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Autore: Emily Kingston    05/09/2012    7 recensioni
“Cos’è questa storia che tu ed Annabeth state insieme?!” grida, isterico.
Io deglutisco.
“Ciao papà…”
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“Non voglio disturbarti, Annabeth,” inizia, “e so anche di non essere stata una madre molto presente, ma non posso non intervenire in una situazione del genere.”
“Qu-quale situazione?”
Atena mi guarda inarcando le sopracciglia.
“Tu e il figlio di Poseidone.”
“Oh, Percy dici?”
Genere: Commedia, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, Annabeth Chase, Percy Jackson, Poseidone
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Family reunion ~ Riunione di famiglia

 
“Percy, sto uscendo!”
La voce di mia madre mi trapana le orecchie come un martello pneumatico ed io mi rigiro tra le coperte, mugolando qualcosa come risposta.
Sento la porta d’ingresso sbattere ed i tacchi delle scarpe di mamma rimbombare sul pavimento del pianerottolo poi, finalmente, il silenzio.
Sorrido, appoggiando la schiena contro il materasso ed allargando le braccia.
Sabato mattina. E sabato mattina vuol dire tre cose: niente scuola, Annabeth, possibilità di dormire fino a tardi… ho già nominato Annabeth?
Il mio sorriso si allarga.
Non è molto che io e Annabeth usciamo insieme – dire che è la mia ragazza è ancora una cosa assurda per me – e mi ci devo ancora abituare. Però sono felice.
Voglio dire: Crono è stato sconfitto, non ci sono più mostri che cercano di uccidermi o profezie assassine in circolazione, ho una ragazza… cosa può volere di più un semidio? Probabilmente, se mi venisse la malsana idea di desiderare qualcos’altro andrebbe tutto sottosopra. E ora che ho finalmente una vita normale – nei limiti del figlio di un dio, ovviamente – non ho alcuna intenzione di rovinare tutto. Nossignore!
Mi giro di nuovo su un fianco, già pregustando il mondo dei sogni, quando il campanello inizia a squillare, spezzando la tranquillità dell’appartamento.
Grugnisco, ma faccio finta di niente. Chiunque sia dovrà tornare in un altro momento.
Il campanello, però, continua a squillare ed io, vinto dalla disperazione, mi alzo e raggiungo la porta a passo di carica.
La spalanco con un ringhio, ma non faccio neanche in tempo ad imprecare contro il fastidioso visitatore, che lui mi afferra per le spalle e mi trascina dentro casa.
“Cos’è questa storia che tu ed Annabeth state insieme?!” grida, isterico.
Io deglutisco.
“Ciao papà…”
Non vedo mio padre dal giorno del mio compleanno, ma non è cambiato di una virgola. Indossa la sua solita maglietta hawaiana ed i pantaloni color kaki, e la folta barba è nera quanto i miei capelli.
“Allora?!” incalza lui, guardandomi dritto negli occhi.
Per un momento mi perdo a pensare a quanto somiglino ai miei. Poi scuoto il capo, ho un problema un tantino spinoso da risolvere.
“Posso spiegarti,” dico, allontanandomi di qualche passo – sapete, per mantenere una certa distanza di sicurezza. “Prima, però, mettiti seduto.”
Poseidone mi guarda con aria severa, ma poi accetta l’offerta e si accomoda in salotto.
In realtà, non so da dove cominciare. Come si può spiegare al proprio padre perché si ama una ragazza? Già non so spiegarlo a me stesso, figuriamoci a qualcun altro!
Il fatto è che i miei sentimenti per Annabeth non sono spuntati fuori così, all’improvviso, credo di averli avuti per un sacco di tempo, anche se non lo sapevo.
“Sto aspettando, Perseus.”
Ahia, il nome intero è un pessimo segno.
“Papà,” inizio, sedendomi sulla poltrona. “La verità… la verità è che… ” lo guardo e sento le mani che tremano. Mi fulminerà, diventerò cenere per mostri! “Okay,” prendo un respiro profondo e poi lo guardo dritto in faccia. “La verità è che io sono innamorato di Annabeth. Ecco, l’ho detto.”
Chiudo gli occhi, pronto ad accogliere la fulminata, ma non succede niente.
“Tu sei… innamorato di lei?” domanda.
Io annuisco, arrossendo.
“Ehm, credo che la definizione giusta sia quella… già.”
Per un momento mi sembra che si sia calmato, poi però si alza in piedi ed una scintilla gli illumina gli occhi. Sono finito.
“Come è potuto succedere?!” esclama, iniziando a fare avanti e indietro per il salotto. “Tu è una figlia di Atena?!”
“I-io non lo so com’è potuto succedere,” mi giustifico tra qualche balbettio. “È-è successo e basta.”
Magari un giorno potrò dire che questa frase da manuale mi ha salvato la vita, chissà.
“Lei è Atena, figliolo! Atena!” sì, lo so che è Atena, papà. E se ti stai chiedendo perché anche Annabeth ha scelto me… be’, me lo chiedo anch’io, ogni giorno.
“Noi non vogliamo creare problemi a nessuno,” dico, con un po’ più di decisione. In fondo, sono quello che a dodici anni ha spedito per posta la testa di Medusa sull’Olimpo. “Vogliamo solo frequentarci senza che ci sia una guerra tra dei, tutto qui.”
Poseidone sbuffa, tornando a sedersi.
“Mi chiedi molto, figliolo,” dice. “Una figlia di Atena,” borbotta poi tra sé. Dopo qualche minuto alza lo sguardo e lo vedo abbozzare un sorriso. “Sei proprio innamorato di questa ragazza, Percy?”
Arrossisco.
“Sì, papà.”
“Be’,” esclama, battendosi le mani sulle gambe prima di alzarsi, “suppongo che in questo caso non ci si possa fare niente.”
Balzo in piedi con un sorriso a trentadue denti stampato in viso.
“Dici davvero?” non posso crederci: ho la benedizione di mio padre!
Poseidone sorride e si avvia verso la porta.
“Solo una cosa, figliolo.”
“Quello che vuoi.”
Il dio sorride.
“Quando avrete dei figli, cerca di fare in modo che somiglino più al ramo marino della famiglia, d’accordo?” mi strizza l’occhio e poi scompare.
Io rimango a fissare la porta per qualche minuto.
Okay, ho appena detto a mio padre che sono innamorato di Annabeth, ma da qui al parlare di bambini ce ne passa!
 
