Per un momento Zelgadiss sperò di scorgere Elmerish, ma tutto ciò che vide fu Oberon, intento a gridare ordini in cima alle mura.

“Lina… non vedo Lina!” Gridò Gourry, la voce strozzata a causa della gola secca.

Zel scosse la testa. “Non è con lui…” Il suo sguardo guizzò verso l’alto, dove una freccia era appena scoccata a pochi metri dalle loro teste. “Togliamoci di qui!” Afferrò Amelia per un braccio, e la trascinò verso la parete della torre, al riparo dalla furia dei combattimenti.

“Non possiamo restare così allo scoperto!” Gridò, rabbioso, verso lo spadaccino. Non era colpa di Gourry, ma aveva i nervi a fior di pelle. “Amelia non può usare la magia, e non abbiamo idea di dove cercare! Siamo ancora in campo nemico, dobbiamo ripararci da qualche parte nell’attesa che Philionel faccia irruzione qua dentro!”

“Tu e Amelia mettetevi al riparo!” Gridò Gourry, di rimando. “Io vado a cercare Lina!”

Zel lo afferrò per il braccio sinistro, con violenza. “Gourry, non puoi andare là in mezzo da solo!” ‘Se te lo lasciassi fare Lina non me lo perdonerebbe mai…’

Zelgadiss aveva paura per lo spadaccino a causa della battaglia che infuriava, ma non solo… Temeva che Gourry fosse nuovamente sul punto di perdere il controllo, e mai lo aveva visto audace e sprezzante della propria vita come in quei momenti…  

“Rifletti.” Aumentò la stretta sul braccio dello spadaccino, sperando di riuscire a convincerlo. “Elmerish non può andare da nessuna parte. E’ qui in trappola, come noi. Lo staneremo appena il combattimento sarà finito.”

Gourry scosse la testa, e cercò freneticamente di liberarsi. “Potrebbe succederle qualsiasi cosa nel frattempo! Oppure Elmerish potrebbe cercare di fuggire da dove noi siamo entrati!”

Zel spalancò gli occhi, colpito da quella ipotesi come da uno schiaffo in fronte. Il condotto fognario! Il generale ben sapeva che doveva esistere una falla nella difesa del castello, loro stessi glielo avevano dimostrato… se avesse costretto Lina a rivelargli qual era…

Zelgadiss si rifiutò comunque di lasciarlo andare. “L’ingresso del condotto fognario è dall’altra parte del cortile, Gourry.” Lanciò uno sguardo alle stalle in fiamme. Quello che normalmente sarebbe stato un percorso di pochi minuti, in quel momento appariva come un impenetrabile bolgia infernale. “Calmati e rifletti. Non puoi farti strada là in mezzo da solo, non ora.”

Il volto di Gourry divenne una maschera cupa. “Tu non capisci.” Ringhiò. “Tre mesi fa lui la ha portata via allo stesso modo ed io, per sciocca prudenza, mi sono lasciato convincere a non intervenire. Ma ora basta. Basta.” Cercò di liberarsi dalla sua stretta ferrea, ma la chimera, sfruttando tutta la sua forza, si rifiutò di lasciarlo andare. Non capiva a cosa Gourry si stesse riferendo. Sapeva solo che c’era una nota di follia nel suo sguardo, e che non poteva lasciarlo andare in quelle condizioni…

Amelia fissava la scena in silenzio, atterrita. Zelgadiss poteva capirla. Non li incontrava da mesi, e liti come quelle non erano certo all’ordine del giorno, prima che si separassero…

“Dovrai colpirmi se vuoi che ti lasci, Gourry.” Sibilò la chimera, cercando di non lasciarsi distrarre dalla principessa. “Lina non vorrebbe che tu ti sottoponessi ad un rischio simile.”

Gourry si accigliò. “Allora scusami, Zel. Scusami tanto.” Lo spadaccino arretrò di un passo, tanto quanto la stretta di Zel gli permetteva, e per un momento la chimera credé che fosse tanto furente da tentare davvero di colpire a nude mani la sua pelle di pietra.

Questo, finché non lo vide mettere mano alla spada.

La paura lo attraversò come una fredda lama, e si ritrovò ad essere immobilizzato dal terrore. A guardarsi come dall’esterno mentre le dita dello spadaccino si chiudevano attorno all’elsa ed estraevano l’arma, che emanava riflessi cristallini alla luce pallida del sole…

‘Vuole uccidermi.’ Fu l’unico pensiero che il suo cervello gli gridò con violenza, mentre la lama arretrava per un attimo, solo un attimo, riflettendo la sua luce nel blu cupo, liquido, dello sguardo della principessa, che osservava con gli occhi spalancati.

