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Autore: Mockingjayonfire    03/09/2012    2 recensioni
Settantatreesima edizione degli Hunger Games vista attraverso gli occhi dei ragazzi del distretto 8.
Tutti hanno paura dell'arena, chi non dovrebbe averla?
Una piccola recensione? Grazie a chi lo farà.
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
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Altro anno, altra mietitura. Il tempo passava davvero così velocemente tra una cerimonia e l'altra, che quasi mi meravigliai quando mia madre mi disse che era tempo di prepararsi e farsi belli. Fin dalla mia prima mietitura, 4 anni prima, non mi capacitavo di tutte quelle cerimonie. Perché dovevamo metterci il vestito buono, come se fosse una festa? Perché non fare vedere ai cittadini di Capitol come eravamo in realtà?
In meno di un quarto d'ora mi vestii e pettinai, sempre con l'aiuto di mia madre. Mi guardò con quel suo sguardo preoccupato e stressato e mi invitò ad uscire, con una semplice pacca sulla spalla. Non era mai stata di tante parole e mi mancava il suono della sua voce. Dopo che venne beccata a rubare una medicina le tagliarono una mano e anche la lingua, soprattutto perché non smetteva di ripetere che servivano al marito malato. Uscii di casa scacciando quel pensiero orribile. Dovevo essere positiva, Celine nel giorno della Mietitura era altro che depressa. Aveva perso la sorella quando era più piccola, mi ripeteva sempre che se la buona sorte avrebbe smesso di essere dalla sua parte, si sarebbe suicidata in qualunque modo possibile. Non poteva far soffrire di nuovo i suoi genitori facendola vedere in tv mentre la uccidevano. Incontrai lei e Julian alle fine del vialetto dove c'era casa mia.

-Ehi ragazzi!

Li salutai sorridendo, un po’ come facevo tutti i giorni, ma vedendo le occhiaie profonde di Celine, mi rabbuiai anch'io. Non aveva dormito neanche questa settimana..

-Ciao Beth, pronta?

Sospirai indicando Celi con un cenno del capo. Ci capimmo in fretta, ormai i miei pensieri erano anche i suoi. Julian annuii in fretta mettendo un braccio intorno alle spalle di lei.

J: E possa la buona sorte..

B: essere sempre..

Celi non rispose doveva concludere lei la frase, quest'anno era peggiorata più del solito. Mi stavo preoccupando davvero molto, di norma non saltava la frase che dicevamo sempre e che ci aveva portato DAVVERO fortuna.

C: Gloria aveva 16 anni.. Come me ora. Quest'anno la buona sorte non sarà dalla mia!

J: Non crederai davvero alle stupidate di tuo padre?
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-Benvenuti alla 73esima edizione degli Hunger Games!

Esordì la solita presentatrice. Nel distretto 8 era conosciuta come "la mietitrice di Snow". Nome proprio azzeccato visto che si divertiva a chiamare sul palco ragazzi, anzi bambini. Non ascoltai una sola parola del filmato che tutti gli anni facevano vedere poco prima dell’estrazione, era rivoltante come Capitol City infilava nelle teste di tutti che gli Hunger Games fossero necessari per ricordare. Ma cosa? Ricordare che i distretti si possono ribellare e possono diventare Liberi. Questo era il messaggio che arrivava a me, il resto della gente si doveva pentire, come disse la mietitrice.

-Prima le signore!

Sentii come tutte le ragazze smisero di respirare, come tutti gli occhi si fissarono su quella donna dai capelli color carota. Non dovevo essere, non potevo esserlo..

-Celine Damson

Annunciò esuberante. Subito il fiato m’iniziò ad accelerare e la vista si fece più stretta, circondata da una nube nera. Con quel poco che riuscivo a vedere, seguii Celi salire sul palco. Era bianca con gli occhi spalancati. Perché? Perché proprio lei? Ora io mi sentivo.. Vuota. Fredda. Ferma. Morta. Non so con quale forza riuscivo a restare in piedi..

-Ora gli uomini..

Qualcosa mi prese lo stomaco stringendolo in una morsa. La fortuna ci aveva lasciati. "Non Julian. Non lui, ti prego" pensai stringendo gli occhi più forte che potevo.

-Julian Kendrick

-No!

Urlai aprendo gli occhi e stringendo i pugni. Era tutta colpa di quella stupida frase che non avevamo completato.. Sentii formicolare le dita dei piedi e delle mani. “Non svenire ora, ti prego..” mi dissi in preda al panico. Ma il mio corpo non mi ascoltava, così la vista piano piano si strinse mangiata da una nube nera. Mentre le orecchie si tappavano, sentii il sedere bagnato e le mani piene di un qualcosa di viscido. Fango, sicuramente..
Quando ritornai in me, ancora non ci vedevo bene ma mi alzai in piedi.

-Dove sono?

Urlai spaventata. Continuai a chiedermi il perché di tutta sfortuna. Non solo uno di loro, ma entrambi. I miei migliori amici, i miei fratelli come mi piaceva chiamarli. Qualcuno mi prese il braccio strattonandomi.

-Calma ragazzina!

