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Autore: EllieMarsRose    05/09/2012    4 recensioni
Una storia che mischia anime e rock and roll; un accendino rivelatore ed un bassista sull'orlo dell'autodistruzione. Un ragazzo e una ragazza in cerca d'amore. Rea (personaggio di Sailor Moon) è protagonista di questa storia modellata su fatti realmente accaduti fra il 1986 e il 1987; ispirato da "The Dirt" e "The Heroin Diaries". Special guests: Mötley Crüe
Genere: Drammatico, Romantico, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Rei/Rea, Un po' tutti
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate | Contesto: Nessuna serie
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22 Through The Fire... To The Unexpected

Faceva un gran caldo quel 22 maggio ed in quell'aula della UCLA gremita di gente lo si pativa ancora di più. Marzio era fieramente in piedi davanti alla commissione intento a spiegare la dinamica del volo rovesciato; la sua voce ed il suo discorso avevano completamente ammaliato i professori che seguivano deliziati la discussione della sua tesi. Dietro di lui, Bunny lo fissava estasiata; pareva quasi che i suoi occhi azzurri si fossero trasformati in pietre preziose, talmente scintillavano. L'unica che non stava prestando attenzione ad una sola parola del ragazzo era Rea, intenta a fissare apatica il nulla davanti a sè. Amy, dopo averla scrutata a lungo, le sfiorò il braccio con un dito: «Fiamma, tutto bene?»; la bruna si voltò con un leggero sorriso in volto e le fece l'occhiolino. Amy si passò sconsolata una mano fra i capelli blu: "E' incredibile quanto riesca a sopportare il dolore". Stava in silenzio Rea, ma si capiva lontano un miglio che il fuoco dentro di lei si era quasi estinto. Lei, che adorava tutto ciò che era in grado di volare, non riusciva nemmeno ad interessarsi a quella tesi sul MIG 29. La sua mente era completamente concentrata su altro: "Dove sei? Come stai?". Quelle erano le uniche domande che da più di un mese continuavano a frullarle in testa; due domande che si riferivano alla stessa persona. Aveva ancora nitida nella propria testa l'immagine di lui che le porgeva quel pacchettino e la implorava di tornare con lui... quei meravigliosi occhi verdi che minacciavano di spegnersi del tutto da un momento all'altro. "Nikki..." quanto tempo era che non pronunciava quel nome ad alta voce? Abbassò gli occhi indaco sulle piastrelle socchiudendo le palpebre; aveva ormai esaurito tutte le lacrime che aveva in corpo, le aveva spese tutte per lui in quel mese ed in quel momento non ne aveva più a disposizione. Sospirò come se dovesse cercare di togliersi un peso enorme dallo stomaco: “Mi manchi...”; si sentiva scema a dire che le mancava dopo il trattamento che le aveva riservato in ospedale e dopo che lui aveva ammesso che ancora usava eroina. Però era la verità. Aprì la bocca cercando di articolare per se stessa chissà quale discorso, quando uno scroscio di applausi le fece alzare il capo di colpo; Marzio stava stringendo la mano di tutti i membri della commissione e Bunny si asciugava gli occhi commossa. Era finita. Rea vide tutte le sue amiche alzarsi e dirigersi verso il ragazzo per congratularsi con lui; le seguì per inerzia, come se ci fosse un magnete che la teneva attaccata a loro. Vide Amy abbracciarlo e mettergli una mano sulla spalla: «Il massimo dei voti... sei stato bravissimo»; lui sorrise soddisfatto senza dire una parola, poi si avvicinò a Rea seguito dai movimenti sinuosi della toga scura: «Allora? Che ne dici?»

«Che ne dico?» si sentì spiazzata a quella domanda, così cercò di montare su due piedi una risposta sensata «Grandioso come sempre. I miei complimenti». Allungò la mano destra verso di lui, mostrandogli il miglior sorriso che poteva permettersi in quel momento.

Marzio esitò: «Scommetto che non hai seguito nemmeno una parola».

Rea abbassò lo sguardo sentendo le guance avvampare per la vergogna: «Io... scusa». Il ragazzo ridacchiò e l'abbracciò: «Non preoccuparti. Se vorrai, ti presterò il mio elaborato da leggere quando avrai la mente un po' più libera». La bruna annuì in silenzio, poi si distaccò da lui per poterlo guardare negli occhi, ma mentre la sua bocca stava per aprirsi e dire “grazie”, Bunny arrivò con la furia di un tifone: «Ehi, voi due! Cosa state facendo?»

«Ma niente amore mio» cercò di rassicurarla Marzio. Bunny si agganciò al suo braccio e guardò piuttosto storto l'amica; Rea strinse i pugni e fulminò la biondina: «Come diavolo ti salta in mente?»

«Lui è mio» l'amica le fece una pernacchia

«E chi lo vuole» ribattè la bruna lapidariamente «tienitelo».

Morea fiutò che l'atmosfera si stava surriscaldando, così intervenne cercando di tenere a bada entrambe le ragazze: «Ehi, calma! Adesso ce ne andiamo a casa e mangiamo. Ho preparato delle tartine che sono la fine del mondo»

«Oh sì!» Bunny fece un saltino rimanendo ancorata al braccio di Marzio «Ho una fame che nemmeno vi immaginate»

«Beh, allora cosa aspettiamo? Andiamo, la principessa ha fame» rispose di rimando Rea facendo girare intorno all'indice le chiavi della macchina; poi, senza aggiungere altro, diede le spalle a tutti e si avviò verso l'uscita con un umore a cavallo fra la delusione, la rabbia e l'amarezza.


