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Autore: weitwegvonhier    05/09/2012    2 recensioni
Era sempre stato così con lui, dalla prima volta che lo vide, dalla prima volta che si toccarono. E ancora adesso le cose non erano cambiate.
Lo guardava negl’occhi e tutto il suo mondo era lì, sentiva, in quel preciso istante, di non aver bisogno di nient’altro al mondo.
Tutto il peso che si sentiva addosso a causa del lavoro, dei genitori, delle pressioni esterne che tutti sembravano farle, spariva.
Lui lo prendeva, lo metteva via, e la faceva stare bene.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: David Desrosiers, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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And anytimeyoufeelthe pain,
Hey Jude,         
refrain, don’t carrythe world
uponyourshoulders

 
Stava ferma, davanti alla finestra, a fissare la pioggia che cadeva. Le piccole goccioline trasparenti sfidavano la gravità, infrangendosi contro il davanzale di marmo, in mille piccoli pezzettini.
Amava la pioggia, lei, e quell’odore che c’era tutt’intorno di fresco, pulito, bagnato. Come se il mondo si fosse ripulito da ogni cattiveria.
La rilassava guardare il cielo, cercare di rimediare a quello che l’uomo aveva fatto della terra, guardare il cielo mentre si prendeva cura del suo ambiente, del suo giardino.
Quei piccoli raggi di sole poi, che s’infrangevano nelle goccioline sospese in aria e che prestavano al cielo il loro splendore con quella miriade di sfumature nell’arcobaleno, le metteva allegria.
Se ne stava immobile alla finestra, immersa nei suoi pensieri, con una tazza di tè caldo, anzi bollente, come piaceva a lei, a riscaldarle le mani.
Aspettava che lui tornasse. Ma lui era già tornato, silenzioso come sempre, ed era dietro di lei, con in mano un piccolo pezzettino di ghiaccio, recuperato dal frigo.
David alzò il collo del maglioncino che portava la ragazza e in fretta, in un secondo, prima che lei potesse rendersi conto di qualsiasi cosa, ci infilò dentro il pezzetto di ghiaccio.
Rimase immobile lei, socchiuse gli occhi, cercando di non lasciarsi andare al freddo e facendo respiri profondi, sempre più profondi finché non resistette più e urlò –David!- con tutto il fiato che aveva in gola.
David intanto si era accasciato a terra dalle risate, con le mani sullo stomaco e le lacrime agl’occhi.
Non l’avrebbe passata liscia, oh no.
La povera vittima si buttò sopra di lui con tutto il suo peso, che, anche se non era molto, lo schiacciò, e iniziò a gesticolare, a prendere a schiaffi tutto quello che si trovava sulla sua traiettoria.
-Tu, maledetto bastardo!- urlava. Finché lui non si ribellò, le prese le mani, la bloccò, e iniziò a guardarla intensamente negl’occhi.
Lei rimase immobile, a pensare che dopo anni e anni, ancora non si era abituata al suo tocco, al suo contatto, al suo sguardo.
Ogni volta che lo sentiva vicino a se, che pensava a lui, nello stomaco iniziavano ad aprire le ali quelle sue farfalle, che, come risvegliatesi dopo anni di letargo, le vagavano dentro, svolazzavano nel suo stomaco, nel suo petto, nel suo cuore.
Una miriade di farfalle in preda alla felicità, che sbattevano contro le pareti del suo corpo, scontrandosi l’un l’altra, che le facevano nascere dei piccoli, piacevoli brividi sulla pelle.
Era sempre stato così con lui, dalla prima volta che lo vide, dalla prima volta che si toccarono. E ancora adesso le cose non erano cambiate.
Lo guardava negl’occhi e tutto il suo mondo era lì, sentiva, in quel preciso istante, di non aver bisogno di nient’altro al mondo.
Tutto il peso che si sentiva addosso a causa del lavoro, dei genitori, delle pressioni esterne che tutti sembravano farle, spariva.
Lui lo prendeva, lo metteva via, e la faceva stare bene.
Leggera, ecco come si sentiva.
