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Autore: Free_Soul    02/09/2012    2 recensioni
Dal Capitolo 1:
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Questa è la mia storia fino a quando non mi hai trovata tu, mio caro Eroe.
Il resto del racconto penso che lo conosci già.
Ma appunto perché sei a conoscenza di tutte le cose orribili che ho fatto, del mostro che mi porto dentro e che esce a proprio piacimento per reclamare vita umana, perché mi permetti di restare al tuo fianco?
Cos’ho di così speciale per spingerti a rischiare la vita ogni giorno?
Genere: Dark, Fantasy, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Prologo ----> My Dear Hero...



Non sono mai stata triste.
Non ho mai avuto motivo di esserlo.
Avevo una famiglia che mi voleva bene, che non mi ha mai negato un sorriso quando ne avevo bisogno.
Ero una graziosa bambina, che scoppiava di salute.
Le mie giornate le trascorrevo fuori casa, assieme alla mia sorellona, Alice. Ci somigliavamo tanto io e lei.
Entrambe avevamo due bellissimi occhi, di un intenso verde smeraldo. I suoi più maturi, i miei più ingenui.
Tutte e due avevamo dei bellissimi capelli, rosso scarlatto, come il tramonto.
Le volevo molto bene. Lei era il mio punto di riferimento per ogni cosa. Era la stella polare che mi indicava la via da seguire.
Anche quando ci ritrovammo sole, abbandonate dalle stesse persone che ci avevano dato la vita.
Abbandonate.
Non ci volevano più bene? Eravamo forse un peso per loro?
Alice diceva di no. Di continuare a credere che prima o poi sarebbero tornati a prenderci, che non dovevamo perdere la speranza.
C’ho creduto per uno, due, tre mesi.
Dopo un anno tutte le mie certezze cominciarono a crollare, una per una.
 
Passarono molti anni, e fummo costrette a vivere da bandite e, più avanti, a soli quindici anni, come sgualdrine.
Tuttavia, gli occhi di Alice non persero mai la speranza.
I miei invece si facevano sempre più scuri, sempre più neri.
Fino a quando arrivai ad uccidere per esasperazione.
Rubai la vita ad una donna per denaro.
Alice non mi volle guardare più in faccia.
Mai dimenticherò lo sguardo atroce che mi trafisse l’anima come una serie di dardi infuocati.
Non ricordo ciò che disse quella sera. Credo che le sue grida fossero coperte da quelle che lanciavano il rimorso della mia coscienza, ormai macchiata di sangue.
Da quella sera mi ritrovai sola. Completamente sola.
Ma più tardi rimpiangerò quella solitudine che mi assaliva di notte, portando alla mente tutti i ricordi che avrei voluto dimenticare, compresi i suoi occhi. Quegli occhi che vedevo ogni mattina davanti lo specchio.
Cambiai anche acconciatura di capelli, tagliandoli corti poco al di sotto delle orecchie. Volevo fuggire dall’immagine dello specchio, che riflettevano i suoi occhi, e che mi urlava contro “mostro”.
Funzionò per un periodo. Continuai la mia vita, se così si può chiamare.
Entrai in una setta di mercenari, diventandone inconsciamente uno dei migliori. Mi trasformarono in un personaggio stimato e temuto.
E mi piacque.
Avevo cominciato a rubare per vivere.
E finii col vivere per rubare.
 
Era una sera come le tante quando lo incontrai.
Era seduto in una delle peggiori e malfamate taverne della città.
Vicino al bancone, sorseggiava tranquillamente un boccale di birra.
Perché mi avvicinai a lui quella sera? Perché non sono uscita immediatamente da quel sudicio locale una volta riscosso il denaro dal cliente?
L’incontro con quell’uomo cambiò radicalmente la mia vita.
Mi trascinò in quello che viene comunemente chiamato inferno.
 
I suoi occhi mi trafissero in un modo che ancora non so descrivere.
Non so cosa passò per la mente di quel pazzo quella sera.
Mi studiò con bramosia, logorando con lo sguardo ogni centimetro del mio corpo.
Che cosa trovò quella notte? Cosa trovò al punto da spingerlo a seguirmi come un’ombra per tutti i giorni successivi?
Mi portò nel suo castello.
A differenza di come mi era sembrato quella sera in taverna, si rilevò essere un ricco cavaliere, discendente da una delle più nobili e rispettabili famiglie di quel tempo, i Van Stein.
Dante Van Stein.
Come avrei voluto sapere anche l’appellativo che accompagnava sempre quel nome nella bocca della gente. Il Mago Nero.
Diventò un’ombra.
Mi seguiva ovunque andassi.
Cominciai a diventare paranoica.
Poi un giorno mi chiese di diventare sua per sempre.
Rifiutai.
Con quel rifiuto firmai la mia condanna per l’oblio.
 
