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Autore: grewupwithavril    03/09/2012    5 recensioni
Una ragazza adottata incontra un ragazzo 'sventurato' si incontrano grazie a una canzone del loro idolo. Avril Lavigne. Andranno al concerto e si innamoreranno.
Genere: Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Era una giornata fredda e piovosa quando cominciò tutto.
Partendo dal principio.
Era il 23 luglio, la mia sveglia suonò.
"è mai possibile che pure in vacanza devo alzarmi presto e lavorare?" dissi con una voce che era un miscuglio di stanchezza e rabbia. "a già devo andare a lavorare se no addio biglietti"
in quel periodo facevo la babysitter ai figli di alcuni amici, avevo un disperato bisogno di soldi per il biglietto per il concerto, ma ovviamente i miei ‘genitori’ non avrebbero sganciato nemmeno un soldo, sono stata adottata e ovviamente i miei preferiscono mia sorella, la loro vera figlia, e a me non danno nessuna considerazione.
Mi vestii di tutta fretta –come sempre ero in ritardo- acchiappai telefono e uscii sbattendo la porta.
una volta uscita di casa mi infilai le cuffiette e accesi la musica a palla.


"She wants to go home, but nobody’s home.
it’s where she lies, broken inside.
Whit no place to go, no place to go to dry her eyes.
Broken inside
.”

eccola. Lei. La sua voce. L’unica ragione per cui mi sveglio la mattina, l’unica per cui continuo ad andare avanti.
Avevo davvero bisogno di quei soldi, solo così avrei potuto realizzare il mio sogno.
 Guardai l’ora. Le 8.30! Cavolo!
Cominciai a correre sulle note di What the hell.
Come previsto gli amici di famiglia si arrabbiarono per il mio ritardo.
Per fortuna Betty e Alex non sono bambini troppo impegnativi quindi la giornata passò.
Tornando a casa lo vidi. Era lì seduto in un angolo che si abbracciava le ginocchia e si asciugava le lacrime.
Ascoltava della musica.
Mi sedetti accanto a lui, gli presi una cuffietta e me la infilai nell’orecchio, lui non obiettò.

i don’t know who you are, but I, I’m whit you!”

Non potevo crederci. Di nuovo la sua voce ma stavolta non proveniva dal mio cellulare, ma da quello di un perfetto sconosciuto.
Mi girai, lo guardai e gli asciugai una lacrima che gli stava sfiorando quel viso così angelico.
Gli chiesi "hei, che hai?". "non sono affari tuoi" disse il ragazzo dai capelli castani e con gli occhi color cielo strattonandosi via.
"aspetta, posso aiutarti?"
"NO!" urlo voltandosi.
Capii che c’era un'unica cosa da fare.. Feci l’unica cosa che sapevo fare bene. Cantare.

Cominciai a cantare:

"I'm Standing on a bridge
I'm waitin in the dark
I thought that you'd be here by now
Theres nothing but the rain
No footsteps on the ground
I'm listening but theres no sound "


Si girò. Mi fissò. A un certo punto cominciò a cantare.

‘’Isn't anyone tryin to find me?
Won't someone please take me home
It's a damn cold night
Trying to figure out this life
 Wont you take me by the hand take me somewhere new
I dont know who you are but I'm, …
’’

‘’I’M WITH YOU’’ cantammo insieme.

Aveva una voce così bella, così calda..