* * *


Per casa aleggiava un odore invitante e tutti discorrevano del più e del meno facendo tintinnare ad intervalli regolari i bordi dei calici colmi di Cristal. Solo Rea se ne stava sola, seduta a bordo piscina, intenta a fissare la fiamma di una candela immersa nei suoi pensieri: “Come ha potuto?”. Ci era rimasta davvero male; sapeva che Bunny era estremamente gelosa di Marzio, ma l'amica sapeva anche che, dal momento in cui lei aveva conosciuto Nikki, non aveva più avuto occhi per nessun altro. Non che Marzio le interessasse, anzi. Si soffermò a guardare le bollicine che salivano allegramente verso la superficie dello champagne e strinse il flûte più che potè, rischiando di mandarlo in frantumi; poi, di colpo, gettò nervosamente lo champagne nell'erba. Non riusciva ad articolare una parola; in quel momento era solo capace di stringere i denti per la rabbia e di sentire il proprio stomaco piccolo come una nocciolina, talmente tanto era il nervoso che aveva in corpo. Un tintinnio più acuto degli altri le fece girare la testa verso il tavolo dove le persone stavano mangiando tutte le leccornie preparate da Morea; Marzio picchiava con una forchetta sul proprio bicchiere chiedendo l'attenzione di tutti: «Scusate l'interruzione» parlava con la voce un po' tremante «ma come prima cosa vorrei ringraziare tutti voi per essere qui a festeggiare questo mio traguardo e un grazie speciale va a Rea, che ci sta ospitando tutti in casa sua». I presenti, battendo le mani, si voltarono tutti verso la piscina dove sedeva la bruna; Rea, di rimando, fissò la folla con sguardo indifferente e nemmeno si alzò. Marzio intese il disagio della ragazza e non insistette nemmeno con la sua richiesta di avvicinarsi; si schiarì la voce e continuò: «Ma ora ho bisogno della mia principessa». Sorrise in direzione di Bunny che, avvolta nel suo abitino rosa, si avvicinò a lui traballando sui tacchi. Rea da lontano scosse la testa: “E' incredibile. Non ha ancora imparato a camminare con quelle scarpe”. Intanto la biondina aveva raggiunto il proprio ragazzo e si era attaccata al suo braccio, un po' per amore, un po' per paura di prendere una storta; gli occhi blu oceano di Marzio si persero in quelli azzurro cielo di Bunny per qualche secondo, poi lui, alzando il suo bicchiere disse: «E' ormai tanto che stiamo insieme e volevo ringraziarti per il sostegno che mi hai sempre dimostrato».

Gli occhi di Bunny iniziarono a luccicare: «Ti amo, lo sai?».

Lui sorrise: «Proprio per questo volevo chiederti se ti piacerebbe venire a vivere con me». Ci fu un attimo di immobilità, poi la biondina saltò al collo del ragazzo piangendo lacrime di gioia: «Sì che vengo Marzio. Vengo con te». La folla esplose in un boato di felicità e, nel frastuono, si udì Marta urlare di gioia mentre stappava lo champagne. Rea, dal canto suo, fissava la scena da lontano, come se fra lei e tutto quel rumore ci fosse un vetro infrangibile; si studiò per un secondo le unghie smaltate di rosso ripetendosi, come se fosse una filastrocca, la frase “Bunny va via”. Le dispiaceva sapere che, a partire dal giorno dopo, lei avrebbe iniziato a fare gli scatoloni con dentro le sue cose, eppure in quel frangente la rabbia serpeggiava per l'animo della ragazza inibendo qualsiasi altro sentimento.

Dall'altra parte del giardino, Bunny si accorse che Rea non stava prendendo parte ai festeggiamenti; anzi, ad essere sinceri, non aveva fatto una piega dopo la proposta di Marzio, così si tolse le décolleté e si avventurò nell'erba, verso la piscina. Quando fu a pochi metri dall'amica la chiamo con voce flebile: «Rea?».

La bruna si girò e la squadrò con gli occhi che ardevano come due braci: «Cosa vuoi?».

Bunny si portò la mano alla bocca, sorpresa: «Qualcosa non va, amica mia?»; lentamente avvicinò la sua mano alla spalla della bruna, ma Rea si alzò di scatto e le scansò il braccio: «Risparmiati l'appellativo “amica mia”».

La biondina tremò nel sentire quel ruggito; Rea continuò: «Se tu davvero mi reputassi tua amica, sapresti benissimo che a me, di Marzio, non frega assolutamente nulla!».

Bunny tentò di giustificarsi: «Ma... sai come sono, no?»

«Certo che lo so come sei» l'indice di Rea puntava dritto contro il petto della ragazza «sei infantile e stupida!».

Gli occhi azzurri della biondina si colmarono di lacrime mentre tutti si immobilizzavano: «No, non è vero...»

«Se non fosse vero, allora perchè mi hai fatto l'ennesima ingiustificata scenata di gelosia?»

