IL SETTIMO GIORNO DI
SCUOLA
Rannicchiato sul suo
lettino, pensava. Domani sarebbe stato il suo settimo giorno di scuola! I suoi
occhi innocenti si posarono sul suo vecchio zainetto dell’asilo, quello di
spider man, con cui aveva passato tanti bei momenti. Sentiva che non voleva
abbandonare lo zainetto al triste destino della soffitta…gli ricordava quel
lontano lunedì di un anno prima. Era una mattinata fredda d’inverno. La sua
pancia gli aveva detto “no, non devi andare a scuola, che sto male!”, lo aveva
riferito alla mamma, che era scoppiata a ridere, e lui si chiedeva ancora il
perché.
E gli ricordava anche
quella volta che sua sorella più
grande, gli aveva messo degli insetti nello zainetto, più precisamente nel
sacchetto della merenda. Per fortuna quel giorno aveva dato la sua pizza rossa
ad un compagno la cui mamma aveva dimenticato di comperargli la
merenda.
Il suo sguardo arrivò poi
al suo nuovo zaino “da grande” come diceva il papà, quello delle tartarughe
ninja, ben più grande di quello dell’asilo e molto più bello. Quello gli
ricordava una scena di pochi giorni prima, quando lui e la sua classe, la prima
c, erano scesi in giardino guidati dalla maestra, per giocare in una specie di
parchetto con scivoli e altalene, che era nel cortile della
scuola.
Lui e il suo compagno di
giochi, avevano notato che i bambini dalla terza elementare in su andavano sullo
scivolo detto cattivo dalle maestre, poichè dicevano che quello scivolo aveva
fatto male a tanti bambini della loro età. E quindi era permesso solo ai più
grandi andarci. Ma a lui non sembrava giusto, e voleva provare a scivolare da
lì. Pensava che dopo l’impresa, i suoi compagni l’avrebbero trattato come un
idolo, e tutti gli avrebbero detto quanto era stato bravo. Scivolare da
quell’altezza era una vera e propria prova di coraggio! Saranno stati almeno
cento chilometri d’altezza, pensava…ma cosa avrebbero detto la mamma e il papà?
L’avrebbero rimproverato? Ancora sveglio, guardò il dorso della sua mano destra:
sei stelline blu erano disegnate con cura su di esso. Le aveva fatte la mamma,
anche perché solo lei sarebbe potuta essere l’artefice di quell’opera d’arte. Si
ricordò del suo primo giorno di scuola: una volta tornato a casa con il pullman,
la mamma gli aveva disegnato la prima stellina sulla mano, dicendogli che era
stato bravo a scuola e che ogni volta che sarebbe stato così gli avrebbe
disegnato sulla manina una graziosa stella blu, ma che quando avrebbe fatto il
cattivo, gli avrebbe cancellato l’ultima stella disegnata. Erano proprio belle
le stelle che disegnava la mamma…se avesse affrontato l’impresa, una di quelle
meraviglie avrebbe dovuto essere lavata via con l’acetone? Sperava proprio di
no…certo che…gli sarebbe proprio piaciuto essere lui quello coraggioso una
volta…guardando il legno del suo letto a ponte, scorse tra le numerose figurine
attaccate, un biglietto luccicante: era quello dell’entrata del lunapark di
circa tre mesi prima. Ricordò quella volta che lui e il suo amichetto preferito
erano andati una giornata al lunapark con le loro famiglie, anche se il suo papà
non c’era perché era impegnato sul lavoro. C’era una casa di paura che sembrava
terrificante anche dall’esterno: ragni enormi, mummie, fantasmi, mostri… non
avrebbe mai messo piede lì dentro, ma il suo amichetto lo aveva fatto: era
uscito tranquillamente con accanto la sua mamma e tutti gli avevano detto che
era un ometto forte e coraggioso. Per una volta avrebbe voluto essere lui al suo
posto, non voleva più essere il solito fifone…
Con l’immagine dell’alto
scivolo davanti, lentamente, si addormentò.
Il giorno dopo andò a
scuola. Mentre stava sul pullman pensava ancora all’impresa…e le maestre cosa
avrebbero pensato di lui? Avrebbero avuto subito un’idea sbagliata? O lo
avrebbero capito? Ne dubitava, ma in fondo cosa poteva succedere? Potevano forse
picchiarlo? Bhe, la mamma forse sì…ma il papà e le maestre no. Il papà era
sempre impegnato con il lavoro e quando gli diceva qualcosa rispondeva con un
lieve borbottio. Le maestre non sapeva perché non avrebbero potuto
picchiarlo...sapeva solo che non potevano farlo. Fatto sta che ancora non sapeva
che fare ed era già arrivata l’ora di uscire in giardino. Arrivò davanti alle
infinite scale dello scivolo, che era tanto alto da non riuscire a vederne la
fine. Tutti i bambini erano attorno a lui: quelli di prima lo guardavano con
timore, mentre i più grandi con aria di sfida.
Stava per iniziare a
salire, ma poggiando la mano destra sul secondo piolo della scala, scorse le sei
stelline fatte amorevolmente dalla mamma, e con stupore di tutti e rammarico dei
più piccoli, ritirò la mano e si sedette sull’altalena.
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