Quindi, il dolore lo invase. Un dolore penetrante, lancinante, mille specchi che si infrangevano nel suo corpo, mille grida, stridule, che gli perforavano i timpani. Un dolore che in anni di battaglie gli pareva di non aver mai provato.

Gourry non lo aveva colpito con la spada. Gliene aveva consegnato l’elsa in mano.

Istintivamente, la chimera lo lasciò andare, e indietreggiò. La sua intenzione era solo quella di abbandonare la presa sull’arma, ma la sua mente non aveva più il controllo dei suoi movimenti. Il suo corpo ondeggiò malamente, prima di finire al suolo.

“Zel!!!”

La principessa fu immediatamente in ginocchio al suo fianco, l’espressione preoccupata. Zelgadiss inizialmente non le prestò attenzione. Il sollievo portato dall’interruzione di quel dolore insopportabile era talmente intenso che persino le sensazioni dal mondo esterno gli giungevano ovattate. Un’unica consapevolezza era nitida nella sua mente. L’immagine di Gourry, di spalle, che spariva in mezzo alla polvere.

Abbandonando al suolo la sua spada.

 

 

 

***

 

 

Annaspai, e cercai di aprire la bocca per prendere fiato.

Non vi riuscii. Qualcosa, un velo impenetrabile bloccava l’accesso all’ossigeno. Cercai di gridare, di dire qualcosa, ma non ne ero in grado. La testa mi girava, il mio stomaco era stretto in una morsa, e mi veniva da vomitare. L’agitazione mi colse, e per un momento pensai che sarei morta soffocata. Quindi, mi resi conto che continuavo a respirare attraverso le narici.

Cercai di riscuotermi, ma la mia testa era così assurdamente confusa che non ero nemmeno certa di cosa stesse accadendo attorno a me. Mi pareva di galleggiare in un mondo ovattato, fatto di suoni assordanti.

“Hmm… Hmm…”

Emisi qualche suono sconnesso, ed improvvisamente la terra smise di muoversi. Un dolore improvviso alla schiena mi rivelò che ero stata appena sbattuta contro una parete e, fra le indefinite macchie di luce che mi annebbiavano la vista, apparve, come una visione terrifica, il viso di Elmerish.

I miei occhi si spalancarono immediatamente. Ebbi appena il tempo di prendere coscienza della presenza del gigante che incombeva su di me, prima che un sonoro schiaffo calasse sul mio volto, minacciando di spezzarmi il collo. Boccheggiai, avvertendo in bocca il sapore del mio stesso sangue, mentre il sibilo familiare della voce del generale raggiungeva le mie orecchie.

“Ora io ti libero la bocca, e tu non gridi o tenti strani scherzi… sono stato chiaro?”

Non avevo la forza di annuire, ma la domanda del gigante non pareva presupporre una risposta.

Rimasi immobile, mentre il fazzoletto intriso di sangue veniva rimosso dalle mie labbra.

Non capivo dove ci trovassimo. Il clamore della battaglia giungeva alle mie orecchie solo da lontano, e le pareti sembravano chiuderci nello spazio ristretto di un corridoio, il che mi fece dedurre che dovevamo esserci inoltrati in un qualche meandro del palazzo… da qualche parte, un fiotto d’aria fredda penetrava fra le pietre scure, gelandomi il sangue nelle vene, intorpidendo le mie membra.

“Noi… abbiamo…?”

Non ebbi il tempo di terminare. Le dita di Elmerish si strinsero sulle mie spalle, e mi scossero con violenza. “Dimmi dov’è!”

Non capivo. “C… cosa…?”

“La falla!” Mi incalzò Elmerish. “Il punto debole nella difesa! La via d’uscita da questo posto!”

Lo guardai, senza comprendere. “Perché… perché vuoi tradire il tuo signore e scappare…?”

Elmerish mi rispose con un ruggito rabbioso. Con un grugnito, mi sollevò di peso, e mi trascinò in fondo al corridoio che stavamo percorrendo, e su una rampa di ripidi gradini. Spalancò la porta che li sovrastava, ed immediatamente un fiume di aria fredda mi investì. Battei le palpebre, in risposta alla luce del sole, che a paragone con l’oscurità dell’interno mi pareva accecante. E, mentre il gigante mi trascinava sul pavimento sporco e ricoperto di paglia, mi resi conto di dove ci trovavamo. Eravamo nell’uccelliera del palazzo.

