SORAIRO
- Color del cielo -
***
Primo capitolo:
My name is “revenge”
Ecco.
Finalmente ci sono riuscita.
Mentre camminavo tra le file di sedili sull’autobus sul quale ero
appena salita, volgevo lo sguardo da una parte all’altra, alla ricerca di un
posto libero su cui accomodarmi.
L’avevo preso per un pelo, quella mattina ero in ritardo, come sempre
del resto...
Finalmente trovai un posto libero, avevo dovuto percorrere l’intero
autobus, ma non importava.
Mi accucciai sul sedile e posi la piccola borsa da viaggio, che mi ero
portata per affrontare il tragitto, dietro la nuca, a farmi da cuscino.
- Scusa… è libero? - mi girai al suono di quella voce: davanti a me se
ne stava una timida ragazza alta e magra, con dei bizzarri capelli verdi, (bhè,
non che i miei rosso rubino fossero poi tanto normali)
e due grandi occhi blu scuro, nascosti da un paio di tondi e grossi occhiali da
vista.
La fissai senza capire, poi, quando lei mi indicò il sedile vuoto
accanto al mio, finalmente compresi ed espressi il mio assenso con un cenno del
capo.
Lei mi sorrise e si accomodò; doveva essere di qualche anno più grande,
o perlomeno, questo era quello che mi parve.
- Comunque piacere, il mio nome è Retasu Midorikawa! - la guardai
inebetita, mentre mi porgeva la mano e aspettai qualche
secondo prima di risponderle a mia volta.
- P-piacere, io sono Ichigo Momomiya… - risposi, per poi tornare a
fissare il paesaggio al di là del finestrino che scorreva velocemente davanti
ai miei occhi.
- Come mai in viaggio? - la sua voce gentile mi giunse nuovamente alle
orecchie come il dolce suono di un’arpa. Senza far notare la mia irritazione
per quel disturbo, mi voltai nuovamente verso di lei in modo da guardarla.
- Mh… motivi di studio… - risposi vaga, sperando che fosse soddisfatta
e mi lasciasse in pace.
- Ah sì? Bhè io vado a trovare mio padre, abita lontano per
lavoro ed io…- non seguii più il suo discorso dopo la parola “padre”. Un
turbinio di sensazioni sgradevoli si dibatterono dentro al mio petto, come
quando stai aspettando che inesorabilmente arrivi il
tuo momento per essere interrogata, pur sapendo di non aver studiato. Quella
parola, quelle cinque lettere sussurrate da un’estranea mi rievocavano alla
mente cose che avrei preferito scordare, lasciar perse nel vuoto della mia anima…
- Sai tesoro…oggi l’Imperatore ha assunto un nuovo killer personale.
Ultimamente ci sono molti disordini nel regno e lui ha deciso di prevenire un
qualsiasi possibile attentato alla famiglia reale… - papà era strano mentre pronunciava quella frase, non saprei definire
come, visto che i miei occhi da bambina di soli dieci anni, ancora non
comprendevano certe cose, quindi me ne stetti buona e zitta a concludere la
cena che stavo consumando insieme ai miei genitori.
Mio padre era il consigliere dell’Imperatore, era normale che fosse a
conoscenza di certi particolari.
- Bhè, se crede che la sua famiglia sia in pericolo è giusto che la
tuteli, chiunque al
posto suo lo avrebbe fatto. Ma dimmi, chi ha assunto? - mia madre era sempre
stata piuttosto comprensiva ed anche un po’ curiosa.
- Un Shirogane…- sussurrò mio padre, quasi
quel nome fosse un tabù impronunciabile.
Vidi mia madre sussultare e quasi strozzarsi con il boccone di cibo che
stava masticando a quel nome.
Ma che diavolo significava?!
- Ehi, tutto a posto? - mi chiese preoccupata, la mia nuova “compagna
di viaggio”, risvegliandomi dai miei ricordi, mi ci ero talmente immersa che
avevo finito per ignorarla del tutto.
- Sì, scusa… Dicevi? - chiesi cortesemente ed inutilmente, mentre la
mia mente riprendeva il suo pellegrinare fra le mie memorie, rievocando ricordi
ormai sepolti nel cuore.
- Mamma chi è Shirogane? - le chiesi un giorno, quando la mia curiosità
prese il sopravvento.
Mia madre tremò, facendo cadere i vestiti che si stava provando. Rimase
qualche secondo interdetta, ma poi si volse shockata
verso di me. Guardandomi con i suoi grandi occhi nocciola.
- S-Shirogane? - fece una pausa e si guardò attorno
timorosa, nella paura che qualche estraneo potesse ascoltare questa
nostra conversazione così intima -…nulla di importante tesoro, sono
semplicemente la più famosa e rinomata famiglia di killer di tutto il Giappone,
l’Imperatore ha assunto uno di loro per la sua protezione personale…- mi spiegò
celermente, posandomi una mano sul capo come se fossi un cucciolo da
soddisfare.
