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Autore: Erika Grace    04/09/2012    1 recensioni
La vita è imprevedibile.
Non bisogna mai dire mai.
Anche le cose più inaspettate e atroci possono accadere.
Ma chi vi dice, che alla fine non portano a qualcosa?
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Gale Hawthorne, Katniss Everdeen, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Io ero ancora lì, nel distretto 2. In attesa di una chiamata, di una lettera, di qualsiasi cosa. Un qualcosa che sembrava non arrivare MAI. Non potevo immaginare come poteva dimenticarmi così. Sapevo che alla fine non avrebbe scelto me, ma non pensavo che la sua scelta era quella di escludermi completamente dalla sua vita.
 
 
Erano passati DUE anni.                                                                                                                                 
Due anni a cercare di sistemare la situazione, qua nel Distretto 2. Ormai la gente si era sistemata, e la pace e la tranquillità dominavano il posto. Io? Io me ne resto qui. Sono una specie di poliziotto, credo. Vivo in una bella casa, ho qualche amico e la mia vita prosegue abbastanza bene. In realtà, non mi sento però a casa. La mia casa è nel Distretto 12. In questi due anni, immaginai lo avessero sistemato un pochetto… Però non credo ci sarei mai più tornato. Sapevo che LEI stava con lui in quella casa. Sapevo che erano felici insieme, sapevo che a me nemmeno ci pensava più, e se ci pensava rimpiangeva il suo vecchio amico che le ha insegnato come si caccia. Niente di più. Per lei non ero mai stato niente di più.
 
 
La mia famiglia era ancora nel Distretto 13, era da un po’ che non li sentivo, loro dovevano seguire tutte quelle rigide regole, quelle privazioni…Ma io non ero il tipo da quelle cose. Sono libero. E non avevo certo bisogno di seguire le regole. Comunque…fatto sta che ormai ho 21 anni e la mia mente non è ancora andata avanti. Di notte mi ritrovo a fare ancora incubi sulla guerra, sui morti causati dalle bombe, sulla povera Prim uccisa per colpa…per colpa MIA. Ma questo non si può provare, anche se nel dubbio, non avrei mai potuto trovare pace.
 
 
Ora sono qui, sdraiato a terra, in un parco gigante, di fronte ho il bar dove vado tutti i giorni, sono in mezzo al verde e sento il cinguettìo degli uccelli e il rumore del ruscello scorrere. Se chiudo gli occhi, riesco a immaginarmi ancora a casa mia. Prima che tutto succedesse, con lei ancora al mio fianco, e con lo stomaco vuoto. Sembrava perfetto. Così me ne resto lì, come un cretino, con gli occhi chiusi a immaginarmi un futuro inesistente nel Distretto 12 con lei, la mia Katniss, che non vedevo da quella volta in cui uccise la Coin in pubblico e dove tutti la davano per malata di mente.
 
 
“Gale, sei sveglio?” è quella voce, a ricordarmi che era tutta finzione, e che adesso è ora di attivarsi.
“Purtroppo sì” rispondo a bassa voce.
Davanti a me c’è Nina, una mia amica con cui ho avuto una breve storiella, che poi è finita lasciandoci più amici di prima.                                                                    
“Ascolta…devo…devo parlarti.” Sembrava preoccupata. “Ok, parlami pure.” All’improvviso però è sbucato Mike che la interruppe dicendo “Ehi, Gale! Finalmente ti ho trovato! Che hai fatto tutta la mattina? Ti va di venire al bar? Ti offro due bicchierini di…” Ma a quel punto capii che qualcosa non andava. Mike non offriva da bere a nessuno. Anzi, supplicava gli altri per avere un sorsetto. “Ditemi quello che mi dovete dire. Ora.” Stranamente, non sembravo coglierli di sorpresa. Dopotutto, dovevano conoscermi proprio bene. Vidi Nina soffocare una lacrima, e vidi l’espressione di Mike incupirsi… “Che è successo?” Nessuno parlava, ma io dovevo sapere. Arrivò in fretta e furia James che evitò il mio sguardo e si rivolse gli altri “Allora…Glielo avete detto?” Io lo guardai torvo. “DETTO COSA?” Finalmente lui si girò, e mi degnò di attenzione. “Gale…Si tratta di…Tua madre…”
 