“Guarda!” Ringhiò Elmerish, scaraventandomi contro il parapetto con tanta foga che per un momento temetti di precipitare. Il mio sguardo catturò un ritratto della battaglia che si stava consumando metri sotto di noi, ma la mia vista confusa a malapena distingueva le truppe avversarie da quelle di Philionel…

“Oberon è impazzito!” Gridò il gigante, senza badare al mio smarrimento. “Demoni, creature magiche, morti che camminano… non c’è nulla di giusto in questo!!! Credevo che fosse tornato in sé, che avesse finalmente deciso di tornare a combattere come lui sa, e invece… guarda!!!” Tornò ad indicare quella che per me non era altro che una massa indifferenziata. “Il castello oggi cadrà, a causa della sua momentanea follia!!! Ma io non permetterò che finisca così! Manderò un messaggio ai miei uomini che stanno tornando da Ulan Bator, li riorganizzerò io stesso, chiamerò a me l’alleanza degli altri popoli al di là della barriera! Il piano di Oberon era grande e meraviglioso, ed io lo porterò a termine, io poserò la corona di Sailune sulla sua testa quando lo avrò liberato da Philionel e finalmente sarà tornato in sé!” Mi afferrò per il colletto, e mi portò all’altezza dei suoi occhi. “E sarai tu a portarmi fuori di qui, e permettermi di farlo… non appena avrò inviato un dannato uccello messaggero ai miei uomini…” Ringhiò, fissandomi con una smorfia di rabbia che bastava a riportare alla mia mente mesi di terrore…

La nebbia che catturava la mia mente cominciò progressivamente a diradarsi, a mano a mano che le sue intenzioni mi si rendevano chiare… E mentre la comprensione si affacciava alla mia mente, si affermava sempre più anche la consapevolezza che la confusione che mi catturava non era di origine naturale… “Tu… mi hai dato ancora quella droga, vero…?” La mia era più una constatazione che una domanda…

La smorfia di Elmerish divenne un ghigno. “Non hai che da provare ad usare la magia per scoprirlo, mocciosa…” La sua grossa mano tornò a stringersi attorno alla mia gola. “Ed ora dimmi come uscire di qui…”

Strinsi le labbra, forte, per impedire loro di tremare. “La tua non è una fuga.” Sibilai, inquietata dalle implicazioni delle mie stesse parole. No, nessun tradimento del suo signore. Il suo era piuttosto un estremo atto di fedeltà. Il gigante era disposto a proteggere Oberon anche da se stesso. La mia mente associò per un momento il suo atteggiamento a quello di Gourry, per quanto il paragone suonasse stonato ed assurdo persino a me che lo avevo concepito… “Perché?” Chiesi, mossa da sincera curiosità, più che dalla volontà di prendere tempo. “Perché continui a seguirlo così fedelmente, nonostante abbia tradito le tue aspettative…?”

Elmerish digrignò i denti, a quella domanda. “Voi non potete capire…” Replicò, senza specificare a chi si riferisse esattamente, con quel generico appellativo… “Quando la barriera è stata eretta, non vi siete trovati a vivere in lande desertiche, in cui anche un chilometro quadrato in cui scorre acqua può essere vitale per la sopravvivenza di un popolo…” Le sue dita presero a stringere, togliendomi il fiato. “Voi con le vostre risorse magiche non avete dovuto lottare ogni giorno, con le unghie e con i denti, contro gli elementi…” Il suo volto si avvicinò al mio, e una zaffata di alcol mi investì, tornando a risvegliare in me la nausea. “Oberon ha saputo organizzare il suo popolo, ha saputo risollevarlo dalla povertà. Ha saputo sedare i conflitti fra le popolazioni nomadi, indirizzare la nostra forza verso gli sforzi per la sopravvivenza, senza privarci della nostra libertà… lui avrà sempre la mia fedeltà… e non avrò pace finché non vedrò quel tuo reuncolo che predica giustizia schiacciato sotto i miei stivali…”

Strinsi i denti, assalita dalla rabbia. “Philionel non ha colpa per ciò che voi avete patito… quindi, non cercare di convincermi che avete ragione, in questa guerra!” Ringhiai. “Anche Sailune e questa parte di continente hanno affrontato notevoli difficoltà, da che la barriera è stata eretta! Abbiamo dovuto lottare con i demoni! E l’assetto di questi territori è stato rivoluzionato, si sono combattute guerre! La moglie dell’uomo che vuoi così disperatamente uccidere è stata assassinata proprio in una di queste lotte di potere! Perciò non presentarti come la vittima, Elmerish, non mi muovi a compassione!!!”

