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Autore: endlosenacht    07/09/2012    3 recensioni
La sua vita era stata perfettamente felice, prima. Tanto felice che risultava quasi impossibile potesse finire in maniera tanto violenta. Senza alcun senso.
La storia della ragazza del Distretto 3 e dei suoi Hunger Games.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La ragazza dagli occhi color della pioggia

 

La sua vita era stata perfettamente felice, prima. Tanto felice che risultava quasi impossibile potesse finire in maniera tanto violenta. Senza alcun senso.




 




A casa, nel Distretto 3, era stata la più piccola di tre figlie, quella più coccolata, più amata dalle sorelle. Nonostante la vita nel Distretto fosse fatta di stenti e risultasse piuttosto grigia rispetto all’opulenza di Capitol City, alla sua famiglia non era mai mancato nulla. I suoi genitori, appartenenti a quella che in altre circostanze potrebbe essere chiamata classe media, erano esperti informatici, come la maggior parte della popolazione del Distretto della Tecnologia e avevano sempre portato a casa quanto bastava. E lo facevano con un tale sorriso, con una tale sincera gioia nel rivedere ogni sera le proprie figlie a casa, che alle bambine non importava di non avere un nastro meno sgualcito tra i capelli, o una bambola di porcellana invece che di pezza.
Era cresciuta bazzicando tra i circuiti delle macchine insieme alle sorelle, lei. Bambole e circuiti, accoppiata non insolita tra le bambine della sua età.
A 11 anni, terminati i cinque anni di scuola obbligatori, le tre bambine erano state mandate ognuna in una fabbrica diversa a lavorare, ma questo non aveva loro impedito di mantenere lo stesso, speciale rapporto. Per quanto crescessero, per quanto lavorassero molte ore al giorno, quando si ritrovavano insieme erano sempre le tre sorelle che abitavano nella casa all’angolo. Nonostante le età diverse restarono sempre le bambine che correvano sotto la pioggia urlando di gioia fino ad essere bagnate fradicie, incuranti degli sguardi scandalizzati delle vicine e di quelli più interessati dei ragazzini.
Lei adorava la pioggia. Quando si raccoglieva nelle pozzanghere, nei minuscoli specchi d’acqua in cui da bambina cercava di pescare, l’acqua piovana aveva lo stesso colore dei suoi occhi. Occhi color della pioggia.
 

Quando il giorno della Mietitura aprì gli occhi destata dal ticchettio delle gocce che cadevano sulla veranda, pensò fosse un buon segno.
Aveva 17 anni. Ancora due sorteggi, ancora due soli anni, e sarebbe stata salva come le sue sorelle. Entrambe avevano superato indenni l’adolescenza, l’età più pericolosa nei Distretti, perché era allora che si correva il rischio di essere scelti a sorte per partecipare agli Hunger Games. Il dolore della separazione da una figlia, del vederla morire seduti davanti a uno schermo, era stato risparmiato ai suoi genitori.
La loro era una famiglia felice, una di quelle a cui non succedono cose brutte senza motivo. In qualunque circostanze, si ritagliavano il loro personale mondo perfetto.
Per questo l’annuncio del suo nome alla cerimonia fu una sorpresa, per lei. Fu più di una sorpresa, fu una condanna a morte. La figlia ultimogenita di una famiglia felice non si allena a combattere fino all’ultimo sangue. Sogna di inventare un armadio  interattivo che scelga i vestiti da indossare secondo l’umore della proprietaria. Ne disegna gli interni. Coltiva la sua passione per la moda.
Non uccide. Non tiene in mano una lancia o un arco. Non vince gli Hunger Games.
Lacrime scesero sul suo viso veloci come la pioggia, nascoste, mentre si avvicinava al palco. Mentre riceveva gli ultimi umidi addii dalle sorelle. Mentre sfrecciava a tutta velocità verso Capitol City.

 
“Signore e signori, che i settantaquattresimi Hunger Games abbiano inizio!”
Sessanta secondi.
Ritta sul suo cerchio metallico, ripensò a come quei giorni precedenti i Giochi fossero passati rapidi e tristi. Non era stata notata da nessuno. Era solo la ragazza Tributo del Distretto 3.
Quaranta secondi.
Per un fugace istante sentì montare dentro di sé la folle, e tenace, volontà di sopravvivere. Vincere, vivere e tornare dalle sorelle.
Venti secondi.
La sua attenzione fu attirata da un oggetto che brillava alla luce del sole. Sembrava una tinozza per raccogliere la pioggia…
Il segnale d’inizio.
Avanzò di un passo, incerta. Intorno a lei, i Tributi correvano, combattevano, morivano. Con una sicurezza e una disperazione che lei non aveva.
Poi scattò la paura, quella che attanaglia lo stomaco, ghiaccia il sangue e toglie il respiro. La paura di un animale in trappola che cancella ogni ricordo felice si abbia mai avuto.
Cominciò a correre convulsamente, alla cieca. Cercando di salvarsi, cercando di scappare.
L’ultima cosa che la ragazza dagli occhi color della pioggia vide distintamente fu un’enorme ombra nera al suo fianco, e una pioggerellina di gocce color del sangue attraversare la sua vista annebbiata.
Fece male, ma non per molto.
Si accasciò a terra.
Fili d’erba immacolati, con la brina ancora tenacemente aggrappata alle loro estremità, e piedi che correvano veloci intorno a lei, sfumarono sempre più nel nero.
 
 
 
 


Nota:
Ho un interesse quasi morboso per i Tributi che non ce l’hanno fatta.
Cato, Clove e Faccia di Volpe compongono la mia Top 3, ma credo che anche tutti gli altri avessero ancora molto da dire; mi dispiace da morire che la Collins non ci abbia lasciato neanche i loro nomi.
L’ispirazione per questa OS l’ho avuta da un giorno di pioggia fitta e leggera e dall’inquadratura agghiacciante che chiude la scena del Bagno di Sangue nel film di HG. Il volto di quella ragazza era così espressivo, e questo è quello che mi ha raccontato. Tanta paura. Spero solo di averlo raccontato degnamente.
PS: Non so se la sua morte sia verosimile. Me la sono immaginata ad opera di Cato, che l’ha colpita di spalle mentre scappava. Non ho idea degli effetti che possa fare una lancia arrivata da dietro che trapassa il costato. Perdonatemi, non sono un medico.
Buona lettura (conclusa?), 
Vick

   
 
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