«Non...» la voce di Bunny tremava almeno quanto il suo mento

«Lo sai benissimo che a me importa solo di Lui e di nessun altro!» Rea urlò con tutta la forza che aveva in corpo mentre una lacrima le scendeva furtiva sulla guancia. Bunny scosse il capo: «Ma Marzio è solo mio... so che non gli faresti nulla, ma mi dà fastidio che lo abbracci».

Rea vide rosso per qualche secondo, poi la sua mano destra si schiantò così forte sulla guancia della biondina che quest'ultima perse l'equilibrio e cadde in acqua. «Ma quando crescerai? Quando la smetterai di ragionare come un infante?» la bruna le diede le spalle e fece due passi verso la casa, circondata dallo stupore e dal silenzio degli invitati; poi si voltò nuovamente verso Bunny che, con l'aiuto di Marzio, stava uscendo dall'acqua e disse in tono perentorio: «Sinceramente... non vedo l'ora che tu te ne vada».


* * *


Aveva guidato per circa venti minuti senza aprire bocca, facendo in modo che il silenzio fosse il suo unico compagno di viaggio. All'inizio, appena aveva acceso il motore, non aveva la benchè minima idea di dove andare; poi, senza che nemmeno se ne accorgesse, si era ritrovata di fronte al palazzo dove abitava Heles. Salì a grandi falcate le scale fino al terzo piano; proprio di fronte alle scale, una porta con la targhetta Mystic Wind plays with Holy Water l'attendeva a braccia aperte. Suonò il campanello tenendo la testa china, con i capelli corvini che le nascondevano il viso. Attese pochi secondi, poi la porta cigolò e da dietro la catenella apparve un viso dai lineamenti eleganti, incorniciato da capelli setosi: «Aspetta solo un attimo» fu la risposta, poi l'uscio si richiuse. Trenta secondi dopo, Heles riaprì, vestita con una tuta da ginnastica gialla e blu: «Ma cosa ci fai qui?»

«Scusami già da ora se ti ho disturbata» Rea alzò il capo per guardare negli occhi la collega.

La bionda spalancò gli occhi incredula: «Cavolo, che faccia che hai»; poi aggiunse: «Comunque stai tranquilla. Anzi, entra pure; Milena sta preparando il tè». Rea fece il suo ingresso nell'appartamento con la coda fra le gambe, quasi come se si fosse pentita di avere suonato; Heles la fece accomodare sul piccolo divano in tessuto azzurro intanto che Milena appoggiava il vassoio con sopra tre tazze colme di tè bollente. Fu proprio quella ragazza dai lineamenti quasi regali a rompere il silenzio: «Heles ha proprio ragione riguardo i tuoi capelli, sono fantastici»; Rea la guardò, leggermente rossa in volto, e la ringraziò.

Heles si intromise nel discorso: «Non mi hai ancora detto perchè sei qui. Insomma, non è da te piombare in casa della gente senza un minimo di preavviso».

Rea studiò la superficie del liquido ambrato: «Ho avuto un diverbio. Un acceso diverbio con Bunny».

Heles aggrottò le sopracciglia: «Beh, direi che è piuttosto normale per voi»

«Non questa volta» la bruna poggiò la tazza sul tavolino basso del salotto: «Le ho detto cose non vere e...» si vergognava come una ladra ad ammetterlo «le ho anche dato una sberla». Per qualche secondo fra le tre ragazze scese il silenzio, con Rea che si guardava le punte delle scarpe ed Heles che la fissava con gli occhi spalancati; fu Milena ad interrompere l'immobilità: «Non che la sberla non le abbia fatto male ma... le parole tagliano più della lama di una spada appena affilata. Che genere di cose non vere le hai detto?»

«A dire la verità» Rea si infossava sempre di più nei cuscini del divano «le ho detto solo una cosa non vera» e così cominciò a raccontare dell'episodio che si era appena concluso, senza tralasciare la premessa dell'aula universitaria.

Al termine del resoconto, Heles espirò pesantemente: «Forse sei stata un po' troppo dura»

«A dirle che non vedo l'ora che se ne vada? Beh, direi proprio di sì. Anche perchè...» la bruna deglutì a fatica, sentendo che in gola stava iniziando a formarsi un grosso nodo «non è vero. Io le voglio bene davvero, non voglio che vada via». Respirò profondamente e si passo nervosa una mano fra i capelli.

«Non solo» Milena prese tempo bevendo un sorso di tè, poi guardò la bruna negli occhi con sguardo penetrante, quasi volesse leggerle l'anima «Io avrei anche evitato di dirle che è stupida ed infantile. Tu la conosci da tanti anni e, credimi, non è bello sentirsi dare dalla propria amica appellativi del genere. Anche se lei, in fondo, è un po' infantile, non è carino farlelo notare»