Fu peggio di tutte le bastonate che ricevetti nella mia vita. James mi continuò a raccontare della malattia terminale che mia madre si era beccata, di come i medici si stavano impegnando… Scorsi le lacrime sul viso di Nina che continuavano a scendere, James che più andava avanti con la storia più il suo viso diventava cupo e non credo di aver mai visto Mike più triste di così. Realizzai che dovevano volermi proprio bene. E io gliene volevo a loro. Solo che ora passava tutto in secondo piano. Mia Madre stava per morire. Era questo l’unica cosa che avevo afferrato. E l’unica cosa che mi limitai a dire, finito il resoconto di James fu “Ehi, Mike. La proposta dei due bicchierini è ancora valida?”
 
 
Finita la giornata, ero per metà sbronzo. Non capivo niente, volevo solo tornare al Distretto 13 e abbracciare mia madre. Probabilmente continuavo a urlarlo perché sentii la voce di Nina dire “Va bene, Gale. Ora prendiamo il primo aereo.”
 
 
Mi svegliai. E mi guardai intorno. Sbaglio o ero in un jet privato? Vidi seduti vicino a me Nina, Mike e James. Loro dormivano ancora. Io avevo un leggero mal di testa, ma ero abituato a sbronzate del genere. Mi alzai e mi avvicinai al bagno. Per fortuna c’era anche la doccia. Mi ci lanciai praticamente dentro facendo finta che in realtà eravamo in viaggio per una vacanza ai Caraibi.
 
 
“Buon Giorno Gale” mi salutò James.                                                                                                                     
“Ehi.” Probabilmente avrei dovuto essere più amichevole con loro, ma non riuscivo a essere gentile con nessuno. Tutto ciò che pensavo era a mia madre.                                            
“Tra un po’ saremo arrivati. Mezz’oretta e ci siamo” mi informò James.
“Forse è meglio se sveglio gli altri due…” e così con due sberle Mike e Nina tornarono dal sonno.
“Ciao, Dormiglioni” li sorrise James, e anche se loro gli lanciarono i cuscini in testa, lui non sembrava turbato. Giusto il tempo che Nina e Mike si prepararono in un attimo e l’aereo atterrò. Eravamo arrivati a destinazione.
 
 
Scendemmo. E mi accolsero subito i miei fratelli e sorelle con grandi abbracci. Fu in quel momento che realizzai che io non ero ancora pronto. Non ero pronto a vedere mia madre su un letto, distrutta, e pronta ad andare nell’aldilà. Cercai uno sguardo comprensivo negli occhi dei miei amici, ma sembrava che loro vedessero solamente il loro caro amico prendersi carico della famiglia.
“Vuoi subito vederla?” Mi sussurrò Nina.
“Non ora” risposi secco.
Mi guardai intorno e vidi subito Johanna che (a sorpresa) mi abbracciò.
“Ciao Gale.”
Non riuscii a rispondere. Onestamente non credo che la voce potesse venirmi più fuori. Così ricambiai l’abbraccio e salutai Beetee, Annie con il suo bambino, e gli altri che intravidi. Mike mi lanciò un’occhiata per metà incuriosita, per metà di rimprovero. Si avvicinò a me a mi disse:
 “Devi vederla, amico. Non puoi aspettare di vederla già morta. Ha ancora un po’ di tempo. E non credo le piacerebbe sapere che il suo figlio maggiore abbia paura di vederla nello stato attuale”
Era questo che mi piaceva di Mike. Mi diceva le cose come stanno. Anche se facevano male.            
“In che camera è?” chiesi ad alta voce.                                                                                                              
“Là” rispose, indicando una porta Johanna.
 