Il gigante strinse gli occhi. “Tu credi? Tu credi davvero che Sailune non abbia colpe?” Sibilò. “Conosco bene la sorte subita dalla moglie di Philionel… Sleen, quel demone, ha istruito il mio signore su tutto ciò che c’era da sapere a riguardo… ma se ora ti aspetti lacrime e compassione da me caschi male, mocciosa… se vuoi sapere cosa ne penso, credo che Sailune si sia meritata ogni cosa…” Digrignò i denti, la rabbia visibile sul suo volto. “Lo sai che i territori desertici a sud della barriera, nell’antichità, appartenevano alla confederazione di cui faceva parte anche il regno di Sailune? Nei nostri annali si riporta che i sacerdoti della capitale avrebbero avuto conoscenze sufficienti per creare almeno un varco, un passaggio nella barriera e riunificare il territorio, ma nessuno mosse un dito… il recupero delle rotte verso il sud non valeva lo sforzo… era più comodo liberarsi di quei territori che non erano in grado di aggiungere nulla alla ricchezza del regno…”

Mi accigliai. Quelle informazioni sommarie potevano nascere semplicemente dal sentimento di rivalsa di un popolo tagliato fuori dalle fonti di sostentamento offerte dal proprio regno… oppure, poteva esserci un fondo di verità. Amelia forse si sarebbe adirata nel sentirmelo dire, ma in fondo al cuore ero sempre stata scettica sul fatto che Sailune avesse realmente quel passato immacolato che la sua immagine di promotore della pace rendeva agli occhi di molti scontato… nei libri di storia di ogni regno esistono fatti che si preferisce occultare, e sapevo bene che nell’antichità la magia di Cheiphied, ora perduta, aveva fornito ai sacerdoti di Sailune un potere infinitamente superiore a quello che possedevano ora, un potere che era stato probabilmente la fonte primaria del prestigio della città, più del carisma o della saggezza dei suoi sovrani… Probabilmente la leggenda si univa alla realtà, nella storia che mi aveva raccontato Elmerish, una realtà sommersa forse deliberatamente dall’oblio dei secoli al di qua della barriera, e gonfiata invece dal rancore e dall’odio fra le popolazioni ora guidate da Oberon… ma, in tutta sincerità, non avevo intenzione di discutere del merito della questione con Elmerish, in quel momento. Tutto ciò che avevo a cuore, allora, era la mia vita, e quella delle persone a cui tenevo… non avevo la stessa prontezza di Amelia nel soprassedere su questo urgente problema, nel nome di questioni di torto o ragione…

“Grazie per la fantastica lezione di storia, faccia butterata…” Strinsi i denti, e gli rivolsi un ghigno strafottente. “… ti ricorderò come mio maestro di vita, mentre marcirai nelle prigioni di Sailune…”

Le labbra di Elmerish si aprirono in un sorriso inquietante… “Sai, mocciosa…” Si piegò, avvicinandosi al mio volto… “… mi piaci… mi piace come sfidi continuamente la morte…” La sua stretta sul mio collo si fece all’improvviso più serrata. Con un rigido movimento del braccio, il gigante mi sollevò, e mi scaraventò contro le gabbie degli uccelli, ammonticchiate contro una parete. Alcune barcollarono, e precipitarono nel vuoto oltre il parapetto, lungo la parete scoscesa del castello. Io strinsi i denti, lottando con tutte le mie forze per evitare di gridare per il dolore.

Elmerish si avvicinò, incombendo su di me… “Ho il sentore che noi due ci divertiremo, mocciosa… ci divertiremo un mondo… ti porterò con me nelle steppe, e vedremo per quanto ancora ti piacerà quel soprannome…”

Inghiottii sangue, e gli rivolsi uno sguardo rabbioso. “Mi spiace…” Sibilai… “Evidentemente ti ho colto sul vivo… il tuo volto allontana le donne, eh, faccia butterata…?”

Elmerish mi rivolse un altro sorriso, pacato, il sorriso di chi tiene il coltello dalla parte del manico… “Mi auguro che tu non verrai colpita dalla stessa malattia che ha ridotto il mio volto in queste condizioni, mocciosa…” Tornò a sollevarmi dal suolo… “Là dove andremo non ci sarà la magia a curarti, solo erbe che bruciano sulla pelle come i tizzoni ardenti con cui i demoni torturano i dannati…” Il suo sorriso si allargò. “Ma ti posso rassicurare su una cosa… a differenza delle donne, i miei uomini non si faranno nessun problema, con te, anche se avrai il volto sfigurato…” Estrasse un pugnale, e lo avvicinò al mio viso. “E credo che nemmeno tu potrai dimostrarti troppo schizzinosa, con nessuno di noi, nemmeno con me, quando verranno richiesti i tuoi servigi…” Fece scorrere la lama contro la mia guancia, e avvertii un rivolo di sangue scendermi lungo il viso. “Ma il mio defunto padre mi diceva sempre che viene prima il dovere, e poi il piacere… e per onore alla sua memoria, per quanto adori giocare con te, credo che ora dovrò porre un freno alla mia pazienza, ed esigere risposte …” Rigirò il pugnale, senza allontanarlo dalla mia pelle, e la punta venne a premere direttamente contro la mia gola. “Basta scherzi, mocciosa. Come si esce da questo posto?”