«In sostanza» Heles fece tintinnare il bordo della propria tazza contro quella della compagna «le devi chiedere scusa. Lei sa benissimo che per te esiste solo Nikki e sa altrettanto bene che mai ci proveresti con il suo ragazzo; è solo un tantino gelosa, ma senza cattiveria». Rea si guardò la mano destra, quella che aveva vibrato con forza sulla guancia di Bunny circa un'ora prima; si sentì infinitamente stupida: “Con che coraggio le ho detto che è infantile se io stessa ho fatto una cosa che solo una bambina capricciosa poteva fare?”. Sorrise debolmente sentendo gli occhi divenire umidi e si alzò in piedi, sentendo che era giunto il momento di smetterla di intromettersi nella vita di quelle due ragazze: «Grazie per avermi ascoltata; ora, però, è meglio che me ne vada». Sentiva il bisogno impellente di correre a casa per chiedere scusa alla sua “coniglietta preferita”; non le importava come l'amica avrebbe reagito, la cosa più importante in quel frangente era dimostrare che le era dispiaciuto infinitamente. In silenzio, si avviò verso l'ingresso; appena prima di aprire la porta, però, si voltò verso le due ragazze in cerca di consiglio: «Cosa dite? Secondo voi... lo rivedrò mai?». Milena si alzò dal divano e le andò incontro prendendole la mano: «Ricorda che, nella vita, tutto torna»; le sorrise, come se fosse sua sorella maggiore, accarezzandole la guancia. Poi la spronò dolcemente: «Ora, però, corri dalla tua amica». Senza farselo ripetere due volte, corse giù per le scale, come se stesse fuggendo da un incendio, e salì in macchina infilando le chiavi al volo nella toppa; si rimise in carreggiata mandando il motore su di giri e cominciò a percorrere la strada a ritroso. Ben presto, però, fu costretta a fermarsi ad un semaforo che aveva deciso di diventare rosso giusto qualche metro prima che lei arrivasse alla riga segnaletica orizzontale. Sbuffò nervosamente fissando in cagnesco quelle tre lampadine colorate sospese sopra la sua testa: “Sembra che lo faccia apposta. Tutte le volte che sei di fretta...”

«Diventa rosso. È normale».

Rea voltò la testa di scatto: sul sedile del passeggero, il nonno la stava fissando divertito.

«Spione, non si legge nella mente delle persone!»

«Ho solo commentato la situazione, nulla di più» il vecchietto le fece l'occhiolino.

«Come hai fatto ad arrivare?» domandò la ragazza sbalordita

«Lo Zippo ti è rotolato fuori dalla borsa, così ho deciso di farti un salutino». Parlava come se quello che stesse dicendo fosse perfettamente normale.

«Allora fammi un favore: legati, che se ci becca la stradale siamo nei guai tutti e due»; scattò il verde e la ragazza ingranò la prima.

«L'unica che può andare nei guai sei tu, perchè sembra che tu stia parlando da sola. Mi vedi solo tu Fiamma... e le tue amiche. Appaio solo a queste persone. A proposito di amiche» il sorriso sul volto del vecchietto sparì in un secondo «che diavolo hai combinato?»

«Un disastro, lo so.» Rea si tolse una ciocca corvina dal viso «Ma sto correndo a casa per sistemare il tutto il prima possibile»

«Vedi di non oltrepassare i limiti allora» il nonno puntò l'indice contro il tachimetro «non è il momento giusto per farsi ritirare la patente». Rea scosse la testa, come per riprendersi da una botta, ed allentò la pressione sull'acceleratore. Il vecchietto sospirò: «Senti, ho assistito alla scena; ho visto tutto. Hai esagerato». La ragazza non disse nulla, si limitò ad abbassare il capo mortificata. «Sarò sincero con te: sarà davvero dura farsi perdonare»

«Lo so» biascicò Rea

«Non solo per quello che hai fatto a Bunny, ma anche perchè hai rovinato la festa di Marzio. Dovrai scusarti anche con lui».

Già, Marzio; Rea l'aveva quasi scordato che il tutto era successo durante la festa di laurea dell'amico. Ma, soprattutto, il tutto era partito proprio per un abbraccio che si erano dati lei e lui. La bruna si mordicchiò il labbro: “La situazione è molto più ostica di quanto pensassi. E lui che mi aveva pure ringraziata per avergli lasciato la casa”. Si sentì ancora più male dopo quella considerazione; doveva davvero mettercela tutta per sistemare al meglio le cose. Doveva accantonare il proprio orgoglio, lasciarlo in macchina appallottolato nel portaoggetti, ed andare in casa incontro alle proprie amiche, che l'avrebbero fissata con sguardo inquisitore, con il capo chino ed il petto oppresso dal senso di colpa. Soprattutto doveva trovare Bunny, prenderle il viso fra le mani ed accarezzarle la guancia che aveva percosso fino a non farle sentire più il dolore che le aveva provocato, aiutandosi anche con le parole, dicendole che, davvero, avrebbe preferito che fosse rimasta con lei in quella casa e che no, non era infantile e stupida. E naturalmente chiedere perdono a Marzio in qualsiasi modo. Ma più si avvicinava al cancello, più un tremendo presentimento che tutto sarebbe andato per il verso sbagliato si faceva sempre più nitido. Non rimise la macchina nel garage, la lasciò fuori a lato del marciapiede e spense il motore con il cuore che le batteva all'impazzata; guardò per l'ultima volta il nonno, cercando di trovare un minimo di supporto. Il vecchietto, dal canto suo, si fissò le mani per qualche istante e poi, giusto un attimo prima di vaporizzarsi, le disse: «Hai intenzione di rimanere ancora qui per molto? Guarda che certe cose si correggono solo in un momento preciso. Sbrigati». Rea guardò oltre il parabrezza il cono che gli anabbaglianti disegnavano sull'asfalto: “Non è il momento di farsi prendere dal panico”. Decisa spense le luci e poi si diresse verso l'ingresso, stringendo fra le mani le chiavi di casa; dopo aver esitato per un momento davanti alla toppa, ci infilò dentro la chiave più lunga ed aprì. Trovò l'ingresso sorprendentemente vuoto: “I bicchieri sono ancora sul tavolo... e ci sono i salatini in giro. Non deve essere molto che la gente se n'è andata”. Entrò in punta di piedi, come se fosse convinta che tutte le sue amiche stessero dormendo profondamente, e si appoggiò dolcemente con la schiena alla porta d'ingresso per chiuderla; come la serratura scattò, una voce arrivò da destra: «Ah, eccoti finalmente». Rea si voltò di scatto e si trovò faccia a faccia con una Marta dall'espressione inferocita; la bionda fece un passo verso di lei: «Di Bunny, proprio, non te ne frega nulla». Rea sgranò gli occhi perplessa; Marta continuò: «Ti sembra il modo di trattarla? Solo perchè tu hai le tue lune del cazzo?»