 
Non sapevo esattamente cosa aspettarmi. Mia madre è sempre stata una donna combattiva. Ha cresciuto me e i miei fratelli da sola, e io la ho sempre stimata per questo. Sentivo i miei occhi diventare lucidi, non piangevo da millenni. Sapevo però che dovevo essere forte, e scoppiare a piangere come un bambino di certo non migliorava la situazione. E poi, non avevo intenzione di crollare. Appena aprii la porta vidi una stanza bianca, con un po’ di luce dalla finestra e con un letto dove era sdraiata mia madre. L’ultima cosa che mi aspettavo era vederla sorridere felicemente.
“Ciao Gale. Ti aspettavo.” Senza riflettere, mi avvicinai di corsa a lei e la abbracciai. Non poteva morire. Non sul serio.
“Mi dispiace…Non sai quanto…” Mi uscirono queste parole. Mi sentivo in colpa. Questa era la verità. Me ne ero andato per due anni, e la venivo a trovare così raramente… E ora che so quello che sta spettando…
“No, Gale. Ascoltami. Dispiace a me. Per quello che hai dovuto affrontare, per i sacrifici che hai fatto per i tuoi fratelli… Senza di te non ce l’avrei mai fatta. E ora ti lascio il ruolo completo di capofamiglia” mi disse con un filo di voce.
Ma come poteva dire così? Le dispiaceva di cosa? I momenti passati a sfamare la mia famiglia erano stati i più bei momenti di tutta la mia vita.
“No…Mamma. Andrà tutto bene. Vedrai che si troverà una soluzione, il Distretto 13 è molto avanzato…”
 “Mi restano poche settimane” tagliò corto lei. “Resta al mio fianco. Voglio solo che mio figlio sia accanto a me. Fino alla fine.” La guardai, ma in realtà non la vedevo veramente. Respiravo a malapena, sentivo che non ce l’avrei fatta. E cosa peggiore dovevo rimanere calmo.
“E…Gale…Devi promettermi una cosa”. Un secondo di silenzio.
“Continua a badare ai tuoi fratelli, e cerca di essere veramente felice.” La fissai negli occhi.
“Ci proverò. Lo prometto.”
 
 
La notte la passai lì vicino a lei, e anche tutto il giorno seguente. Le sue condizioni peggioravano, e i medici le avevano dato solo due settimane. Ogni tanto passavano i miei fratelli, che però uscivano dalla stanza sempre stracolmi di lacrime. Ma in complesso c’erano un sacco di visite. Mia madre piaceva proprio a tutti.
 
 
Cosa avrei dovuto fare? Mi sentivo impotente. Avrei dovuto fare qualcosa, invece me ne stavo tutto il giorno vicino al suo letto, ad assisterle. Era ciò che tutti mi dicevano che era giusto fare, ma io… Io non potevo sopportare l’idea che da lì a poco lei non ci sarebbe più. Respirai a fondo perché ormai anche respirare sembrava essere difficile, e uscii dalla stanza mentre mia madre schiacciava un pisolino. Vidi James seduto in un tavolino. Mi avvicinai a lui, e appena mi vide risorse dai suoi pensieri e mi rivolse un sorriso amichevole
“Ehi, Gale. E’ da 6 giorni che siamo qui e non siamo riusciti a scambiarci nemmeno due parole” Sembrava stressato , anche se non lo dava a vedere.
“Tutto bene?” gli chiesi d’impulso. 
“ Sì, sì. E’ solo che qui…E’ un po’ diverso. Devo un po’ abituarmi…”
E in effetti lo capivo. Il Distretto 13 era diverso dagli altro Distretti. Ci si sentiva sempre un po’…in gabbia. Mi sentii in obbligo di dirglielo.
“Mi dispiace, amico. Se vuoi puoi tornare a casa. Io me la cavo bene anche da solo.” 
“Scherzi? Siamo venuti qui con te, e ce ne torniamo con te. E poi… Onestamente Gale, credi davvero di farcela da solo? Sono in questi momenti che gli amici devono stare con te.” Lo fissai per un momento e gli rivolsi uno sguardo che sotto-intendeva la parola –grazie-  Nonostante James a volte mi dava sui nervi, è sempre stato e sempre sarà un grande amico.  
 