***
Mi guardo allo specchio un’ultima volta prima di uscire.
Non mi è mai interessato il modo in cui appaio agli occhi degli altri, ma da quando ho iniziato a uscire con quello stupido di Testa d’Alghe mi guardo allo specchio più spesso del solito.
Scuoto il capo, scacciando via quei pensieri, e apro la porta.
“Ma-mamma?” balbetto.
La dea Atena è davanti alla porta di casa mia, con il suo miglior sguardo severo puntato su di me.
“Ciao, Annabeth,” dice, e già dal suo tono di voce capisco che non mi aspetta niente di buono. “Stavi uscendo?”
Annuisco, chiudendomi la porta alle spalle. Probabilmente avrei dovuto aspettarmi una sua visita, dato quello che è successo con Percy. Voglio dire, il fatto che stiamo insieme e tutto il resto.
Mia madre e Poseidone non vanno molto d’accordo – per non dire che si strapperebbero i capelli a vicenda – quindi non penso che lei sia molto felice della nostra, ehm, relazione.
“Non voglio disturbarti, Annabeth,” inizia, “e so anche di non essere stata una madre molto presente, ma non posso non intervenire in una situazione del genere.”
“Qu-quale situazione?”
Atena mi guarda inarcando le sopracciglia.
“Tu e il figlio di Poseidone.”
“Oh, Percy dici?” cerco di fare la finta tonta, ma mia madre è la dea dell’intelligenza, di certo non si farà ingannare da un trucchetto del genere. Dei, stare con Percy mi ha davvero rincretinito.
“Cosa c’è tra voi?” chiede.
Io deglutisco. Capisco i timori di mia madre, per lei tutti i figli di Poseidone sono come lui e, per quanto sia una madre poco presente con tutti i suoi figli, ci vuole bene e cerca di proteggerci come ogni brava mamma.
“Noi… ci frequentiamo,” ammetto.
“Annabeth,” comincia, con un sospiro, “tu sei una ragazza intelligente e sono certa che avrai riflettuto molto attentamente prima di fare questa scelta. Quello che voglio chiederti è: cosa ci trovi in lui? È un figlio di Poseidone!”
Abbasso lo sguardo, imbarazzata. Non so se riesco a spiegarlo a parole.
“Percy e io siamo completamente diversi,” dico.
“Appunto!”
“E litighiamo la maggior parte del tempo perché lui è un idiota.”
“Appunto!”
“E ci sono dei momenti in cui mi piacerebbe aprirgli la testa per controllare che non ci siano dentro davvero le alghe.”
“Appunto!”
“Però mi fa ridere,” continuo, sorridendo. “E non per le cavolate che dice o che fa, mi fa ridere perché mi fa stare bene. È un maledetto idiota, ma ogni volta che lo vedo provo le stesse sensazioni di quando vinco una battaglia. E c’è una sorta di emozione che mi fa tremare le mani.”
Atena mi guarda in silenzio, dal suo viso non traspare nessuna emozione. Non sembra arrabbiata, però, e questo mi dà sicurezza.
“Io credo che Percy sia la battaglia che ho vinto contro me stessa,” dico, e non sapevo neanche io di pensarlo fino a questo momento. “Mi è sempre stato vicino, si è fidato di me e mi ha fatto capire che non devo per forza farcela da sola. Per tutta la vita ho pensato che io fossi abbastanza per me, ma non è vero. Mi serve lui, per essere abbastanza.” Arrossisco, sperando che non ci sia nessuno nei paraggi che possa avermi sentito dire certe cose su Testa d’Alghe.
Anche se è la verità, non l’ammetterò mai davanti a lui. Voglio dire, si monterebbe la testa in maniera indecente!
Mia madre sospira, guardandomi con rassegnazione.
“Non c’è proprio modo per farti scegliere, che so, un figlio di Apollo?” chiede. “A parte la fissazione per la poesia, quel ragazzo non è poi tanto male.”
Sorrido, credo che in fondo abbia accettato la cosa.
“Il mio cuore appartiene già al mare, divina Atena.”
“Va bene, va bene,” borbotta, sventolando una mano in aria. “Accetterò questa tua cosa con il figlio di Poseidone,” acconsente. “Ma giurami che quando avrete dei figli farai di tutto perché prendano dal ramo intelligente della famiglia.”
Io sbianco.
“Ci vediamo, Annabeth,” mi saluta con un sorriso.
“C-ciao mamma.”
Bambini? Va bene, ho detto un sacco di cose sdolcinate su Testa d’Alghe, ma da qui a parlare di bambini ce ne passa!
 