«Alt, ferma un secondo» la bruna mise le mani in avanti per fermare l'avanzata dell'amica «posso spiegarti tutto...»

«Cosa devi spiegarmi? Che sei invidiosa di Bunny perchè lei ha il fidanzato e tu no? Beh, fatti un paio di domande, no? Dopotutto, se agisci così, pensi davvero di meritartelo un ragazzo?»

«Non ho agito così per invidia, te l'assicuro» Rea fece un passo indietro

«Dove sei stata?» la voce di Morea le arrivò dalle spalle; la bruna si girò e trovò l'amica che riportava in casa dal giardino le bottiglie vuote.

Marta, sempre più irritata, incalzò: «Allora, se non era per invidia, perchè quello schiaffo? Perchè quella scenata?».

Rea fece un respiro profondo, chiamando a raccolta tutta la sua pazienza: “Non è davvero il caso che sbotti di nuovo. Marta è fatta così, quindi... cerchiamo di mantenere la calma”; si morse il labbro e cercò di spiegare: «Ascolta, tutto è partito da...»

«Cosa? Il fatto che Marzio abbia chiesto a Bunny di andare ad abitare con lui? Dimmi se questa non è invidia! O peggio, forse è egoismo! Egoismo perchè tu vuoi che lei rimanga sempre qui con te a sopportare le tue paturnie da single?» la bionda era talmente infuriata che urlò con tutto il fiato che aveva in corpo. Rea cercò di aprire bocca, ma si ritrovò ad annaspare come un pesce rosso fuori dall'acqua. Morea, da dietro le spalle dell'amica, scosse la testa: «Marta, smettila. Non le stai dando nemmeno la possibilità di spiegarsi»

«C'è veramente poco da spiegare» la bionda si scostò nervosamente una ciocca di capelli dal viso «e poi da come si è comportata non si meriterebbe nemmeno di spiegare». Rea, nell'udire quelle parole, si sentì come se avesse appena ricevuto un pugno alla bocca dello stomaco; si appoggiò al muro e si lasciò scivolare sul pavimento.

«Sono d'accordo con te nel pensare che abbia esagerato, ma non credi che se è arrivata a tanto, forse, un motivo ci deve essere. E non il motivo che pensi tu» Morea si mise davanti alla bruna, cercando di difenderla dall'ira di Marta «Falla parlare, falle spiegare!».

«Cosa sta succedendo?» Amy arrivò correndo in soggiorno, preoccupata che anche Marta e Morea stessero per arrivare alle mani; quando vide Rea ripiegata su se stessa, nascosta dietro le gambe della cuoca di casa, corse verso di lei e la prese per le spalle: «Mi hai fatta preoccupare, santo cielo! Dov'eri finita?».

Rea parlò con un filo di voce: «A sbollire... dov'è Bunny?».

Amy non rispose: «Non ti azzardare mai più a sparire così, chiaro? Ci siamo preoccupate tutte quante» ed alzò gli occhi in direzione della bionda «Marta compresa»

«Avrei detto il contrario» la bruna abbassò lo sguardo sentendo gravare su di se sempre più pesante il senso di colpa «Dimmi dov'è Bunny»

«Hai intenzione di complicare ancora di più le cose?» la sbeffeggiò Marta. Rea alzò gli occhi e si rimise in piedi, sempre tenendo le pupille fisse negli occhi blu della ragazza: «Smettila di dare aria alla bocca»; poi, sotto gli sguardi sbigottiti delle tre ragazze, si diresse su per le scale verso la stanza dell'amica. Dalla porta socchiusa sbucava un timido spiraglio di luce: “Deve avere acceso la lampada del comodino”; con le mani che tremavano, fece ruotare lentamente la porta sui cardini e fece capolino dallo stipite. Marzio e Bunny, incuriositi dallo scricchiolare dell'infisso, si erano voltati tutti e due a guardare nella sua direzione; Rea, presa dalla vergogna, fece per tirarsi indietro ma nel vedere l'amica con gli occhi gonfi per il pianto, prese il coraggio a due mani ed entrò nella stanza. Si mise al centro, con il viso illuminato per metà dalla lampada a forma di mezza luna e le gambe che volevano cedere da un momento all'altro; guardò i due sentendo la colpa gravare su di sé: «Ragazzi...» un nodo le chiuse la gola.

