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Autore: Strekon    23/03/2007    2 recensioni
[Ravenloft]
Esiste un mondo in cui il male regna. I tiranni comandano e vengono premiati da forze sovranaturali che vedono in loro la radice stessa della malvagità. In questo mondo l'unica cosa che si può fare è sopravvivere, e tentare di non impazzire...
Genere: Fantasy, Horror, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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“Per quelli che desiderano integrarsi alla gente ricca e che conti qualcosa a Port-a-Lucine, la moda e lo stile sono importanti quanto la competenza politica, l’istruzione o l’astuzia. Posso soltanto descrivere la moda per le donne a Dementlieu come spiacevole, pesante, scomoda e una vera perdita di tempo. Mi ci sono volute non meno di due ore per prepararmi per il mio primo ballo. Per le importanti funzioni sociali, è considerato appropriato per entrambi i sessi indossare parrucche bianche e arricciate (o perruques). Questi costosi oggetti sono una specie di status symbol e cambiano frequentemente a seconda della moda corrente. Dubito che sarete sorpresi di apprendere che gli abiti per la gente comune sono significatamene differenti. Gli uomini vestono semplici pantaloni di lana con maglie di cotone, mentre le donne indossano spesso camice dai toni scuri con semplici ricami. Gli uomini calzano cappelli in stoffa, e le donne cuffie bianche, quando sono fuori casa.”
 
da Gazetteer Volume III, Report One: Dementlieu
 
Capitolo  2
Lupus in Fabula
 
Christophe era spaesato in quella grande città. Teneva il suo unico compagno di viaggio, un cavallo dal pelo bruno, per le redini. Stretto col timore che qualcuno potesse portarglielo via.
Gli edifici, seppur umili case, lo sovrastavano lasciandolo a bocca spalancata. Era un orfano a Port-a-Lucine come lo era nella vita.
Cominciò a guardarsi attorno e si ricordò dei consigli di Louis.
I ladruncoli sono all’ordine del giorno nelle grandi città, Christophe. Non è come al monastero. Loro capiscono se sei un forestiero. Devi sembrare calmo e dare meno confidenza possibile.
Christophe deglutì e cercò di adeguarsi. Camminava ritto per il viale lastricato. Christophe aveva visto poche volte in vita sua strade che non fossero strisce di polvere e ghiaia.
Un uomo che a Christophe sembrò fin troppo vecchio cercò di attirare la sua attenzione. Lo ignorò senza perderlo di vista. Cominciava ad avere il timore di aver fatto una sciocchezza. Lasciare il monastero, Louis e gli altri. François lo aveva avvertito.
E’ una tuo decisione, Christophe. Non posso certo obbligarti a non partire, ma sappi che potrai tornare quando preferisci.
Christophe sarebbe voluto tornare a Richemulot ed al monastero della Roccia in quel preciso istante.
“Scusami ragazzo” disse una voce dietro di lui. Christophe non si voltò. Gli ordini di Louis erano stati più che chiari.
“Monsieur col cavallo…la prego” parlò ancora quella voce che ora sembrava chiedere quasi un favore al ragazzo. Christophe continuò a camminare guardando di fronte a se. Avrebbe dovuto trovare una locanda dove riposare e qualcuno a cui chiedere informazioni.
La carrozza nera gli tagliò la strada e fermò i cavalli proprio davanti al giovane. Christophe si fermò di scatto e infilò la mano destra sotto il mantello, a sfiorare il regalo di Louis.
Un vecchio sporco e sudato scese dal sedile del cocchiere e fece un cenno a Christophe.
“Ragazzo, la mia padrona vorrebbe parlarti” disse, accennando alla porticina laterale.
Christophe vide la porta aprirsi e la scaletta di metallo scendere pesante verso il basso. Le tende erano nere e tese sulle finestre della carrozza, e dall’interno sentiva provenire un odore disgustoso di sudore e rancido.
Scostò lo sguardo da quell’antro nauseabondo e incrociò gli occhi del cocchiere.
“Chiedo scusa monsieur, ma temo che mi abbia confuso con qualcun altro” disse Christophe a capo chino. Il vecchio unto e quasi pelato si avvicinò al ragazzo e Christophe alzò la testa.
