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Autore: mamie    03/09/2012    3 recensioni
Ho fatto un crossover fra il mondo di Eragon e un breve racconto di Licia Troisi ambientato, presumibilmente, nel mondo delle Cronache (o Guerre o Leggende) del mondo emerso. Il racconto si intitola "Alla fine" ed è pubblicato sulla Smemoranda 2013 (http://smemo.4sigma.it/agenda/racconti/200/Alla%20fine) e racconta semplicemente l'ultima alba di un cavaliere e del suo drago, prima di una battaglia destinata ad essere perduta. Il racconto mi è piaciuto molto e ho voluto ricamare un po' su questo sconosciuto cavaliere.
Eragon ha ricostruito su Algaesia l’Ordine dei Cavalieri del Drago, ma la pace non è arrivata. La guerra infuria di nuovo, il nemico è organizzato e ben armato ed è essenziale fermarlo prima che arrivi a devastare le città più popolose. Mentre l’esercito si organizza, Eragon manda alcuni cavalieri negli avamposti più remoti con l’ordine di resistere fino all’arrivo dei rinforzi. Alenor è uno di loro.
[Prima classificata al contest di adamantina "Tumblr: the contest"].
Genere: Fantasy, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Eragon
Note: Cross-over, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Nota: Prima classificata al contest di adamantina

Tumblr. The contest.

con la seguente immagine: http://25.media.tumblr.com/tumblr_m9ircbTZIK1rf5kymo1_500.jpg

COME SEMPRE


- Tre giorni, ci servono tre giorni per approntare le difese. Puoi darci tre giorni? – gli avevano detto. E lui aveva semplicemente annuito, perché combattere era l’unica cosa che sapesse fare, e quel luogo oltre il fiume era tutto ciò che amava.
                                                                                                                 Licia TrosiAlla fine
 
 
La mano di Alenor si sollevò per sfiorare dolcemente il muso di Izar. Si sforzò di sorridere, e gli parve quasi che anche l’enorme bocca del drago rosso si distendesse in un’espressione dolce.
Non è un brutto modo di andarsene, vero?
Alenor sentiva le forze sfuggirgli una goccia alla volta, insieme al suo sangue. Non avevano più energia, nessuno dei due.  Il cavaliere si era lasciato cadere al fianco di Izar e il drago aveva sollevato faticosamente una delle sue ali per circondarlo e proteggerlo. Sotto di loro il tramonto inondava di sangue la valle, come una marea che arrivasse a sommergere tanti piccoli rigagnoli paludosi.
I nemici si erano ritirati. Oh, sarebbero tornati presto, fin troppo presto. Alenor stringeva ancora nella sua mano la spada, ora inutile. Un altro assalto e sarebbe stata la fine, ma non aveva paura. Non più. La paura era una cosa che in quei tre giorni si erano lasciati alle spalle, come i compagni morti uno dopo l’altro, come la speranza fatta poco a poco a brandelli, come quelle vite che non avrebbero più potuto afferrare e riportare indietro.
 
***
 
- C’è un nido lassù. Scommetto che non lo prendi.
- E invece lo prendo!
Tua sorella ti guarda con gli occhi che mandano lampi di malizia.
La sensazione ruvida del tronco sotto le dita. Il grande faggio dai rami altissimi che si perdono nello sventagliare delle foglie verdi e oro. Sali. Sali sempre di più tirandoti su a forza, con tutta l’ostinazione dei bambini testardi, sali finché non vedi fra l’ombra fresca delle foglie giovani aprirsi il cielo azzurro, immenso e pieno di nuvole, e pensi che ti piacerebbe tanto poter volare.
 

