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Autore: ericapenelope    05/09/2012    3 recensioni
[GDR Trama inventata.]
La storia viene ripresa da un *gioco di ruolo* su Hunger Games. Parla di più personaggi inventati da altri player che si ritrovano nell'Arena, ma non solo. Sono legati da qualcosa o qualcuno. E' un proseguimento diverso da come è andata davvero. E' il *mio* proseguimento di una storia che parla di combattimenti e di sentimenti non detti. E' tutto un gioco, d'altronde, no? Buona lettura.
Genere: Avventura, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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I

Tempesta d'autunno

 

 

La pioggia cade sulla pelle di Lilian Sole. Non c'è maledizione che tenga all'interno dell'Arena. Il sussurro della pioggia espande il rumore come piccole note di canzoni stonate. Sta andando tutto storto, Lilian lo sa bene. I settantaduesimi Hunger Games si stanno svolgendo e concludendo, arrivati praticamente agli sgoccioli. Gocce di sangue. 

“Lilian Sole, pensi ancora di essere migliore di me?” la voce di Axel Von Frish interrompe la musica dissonante. 

Lilian si volta, freddandolo con lo sguardo glaciale. Le ciocche ramate le si appiccicano sulla fronte e sul collo, prima di poter rispondere.

“Sono migliore di te senza doverlo pensare, Axel”. La freddezza di Lilian Sole è devastante, ma il ragazzo non si demoralizza. Conoscono entrambi la ragione di tutto quel distacco, da alleati a nemici, da nemici ad amici, da amici ad avversari. 

Lilian alza la testa verso l'alto, incontrando fronde di alberi gocciolanti di torbida e fredda acqua. La pioggia sembra schiacciare la sua magrezza, sembra persino colpirla e schiaffeggiarla. La tortura procede per secondi, minuti, forse ore. La interrompe solo Axel, una volta che si è alzato faticosamente in piedi e l'ha raggiunta, distendendosi nuovamente davanti a lei.

“Perché mi fai questo, Lilian Sole?” dice lui, mentre protende la mano destra verso la guancia della ragazza, non sfiorandola per poco. Lilian scosta la nuca in direzione del nulla, prima di allontanarsi quanto basta per avere la protezione che le serve. Axel la guarda, nuovamente sconfitto, accasciando la schiena sul tronco dell'albero dietro di sé. Sospira, mentre una smorfia di dolore gli compare sul volto. La ferita al fianco sinistro continua a pulsargli in modo compulsivo da quando un ibrido li ha attaccati, due notti fa.

Lilian non demorde. Non lo impietosisce, non la convincerà. Lei dovrà ucciderlo. E' per questo che non vuole nessun coinvolgimento emotivo. Non può assolutamente averlo. Axel deve stare al suo posto, come lei sta al suo. Lei è sempre stata al suo.

“E' per il mocciosetto vero?” enfatizza Axel, prima che Lilian si alzi e se ne vada da un'altra parte. Lei si blocca, fermandolo con lo sguardo contro il tronco.

“Non osare nemmeno nominarlo. Non ne hai il diritto”.

“E me lo dai tu, il diritto, Lilian Sole?” silenzio. La pioggia si ripresenta come protagonista tra i due. La musica disarmonica subentra tra i loro sguardi come ostacolo indissolubile. Lilian decide di avanzare, lentamente, prima di inginocchiarsi davanti a lui e avvicinare i suoi occhi a quelli di Axel. Non lo sfiora con un dito, ma respira in modo pesante. Axel comprende che Lilian ce la sta mettendo tutta pur di non ammazzarlo in questo preciso momento.

“Sei sempre stato arrogante. Mi volevi ammazzare. Hai fatto di tutto per restare in vita e salvarmi da qualsiasi pericolo che abbiamo incontrato fino ad adesso. Vuoi uccidermi con le tue mani, ma prima vuoi farmi innamorare di te, non è vero?” Lilian gli soffia addosso le sue supposizioni, continuando a restare in ginocchio davanti a lui. “Sei furbo, Axel. Ma io me ne lavo le mani. Da oggi in poi, veditela da solo”. Lilian Sole St. James si alza, lasciando che il fango sgoccioli dalle sue ginocchia. Resta in piedi davanti a lui per una manciata di secondi, prima di fare dietro front e andarsene. Un passo. Due passi. Tre passi. Ogni movimento sembra pesante, un macigno di pietra. Axel non pronuncia nulla, non la richiama a sé. La guarda allontanarsi, mesto, prima di socchiudere le palpebre e comprendere definitivamente la propria fine. Morirà. E' così che deve andare. Fin dall'inizio. Non era lui destinato a vincere. Axel avrebbe dovuto sbarazzarsi di lei il prima possibile, evitandole la sofferenza. Ma quella ragazzina gli si è ficcata fin sotto la pelle. Il pensiero degli occhi vitrei di Lilian Sole fa prudere i pugni ad Axel in modo minaccioso. 

“Lilian!” la sua voce è un urlo ghiacciato, roco. 

La ragazza si ferma di colpo, voltandosi nuovamente verso Axel con sguardo indifferente. Non pronuncia nulla. Gli occhi celesti parlano per lei.