“No, Madame Araby Touvache ha bisogno di parlarle, monsieur” disse il cocchiere, fece un altro inchino e non si mosse più.
Christophe lasciò le redini del cavallo. Gli fece una carezza sul collo per tranquillizzarlo e con passo incerto salì i gradini di ferro. Cercò di ignorare il tanfo e sbatté le palpebre più volte per abituarsi all’oscurità.
Il cocchiere gli chiuse la porticina alle spalle e Christophe poté finalmente vedere Madame Touvache.
Una anziana signora dall’aspetto abbondante sorrideva a Christophe oltre il ventaglio decorato di pizzo nero. Anche il suo prezioso abito aristocratico era agghindato da pizzi e merletti dai toni scuri e sporchi. La pelle del volto, quel poco che se ne vedeva, era lucida, sudata e piena di rughe troppo profonde per l’età che dimostrava. Sul capo una vecchia parrucca piena di talco coronava la spiacevole immagine della donna.
“Ah, siete un bel giovane” sorrise madame Touvache agitando il ventaglio davanti al volto. Christophe era ancora in piedi, nonostante lo scarso spazio a disposizione. Si sedette di fronte alla donna, soltanto per aumentare la distanza fra di loro.
“Sono lieta che abbiate accettato l’invito di Graves” disse la donna “Mi sembrate pieno di vita e capace, e per questo avrei un favore da chiedervi”
Christophe cercò con la mano destra di carezzare l’elsa del suo fioretto, ma da seduto era difficile raggiungere l’arma nel fodero. Respirava con la bocca per non dover odorare il lezzo nauseante della carrozza.
“Io non credo…” tentò di dire Christophe, ma il risolino di madame Touvache lo interruppe immediatamente.
“Caro ragazzo, non vi preoccupate. Voglio solo offrirvi un compenso per un servizio che, lo ammetto, ho difficoltà a chiedere pubblicamente” madame Touvache prese fiato e agitò il ventaglio davanti al petto.
“Dovete sapere che Jerretiere, la mia villa, è molto antica e, per questo, piena di crepe e spifferi…bè, temo che un lupo sia entrato nella mia cantina” sorrise l’anziana nobildonna, alzando gli occhi al cielo.
“Un lupo?” ripeté Christophe. Aveva visto un branco di lupi qualche anno fa assieme a Louis. Da quello che ricordava i lupi erano abbastanza schivi e temevano l’uomo.
“Temo di sì. Ringhia, gratta…ho i brividi soltanto a pensarci!”
“Madame, comprendo il vostro timore, ma perché non…”
“Chiedere alla gendarmerie? Mi vergognerei troppo. Le voci che circolerebbero sul mio conto…preferisco una via più discreta, più…diretta, diciamo” disse madame Touvache cercando di incrociare gli occhi di Christophe.
“Naturalmente sarete ricompensato…e non sarete solo”
Christophe cercò di guardare fuori dal finestrino, ma il pertugio era stretto e protetto da un drappo nero. La luce passava a malapena.
“Madame, mi spiace, ma non credo di essere la persona più adatta. Immagino che il vostro compenso sia generoso, ma non è dei soldi che ho bisogno…” disse Christophe cercando di sembrare dispiaciuto. Quella vecchia puzzolente gli dava un brivido fra le spalle.
“Niente soldi, capisco… e posso sapere come mai siete a Port-à-Lucine?” chiese la madame. Più che una domanda sembrava una curiosità a cui Christophe avrebbe dovuto rispondere per forza.
“Sono…io, cerco una persona” disse Christophe, mentre un pensiero gli insinuò la mente. Alzò lo sguardo intimidito e la guardò negli occhi, come non bisognerebbe mai fare nei confronti di un nobile.
“Voi conoscete per caso mademoiselle Guignol? Michelle Guignol?” domandò Christophe, temendo la risposta.
Il volto di madame Touvache si rilassò in un ampio sorriso.
“Ma certamente. E’ una delle più giovani mademoiselle della famiglia regnante”
“La famiglia…è una famiglia importante?” disse Christophe, concentrato sulle parole della madame. Lei annuì col capo e riprese a parlare.
“Sì, Marcel Guignol è il Governatore di Port-à-Lucine e di tutto Dementlieu. Mademoiselle Michelle è una delle sue tanti nipoti”
Christophe era basito. La sua ricerca era stata rapida, ma aveva dato risultati scoraggianti. Michelle sembrava irraggiungibile.