“Uccidimi, se vuoi.” Lo sfidai, cercando di non pensare a ciò che le sue parole promettevano. “Credi che minacciarmi ti porterà davvero a qualcosa? Se io muoio, tu non andrai proprio da nessuna parte…”

Le labbra di Elmerish si aprirono nuovamente in un sorriso. “Oh, ma io non ho alcuna intenzione di ucciderti… Ci sono metodi molto più convincenti per ottenere qualcosa da una mocciosa graziosa come te…” Il pugnale risalì, tornando a sfiorare la mia guancia… “Questi begli occhi, ad esempio… sono il tuo orgoglio, vero? Di un colore così insolito, come rubini…” La lama premette nuovamente, lasciando il suo marchio rosso. “Farebbe male, se te ne strappassi uno… così male che grideresti, pregheresti che io ti lasciassi rivelare quello che un istante prima mi avevi così scortesemente rifiutato di riferire…” Ebbi un sussulto, a quelle parole, ma Elmerish mi strinse il braccio con la mano libera, impedendomi di arretrare. “E se un occhio non bastasse…” Proseguì. “… ci sarebbe l’altro. E poi ancora le orecchie, e le dita… non hai idea di quanti uomini siano giunti ad implorare la morte, sotto le mie mani, mocciosa… non hai idea di quanto io sia abile a catturare il soffio della vita che fugge da chi sto torturando, ad impedirgli di lasciarlo fino a che le risposte che ottengo non mi paiono soddisfacenti…” I suoi occhi catturarono i miei, ed un improvviso gelo mi catturò, nel rendermi conto che era mortalmente serio… “Te lo ripeto ancora una volta… da dove siete passati, per entrare qui dentro…?”

Lottai per liberare il braccio, ma non vi riuscii. I miei occhi incontrarono nuovamente i suoi, ed improvvisamente ogni volontà di resistenza abbandonò la mia mente. Non stava scherzando. Mi avrebbe torturata a morte, se necessario. E avrebbe provato soddisfazione nel farlo.

“Attraverso… il condotto fognario.” Dichiarai infine, sconfitta. “Sul retro delle stalle c’è un passaggio. Posso condurtici, se riusciamo a farci strada nel combattimento…”

Elmerish mi lasciò andare, e le mie ginocchia non ressero. Crollai sul pavimento, mentre il gigante indietreggiava, e rinfoderava il pugnale. “Ci riusciremo.” Replicò semplicemente, secco. Aprì una delle gabbie, e lo osservai estrarre uno degli uccelli messaggeri, il volto piegato in una smorfia di tetra determinazione. Afferrò una delle pergamene ammucchiate nella scatola in legno al centro della sala, e prese a scarabocchiare nervosamente un messaggio. Io arretrai, strisciando, e mi addossai al parapetto, pensando freneticamente. Elmerish mi bloccava ogni via d’uscita, interposto fra me e l’unica porta di accesso all’uccelliera. E, anche se fossi riuscita a scappare, non mi illudevo che avrei fatto molta strada… mi sentivo debole, ed eravamo troppo lontani dalla battaglia perché potessi sperare di fargli perdere le mie tracce in mezzo alla folla. Potevo semplicemente opporre resistenza in modo da diventare un peso, per lui, ma avevo l’impressione che Elmerish si sarebbe limitato a stordirmi e portarmi via di peso, senza nemmeno considerare l’ipotesi di abbandonarmi. Ma io non potevo, non potevo pensare di essere di nuovo trascinata via da lui, lontana dal mio mondo, lontana da ogni appiglio. Se solo avessi avuto la mia spada…

Portai la mano all’elsa, inutilmente. Ovviamente Elmerish aveva pensato a togliermi la mia arma, probabilmente limitandosi ad abbandonarla da qualche parte lungo il percorso… Non avevo mezzi per difendermi. D’altra parte, se avessi potuto coglierlo alle spalle mentre era riverso sul parapetto…

Come indovinando i miei pensieri, il generale giunse a grandi falcate verso di me, e mi sollevò ancora una volta come avrebbe fatto con un peso morto. Senza dire una parola, mi trascinò verso il parapetto, e costrinse la pergamena nelle mie mani. “Inviala tu.” Sibilò. “Mentre ti tengo d’occhio.”