Mi travolse, come una serie di coltelli affilati che si insinuarono nella mia carne, fino alle ossa.
Lui era lì, dritto davanti a me, che mi guardava con uno sguardo carico d’odio, e rideva come un folle.
Era lì, fermo, mentre io agonizzava per terra sotto i suoi i piedi, non capendo cosa mi stesse succedendo.
Un incantesimo? Una maledizione?
Cercai di restare lucide, di almeno provare a capire cosa mi stava succedendo, cosa mi aveva fatto.
Mi disse che se non fossi stata sua, non sarei stata di nessun’altro.
Quelle furono le ultimi parole che sentii.
Dopo il sangue cominciò a fluire sempre più velocemente nella mia testa, che mi parve stesse per esplodere.
Restai così cosi per ben tre giorni.
Ad urlare di dolore, senza avere più la cognizione di cosa stesse accadendo intorno a me. Non vedevo e non sentivo.
Provavo solo un fortissimo dolore, lungo tutte le ossa del mio corpo, mentre sentivo che qualcosa stava lentamente scivolando nella mia mente.
Fu come se quella cosa si stesse piano piano aprendo un varco all’interno nella mia testa, approfittando della mia impotenza mentre mi contorcevo in preda alla sofferenza.
Dopo tre giorni tutto finì.
La cosa era riuscita finalmente ad entrare nella mia mente.
E non ne uscì più
 
Mi svegliai vicino ai pressi di un fiume, in piena notte, accanto ad piccolo gatto che mi stava leccando le ferite lungo tutto il corpo.
Mi alzai senza troppe difficoltà, tentando di ricordare come fossi arrivata in quel posto a me sconosciuto. Ma nella mia testa vi erano solo immagini confuse, sfocate, che riconducevano ai giorni passati in quel maledetto castello.
Mi afflosciai in ginocchio ai bordi fiume, assetata come non mai.
Fu allora che lo vidi per la prima volta.
La Bestia, lo chiamai.
D’un tratto, non riuscii più ad avere il controllo sulle mani, che si aprivano e richiudevano davanti ai miei occhi, senza che io avessi ordinato loro di fare nulla.
Accadde tutto in fretta.
Uccisi, anzi, quella cosa uccise la povera creatura senza che io potessi fare nulla per impedirlo, strangolandolo per il collo e strappandogli via zampe e coda dal corpo inerme.
Non contenta, le mie dita gli cavarono via gli occhi dalle orbite, per poi ridurli in gelatina.
E tutto questo accadde mentre io giacevo inerme in qualche angolo remoto del mio subconscio, osservando tutto con altri occhi, non i miei.
Ero come imprigionata nella mia stessa mente.
Incatenata.
Confinata.
Sentii che quella bestia, con il mio corpo, stava succhiando via la vita da quel povero animale, con lussuria, senza fermarsi un istante.
Riuscivo a percepire che ne aveva un disperato bisogno.
Quando anche l’ultima goccia di vita fu strappata via dal corpo del gatto, riuscii a tornare in me.
Avevo di nuovo il controllo sul mio corpo.
Ma non sarei riuscita a mantenerlo ancora per molto.
 
Questa è la mia storia fino a quando non mi hai trovata tu, mio caro Eroe.
Il resto del racconto penso che lo conosci già.
Ma appunto perché sei a conoscenza di tutte le cose orribili che ho fatto, del mostro che mi porto dentro e che esce a proprio piacimento per reclamare vita umana, perché mi permetti di restare al tuo fianco?
Cos’ho di così speciale per spingerti a rischiare la vita ogni giorno?
Perché tu sai bene che restando al mio fianco, il giorno che abbasserai la guardia ti ucciderò, giusto?
Lo sento, LUI vuole la tua anima.
Eppure tu sei qui di fronte a me, con quell’espressione di chi non ha grane a cui pensare.
E ancora non sai il mio vero nome.
Quando mi hai trovata in quello stato pietoso, in quella casa abbandonato coperta di sangue, non riuscivo neanche a parlare.
E non ci riuscii neanche per le seguenti settimane.
Alche, decisi di darmi tu un nuovo nome.
Come segno di “rinascita”. Già, mi sembra tu abbia detto qualcosa del genere.
Reina.
Reina Van Stein.
Mi misi il cognome di quella serpe che mi marchiò con quella maledizione.
Non riuscirò mai a capirti, mio caro Eroe.
Giuro che proprio non ci riesco.

Storia riscritta con qualche miglioramento. Ex "Victim of Love"
Fatemi sapere cosa ne pensate!

Free_Soul

  
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