“Potrei organizzare un incontro informale…sarebbe la vostra ricompensa per il favore che vi ho chiesto. Dato che non avete bisogno di denaro…” disse madame Touvache, sorridendo ad occhi socchiusi. Agitò ancora il ventaglio mentre un rivolo di sudore gli disfaceva la maschera di talco dalla fronte fino al mento.
Christophe prese l’unica decisione possibile.
 
V
 
Alexander si incamminò verso Maison Jerretiere subito dopo pranzo. Fece bene perché trovarla non fu semplice. Sembrava che nessuno conoscesse la villa di madame Touvache, finché un vecchio ciabattino gli indicò la strada giusta. Gli spiegò che la villa era poco conosciuta dai giovani perché la nobildonna che la abitava era caduta in disgrazia alla morte del marito, quasi vent’anni prima. Gli disse anche che un tempo era conosciuta come L’école de dance Jerretiere.
Una scuola di ballo. Alexander non se lo sarebbe aspettato data la stazza della vecchia aristocratica.
Percorse un tratto di strada sterrata a piedi. Il sole era inclemente quel pomeriggio e Alexander aveva ancora addosso il mantello di lana nero di quando era partito. Si ripromise di sostituirlo al più presto, casomai con una parte del gruzzolo che la vecchia gli aveva promesso.
Dopo una salita dolce vide spuntare di passo in passo una torre con un grande orologio. Il muro un tempo bianco circondava sia la Maison che il curioso campanile facendola somigliare a una vecchia chiesa di periferia in rovina.
Davanti al cancello scardinato e poggiato contro il muro, Alexander vide tre figure e due cavalli. Si avvicinò, perplesso e fu il più alto fra tutti a rivolgersi a lui.
“Salve. Siete qui per ordine di madame Touvache immagino” disse l’uomo con la coda di cavallo. Alexander intravide la sagoma di un arco sotto il mantello dell’uomo.
“Scusatemi, posso sapere chi siete…tutti?” disse Alexander ignorando il saluto.
“Giusto, io sono Nathan e sono qui per conto della madame” indicò la villa alle sue spalle. Il più giovane dei tre si fece avanti senza lasciare le redini del cavallo.
“Il mio nome è Christophe, piacere” disse il ragazzo, fece un mezzo inchino e non alzò gli occhi da terra. Alexander guardò l’uomo in disparte. Osservandolo meglio, Alexander si rese conto che era più giovane di quel che sembrava.
“Mi chiamo Kaspar e vengo da Borca” disse l’ultimo uomo. I suoi occhi fissavano febbrilmente gli altri tre, senza soluzione di continuità.
“Siete qui per il lupo?” chiese Alexander incrociando le braccia. La faccenda lo stava già stancando. Tre compagni significava un quarto del compenso. Sputò a terra e non solo per l’arsura.
“Sì” disse Nathan “Tutti quanti”
Christophe annuì con un cenno del capo. Kaspar non rispose in alcun modo.
“E che fate qui davanti?” continuò Alexander gettando uno sguardo nel cortile della villa. La carrozza era posteggiata sul lato della maison. Le piante in giardino sembrava avessero avuto il sopravvento su qualsiasi giardiniere.
“Siamo appena arrivati” gli rispose ancora Nathan. Il tono secco di Alexander cominciava ad urtargli i nervi. “Si può sapere chi sei tu, invece?”
“Alexander Schneider. Andiamo, prima che arrivi qualcun altro” disse, poi scavalcò il cancello divelto e si incamminò verso la villa.
Nathan superò le mura basse e legò il cavallo ad un tronco spezzato prima di proseguire a piedi. Christophe lo imitò, mentre Kaspar seguì immediatamente Alexander.
“Bell’arma” disse Kaspar accennando alla pistola che Alexander teneva in cintura.
“Grazie”
“Non sembra di qui…Lamordia? Darkon?” insistette Kaspar. Alexander lo ignorò e affrettò il passo.
La doppia porta della villa era l’unico ingresso visibile su quel lato dell’edificio. Era rinforzata da alcune barre di ferro e sembrava essere il solo elemento architettonico ad aver subito un qualche tipo di manutenzione.