***
 
Quando il campanello suonò un’altra volta, Percy ebbe paura che si trattasse di nuovo di suo padre. Magari aveva cambiato idea riguardo la sua relazione con Annabeth e aveva deciso di fulminarli entrambi.
Titubante, aprì la porta, ma quando riconobbe il volto della sua ragazza sospirò di sollievo.
“Sei solo tu,” disse, facendola entrare.
Annabeth lo guardò male.
“Che significa che sono solo io?!”
Percy le dette un bacio veloce – non senza arrossire – e lei si distese in un sorriso.
“Prima è passato mio padre a trovarmi,” disse.
“Anche io ho visto mia madre.”
I due si scambiarono uno sguardo ansioso.
“Papà,” iniziò Percy, giocherellando con le dita. “Papà ha accettato la cosa.”
“Anche la mamma,” continuò Annabeth, “ha detto che va bene.”
Ci misero qualche minuto a realizzare che entrambi i genitori divini avevano messo da parte le saette e acconsentito alla loro relazione.
Si guardarono negli occhi con un sorriso e poi scoppiarono a ridere.
Percy si sporse verso di lei e la baciò, avvolgendole le braccia attorno alla vita e facendola volteggiare, sollevandola leggermente da terra.
Atena sbuffò, spostando le nuvole in modo da coprire la scena.
“Cosa ci troverà in tuo figlio, dico io,” borbottò, lanciando un’occhiataccia a Poseidone.
“Be’, ha ovviamente lo stesso fascino irresistibile di suo padre,” commentò, lisciandosi la folta barba. “Cosa ci trova lui in lei, piuttosto.”
Atena lo guardò, sprezzante.
“L’intelligenza, mio caro,” rispose. “Una cosa che tu e tuo figlio non conoscete.”
“Almeno io e mio figlio siamo divertenti.”
“Già, è divertente ascoltare le vostre stupidaggini.”
I due dei si guardarono in cagnesco, andandosi a sedere ognuno sul proprio trono.
Rimasero in silenzio per diversi minuti, poi sospirarono entrambi.
“Forse dovremmo fare una tregua,” propose Atena, con riluttanza. “Per i nostri figli.”
“Forse dovremmo.”
Poseidone e Atena si avvicinarono, stringendosi le mani.
“Quindi, adesso siamo in pace,” osservò il dio del mare.
Atena annuì.
“Più o meno,” rispose. “Ma sappi che non ti ho ancora perdonato quello che tu e Medusa facevate nel mio tempio!”

 
 







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Dato che Atena e Poseidone non vanno propriamente d'accordo, sicuramente, quando si saranno resi conto che tra i loro figli le cose iniziavano a farsi serie, avranno avuto qualcosa da ridire (questa shot è ambientata alcuni mesi dopo la battaglia contro Crono, perciò Annabeth e Percy stanno insieme da un po'). Questa è la mia modesta versione dei fatti. 
Spero che vi piaccia e vi sarei grata se mi lasciaste un giudizio (anche le critiche sono ben accette!)
Grazie comunque a tutti coloro che la leggeranno :)
Un abbraccio, 
Emily. 

 
   
 
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