 
“Che razza di Distretto è mai questo?” Sentivo la voce di Nina avvicinarsi a noi.
“Un Distretto dove le persone non possono fare casini” rispose calmamente  Mike.
“Gale! Come stai???” Mi chiese appena mi vide Nina.
“Bene.” Risposi anche se non era affatto vero e Nina lo sapeva benissimo.
 “Senti… Io e Mike abbiamo avuto la brillante idea di andare nei boschi per l’intera giornata, vieni con noi vero?” Io la guardai. Poi guardai Mike. Poi guardai James. Possibile che mi nascondessero sempre qualcosa?”
 “Non mi sembra il caso di raccontarmi bugie, ora.” Silenzio. “E’ importante?”
“Dipende dai punti di vista.” Rispose Mike.
“Dal tuo punto di vista è importante, Mike?” Gli chiesi.
“Sì.” Rispose di getto.
“Bè, mi sembra più importante però tua madre. No? Vai da lei, si sarà svegliata” Disse infine James. Già. Non mi importava granchè della cosa. Così mi alzai per andare da lei. Feci un po’ di strada fino a quando non andai a sbattere contro qualcuno. Con tutto quello che mi sta accadendo faccio fatica anche a non mettere sotto qualcuno. Porsi la mano alla persona investita che era caduta a terra e quasi non cadevo a terra io.
 
 
“Katniss.” Non la vedevo da due anni, eppure tutto ciò che mi veniva da dirle era –Katniss- ?! Il suo nome lo sapevo già! E immagino anche lei, perciò devo essere proprio uscito di senno. Ma sembrava anche lei leggermente sbigottita dal nostro incontro perché disse “Gale.” Grandioso! Ci mancava solo il silenzio imbarazzante. Poteva andare peggio? La risposta è sì. Perché proprio in quel momento arrivò anche Peeta.
“Gale! Lo abbiamo appena saputo! Non sai quanto ci dispiace! Che bello rivederti! Tutto bene?” Nonostante la prima cosa che volevo fare era tirargli un pugno in faccia sapevo che metà delle cose che aveva detto erano vere. Gli dispiaceva per mia madre e lo avevano appena saputo.
“Come sta lei?” Chiese Katniss, appena finita la frase di Peeta.
“Non bene.” Risposi. “Ne lei, ne io” Mi sentivo la gola soffocare, lo stomaco irrigidirsi assieme a tutti i miei muscoli. Era la prima volta che lo dicevo. IO NON STAVO BENE. Proprio per niente.
“E’ lì.” E mi allontanai lasciandoli entrare nella stanza di mia madre.
 
 
“La ha vista, vero?” Mi chiese Johanna che si era unita al tavolo con Mike, James e Nina.
“Già. Immagino era questo il vostro –segreto- di prima, eh?” rivolsi uno sguardo metà cattivo metà vuoto ai miei amici.
“Bene. Avete parlato. Che vi siete detti?” Chiese James.
“Era con Peeta. E non abbiamo praticamente aperto bocca. Dopo tutto, cosa dovevo dirle?”
“Non so, forse del fatto che la ami ancora, che faresti di tutto per lei, che vuoi soltanto la sua felicità e che non vuoi perderla di nuovo?!” mi rispose Nina.
“Nah. Gale non lo avrebbe mai fatto. E poi non ora. E’ un momento troppo incentrato su Hazelle non sui suoi problemi di coppia con Katniss “ Riprese a parlare Johanna. Così i miei amici continuarono il discorso di cosa io potevo dire e che non ho detto, mentre io me ne stavo sgattaiolando via alla ricerca di una stanza libera per cercare di chiudere occhio, visto che in 6 giorni ho dormito sì e no 1O ore.
 
 
Era un altro giorno. Lo sentivo.                                                                                                                         
Dovevo aver dormito più di 18 ore. Un record. Mi vestii e mi preparai per scendere. Mangiai un boccone al volo, e mi avviai da mia madre.
“Buon Giorno” le dissi appena entrato. Ma non mi ero accorto che vicino a lei, c’era anche Katniss. “Buon Giorno” disse allora mia madre.
“Hai dormito tutto questo tempo, non è vero?” Annuii perché la voce sembrava essere riscomparsa. “Bè, io no. Vi dispiace se faccio un altro pisolino? Però al mio risveglio voglio ritrovarvi sempre qua, ok?” E entrò nel mondo dei sogni. Ultimamente dormiva spesso. Anzi, TROPPO.
 