“Lilian” il sussurro di Axel anticipa il suo ghigno. Un ghigno consapevole. Lilian non si sofferma un minuto di più; l'ultima immagine che nota di Axel Von Frish è quella di un ragazzo ferito, a stento in piedi che lascia quel nome protagonista del vento. Poi si volta e se ne va.

 

***

 

“Sei solo un idiota, Watson”. Ambrosia Julia Adams sta canzonando il ragazzo poco più piccolo che ha davanti a sé. Adams è una ragazza disturbata, soffre di una patologia che prende il nome di “disturbo narcisistico di personalità”, diagnosticata all'età di undici anni. L'età perfetta per lasciarla attuare nella propria testa. La sua storia è complicata: da una madre e uno zio favorito che le hanno insegnato qualsiasi segreto delle armi, ad un padre che la rinnega dalla nascita. Lei è una vittima del sistema dittatore di Capitol City, ma ancora non lo sa. 

Ambrosia affonda la spada in direzione di Thomas Watson, un prossimo Favorito scelto. La bellezza del ragazzo è indiscutibile, quanto lo è la sua bravura con le spade. Lei l'ha sfidato a duello, considerandosi migliore in qualsiasi cosa. E' la più bella. E' la più brava. E' la più intelligente. E' anche la più telecomandata di tutta Capitol City, ma questo non trova spazio nella sua consapevolezza. E' patologicamente malata e il suo disturbo viene sfruttato da sempre. 

Questa mattina, invece di guardare gli Hunger Games dalla sua abitazione austera, ha preferito passare il suo tempo in palestra, allenandosi per i prossimi Giochi. Per la strada è inciampata su Watson. Inciampa su Watson da diverse settimane, ormai. Ad Ambrosia non piace parlare molto, soprattutto con persone inutili, ma lei odia il ragazzo. Thomas Watson riesce a farle saltare i nervi con una sola parola. Odia il fatto che è nipote di uno dei più celebri vincitori e spadaccini di tutto il Distretto 2. Bartholomeus. Watson ha il fondoschiena parato. E non può, Ambrosia Adams, tacere. Lei lo fa per un solo motivo: la lontana possibilità di allenarsi con Barth. Questo per Ambrosia significherebbe assaporare la vittoria con la propria bocca. 

Il lunedì mattina sembra ormai un appuntamento prefissato. S'incontrano, si sfidano e rimandano la rivincita ad una volta successiva. Accade tutto nel giro di poche ore, quasi sempre combattendo; nient'altro. 

Adams è suscettibile quando Watson la insulta, la deride o la infastidisce con commenti sul suo aspetto; mentre Thomas s'innervosisce quando Ambrosia nomina la sua amata nell'Arena. Pronta a morire. Come oggi.

“Non sei geloso, Watson? La tua bambolina ha trovato il fidanzato”.

Watson reagisce d'istinto. Evita un affondo e inchioda la figura della Adams al muro. E' alle strette.

“Sei alquanto infelice”. L'unico commento del ragazzo, prima di lasciare andare Ambrosia e allontanarsi da lei. 

C'è odore di carne sudata e sangue. Quando combattono non scherzano. Devono allenarsi a resistere a ben altro che a qualche graffio da spade affilate. Il labbro di Ambrosia è gonfio, mentre Thomas presenta varie lesioni sulla parte destra del corpo. Ambrosia è mancina ed è solita attaccare diagonalmente. Le piace infastidire Thomas. Non per gelosia, per invidia o per vendetta. Le piace infastidirlo per il semplice gusto di farlo. Per il semplice gusto di guardarlo sofferente, pensieroso, debole. Sa perfettamente che potrebbe essere un punto a suo favore, se un domani dovessero scontrarsi. E sa anche che ciò sarà molto probabile. Thomas non viene in palestra tutti i giorni solo per hobby. Il suo fine è ben altro. Lui è un Favorito, proprio come lei.

A Thomas, comunque, Ambrosia non piace. Non gli è mai piaciuta. Non potrà mai piacerle. Non è questione di bellezza esteriore. Ma è una donna viscida. E' una donna senza cuore. Preferirebbe essere accarezzato dalla morte, probabilmente sarebbe meno atroce. Tutti conoscono la storia della “ragazza disturbata”, ma nessuno ne fa mai cenno. La cattiva sorte è capitata alla Adams, ma probabilmente lei non la considera tale. Malata o no, a Thomas non andrà mai a genio. I suoi commenti li trova inutili, tristi, alquanto privi di umanità. Non che lui sia particolarmente buono, ma sa riconoscere la cattiveria dalla semplice paura di fallire. Lui è vittima di quest'ultima. Sa bene cosa Ambrosia prova nei suoi riguardi, sa perfettamente dove vuole arrivare. Ma non se la sente di rinunciare a quelle poche ore di combattimento solo perché sa bene che potrebbe batterlo o addirittura usarlo. Malata, perfida o viscida, deve ammettere che è sensazionale con le armi. E la cosa buffa è vederla eccezionale al culmine del suo disturbo, quando questo s'impossessa di lei in maniera tale da farle scomparire la poca traccia di anima che si nota nelle pupille scure. 