L’anta più piccola si aprì e scivolò all’interno, nell’ombra. Il cocchiere che già avevano visto, gli diede il benvenuto.
“Bonnesoir monseurs, madame Touvache vi sta attendendo” disse Graves, che si rivelò essere anche un perfetto maggiordomo. Indossava una livrea diversa dalla precedente. Pulita, ma piena di polvere e mangiata dalle tarme.
Entrarono tutti e quattro in fila indiana e si sparsero per il salone d’ingresso. Le decorazioni alle pareti ricordavano ad Alexander alcune vecchie ville aristocratiche che aveva frequentato. Erano evidenti, però, i segni del tempo e della trascuratezza anche all’interno della magione.
“Benvenuti” li salutò la voce familiare di madame Touvache. L’anziana nobildonna sopraggiunse da un corridoio sulla sinistra, nascosto nelle tenebre. Solo in quel momento Christophe notò come l’intera casa fosse immersa in una penombra permanente. Le finestre erano serrate da scuri o tende lacere e polverose.
“Sono lieta che abbiate mantenuto la vostra parola. Graves, fai strada” disse la madame, sorridente.
Il maggiordomo chiuse il portone di ingresso con una grossa chiave appesa assieme a molte altre. Il mazzo di chiavi era allacciato al collo di Graves che sembrava custodirlo gelosamente.
Senza dire una parola Graves fece un gesto agli ospiti. Alexander fu il primo a seguirlo, subito imitato dagli altri. Madame Touvache avanzava lentamente, chiudendo la fila.
Attraversarono una prima sala in cui trionfavano decine di trofei di caccia imbalsamati. Le ragnatele giocavano fra le corna dei cervi e i denti dei cinghiali. I loro sguardi sembravano spiritati e Nathan sentì il ribrezzo per una simile barbarie. Non era caccia, ma puro divertimento.
La parete a nord era occupata completamente da un’enorme pelle di serpente. Una pelle di quasi quattro metri che lasciava intendere l’esagerata taglia del suo precedente proprietario. Christophe sbarrò gli occhi davanti a quella mostruosità della natura.
“Voci in giro raccontano anche di serpi più grandi” sussurrò Nathan all’orecchio di Christophe. Il ragazzo non disse nulla. Seguì gli altri verso la stanza successiva.
Graves aprì una porta di legno scura e si fermò davanti ad un’altra nota stonata all’interno di quell’edificio decadete. La porta davanti a loro era nuova, di legno robusto e rinforzata con barre di metallo. Assomigliava molto alla porta di ingresso, ma su scala ridotta.
“Questa è la via per la cantina. Fate attenzione, i gradini sono scivolosi” disse Graves con espressione ebete. Afferrò di nuovo il mazzo di chiavi e le girò una ad una fino a trovare quella giusta. La fece ruotare nella serratura e con uno sforzo delle braccia spalancò l’accesso per la cantina.
Il portone rinforzato cigolò sui cardini poco oliati. Alexander diede un’occhiata alla serratura, pensieroso.
“Per evitare che il lupo esca dalla cantina saremo costretti a chiudere la porta” disse madame Touvache. Kaspar alzò la testa per la prima volta da quando erano entrati.
“Non credo sia una buona idea…” disse sillabando le parole. Alexander gettò uno sguardo a Nathan e Christophe. Parlò prima che qualcuno potesse anticiparlo.
“Non c’è problema. La sicurezza di madame innanzitutto” disse con un sorriso. Fece un gesto della mano per fare intendere che erano tutti d’accordo con lui, e si diresse verso i primi gradini della scala di legno.
Madame Touvache sorrise agli altri tre e fece segno di proseguire. Graves attendeva, immobile, a lato della porta.
Christophe si mosse per primo. Mise un passo nel buio della scala e sentì subito il gelo tipico delle cantine fargli rizzare i peli. Nathan e Kaspar lo seguirono e Graves chiuse immediatamente la porta alle loro spalle.
“Buona fortuna, miei cari” la voce di madame Touvache li salutò un’ultima volta prima che fossero completamente soli.
 
V
 
“Alexander? Ehi, sei lì?” la voce di Nathan stentava a perforare la gelida oscurità della cantina. Faceva un passo alla volta, lentamente, per non scivolare lungo i gradini. Avvertiva la presenza di Kaspar, dietro si sé, e Christophe, davanti a lui.