- Ma dimmi, se non sono indiscreta, potrei sapere che tipo di studi
vuoi affrontare? - mi domandò ancora, la ragazza al mio fianco, scrutandomi
curiosa.
Sorrisi, in fondo mi stava simpatica.
- Vado all’accademia Kuroyuki. La scuola per ninja!!
- le vidi spalancare gli occhi a quella mia rivelazione, come se avesse appena
visto un gigantesco ragno peloso saltarmi sulla faccia e mangiarla a morsi.
- A Kuroyuki?! Vuoi diventare una ninja? -
ripeté come un pappagallo. Annuì, il suo stupore non mi sorprese più di tanto,
era raro a quel tempo che le donne diventassero delle
ninja, dei killer a pagamento.
Lei rimase ancora qualche secondo frastornata,
poi mi sorrise di nuovo e si rilassò, come se non avesse mai udito le mie
parole.
- Comunque anche io sono diretta a Kuroyuki… - quell’affermazione mi
sorprese.
- Vuoi diventare anche tu una ninja?! - chiesi con evidente
stupore, lei cambiò espressione, squadrandomi inorridita.
- No, per carità! Io non sono per niente adatta ad una cosa del genere.
Te l’ho detto, vado a trovare mio padre… - affermò convinta, ed allora mi
calmai anche io. Pur non conoscendola mi parve strano che un tipo come lei
aspirasse a questo genere di cose.
- Ah, è un ninja? - le chiesi curiosamente.
- Già, da parecchio tempo ormai… - affermò fieramente, mentre gli occhi
le si illuminarono di orgoglio - È per questo che non
lo vedo da parecchio… -
- Papà? Papà dove sei? - lo trovai in piedi, davanti alla scrivania del
suo ufficio, mentre parlava agitatamente al telefono; si vedeva che era
nervoso, gesticolava e sudava freddo sempre di più ad ogni singolo minuto che
passava. Ad ogni parola che poteva udire uscire da quell’apparecchio.
Non compresi cosa diceva, ricordo solo che poi non lo vidi più per
giorni interi, settimane forse, fino a quando non si
decise a tornare. Bianco come un cadavere e magro fino all’osso.
Quel particolare ricordo, non me lo rammentavo distintamente, ricordavo
solamente il grande disagio di mio padre in quel periodo e la mia preoccupazione
di bambina, nel vederlo così.
- E per quale motivo vorresti diventare una ninja? - decisi che volevo
fidarmi di quella giovane che pareva tanto sincera ed onesta.
- Per vendetta…- pronunciai misteriosa, mentre i miei occhi si
infiammavano di rabbia. Un sentimento che portavo dietro da anni, da ben sei
anni…
Quella notte, vidi mio padre uscire clandestinamente di casa, come un
ladro che ha appena compiuto un furto. La mia curiosità prese il sopravvento
come sempre, e decisi di seguirlo, magari avrei scoperto il motivo del suo
strano comportamento di quell’ultimo periodo.
Seguendolo, mi ritrovai in mezzo al bosco, lo persi anche di vista.
Spaventata, mi aggirai tra gli alberi da sola, sperando di ritrovarlo
al più presto.
Finalmente lo scorsi e felice, gli corsi in
contro, gridando nel tentativo di attirare la sua attenzione.
Non lo raggiunsi mai però.
Vidi una figura scura, non troppo robusta, probabilmente un ninja,
raggiungerlo da dietro e recidergli spietatamente la gola.
Con un flebile singulto, mio padre si accasciò a terra e si spense.
Il suo sangue schizzò sui miei abiti e sulla mia pelle nivea,
macchiandomi di un indelebile sensazione di disgusto,
rabbia e disperazione.
Arrestai la mia corsa e guardai la figura con occhi sgranati, quando la
piena consapevolezza di quello che era accaduto, mi investì con tutta la sua
forza, come un treno in corsa.
Emisi solo un piccolo verso di sorpresa, facendogli notare la mia
presenza, e quando si girò verso di me, un particolare mi colpì: i suoi occhi,
di un azzurro acquamarina intenso e chiaro, quasi trasparente,
risplendevano nel buio della notte.
Non li scordai più.
- La vendetta? - mi fece eco. Annuì.
- Già…- probabilmente capì che non le avrei detto oltre, perché
riappoggiò la schiena al sedile e smise di fare altre domande.
Meglio così, non mi andava di spiegarle che avevo deciso di vendicare
mio padre.
Volevo trovare il suo assassino e ucciderlo: gliela averi
fatta pagare cara per quel che mi aveva fatto. E per trovarlo avevo un
indizio importate: quegli occhi, gli occhi che solo tutti i discendenti della
famiglia Shirogane possedevano, occhi di ghiaccio, occhi color del cielo.
Solo quelle due perle mi avrebbero portato
all’assassino di mio padre, da uno Shirogane.
Continua…