Marzio si alzò in piedi: «Io esco. Penso che voi due abbiate parecchie cose da dirvi»

«No» Rea lo bloccò per il polso «per favore, resta. Ho bisogno anche di te». Il ragazzo sgranò gli occhi e tornò a sedersi sul letto di fianco a Bunny.


23 maggio 1987, 3 am

Per venti secondi abbondanti c'è stato silenzio; un silenzio da cimitero. Avevo una paura folle, paura di sbagliare a dire qualcosa e complicare ulteriormente la situazione. L'unica cosa che faceva rumore in quel momento era il mio cuore, che premeva per uscirmi dal petto. Ho chiuso gli occhi, chiamando a raccolta tutte le mie forze e la mia volontà ed ho iniziato a parlare: «Ragazzi, mi dispiace...»

«E vorrei anche vedere» ha bisbigliato qualcuno alle mie spalle. Mi sono girata di scatto, giusto in tempo per vedere Morea ed Amy che tiravano un pizzicotto a Marta per quello che aveva appena detto. Non sapevo se ridere per quell'intermezzo comico o se arrabbiarmi perchè stavano origliando. Ad ogni modo, mi sono girata nuovamente verso Bunny e Marzio e ho ripreso a parlare: «Sono... sono mortificata per quello che è successo». Un nodo stava cominciando a chiudermi la gola, ma non sarebbe stato di certo quello a fermarmi: «Bunny, ti ho detto delle cose terribili. Cose che non pensavo. Non è vero che sei stupida, non è vero che sei infantile. Soprattutto non è vero che non vedo l'ora che tu te ne vada di casa».

A quel punto, la mia amica si è alzata in piedi e mi è saltata al collo: «Tu non sai come mi abbia risollevato questo» e ha iniziato a bagnare la spallina del mio vestito con le sue lacrime. Mi è scappata una risatina, poi anche a me le lacrime sono scappate fuori dagli occhi; l'ho presa per le spalle e l'ho guardata in viso: «Non volevo rovinare il tuo momento di felicità»

«No, sono io che non dovevo comportarmi così. In fondo, hai ragione a dirmi che faccio inutili scenate di gelosia... lo so che tu non sei interessata a Marzio. E so anche che stai ancora aspettando Nikki». Quando ha detto così ho abbassato gli occhi ed ho sentito il mio stomaco rimpicciolirsi a dismisura; poi qualcuno mi ha messo una mano sulla spalla. Ho girato la testa e mi sono stupita nel vedere Marzio che mi sorrideva; mi sono passata una mano sotto gli occhi per asciugarmi le lacrime: «Ho rovinato la tua festa».

Lui mi ha fatto l'occhiolino: «C'è ancora tempo per festeggiare. Morea ha preparato tanta di quella roba che si può sfamare l'intero esercito». Mi parlavano come se non fosse successo niente e io non potevo credere alle mie orecchie; così, senza sapere di preciso cosa fare, li ho abbracciati tutti e due piangendo come una bambina. Paradossalmente, è stata Bunny a consolarmi in quel momento: «Smetti di piangere ora. Ci sono delle tartine favolose che tu non hai ancora mangiato; e poi...» si è avvicinata al mio orecchio «finita la festa, vorrei che mi aiutassi a preparare i miei scatoloni».

Le ho fatto la pernacchia: «Puoi giurarci».


* * *


Quel lunedì primo giugno era stranamente tranquillo; o meglio, da quando, due giorni prima, Bunny aveva preso tutte le sue cose e le aveva portate nella sua nuova casa, la dimora sembrava decisamente più quieta. Niente più bisticci, niente più corse su e giù per le scale e niente più pacche sulle mani per le cose che sparivano dalla dispensa. Le ragazze crogiolavano a bordo piscina, mentre Rea era chiusa nel suo studio a preparare un esame, circondata dai visi dipinti sulle tele che la fissavano, quasi volessero costringerla a non alzare il capo dai fogli finchè non avesse finito. Verso le quattro del pomeriggio, la bruna alzò gli occhi al soffitto e lasciò cadere le braccia lungo i fianchi grugnendo: «Aiuto, non ce la faccio più»; fissò la pila di fogli davanti a sé e si sentì infinitamente frustrata: “Quanta roba... solo a pensare che l'esame è il sedici e devo memorizzare ancora tutto quel malloppo... spero solo di farcela”. Proprio in quell'istante, dalla finestra leggermente aperta, entrò il rombo di una motocicletta: “Sembra una Harley” subito il cuore le mancò un battito “chissà se è la sua”; ma subito scosse la testa, pensando che, dopo tre ore di studio intenso, la sua mente stesse iniziando a giocarle brutti tiri. Strizzò le palpebre e si rimise composta, cercando di motivarsi nel modo migliore possibile per finire al più presto quella “pappardella di roba”, ma come riprese fra le mani la matita rossa per sottolineare le nozioni più importanti, qualcuno bussò alla sua porta; “Grazie al cielo, uno stacco di cinque minuti”. «Avanti».

Amy fece capolino: «Posso disturbarti un secondo?»