Evidentemente, qualche messaggio era giunto da Ulan Bator sui modi in cui approfittavo delle distrazioni dei miei avversari…

Cercai di legare il messaggio alla zampa dell’animale, ma le mie mani tremavano per la droga, ed ebbi scarso successo. Finii per lottare con la pergamena, mentre la bestia prendeva ad agitarsi fra le mie dita, ed anche Elmerish, alle mie spalle, scalpitava.

“Muoviti, mocciosa, se non vuoi che te le strappi, quelle dita…”

Strinsi i denti, improvvisamente catturata di nuovo dalla rabbia. “Se hai fretta, perché non ti arrangi, faccia butterata???” Lasciai andare il volatile, che fuggì spaventato, e mi volsi, livida. “Anzi, perché non voli tu lungo questa parete? Arriverai velocemente, ovunque tu debba andare!!!”

Le dita di Elmerish catturarono nuovamente il mio braccio, e il volto del gigante divenne una maschera di furia. “Il limite della mia pazienza è già superato da tempo, mocciosa!” Mi bloccò contro il parapetto, l’abisso alle mie spalle, la corrente gelida che mi sferzava il volto e mi scompigliava i capelli. “Avrei potuto trattarti gentilmente… avremmo potuto essere buoni amici, noi due, e invece mi costringi ad usarti violenza… forse non ami te stessa…?”

“Non voglio la tua benevolenza…” Sibilai. Era la verità. Dovevo davvero pensare alla mia vita futura come ad un’infinita, disperata ricerca degli scampoli della sua generosità…? Non riuscivo a concepire nulla di più angosciante, ed umiliante.

“E non la avrai…” Il volto di Elmerish era impenetrabile, ora. “Non la avrai…”

La lama del pugnale tornò a balenare davanti ai miei occhi, riflettendo la pallida luce del sole, e accecando momentaneamente la mia vista. “Quel demone…” Sibilò. “… teneva tanto alla salute della tua lingua biforcuta… ma non ho intenzione di seguire ancora i suoi ordini, ed è tempo che qualcuno ti insegni a tenere la bocca chiusa…” Mi afferrò il mento, e un terrore crudo e profondo mi catturò, mentre il suo viso si piegava, e le sue labbra premevano contro le mie. Lottai per qualche istante, in preda al disgusto, ma non c’era molto che potessi fare… e la nausea generata da quel contatto fu niente in confronto alla paura che mi assalì quando Elmerish si allontanò da me, levò il pugnale, e cominciò a premere le sue tozze dita contro la mia mascella, per costringerla ad aprirsi.

Lacrime involontarie salirono ai miei occhi, mentre la mia mente già prefigurava il dolore. Non potevo perdere la lingua, non potevo. Che cos’ero, io, senza la mia magia? Che cosa sarei stata nelle mani di quella bestia nei mesi, negli anni a venire, senza la possibilità di difendermi, nemmeno con le parole? Avevo già sperimentato quel senso di impotenza, e non potevo pensare di esservi costretta ancora, di esservi costretta per sempre. Che mi uccidesse, piuttosto.

Reagii. Presi a scalciare, a mordere, a scalpitare. Senza più un progetto, senza più una coerenza, con tutta la forza che solo l’adrenalina in un momento di pericolo può dare. Il mio cervello aveva già chiaro il presentimento della sconfitta, ma il mio corpo non voleva rassegnarsi all’idea che non ci fosse più speranza… Elmerish grugnì, e cercò di bloccarmi i polsi, ma io fui più veloce di lui, e non glielo permisi. Gli assestai ogni colpo che le mie membra stanche riuscirono a sostenere, ma la sua pelle pareva d’acciaio, di fronte ai miseri sforzi delle mie braccia sottili. In un estremo tentativo di resistenza, mi posi sulla difensiva, e usai gli avambracci per cercare di tenerlo lontano dal mio viso. E fu allora che me accorsi.

O forse dovrei dire, fu allora che me lo ricordai. Una lieve puntura al braccio destro me lo fece tornare in mente. Nascosto nella manica, avevo ancora il pugnale che mi aveva dato Gourry.

La mia mente ebbe un sussulto, a quella consapevolezza. Non era niente. Non era niente una lama di quelle dimensioni, contro un gigante che pareva avere cucita addosso un’armatura di cuoio, al posto della pelle. Però Elmerish non sapeva che avevo ancora un’arma in mano. E l’acciaio taglia e perfora, qualunque sia la mole della superficie che si trova a dover scalfire…

Con un ruggito di disperazione, feci leva sul parapetto, e calciai il gigante più indietro che potevo. Colpii basso, colpii scorretto, non me ne importava nulla. Volevo solo avere un secondo, il tempo di un respiro, per agire. Elmerish fu catturato da una rabbia ferina, a quel mio colpo. Con un’agilità che per me restava inspiegabile, riguadagnò l’equilibrio, e tornò a gettarsi su di me. Io estrassi la lama, e non ebbi tempo per fare altro che brandirla di fronte a me, lasciando che il gigante subisse gli effetti della violenza del suo stesso impeto.