- Mamma. Mamma!
Sei così eccitato che non ti accorgi di gridare, né ti rendi conto di aver attraversato tutto il villaggio di corsa e adesso sei senza fiato.
Quando entri dalla porta, il buio ti acceca per un momento e l’urgenza di dire tante cose, tutte assieme, ti lascia muto e ansimante sulla soglia.
Tua madre alza la testa dalla mola e ti vede circondato di luce, ma dietro di te un’ombra pesante arriva subito a coprirti. Un cavaliere dei draghi entra nella casupola, scintillante nella sua armatura, e sorride… ma tua madre sente il gelo di quell’ombra entrarle dentro per sempre.
 

- Quello chi è?
Lo scudiero accanto a te si volta brevemente per lanciarti un’occhiata di condiscendenza.
- Ma come? Non hai mai visto il generale?
Lo guardi attraversare lentamente il cortile: sembra muoversi in una sua personale bolla di luce. È questo, allora, l’effetto che fa essere una leggenda?
 

L’aria è davvero fredda. Più di quello che ti saresti aspettato in una calda giornata estiva. È fredda e ti punge gli occhi e le orecchie. Senti la forza immensa, ma ancora acerba, del grande drago sotto di te e cerchi istintivamente di ritrovare l’equilibrio. Non è facile, devi concentrati al massimo, stringere le gambe con tutta la tua forza. Il drago, ancora incerto nel suo volo, scatta e sbanda bruscamente quasi sbalzandoti via, ma per un attimo sei arrivato a toccare le nuvole e questo ti rende felice.
 

- Vedrete, li ridurremo tutti come quaglie arrosto!
I tuoi compagni accanto a te si scambiano battute spavalde e ridono, ma sotto le risate si sente l’ansia della prima volta.
Di tutto il resto non ti ricordi molto. Un gran fragore, urla, qualcuno che ti dice di volare più alto, il dolore breve e bruciante di una freccia presa di striscio, il fuoco micidiale di Izar che spazza la massa brulicante sotto di te. E la stanchezza, dopo. Le pacche sulle spalle e i boccali di idromele e i sorrisi delle ragazze. L’angoscia di sentirsi assassini, il sollievo di sentirsi vivi.
 

- Te ne vai?
È l’alba. Devi andare via. Un ultimo bacio strappato al tepore della stanza. Un ultimo sguardo che vuole essere rassicurante.
- Tornerò presto.
Quegli occhi che ti guardano con un’ombra dentro, come quelli di tua madre.
 

Quando leggi la lettera di tua sorella Alys, chini il capo in silenzio per un po’. Ti aveva scritto che tua madre era ammalata, ma tu eri troppo occupato con i tuoi doveri per prenderti una licenza. Ora ti avvii come un sonnambulo verso gli uffici per chiederne una. Devi almeno andare al funerale.
 

I bambini ti guardano come se fossi uno di quei saltimbanchi che fanno trucchi di magia, per pochi spiccioli, durante la fiera. Hai lasciato Izar prudentemente lontano. Senti i suoi pensieri che ti prendono bonariamente in giro.
- Sei un eroe, adesso.
- Smettila…
Il tuo villaggio ti sembra così piccolo, ora. Poche case senza nulla. La bambina impertinente che era tua sorella è ora una bella donna con due ragazzini intorno. Anche la foresta si è fatta più piccola, mangiata un morso alla volta dalla fame di campi da coltivare.
Il cielo, però, è sempre lo stesso.
 

La voce del generale è ferma e tesa.
- Abbiamo bisogno di tenere quella posizione. Siamo in pochi e il fronte è molto esteso. Non sappiamo ancora dove attaccheranno. Per muovere tutto l’esercito ci vorranno almeno tre giorni, ma non possiamo aspettare tanto. Dovrete andare laggiù e fare del vostro meglio.
Vi guarda negli occhi uno a uno, e nessuno di voi abbassa lo sguardo.
 

Sei rientrato nella tua stanza per preparare un frettoloso bagaglio. Niente più dell’indispensabile. Hai aperto il cassetto per recuperare le tue poche cose e vedi il pacchetto di lettere di tua sorella, ben ordinate e legate con lo spago.
Forse avresti dovuto scriverle più spesso, raccontarle di più della tua vita, di quello che sognavi, di quello che sentivi. Ora non c’è più tempo per i rimpianti, né per un addio.
Il rumore secco del cassetto che si chiude è l’ultimo ricordo che ti porti dietro di quel mondo che non sarà più tuo.
 