Thomas si volta verso Ambrosia fissando attentamente gli abiti sudici con indifferenza: “Me ne vado”.

Si stupisce delle sue parole, perché è la prima volta che annuncia di aver concluso l'allenamento. Le altre volte non si mai curato di avvisarla: posa l'arma e indirizza il suo passo verso i bagni maschili. Spetta sempre ad Ambrosia capire quando il gioco è finito. Ma oggi Thomas esce di scena sorridendo, nostalgico al pensiero di Lilian Sole St. James alle prese con la morte.

 

 

“Watson, lo sai che sei irritante? Dovresti smetterla di ridere in quel modo” Lilian mi sta fissando in maniera così innaturale. I suoi occhi sono due pietre focaie, anche se hanno piccole sfumature di azzurro cielo disperse nell'oceano blu. Ma ardono. Come tutto in lei. Questa ragazzina che mi sta fissando con fronte aggrottata e labbra schiuse è piombata così inaspettatamente nella mia vita. E' quasi strano pensare che tra poche ore ci sarà la Mietitura e lei potrebbe essere scelta. Sento quasi un rimorso. Forse il rimorso di non essere nato femmina e potermi offrire al suo posto, se venisse pescata. Vorrei dirle tante cose, ma non credo di essere in grado di sopportarne le conseguenze. I miei sentimenti non devono interferire in questa via. Siamo solo amici per un breve tempo, ma tutti prima o poi sono destinati a scontrarsi. Ho accettato la mia natura da Favorito ai tempi della pubertà. Ormai sono considerato un uomo. Un uomo pronto al macello. 

“St. James, dovresti sapere che la natura della mia irritazione nasce proprio da te. Non è cosa nuova”. Sogghigno, intravedendo il suo solito sopracciglio destro inarcarsi, dimostrandosi scettica. La mia mano sfiora il suo avambraccio, prima di protendersi verso la spalla. Gliela stringo, continuando a guardarla negli occhi. Non voglio farle nulla, ho solo bisogno di toccarla, di sfiorarla con le mie dita. E di assaporare il momento del silenzio, prima di separarci nelle nostre abitazioni. Ogni volta è la stessa storia. Ci prendiamo in giro, ci avviciniamo e poi ci allontaniamo per giorni senza parlarci. Credo che entrambi vogliamo qualcosa di più da tutto questo. Credo che entrambi sappiamo anche che non sarà mai possibile. Ed è per questo che ci arrendiamo ogni volta che ci avviciniamo. Non possiamo. Farlo, sarebbe un atroce errore. Il sentimento è debolezza. Non possiamo permetterci di seguire l'istinto. Nessuno di noi due lo perdonerebbe all'altro. 

La lascio andare lentamente mentre le sorrido. Mi piace quando la colgo di sorpresa e lei mi fissa, come al solito, con quell'aria persa. Non sa mai come comportarsi e si irrita per questo. Mi piace quando Lilian Sole si irrita. Mi fa sentire a casa. Mi fa sentire umano. Mi fa sentire bene. E' uno dei tanti motivi del perché non voglio che le succeda nulla di male. Non succederà. Lo sento. Il suo nome non uscirà dalla boccia di cristallo. Il suo nome rimarrà perso tra le mille tessere all'interno, al sicuro, ancora per un'edizione. Dovrà andare così. Sarà così.

 

 

***

 

Lilian passeggia tra i cespugli, cercando di captare qualcosa. La pioggia ha smesso di cadere da un pezzo, poco dopo che ha lasciato Axel al suo destino. Le ha stancato. Pensava che con lui tutto sarebbe stato più semplice, ma non è andata così. Con lui, si è concluso tutto in modo inaspettato. Non avrebbe pensato che sarebbe stato così falso fino all'ultimo momento. Sapevano entrambi che sarebbero morti, l'uno o l'altra, ma sperava che non sarebbe stato per mano sua. Lilian non può ucciderlo. Vorrebbe, ma non ci riesce. La sua natura non è questa. Non è un'assassina, o perlomeno, non lo era. Dovrebbe essere più forte e stare al gioco di Capitol City. Vorrebbe essere tante cose, ma quello che riesce a fare è scappare. Sempre.

Le foglie che scricchiolano sotto i piedi le fanno intuire che qualcosa non va. Com'è possibile che siano secche, quando ha piovuto per giorni? Dovrebbero essere mollicce e zuppe. Si piega a raccoglierne una manciata, confermando i suoi dubbi. Con le dite accarezza le nervature di ogni foglia, cercando in qualche modo di capire. Ad un certo punto le viene naturale: alza la testa e li vede. Dozzine di volatili che la fissano con occhi gialli. Orribili occhi gialli. Lilian Sole s'immobilizza. Lilian Sole lascia cadere le foglie sul terriccio morbido, prima di sgranare gli occhi e venire attaccata da quel branco di uccelli assassini.

Il suo grido disperato rimbomba nella boscaglia, iniziando un nuovo motivo dissonante.

   
 
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