Rimasi a guardare il nulla per ancora qualche minuti, tra le mani di quell’uomo che mi stritolava il braccio. Quando riuscii a metterlo a fuoco, vidi che era un pacificatore. Strattonai per farmi liberai e corsi verso il palco, verso i miei amici. Corsi finchè non trovai una porta con davanti due pacificatori che facevano da guardia. Mi sistemai il vestito e chiesi il permesso di entrare. Senza contestare si spostarono e mi fecero passare. Trovai Julian seduto sul letto con la faccia tra le mani. Mi lasciai cadere sulle ginocchia proprio davanti a lui.

-Ehi..

Gli levai le mani dagli occhi e gli asciugai le lacrime. Strinsi un attimo i denti per non piangere anch’io.

-Ce la puoi fare, davvero..

-Davvero lo credi? Perché non ci credo nemmeno io.. Quelli dell’1 o del 2..

-shhh. Quest’anno sarà qualcuno dell’8 a vincere.

Lo zittii mettendogli l’indice sulle labbra. Quelle sue morbide labbra che fissavo spesso. Mi ero accorta che mi ero innamorata di lui l’anno precedente, mentre stavamo nuotando nel laghetto fuori il recinto del nostro distretto. Non poteva arrendersi in quel modo.

-E quindi ti arrendi così? Senza neanche averci provato? Ti prego, fallo per.. Me… e anche per Celine. Ti prego non.. Provaci almeno!

Iniziai a piangere e abbassai subito la testa. Mi prese tra le sue braccia alzandomi il capo. Adesso era lui che mi consolava, mentre dovevo consolarlo io visto che non sarei morta tra meno di 2 settimane.

-Va bene, okay lo farò per voi.. Ma adesso lei..?

Mi guardò preoccupato, si stava chiedendo se Celi si sarebbe uccisa prima del tempo? Alzai le spalle, ora come ora non lo sapevo. Mi asciugai gli occhi e lo guardai negli occhi. E quindi sarebbe finita così?
Gli presi il volto fra le mani e lo avvicinai al mio, facendo incontrare le nostra labbra. Lo baciai dolcemente, cercando di assaporare ogni singolo secondo. Aveva le labbra bagnate, ma erano morbide e calde. Sapevano anche di ferro, segno che si era torturato il labbro come era solito fare quando era nervoso. Mi tirai su sedendomi sulle sue ginocchia, mi aiutò cingendomi i fianchi con le mani. Non mi aveva respinta, perché non l’avevo baciato prima? Prima che fosse già nel letto di morte?
Improvvisamente si aprì la porta. Di scattò mi girai verso il pacificatore che ci disse che il tempo era finito. Guardai Julian e gli lasciai un ultimo bacio, senza aggiungere parole. Mi strinse la mano con sguardo triste.

-Ti amo, ti ho sempre amata..

Le lacrime presero a scendere di nuovo. Tolsi la mia mano dalla sua e mi avviai verso la porta.

-Ti amo anch’io.

Sussurrai in sua direzione poco prima di uscire. Mi feci indicare la strada per la camera di Celine, non avevo più le forze per correre a cercarla. Percorsi svariati corridoi e poi trovai la porta con i due pacificatori davanti. Dovetti restare fuori un paio di minuti per asciugarmi tutte le lacrime e far in modo che non scendessero più. Sapevo che avrei pianto nuovamente, ma almeno non entravo già in pessimo stato..

-Celi..

Non appena entrai mi si buttò tra le braccia trasbordante di lacrime. La strinsi a me più che potevo. La conoscevo da sempre, mia madre mi aveva raccontato che giocavamo insieme da quando mi dovevano crescere i primi dentini. Ed ecco che dovevo salutare anche lei.. salutarla e sperare che morisse nei migliori dei modi. Che cosa orribile da pensare, ma non potevo sperare tornasse. Nessuno dei due sarebbe tornato.

-Lo farai davvero?

Le chiesi allontanandola di poco da me. All’inizio non capì che a cosa mi riferissi, poi annuii lentamente. Sospirai. Era meglio così. Non avrei sopportato di vedere anche lei nell’arena, proprio non avrei potuto. Restammo tutto il tempo abbracciate, nulla poteva dividerci, nulla l’avrebbe fatto.
Di nuovo il pacificatore entrò spalancando la porta.

-Il tempo è finito. Fuori.

Ordinò. Allontanai solo il viso e sorrisi a Celine.

-Ti voglio bene e sempre te ne vorrò. Non dimenticare chi sei, fa vedere a tutti chi è Celine Damson.

Velocemente la riabbracciai stringendola più forte di prima.

-Questo.. Oh Celi, mi mancherai.

Le infilai il coltellino che mi portavo sempre dietro, in caso mi servisse per il lavoro in fabbrica, dentro la tasca nascosta della gonna. Le diedi un bacio in fronte sorridendole. Questa volta ricambiò il sorriso. “Che tu trovi finalmente la felicità e un po’ di pace” pensai voltandomi per l’ultima volta.
Uscii con passi lenti dal palazzo di giustizia, cercavo di mettere i loro ricordi in cassetti sicuri della mia memoria. Fuori l’aria era umida e faceva frescolino, prima non avevo notato che il cielo era grigio. Scesi le scale e presi a correre, di nuovo. Corsi, corsi e corsi più veloce che potevo fino al laghetto, luogo dove eravamo stati spensierati e contenti. Non avevo davvero capito quanto gli Hunger Games facessero male finchè non fui toccata in prima persona. La prima goccia di pioggia si posò sulla mia spalla scoperta. Ora pioveva, come se il cielo stesse piangendo i suoi eroi caduti.
  
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