Ci sedemmo di nuovo e cominciò a spiegarmi “C’è il concerto fra un po, hai presente?" annuii. "ecco i miei genitori mi avevano detto che mi avrebbero comprato il biglietto" continuò " ma prima mi hanno detto che non hanno mai avuto intenzione di mandarmi. Così sono uscito piangendo di casa afferrando l’unica cosa che avrebbe potuto farmi stare meglio" indicò il cellulare "non ho un briciolo di possibilità di andare a quel concerto" i suoi occhi si stavano riempiendo di lacrime.
Il mio gesto fu talmente spontaneo che non feci nemmeno in tempo a fermarmi, se avessi voluto.
Presi la busta con lo ‘stipendio’ di oggi e gliela porsi.
Mi guardo con aria interrogativa.
"Aprila, su!"
"Non puoi!" disse. "Si che posso, i soldi sono i miei e posso farci quello che voglio!" dissi con un tono mezzo simpatico e mezzo scocciato.
"tu-tu.. tu ci vai?" chiese alludendo al concerto. "ehm.. diciamo che quelli –accenno ai soldi con la testa- sarebbero per il mio biglietto ma io a casa ne ho altri sto lavorando da mesi per permettermelo dovrei riuscire a pagarne due, domani troviamoci qui, che ti do il resto, alla stessa ora, ma magari stavolta non piangere!" rido. Vedo che lui ride appresso a me, quel sorriso, è così bello.
Smette di ridere, si fa serio, mi si avvicina e mi scosta i capelli dal viso. Si avvicina con la bocca al mio orecchio e mi sussurra un ‘grazie’ dolce.
Corro a casa. Entro e mi ricordo che dovevo una parte dei soldi a mio ‘padre’. Cazzo! I soldi ce li ha.. cavolo non so nemmeno il suo nome!
"Flaviaaa!" ecco mio padre che urla. "Flaviaaaa, hai portato i soldi?!"
"Ehm.. no!" – "VIENI SUBITO QUI!"
Provai a spiegare a mio padrequello che era successo ma mi definì solo ‘sciocca infantile’ e mi picchiò come sempre..
il giorno dopo, dopo il lavoro tornai dal ragazzo, era seduto al solito posto ma stavolta sorrideva.
"Cia-" provò a dire lui ma lo fermai "ciao prima che tu possa dire qualunque cosa devi dirmi il tuo nome!"
dissi tenendomi una mano sulla fronte facendo in modo che coprisse anche l’occhio, per via dei segni che mi lasciò mio padre la sera prima.
"piacere Gale, tu?" mi porse la mano, ma non la accettai, non volevo che mi vedesse in quel modo. Dissi solo "Flavia".
Mi osservò a lungo prima di chiedermi "Avanti che ti è successo? Fammi vedere." Non mi mossi. "Te lo devo! Leva quella mano!" era un po scocciato.
Levai la mano, scoprendo i lividi e prima che lui potesse dire niente dissi "Mio padre"
“Per i soldi, vero?” Disse. “gli dovevo una parte di quei soldi, ma non importa sono contenta di averli dati a te” gli sorrisi e gli diedi il resto dei soldi “dovrebbero essere un po di più ma voglio che li tieni tutti così da poterti comprare qualcosa" Mi saltò al collo stringendomi le braccia intorno al petto.

Da quel giorno ci incontrammo tutti i giorni nello stesso posto dopo il lavoro.

Ecco arrivato il giorno prima del concerto.

“Gale! Gale! Domani! E’ domani!” gli urlai saltandogli in braccio. "Tesoro –così ha cominciato a chiamarmi- non vedo l’ora! Domani andiamo insieme!”

Erano le 6 del pomeriggio,  il concerto cominciava alle 9, quando Gale bussò alla mia porta.
Andammo al concerto, eravamo in prima fila. Avevo preparato una lettera per Avril, ci avevo messo tutta la notte a scriverla. Nella lettera la ringraziavo per tutto e per avermi fatto conoscere Gale, per avermi fatto andare avanti quando mi sentivo uno schifo, insomma per tutto. E le spiegavo cosa è per me.
 Iniziò il concerto, lei salì sul palco, era così bella, quella ragazza bionda occhi cielo, cominciò a cantare.
I’m with you. Mi girai verso Gale e  vidi che mi stava fissando. La nostra canzone. Mi prese per mano e cominciammo a ballare. Mi avvicino al suo petto e mi sussurrò “Ti amo piccola” mi diede un regalo –un anello bellissimo col segno dell’infinito-, lo guardai e lo baciai.
Mi girai verso e Avril e urlai con tutto il fiato che avevo in gola ‘TI AMO ABBEY!’ mi guardo, scese dal palco e mi venne difronte. Le urlai ‘I LOVE YOU AVRIL!’ mi abbraccio e le diedi la lettera, la mise in tasca e torno a cantare. Fu la serata più bella della mia vita. E Gale fu, e lo è ancora, la cosa migliore –dopo Avril- che mi possa essere successa.
  
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