 
“Ascolta, io…” Eravamo partiti già male. Iniziare la frase in modo uguale aiutò solo ad aumentare l’imbarazzo. Ero io l’uomo. Dovevo prendere coraggio. Il silenzio non avrebbe aggiustato niente. “Mi aspettavo qualcosa in questi 2 anni da te. Chessò una cartolina mi bastava. Un messaggio d’auguri a Natale. Al compleanno o a Pasqua. Una telefonata. Una visita era chiedere troppo, lo so. Ma qualcosa potevi anche farlo.” No. Ok. Non volevo fin da subito dirle su, ma la rabbia cresceva a dismisura, era implacabile.
“Gale, Mi Dispiace. Ma cosa avrei dovuto dirti?” Ok. Tra un po’ la avrei buttata giù dalla finestra.
“Non lo so, Katniss. Un –Ciao, Come va?- Mi bastava!” non riuscivo più a contenermi.
“Bè, allora potevi chiamare anche tu, se è per questo!”
“Sì, così mi rispondeva Peeta e io riagganciavo!”
“A differenza di te, lui mi è stato sempre vicino!” No. Sul serio. Qualcuno doveva chiamare la sicurezza.
“Sei tu che hai scelto LUI! Io me ne sono andato perché tu così eri felice! Ammettilo Katniss! Eri sollevata all’idea che io non ero lì a disturbare la tua bella vita con Peeta!”
“Ok, sì avevo scelto lui. Contento? Ero sollevata che non c’eri. Ma non ero felice.”
La guardai nel modo più atroce possibile.
“Sai una cosa? E’ colpa tua. Non essere felice è stata una tua scelta.” Andammo avanti così per minuti/ore fino al risveglio di mia madre.
“Spero abbiate fatto una bella chiacchierata.” Ci sorrise lei.
“Ora devo andare, A dopo Hazelle.” Disse fredda Katniss e uscii dalla porta.
“Forse non poi così bella…” disse mia madre.
La aiutai a sedersi, e le raccontai quello che era successo. Almeno con lei non dovevo mentire.
 
 
Ormai mia madre dormiva circa 17 ore su 24 al giorno e quando lei era nel mondo dei sogni, io facevo di tutto per evitare Katniss. Mi sembrava impossibile che la nostra prima vera chiacchierata dopo tanto tempo era stata un fiasco del genere. La mattina di quella bella giornata la trascorsi con i miei fratellini, mentre al pomeriggio avrei dovuto passarlo con i miei amici. Ma ecco, che appena arrivo vedo che tra la lista dei –miei amici- c’erano anche Katniss e Peeta.
“Ehi. Ti stavamo aspettando” Mi disse Johanna molto allegramente. Era inutile negarlo, era cambiata moltissimo dall’ultima volta che l’avevo vista 2 anni fa. Era meno scontrosa, più dolce e simpatica. La aveva finita di avercela col mondo. E ora sembrava il contrario. Ero io che ce l’avevo con tutti. Mi sentivo arrabbiato con chiunque. Senza un vero motivo in realtà, però mi sentivo pieno di rancore… Forse perché non mi avevano detto subito della malattia di mia madre, o forse per la presenza di Katniss e Peeta, non lo so. So solo che avrei urlato contro tutti. E ovviamente, lo feci.
 
 
“Me ne vado.” Dissi freddamente.
“Non fare l’idiota. Stavamo progettando di andare a fare una passeggiata nei boschi.” Mi disse dolcemente Johanna.
“Per questa volta passo.” Le dissi piano per paura di urlarle contro.
“Gale, andiamo. Non hai voglia di fare vedere a me, a Mike e a James i tuoi boschi?” mi chiese Nina.
Bene. Da lì non ressi più.
“No. Non ho voglia. Non voglio venire con voi da nessuna parte. Voglio stare qui. Voglio chiudermi in una stanza e spaccare tutto urlando, e non voglio che nessuno mi veda. Ecco cosa ho voglia di fare!” Forse la mia voce si era alzata leggermente troppo.
Ci fu silenzio. E capii che era meglio andarsene veramente cosi mi incamminai via; e con la coda nell’occhio vidi gli altri andarsene. Ma mi sbagliai. Una persona era rimasta. La persona con cui probabilmente avevo meno voglia di parlare.
 
 
-------> Fine Primo Capitolo.
  
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