Un bagliore invase il buio della cantina. Dalla base delle scale Alexander accese lo stoppino di una lanterna arrugginita.
Christophe sbatté le palpebre per abituarsi alla luce, e finalmente riuscì a intravedere il sotterraneo di mattoni umidi e muffa. Scese gli ultimi gradini con un balzo e affiancò a Alexander.
“Mastro Alexander avete visto nulla?” chiese il giovane guardandosi attorno. Alexander gli lanciò un’occhiata perplessa. Con un mezzo sorriso rispose di no.
“Se la cantina non è grande dovrebbe essere facile trovare un lupo” disse Kaspar accarezzandosi la barba ispida. La stanza principale era bassa e con soltanto due vie possibili: una porta nel sottoscala e una a destra della rampa. L’ambiente era umido e stantio. In un angolo c’era un vecchio stipo che sembrava essere stato gettato in cantina a finire i suoi giorni.
“Mi chiedo come un lupo sia sopravvissuto qui sotto” disse Christophe grattandosi la nuca.
“Topi” gli rispose Nathan “Immagino ce ne siano molti fra queste crepe. Io piuttosto mi chiedo come sia entrato un lupo, qui sotto”
“Me lo sono chiesto anche io, ma non…” Kaspar non poté finire il suo discorso. Alexander lo zittì con un sibilo.
“Zitti. Lo sentite?” disse, facendo scendere un silenzio raggelante. Kaspar deglutì, mentre la schiena di Christophe riprese a tremare. Non per il freddo.
“Sembra un picchiettare metallico…” disse Nathan ad occhi chiusi. Lo aiutava a concentrarsi. Alexander annuì.
“Esatto. Scommetto che è un orologio” disse e fece qualche passo in avanti. Più si avvicinava alla parete a sud e più sentiva aumentare il ticchettio. Era nello stipo.
“Tu…Nathan, giusto? Tieni la lanterna” disse Alexander indicandolo. Nathan non disse nulla e si avvicinò per reggere la lanterna.
Alexander fece crocchiare le dita e si passò indice e pollice sugli occhi. Aveva una brutta sensazione.
Sollevò la cerniera dello stipo e la luce illumino un marchingegno ricavato da un orologio a pendolo. Alexander ne era convinto.
Un nanetto di ottone impugnava un martello e avanzava su di un percorso, trascinato da una sottile catenina di metallo.
“Accidenti…” disse Nathan, sospirando. Kaspar si avvicinò incuriosito. Alexander lo fermò con un gesto della mano.
“Stai indietro!” urlò. Infilò le mani nella bisaccia a lato ed estrasse un sottile ferro ricurvo e un pezzo di spago metallico.
“Ma che…” Nathan sobbalzò, ma non si mosse. Alexander infilò il grimaldello sotto il meccanismo e cercò di frapporre la punta con l’ingranaggio principale. Il meccanismo era troppo articolato per poter essere fermato normalmente.
Gli occhi di Alexander sembravano essere spiritati. Faceva muovere il grimaldello ad una velocità fuori dal comune. Intanto fece un cappio con il filo metallico e rallentò l’avanzata del nanetto.
“Cosa stai facendo, si può sapere?” disse Nathan, seccato di non capire cosa stava succedendo.
“E’ una dannata trappola ad orologeria. Non chiedermi che cosa fa perché non lo so!” urlò Alexander, senza staccare gli occhi dal meccanismo.
“Una trappola?” Kaspar quasi urlò. Christophe non riuscì a capire il discorso.
Il nanetto scivolò oltre. Scese lungo uno scivolo che Alexander non aveva visto. Batté su un perno di metallo e fece scendere il martello su un’ampolla colorata di nero e ben mimetizzata.
Il vetro si incrinò, poi su frantumò. Un sibilo fece evaporare una densa nube di gas giallognolo dallo stipo per tutto la stanza.
“Ah…!” Alexander riuscì solo ad emettere un verso prima di  tossire e accasciarsi al suolo. Nathan cercò di allontanarsi, invano. Kaspar fece solo un passo prima di crollare al suolo avvolto dalla nebbia gialla e velenosa.
   
 
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