«Non hai idea del favore immenso che mi stai facendo» sorrise stancamente la bruna. Amy aprì piano la porta e le allungò un foglio fucsia senza dire una parola; Rea aggrottò le sopracciglia: «E' passato qualcuno in moto?».

La ragazza fece per annuire, quando Marta, con la furia di un uragano, entrò nello studio: «Era lui, LUI! Ha lasciato quella roba per te!».

Morea la prese per la coda: «Sempre molto delicata nel dire le cose tu, eh?». Rea guardò la stampa in tipico stile rock che addobbava il foglio: “The Crüe wants you! We are looking for sexy female background singers. Join us next thursday at Conway Recording Studios on Melrose Ave.!”. Veloce. Diretto. La bruna alzò gli occhi, sentendo la testa girare a mille.

Amy aggiunse: «Non è tutto. C'è anche qualcosa scarabocchiato sul retro».

Rea si sentì improvvisamente la mano tremante e madida di sudore; girò a rallentatore il foglio e trovò in basso a destra un breve messaggio scritto con dell'inchiostro nero: “Sono pulito. Nikki”. Pensando di aver letto male, i suoi occhi indaco rianalizzarono la successione di quelle lettere una seconda volta; “No, non mi ero sbagliata”. Il cuore prese a martellarle nel petto mentre la mente le si annebbiava ad una velocità impressionante, scaraventandola al limite della realtà: “E' vivo, è vivo. Non ci credo. Perchè non si è fatto sentire prima? Magari voleva farmi una sorpresa. Chissà se mi ha pensata almeno quanto io ho pensato a lui in questo periodo...”

«Allora, cos'hai intenzione di fare?» la voce di Morea la ripescò dal vortice in cui stava cadendo. Rea scosse la testa, quasi volesse cercare di riprendersi da quel trauma che quelle tre parole le avevano causato.

«Se posso permettermi» Amy parlò all'amica con voce grave «io non ci andrei. Insomma, non vorrei che ti prendesse nuovamente in giro, non sopporterei vederti soffrire così per altro tempo. Ma soprattutto fra due settimane tu hai un esame importante e...»

«Oh, Amy! Al diavolo l'esame!» Marta rubò dalle mani di Rea il leaflet e lo sventolò sotto il naso del futuro medico «Qui stiamo parlando del suo futuro! Oltre che del lavoro, stiamo parlando anche dell'amore! Questa è un'occasione imperdibile e irripetibile» poi si voltò verso la ragazza dai capelli corvini «e se anche non dovesse passare le selezioni, sarebbe comunque l'occasione per rivederlo e parlarci».

Rea guardò le due amiche che si scrutavano con aria di sfida; Amy che metteva lo studio davanti a tutto e Marta che poneva in prima posizione i sentimenti. Era divisa fra le due posizioni; se avesse ascoltato il suo senso del dovere, di sicuro avrebbe studiato per l'esame e sarebbe stata il più lontano possibile dagli studi (senza contare che quelli erano gli studi di registrazione dove lavorava Yuri). Eppure, in quel frangente, l'istinto premeva perchè lei, una buona volta, accantonasse le dispense e corresse a fare le audizioni. Si voltò verso Morea sperando di trovare un qualche genere di risposta, ma tutto quello che ottenne fu una timida alzata di spalle: «Fai quello che ritieni più giusto».

Dannazione”; aveva voglia di sbattere la testa contro il muro. Era davanti ad un bivio e non aveva la benchè minima idea di che strada scegliere. Guardò di nuovo le sue amiche in cerca di risposte: Morea arricciava le labbra, segno che era ancora più indecisa di lei, Amy la fissava con lo sguardo che sembrava dire: “Lo studio viene prima di tutto”, ed infine Marta che pareva spingerla a prendere la macchina e correre da lui. Sconsolata, Rea si prese la testa fra le mani: «Ragazze... io non lo so!».


Lunedì 1 giugno 1987, 5 pm

Poi, all'improvviso, il lampo di genio. Senza dire nulla, sono corsa verso il telefono e ho digitato il numero di casa di Marzio; Bunny era l'unica persona che non avevo ancora interpellato e, probabilmente, l'unica che sarebbe stata in grado di darmi una risposta. Stringevo fra le mani il ricevitore sperando con tutta me stessa che fosse in casa; dopo tre squilli, la sua voce giocosa mi ha solleticato l'orecchio. Le ho raccontato tutto d'un fiato quello che è successo e le ho chiesto cosa lei avrebbe fatto al posto mio; lei è stata per un po' in silenzio, poi mi ha detto: «Allora, conoscendomi, io lascerei perdere lo studio per l'esame e mi precipiterei immediatamente da lui senza pensarci due volte. Attenta però: io lo farei non solo per vederlo; lo farei anche per evitare di studiare. Sai benissimo che non sono una studentessa modello. Tu però non sei così; tu non sei negligente. Ora, tutto quello che devi fare è guardare dentro di te. Scruta, scava nel tuo cuore». D'istinto mi sono guardata il petto, sperando di intravedere qualcosa; poi lei ha aggiunto: «Anche se io... so già cosa farai». Ho riattaccato senza proferire parola e sono rimasta seduta sul divano, a fissare il nulla davanti a me. Dopo circa tre minuti di riflessione ho chiamato le altre.