Elmerish probabilmente colse il bagliore emesso dalla lama, ma ormai non poteva più fermarsi. Emettendo un grido di rabbia e dolore, si impalò egli stesso sull’arma, con una violenza che finì per farmi perdere la presa sull’elsa. Finii schiacciata fra lui ed il parapetto, senza fiato, momentaneamente priva di forze. Ma tutta la mia energia tornò a prendere il sopravvento quando levai lo sguardo, ed incontrai i suoi occhi iniettati di rabbia, sangue e lacrime di dolore…

“Aaaaaaaaaaaaaah!!!”

Con un grugnito rabbioso, Elmerish si tirò indietro, e mi colpì in viso, con tanta forza da togliermi il fiato. Quindi, le sue dita si strinsero attorno al mio collo, ed il gigante prese a stringere, tenendomi sospesa in bilico contro il parapetto, l’abisso che si apriva sotto di me.

Non so con quale forza reagii, forse semplicemente con quella della disperazione. Un attimo prima, solo un attimo prima che il fiato mi abbandonasse, riguadagnai la presa sull’elsa del pugnale, e lo estrassi  dalle carni del generale, strappandogli un ruggito di dolore. Quindi, ogni forma di razionalità mi abbandonò. Approfittando della presa fattasi più debole di Elmerish, presi a colpire. Una, due, tre volte, sul suo stomaco, sul suo petto, sul suo volto sfigurato, accecata dalle lacrime, finché le mie mani non furono logore del suo sangue. Quando cessai, il gigante aveva smesso di opporre resistenza ormai da diversi minuti.

Mi resi conto che era finita, ed ogni forza residua mi abbandonò. Mi accasciai ai piedi del parapetto, il corpo ormai inerte di Elmerish che ricadeva sul mio. Lottai per non essere schiacciata dal suo peso, e quando finalmente riuscii a scivolare via da lui, l’improvviso accesso di aria nei miei polmoni e l’odore penetrante del sangue mi provocarono un attacco di nausea. Mi volsi sul fianco, e abbandonai sul suolo dell’uccelliera tutto quello che il mio stomaco conteneva.

Quando gli spasmi mi lasciarono tregua, mi rannicchiai contro la fredda pietra, a fianco del corpo senza vita di Elmerish, e rimasi lì, le ginocchia strette al petto, in un inutile tentativo di vincere la paura. Non so quanto tempo trascorse. Persi il conto dei minuti molto prima che una voce familiare raggiungesse le mie orecchie, chiamando il mio nome in un rantolo ansimante…

“Lina!!!”

Gourry fu in ginocchio al mio fianco prima che mi rendessi conto della sua presenza, e prima ancora che potessi parlare mi ritrovai prigioniera fra le sue braccia. Un odore misto di sangue e di sudore gli impregnava la tunica, e mi investì non appena il suo abbraccio mi cinse, ma in quel momento anche il lezzo di zolfo degli inferi mi sarebbe apparso dolce. Chiusi gli occhi e mi abbandonai, ancora non del tutto certa che quel contatto potesse essere reale…

“Dei… dei… stai bene…” Lo spadaccino si scostò da me, e mi fissò negli occhi. “Ma è davvero tutto a posto? Non sei ferita?” Fece scorrere il dorso della mano contro la mia guancia, e quando lo ritrasse lo vidi macchiato di sangue… 

Scossi la testa, ancora troppo scossa per dare voce a quel diniego attraverso le parole… “Come hai fatto a trovarmi…?” Mi limitai a chiedere, aggrappandomi alla sua tunica. “Dove sono Zel e Amelia? E quel demone…?”

Gourry mi scostò una ciocca di capelli dal viso. “E’ morto. E Zel e Amelia si sono rifugiati nella torre… credo.” Replicò in fretta, in tono elusivo. “Io ti ho trovata per pura fortuna. Delle gabbie di uccelli sono precipitate lungo le pareti del castello, e mi sono chiesto chi poteva essersi rifugiato quassù mentre infuriava la battaglia…” La sua mano si fermò a riposare sul mio viso. “Ringrazio il cielo di averle viste, da laggiù. Stavo per correre al condotto fognario, e non so che ne sarebbe stato di me in quella bolgia, senza la spada…”

“Senza la spada…?” Spalancai gli occhi, e il mio sguardo cadde alle sua cintura, dove un’elsa diversa da quella che gli avevo visto portare nelle ultime settimane pendeva nel fodero… un’elsa che mi appariva familiare… “E quella…?”