***
 
Alenor riaprì gli occhi di scatto. Doveva essersi addormentato per qualche momento. Portato dal vento, gli arrivava l’odore della foresta bruciata e il rumore bizzarro che facevano quelle strane macchine da assedio che si erano messe di nuovo in moto.
Arrivano.
Il grande drago ansimava nel raccogliere il fiato per scagliare un’ultima vampata di fuoco. Il cavaliere cercò di stringere di più la mano sull’elsa della spada. Il sangue la rendeva scivolosa. Non riusciva più a sollevarla, ma non l’avrebbe lasciata andare. Dopo il tuo drago, la compagna più fedele è la tua spada. Questo insegnano ai cavalieri.
Per un attimo si chiese se fosse davvero così, se tutte quelle belle parole, tutti quei sogni di gloria, non fossero solo un trucco per avere al proprio servizio dei docili strumenti di morte, ma il dubbio fu cacciato subito. Qualsiasi idea bagnata col sangue di coloro che amiamo diventa un ideale.
Lo stordimento gli rendeva la testa leggera, come se fosse stato ancora in volo con Izar nell’aria rarefatta e fredda al di sopra delle nuvole. Stava bene ora, non sentiva più il dolore: era come essere trasportato lentamente in alto, più in alto di quanto qualsiasi drago o cavaliere fossero mai andati.
 
C’era anche un altro rumore, appena udibile, dietro il fragore del nemico: un sibilo strano, molto basso, che avevano già sentito da qualche parte, in un’altra battaglia, forse in un’altra vita.
Izar alzò al cielo il suo grande muso scaglioso.
Draghi.
Non li vedevano, ma sapevano che i rinforzi promessi erano vicini. Tre giorni, aveva detto il generale, e tre giorni erano stati.
Draghi.
Un meraviglioso senso di sollievo fu l’ultima cosa che Alenor sentì prima di scivolare dolcemente nel vuoto.
 
***
 
Una vasta devastazione esalava intorno la sua puzza di morte. Eragon non storse nemmeno il naso. Alla fine ci si abitua a tutto e lui di campi di battaglia ne aveva visti a sufficienza per non provare altro che una vaga tristezza. Si era fermato sullo sperone roccioso, che era servito da ultima difesa per la guarnigione, a guardare i corpi sparpagliati.
La battaglia era finita. Avevano vinto. Ora cominciava la parte burocratica: raccogliere i feriti, seppellire i morti, radunare i prigionieri, dare ordini…
Accanto a lui il suo attendente aspettava istruzioni rigidamente sull’attenti, ma Eragon non lo vedeva. Guardava l’enorme carcassa del drago rosso, ancora raccolta a proteggere il suo cavaliere che sembrava un bambino addormentato.
- Era necessario?
La voce di Saphira gli arrivava, come sempre, da un punto caldo dietro le sue palpebre.
- Lo era – rispose allo stesso modo, ma non era proprio sicuro che quella fosse la risposta giusta.
Saphira mandò una specie di sordo brontolio.
- Sembrano felici…
Eragon si stropicciò gli occhi per la stanchezza.  Era pietà quella che sentiva? Senso di colpa? O forse… forse una punta di invidia?
- Perché sono insieme – rispose.
Saphira sbuffò.
- Anche noi siamo insieme.
Eragon non riuscì a sorridere. Si girò finalmente verso l’attendente e cominciò a fare quello che ci si aspettava da lui.
Come sempre.
 
***
 
In una casetta modesta, una di quelle casette con i fiori alle finestre e la soglia ben spazzata, una giovane donna lasciò cadere sul pavimento la lettera ornata dal grande sigillo rosso e pianse.
 


  
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