«Vado» disse irremovibile. Sul viso di Amy comparve una smorfia di totale disappunto. Rea continuò: «E' troppo che aspetto di rivederlo. Voglio vedere come sta, voglio vedere com'è diventato. Per questa volta l'esame può aspettare. Non mi interessa se soffrirò, se lui non mi rivolgerà la parola o se nemmeno mi guarderà in faccia. Voglio rischiare». Le ragazze rimasero sbalordite davanti a tanta determinazione; era da un sacco di tempo che Rea non prendeva in mano le redini della sua vita e si comportava in quel modo.

Marta sorrise e fece un passo in avanti: «Ti accompagno io, se vuoi»

«Certo che voglio»

«D'altra parte, devo farmi perdonare per come ti ho aggredita la sera della festa di laurea di Marzio» la bionda le fece una timida linguaccia.

Rea le fece l'occhiolino: «Tranquilla, me n'ero già dimenticata».

Le due si abbracciarono ed Amy mise una mano sulla spalla di Rea: «A questo punto... posso solo dirti in bocca al lupo. Sono certa che darai il meglio di te, come sempre del resto».


* * *


Giovedì 4 giugno 1987, 1 am

Non riesco a dormire. Nikki, le audizioni... la possibilità di un tour con i Crüe... troppe cose insieme. Che poi... un tour con i Crüe. È meglio che non mi monti la testa; molto probabilmente domani a quelle selezioni ci saranno un sacco di ragazze molto più belle e capaci di me che io potrei anche essere scartata all'ingresso. Ma questo non deve assolutamente fermarmi; domani devo dare il meglio di me...


I will take it to the wire now”


L'ho promesso ad Amy


Until every race is run”

L'ho promesso anche a Bunny


I'll go straight into the fire now”


Perfino Morea che era scettica crede in me


Until every day is done”


E poi c'è Marta, che fin dall'inizio mi ha detto di andare, di non tirarmi indietro per nessun motivo


Voices say -- break away”


E anche se ho paura, vorrei che quel momento sia perfetto; vorrei che la mia voce sia al top. Vorrei non sbagliare nulla.


Live each night as if each moment
Was the only one”


Soprattutto vorrei che Nikki mi sorridesse; nulla di più.


Through the fire
To the wire
When the night out of control
Is breaking your heart
Through the fire
To the wire
When the flames are burning hot
They take you higher
Through the fire”


Anche se ho come la sensazione che tutto quello che io sto sognando, sia solo un immenso castello in aria; una bellissima fantasticheria di mezzanotte. Non nascondo che non vorrei sognare tutte queste belle cose...


There's a feeling that I can't ignore
Like a stranger at my door”


Eppure non riesco a fermarmi. Queste fantasie alimentano il mio ottimismo; mi permettono di sentirmi viva. Mi sembra quasi impossibile che, dopo tutto il malessere, io sia ancora in grado di respirare... di sentire il profumo dell'oceano che arriva in lontananza.


So revealing that I cannot hide
When you settle up the score
Voices say -- night and day
Live your life as if each second
Was the final one”


Sogno... sogno te con in mano il tuo Thunderbird, nascosto dietro la tua frangia folta, che mi spii dietro quella piccola barriera. Vorrei avvicinarmi a te...


I look for signs that you are here tonight
When the passion calls the pleasure to the flame”


Ti chiederei come stai... poi ti porterei in una sala vuota. Ti chiederei se ti sono mancata, se mi hai pensata. Prenderei la tua mano fra le mie dita, ne bacerei i polpastrelli segnati dalle corde del tuo basso... e ti chiederei se, sul serio, sei innamorato.


Then I ask you of the meaning when you talk of love
Would you take the leap of faith?
Would you throw it all away?”.


Ma è bene che mi fermi qui. Mi gira la testa così forte per tutto questo accavallarsi di pensieri. Cercherò di accoccolarmi vicino al camino e di addormentarmi lì, su quel tappeto... il posto dove per la prima volta ho visto il tuo viso nel fuoco.


NOTE:


MIG29: Mikoyan-Gurevich MiG-29, il caccia russo.

La canzone che compare a fine capitolo è “Through The Fire” di Larry Greene di cui non possiedo i diritti.


Dopo ben 6 mesi di silenzio... ecco che rispunto dal dimenticatoio con questo sudatissimo capitolo interamente incentrato sulla figura di Rea (come vi avevo promesso). A quanto pare, però, nel prossimo capitolo lei e Nikki si rivedranno dopo quasi due mesi; cosa succederà, ovviamente, non ve lo dico. Aspettatevi di tutto. Soprattutto: Rea passerà le selezioni? Saranno fondate le sue paure di non riuscire nemmeno ad entrare negli studios?

Come sempre, grazie a tutti voi che mi seguite, che mi leggete e che lasciate una vostra recensione; naturalmente un grazie tutto speciale va a Mars che mi assiste sempre nei miei deliri... thanx twin!

Da domani mi dedicherò al nuovo capitolo del mio originale “I Love To Hate You”; se ancora non avete letto nulla... magari dategli un'occhiata ;)

Ricordatevi che ogni vostro commento, positivo o negativo che sia, è sempre ben accetto. Alla prossima ;)

Kisses, Ellie

   
 
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