Guardava dentro i suoi occhi come se fossero il pozzo dei ricordi: si rivedeva con lui, da ragazzini, e si rendeva conto di quanto niente, nel loro rapporto, nel loro carattere, nel suo carattere, nel carattere allegro e spensierato di quel ragazzino, fosse cambiato.
Erano cresciuti, lui era cresciuto, ma il suo sorriso, i suoi occhi, quelli non erano mai cambiati. Poteva sentirlo vicino anche a distanza di chilometri, anche quando erano separati non da uno, ma da due oceani. Lui era sempre accanto a lei, lo sentiva dentro di se, come non gli era mai successo con nessuno nel corso della sua vita.
Si ricordò, vedendolo in quegl’occhi, il giorno in cui gli disse –purtroppo ho paura che dovrò darti una delusione. Io non sono capace di amare.-  e lui la guardò negl’occhi, quella volta come adesso, e semplicemente non disse niente, non c’era bisogno di parole. La baciò, le sorrise e le insegnò ad amare.
Giorno per giorno, ora per ora, regalava a quel suo piccolo cuore sentimenti con cui riempirlo, amore con cui rafforzarlo.
Si ricordava, vedendolo nei suoi occhi, quanto amasse posare le sue labbra su quel piercing, e sentire il freddo metallo a contatto con il calore della sua bocca. Sente, guardandolo adesso in quegl’occhi, che niente è cambiato. Che il sapore del primo bacio, è lo stesso sapore che ha avuto l’ultimo, anche se quel piercing ormai non c’è più.
Lui era stato il primo a vederla, nel modo in cui la guardava David, lei non era mai stata guardata. Le piaceva vedere la sua immagine riflessa negl’occhi di quel ragazzo che le aveva reso bella la vita, le piaceva quello che vedeva. Nei suoi occhi, piaceva persino a se stessa.
Tante volte aveva cercato di spiegarlo alle altre persone, di spiegare che cosa c’era in lui di tanto speciale ma, con che parole, si chiedeva sempre, poteva spiegare una cosa tanto grande, tanto bella, tanto travolgente? Esistevano le parole?
Con che parole si potevano esprimere i sentimenti?
Ogni volta che diceva qualcosa le sembrava assurda, stupida, inutile, banale.
Si arrese all’evidenza che l’amore non poteva essere descritto, ma semplicemente vissuto.
Lo guardava dentro agl’occhi e vedeva se stessa, vedeva, sentiva comprensione. Si sentiva compresa, amata, capita, voluta.
David le aveva dato tutto quello in cui aveva smesso di credere.
L’aveva presa per mano, un giorno, e l’aveva portata con se, regalandole la speranza, la forza.
Amava scherzare con lui, tutta la loro vita era uno scherzo. Tutta la loro vita era un gioco.
Scherzavano perché ad entrambi piaceva vedere quel sorriso sincero sui loro visi, quelle espressioni rilassate, felici.
Il suo sorriso, che rivedeva adesso, guardandolo negl’occhi, la riportava dalla realtà al sogno, dal sogno alla realtà.
Si ritrovò a chiedersi, persa ormai nel suo sguardo, che cosa ne sarebbe stato di lei, se lui non fosse arrivato e le avesse insegnato a vivere.
La risata di David la riportò alla realtà.
-Rimani sempre a fissarmi per minuti interi quando ti guardo, dove te ne vai, principessa?-
Lei sorrise, ricordando i suoi pensieri, e distraendosi dalla lotta, cosicché David prese il controllo della situazione e con uno scatto veloce, si ritrovò sopra di lei.
-Nei tuoi occhi.- Sorrise lei, quel sorriso genuino.
-Come?-
-Nei tuoi occhi, me ne vado nei tuoi occhi. – Lui sorrise, quel sorriso suo, quello bello, quello travolgente. La baciò, e le farfalle si agitarono ancora di più, felici, in preda all’emozione.
‘Fu così che imparai. ‘ Si ricordò al contatto delle labbra calde di David sulle sue. ‘fu così, che iniziai ad amare’.
 
 
P.S. Questa storia non sarebbe esistita senza la collaborazione di una carissima ragazza (alla quale dedico anche l'immagine all'inizio) che mi ha raccontato di David, e che ci tengo a ringraziare, sperando che possa piacere tanto a lei quanto a chiunque la leggerà.
Se vi va, fatemi sapere che cosa ne pensate. :3
:*
   
 
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