Gourry batté le palpebre, perplesso, come se se ne fosse scordato. Quando abbassò lo sguardo sull’elsa, però, un lume di comprensione si accese nei suoi occhi. “Questa è la tua.” La estrasse, e me la consegnò. “La ho trovata abbandonata in fondo alle scale che portavano quassù… la mia è… ecco… mi è caduta…”

“Sei arrivato fin lì senza essere armato…?” Lo squadrai, incerta se essere arrabbiata per quella assurda mancanza di prudenza o stupita perché aveva lasciato senza curarsene quell’arma a cui pareva visceralmente attaccato…

Gourry si limitò a chinarsi, prendermi il viso fra le mani, e baciarmi la fronte. “Va tutto bene.” Replicò, in un sussurro. “Tu stai bene… e quindi anch’io.”

Chiusi gli occhi, nuovamente, e decisi che non me ne importava nulla. Non mi importava del modo in cui era giunto lì, né del perché la spada improvvisamente avesse perso valore per lui. Non mi importava di cosa accadeva attorno a me. Il sollievo mi invase davvero, per la prima volta da quando mi era apparso a fianco. Nascosi il volto nel collo della sua tunica. Le sue dita si allungarono sulla mia nuca, e avvertii il calore che emanava dal palmo della sua mano, mentre il suo pollice tracciava leggeri disegni circolari alla base del mio collo. Restammo in silenzio, immobili, mentre i suoni della battaglia giungevano alle nostre orecchie da lontano. Avvertivo vagamente che la nostra presenza laggiù sarebbe stata utile, ma egoisticamente decisi che non mi sarei mossa da dove mi trovavo. Volevo che la paura finisse. Volevo dormire per giorni, lì, fra le braccia di Gourry.

“Come hai fatto… ad ucciderlo…?” La voce dello spadaccino ruppe il silenzio. Sollevai lo sguardo su di lui… Stava osservando il corpo di Elmerish disteso al suolo, e sembrava impressionato. Il suo volto era terreo, e la sua mano giocherellava nervosamente con i miei capelli… “Voglio dire… non hai usato la magia, no…?”

Lanciai uno sguardo al gigante, e il mio corpo fu scosso da un tremito. “Ho usato il pugnale…” Mormorai. “Temo… di averlo battuto solo perché ero terrorizzata.” Non credo che mi sarei piegata a quell’ammissione di fronte a qualcun altro…

Gourry non fece altre domande. Si limitò a stringermi più forte, e le sue labbra raggiunsero la mia tempia, baciandola lievemente. Quindi, con una lieve pressione si sollevò, e aiutò anche me ad alzarmi… Non feci obiezioni. In silenzio, ci sporgemmo dal parapetto, osservando la lotta che si consumava, decine di metri sotto di noi. Ora che ero tranquilla, il mio sguardo riusciva a cogliere più chiaramente l’andamento della battaglia. Ma non dipendeva solo da me. Se prima la situazione mi era apparsa oggettivamente confusa, ora le truppe di Philionel stavano letteralmente dilagando all’interno. I vessilli di Oberon sventolavano con molta meno energia, erano accerchiati e stretti dai guerrieri di Sailune. Il fuoco della lotta si stava spegnendo.

“Devono aver catturato Oberon.”

Lo spadaccino diede voce ad un pensiero che la mia mente aveva formulato quasi contemporaneamente. Mi limitai ad annuire, silenziosamente. Gourry aveva ragione. Qualcosa era mutato nell’agire dei soldati nemici. Non affrontavano ma fuggivano, non attaccavano ma difendevano. L’impressione che ciò derivasse dall’assenza di una figura forte alla guida sorgeva spontanea…

“Se Oberon è fuori gioco… la vittoria è nostra.” Commentai, di rimando. E quasi subito mi pentii di averlo detto. Ogni volta che avevo avuto una certezza, in quella guerra, qualche terribile evento era calato su di me, e la aveva sgretolata fra le mie dita…

In quel momento però ero troppo stanca persino per avere paura. E improvvisamente, di fronte a quello che aveva tutto l’aspetto dell’epilogo di un incubo, il peso dei mesi di strenua lotta e di terrore mi piombò addosso con la forza di una magia oscura. Le mie gambe si fecero molli, e sentii dita oscure catturarmi, mentre il peso del mio corpo, e le minacce del mondo circostante cessavano improvvisamente di riguardarmi.

Per una volta, mi rassegnai ad abbandonarmi alla presa di Gourry, cedendo con scarsa dignità alla poco eroica pressione dell’incoscienza.

 

  
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